FEDELTA'
di Marco Missiroli
Romanzo provocatorio, dicotomico, dalla moralità apparentemente fluida ed inconsistente, che, tuttavia, nel momento stesso in cui afferma smentisce, portandoci alla conclusione opposta.
L'assunto su cui si basa è la relatività sottesa al concetto di tradimento, in base alla quale: se tradisci sei, in realtà, fedele a te stesso, se non, addirittura, ancora più fedele a tua moglie. Segue un inanellarsi di miserie umane, rese ancora più squallide dalla loro quieta ordinarietà, dalla totale assenza di valori, come anche di cattiveria, di passione, di conflitto, ma semplicemente banali e tristi, svuotate di significato ed ancorate alla mera soddisfazione di un bisogno, di una pulsione, di un desiderio.
Ed è questo il fascino dell'opera: perché mentre il ragionamento sulla fedeltà inizia a sedurci rischiando quasi di convincerci, il vissuto dei personaggi lo nega, rivelandone la tragica farraginosità. Nessuno dei protagonisti, infatti, riesce ad essere fedele a se stesso, ed anzi, nemmeno ha una vaga idea di chi è, ma solo di che cosa vuole, ed unicamente nell'immediato, senza riflettere sulle conseguenze o sul lungo periodo. E non solo sul piano sentimentale (si vedano la questione della casa e le scelte lavorative). I personaggi sono tutti allo sbando, sostanzialmente privi di identità, incapaci di costruire, di edificare, ridotti ad impulsi istantanei, non fanno che scivolare sulla superficie delle loro esistenze, senza lasciare dietro di sé altro che le proprie deiezioni. Persino la prosa di Missiroli lo sottolinea, con le sue dissolvenze che a volte portano i personaggi quasi a confondersi fra loro. Con la sua scrittura fatta di verbi e parca di aggettivi, come a voler evitare non solo i giudizi, ma anche le valutazioni; fredda, analitica, chirurgica, in cui persino le scene erotiche sono crude e meccaniche, addirittura fastidiose.
E per quanto il romanzo sia volutamente poco dialettico, rifuggendo tanto la retorica quanto ragionamenti più profondi, scegliendo deliberatamente di mostrare, invece che di descrivere, ed evitando accuratamente di trarre conclusioni esplicite, ci porta a comprendere la vacuità di fondo della sua tesi, che al contempo, però, non è un esercizio di stile, piuttosto il drammatico specchio dei tempi, riflesso di quell'amore liquido che privilegia le emozioni a scapito dei sentimenti, le connessioni a scapito dei legami (Zygmunt Bauman docet).
Pruriginoso? No, tremendamente sociologico.
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