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lunedì 31 ottobre 2016

Un film per Halloween

THE WITCH
di Robert Eggers
(2015)


Per festeggiare Halloween propongo l’horror più interessante visto quest’anno, che magari non eccellerà a livello di splatter o salti sul divano, ma senza dubbio riserverà allo spettatore un’inquietudine profonda, insinuante e sottile, che non se ne andrà con il the end, ma resterà lì, sospesa, a rimescolargli piacevolmente le viscere e a gelargli il cervello.
Trattasi dunque di un film particolare, sul tema delle streghe, come rivela il titolo, ma anche sulla paura e sulla corruzione dell’anima…
L’ambientazione è storica. Siamo infatti nell’America puritana del 1600, tra estremismo religioso, miseria e superstizione, e seguiamo le peripezie di questa povera e numerosa famiglia, allontanata dalla comunità a causa dell’eccessivo rigore del padre, e trasferitasi quindi al limitare della foresta.
Dove abita una strega malvagia.
Noi sappiamo che c’è e in una delle prime sequenze l’orribile megera fa sparire il bimbo più piccolo, ancora in fasce, e lo utilizza in uno dei suoi macabri riti per recuperare la giovinezza e la bellezza perdute.
In seguito, com’è logico, i destini della famiglia sono destinati a peggiorare…
Ma il bello è che, sebbene, lo ribadisco, noi sappiamo della strega e l’abbiamo altresì vista all’opera, scambieremo per panico, ossessione, e paranoia tante delle accuse che genitori e figli si scaglieranno successivamente nell’ambito della pellicola… Sia quelle infondate, sia quelle che poi, a sorpresa, si riveleranno non essere tali.
Il climax è notevole e si arriva presto alla claustrofobia conclamata, ma è il dubbio – nostro come dei protagonisti – che ci impedisce di fidarci di chiunque e dei nostri sensi a farla da padrone e a rendere la trama indimenticabile imponendoci, per giunta, di stare sempre sulle spine.
Alcune scene ci rimarranno impresse, così come gli odiosi gemellini, la capra Black Philip, e la terribile e ingiusta madre (Kate Dickie, già vista ne “Il Trono di Spade”)… Ma soprattutto ci rimarrà nel cuore Thomasin (Anya Taylor-Joy) la bellissima, giovane protagonista.
Che ci colpirà per buon senso, purezza e innocenza.

E per quelle che saranno le sue, in un certo qual modo inevitabili, determinazioni finali.

venerdì 28 ottobre 2016

Proponendo... (I)

PROPOSTE LETTERARIE I

Bu! Come annunciato (adoro annunciare), ecco le prime.

Avviso:
A fianco di ognuna segnalo se il volume è già stato recensito sul blog (se no lo sarà in futuro, ecco perché non mi dilungo) con la dicitura G.R. cui seguirà la data. Nei tag, comunque, il nome degli autori (con i titoli uso troppo spazio):


Per chi vuole scendere a precipizio nell’immaginazione, uscendone stupendamente stordito e filosoficamente arricchito:
“Mele Bianche”, di Jonathan Carroll, Ed. Fazi;
“La fine del mondo e il paese delle meraviglie”, di Haruki Murakami, Ed. Einaudi, G.R. 18 novembre 2014.
(Il primo è più rapido e metafisico, il secondo più impegnativo, per lunghezza e incedere narrativo. Entrambi geniali.)


Per provare un turbinio di emozioni innamorandosi dei personaggi e delle loro vite:
“Il Principe delle maree”, di Pat Conroy, Edizione Bompiani, G.R. 30ottobre 2014;
“Ombre”, di Neil Jordan, Edizione Fazi;
(il primo più classico e di più ampio respiro, entrambi lirici, dolcissimi e potenti).



Per chi vuole staccare, facendosi assorbire da altre vite e da un’atmosfera densa, femminile, che coinvolge, accarezza e fa compagnia:
“La spiaggia rubata” di Joanne Harris, Ed. Garzanti;
“Inés dell’anima mia”, di Isabel Allende, Ed. Feltrinelli.

Per infanticelli curiosi, bramosi di inquietarsi (dieci anni circa) o per adulti dal cuore puro, vogliosi di brividi e immaginazione:
“Coraline”, di Neil Gaiman, Edizione Mondadori, G.R. 10 dicembre 2013;
(più “La casa delle vacanze”, di Clive Barker, ma non so se sia ancora a catalogo).


Per chi ha bisogno di qualcosa che gli incida l’anima, lasciandolo a bocca aperta:
“Trilogia della città di K.” di Agota Kristof, Ed. Einaudi, G.R. 11 gennaio2016;
“La fabbrica delle vespe”, di Iain M. Banks, Ed. Meridiano Zero. G. R.col titolo “La fabbrica degli orrori” il 16 aprile 2013.


