domenica 7 giugno 2020

Vampiro creatore e Vampiro creato

CRONACHE DI UN VAMPIRO

di Giovanni Di Rosa

(su Ig @giovannidirosa_writer)

Primo romanzo di una trilogia Dark fantasy che ridefinisce i connotati dei vampiri, riuscendo nel non facile compito di tirar fuori dal cilindro elementi originali. Ad esempio... in ordine alla belladonna, veleno che, con una certa coerenza, nuoce ai succhiasangue, o all'affascinante legame tra Vampiro creatore e Vampiro creato. E non si tratta solo di trovate “ad colorandum”, perché spesso celano risvolti filosofico-esistenziali niente male, che sfociano naturalmente in acute dissertazioni speculative. 

Non che l'azione manchi, al contrario, ci sono dei bei combattimenti e l'impianto iniziale ha quasi i contorni di un giallo, ma la figura del Vampiro viene indagata a tutto tondo, lasciando spazio a riflessioni che non si esauriscono sul piano meramente fantastico, insinuandosi, invece, fra le nostre certezze con sfumature nuove. 

In particolare, ho adorato il tema del Libero Arbitrio, che è da sempre uno dei miei prediletti, di quelli che considero più stimolanti e necessari, e che, di nuovo, riesce a dipanarsi su più piani di lettura, che si intersecano e complicano a vicenda, anziché esaurirsi con il primo livello narrativo. Il romanzo, infatti, ne possiede diversi, e ben amalgamati, risultando sì incentrato sull'evasione e l'intrattenimento, ma altresì denso di spunti più complessi, e tuttavia capace di scorrere veloce, rapido, sensuale.

A farsi notare, infatti, è anche lo stile dell'autore: di una pulizia e di una limpidezza totali, attento, chirurgico, preciso, ma scevro di inutili ridondanze, seppur non di ricercatezza.

Che dire, dunque?

Che aspettiamo i seguiti e che facciamo in complimenti a questo giovane autore, che non avrà ancora compiuto trent'anni, ma che, per sapienza e qualità della prosa, dimostra il doppio della sua età!!! 

Che sia un vampiro anche lui?

mercoledì 3 giugno 2020

Un'aura di dolente mestizia

LABBRA ROSSE SULLE QUALI MORIRE
di Paolo Di Crescenzo
(su Ig @paolo_di_crescenzo)


Chi ha ucciso Beatriz Marchini, la fanciulla strangolata durante la notte bianca di Loano? 
Un giallo che sfuma nel noir, ben costruito e ben scritto, di impianto classico, con molti indiziati, ma anche abbastanza indizi e ammiccamenti per arrivare al colpevole prima del Commissario Andrea Montaldi, ruvido quanto romantico. 
Personalmente, lo sapete, non amo i gialli, ma questo, oltre ad essere pervaso da un'aura di dolente mestizia che lo riscatta oltre i confini del genere, ha un ottimo ritmo, nonché il potere di incuriosire, di spingerti a voler sapere come proseguono le indagini e la storia. Inoltre è onesto, gli elementi te li dà senza imbrogliare, tutti quanti, consentendoti di metterli insieme a poco a poco, di capire cogliendo le sfumature, come accade tutte le volte in cui sia la trama che i personaggi riescono ad essere coerenti e, magari, persino ad uscire dalla carta.
Però le cose che davvero ho amato sono due: l'ambientazione e lo stile.
Il romanzo si svolge nei miei posti, Loano (il paesino accanto a Pietra Ligure) e dintorni... E con poche pennellate se ne colgono l'atmosfera, le criticità, e le connotazioni, mentre poco sotto, sorniona, se ne affaccia la mentalità, tra una strizzata d'occhio e un dettaglio ameno. Penso che apprezzerei l'opera senza difficoltà anche se non ne conoscessi i luoghi, ma a conoscerli... be' è il romanzo sarebbe da leggere anche solo per questo. 
E poi, sì, c'è lo stile. Apparentemente semplice e scorrevole, in realtà ricco di anse, di sonorità, di riverberi, in perenne ma costante mutamento, impercettibile fino a che non ti assesta una stoccata. Talvolta sensuale, tanto che persino un gelato diviene peccaminoso, dandoti i brividi. Talvolta giocoso, o agrodolce, o venato di sconfitta, ma sempre misurato, attento, con una punta di tristezza e una di allegria, ben miscelate, che prevalgono alternativamente, in base al momento, incidendoti l'umore. In sottofondo, sempre presente, la gentilezza pacata del narratore. Che tutto osserva e tutto sa, ma non lo dice. Però, ehi, lo sottintende. E forse, sotto sotto, lo mugugna.