sabato 17 maggio 2014

Ho preferito “Le belve”


IL POTERE DEL CANE
di Don Winslow
 
 
Un'allusione al potere del male, con tutte le conseguenze che innesta e che, nella presente vicenda (la quale abbraccia oltre dieci anni), ruota attorno alla violenza e ai cartelli della Droga messicani. Ci sono i buoni e ci sono i cattivi, ma non sempre è facile distinguerli, e a volte le carte si mescolano. Per poi mescolarsi di nuovo, tra doppi giochi, inganni e compromessi. Anche se, la morale finale, è che il Governo (qualsiasi Governo, sia quello Americano o quello Messicano) è il più marcio di tutti.

All'inizio ci vengono presentati vari personaggi: Art Keller, un poliziotto idealista, i fratelli Barrera, eredi di uno dei maggiori imperi della droga, Nora, prostituta di lusso, Callan, più o meno casuale killer irlandese, Padre Juan Parada, prete messicano... Le loro vite si intrecceranno, distaccandosi e ricongiungendosi in più punti, ma restando sempre legate in qualche modo al mondo del narcotraffico.

Si tratta di un buon romanzo, che si legge in fretta e volentieri (nonostante le numerose parentesi narrative, peraltro gradite e atte a farci capire meglio motivazioni, carattere e intenzioni dei personaggi), con uno stile veloce, asciutto, dialoghi sintetici, ma efficaci, tantissima azione, colpi di scena, violenza e sangue, con una spruzzata di volgarità, di sesso, ironia e di denuncia sociale.

Tuttavia, benché la maggior parte delle recensioni che ho letto in merito vada in senso inverso, io ho preferito “Le belve”, per la trama (magari meno incisiva e realistica, ma assai più poetica) e soprattutto a livello stilistico: nei suoi tratti essenziali identico, ma molto, molto più brillante, eccessivo e divertito.

Là ho amato quasi tutti i personaggi, qui, benché non nego che ciascuno sia abilmente costruito ed interessante (con un lato umano sempre ben evidenziato), a piacermi davvero ci sono solo Nora Hayden, Adàn Barrera e Sean Callan, soprattutto per le loro molteplici contraddizioni. Altri, come i due Pesche, sono comunque degni di nota, ma così (volutamente) odiosi e sgradevoli da impedirmi qualunque moto di affetto verso di loro.

Comunque è anche vero che io non sono un'amante del genere...

Peraltro, lo ribadisco, si tratta di un buon libro, spietato, incalzante, e spaventosamente attuale. Solo, forse, io lo avrei scorciato un po': non ci sono parti noiose, e nemmeno superflue, e in questo modo l'impianto narrativo risulta persino più aderente alla realtà, più veritiero, sebbene ciò, secondo me, vada a scapito dell'incisività della trama (che comunque resta solida e avvincente).

E questa volta mi è pure piaciuta la fine.

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