Per tutti, perché è un classico, ma breve, semplice, scorrevole, indimenticabile. Nonché il mio romanzo preferito:

“Il buio oltre la siepe”, di Harper Lee, Ed. Feltrinelli, G.R. 25settembre 2013.

Prossimo appuntamento: se tutto va bene, 4 novembre!

giovedì 27 ottobre 2016

La parola ai lettori

PROPOSTE LETTERARIE
INTRODUZIONE


Sul serio, non è una presa per l’omega, semmai è la risposta ad una richiesta che mi è stata fatta da più parti negli ultimi mesi, anche per interposta persona.
Non capite? Nemmeno io.
Nel senso che mi sembra che il blog abbondi già di suggerimenti in tal senso: bisogna solo avere la pazienza di curiosare un po’, o di cliccare sui tag…, ma visto che, evidentemente, sono preferite trattazioni più organiche, ho deciso di inaugurare sta sorta di nuova rubrica, a partire da domani.
Non so ancora che periodicità avrà.
Diciamo che attraversiamo un periodo di prova e verificheremo se vi divertite voi e – soprattutto ;) – se mi diverto io…
Ad essere onesti l’idea mi solletica abbastanza, altrimenti non l’avrei presa in considerazione, e certamente è un modo come un altro per menzionare anche quelle opere che, per varie ragioni, non sono ancora riuscita a recensire (vergogna a me!!! Ne ho un elenco bello lungo, ma man mano leggo volumi nuovi mi tocca effettuare spostamenti e rinvii)…
Si accettano volentieri integrazioni e suggerimenti.
Regole (qualcuna ce n’è):

  1. Suggerisco solo titoli che, sia pure per motivi diversi, mi siano piaciuti e abbiano qualcosa di speciale;

  1. Sono proposte, non classifiche: se ne tenga conto! Non possono essere considerate esaurienti, nemmeno se prese nel loro complesso… Semmai sono frutto di impeto e passione.

  1. Ognuna di esse va minimamente motivata o riferita ad un target di lettori (esempio: gente attenta allo stile, amanti dell’horror, etc.).

  1. Procederò a casaccio, secondo il mio umore… In tutti i sensi (riguardo alla scelta dei titoli, delle categorie, etc.). In generale, però, cercherò di non stilare liste monotematiche, del tipo “10 libri di fantascienza che mi sono piaciuti”. No, il programma al momento è sul modello di, ad esempio: “un libro di fantascienza, un romanzo per sognatori incalliti; uno per lettori innamorati delle parole”, etc… Ma, si badi, le categorie varieranno come potranno ripetersi!

  1. Cercherò di privilegiare, laddove possibile, libri meno conosciuti (ad esempio, in linea di massima, di Calvino preferirò consigliare “Se una notte d’inverno un viaggiatore” a “Il barone rampante”, ma molto dipende dalla categoria…), e quindi, per dire, con i classici mi conterrò (se riesco e salvo richieste specifiche).

  1. Ogni regola può essere cambiata apoditticamente secondo ispirazione.

Sì, mi piace sentirmi una tiranna.
Per ora è tutto.
A domani con il primo tentativo!

Baci!!!

mercoledì 26 ottobre 2016

C’è follia e follia

BOOM!
di Mark Haddon


Ovvero: la strana avventura sul pianeta Plonk.
Un romanzillo pazzesco, fantasioso e delirante dell’autore di “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte”.
Che sotto certi aspetti (il ragazzino narratore, lo stile fresco, il gusto per l’assurdo) lo ricorda, ma, al contempo, è qualcosa di completamente diverso: pura gioia, simpatia e… fantascienza, senza risvolti amari (e parallelamente, è chiaro, con meno spessore, anche se non del tutto privo di asperità: il papà di Jim, ad esempio, il protagonista, è disoccupato, in famiglia ci sono dei litigi, la sorella esce con un bullo ai limiti del ritardo mentale…).
Adatto ad un pubblico di giovani fanciullini (o di lettori mai veramente cresciuti), semplice, ironico e piuttosto spassoso, con punte di originalità e sornioneria.
Non ci si aspetti un capolavoro, non lo è. Ma è divertente e fa sorridere.
Più nella prima parte, quando la fantascienza non è ancora conclamata, che nella seconda (alcuni passaggi sono eccessivi anche per me), più che altro perché, aldilà dell’inventiva e delle risate, l’elemento più accattivante è dato dalla capacità dello scrittore di rappresentare l’infanzia, le sue dinamiche e ragionamenti. Che sono logici, genuini, quanto pregni di verità e buon senso.
Nel complesso, comunque, il romanzo si legge in fretta, non richiede quasi nulla in quanto ad impegno e scorre via veloce, con un buon ritmo.
Non ottimo, a mio parere, in quanto – lo ribadisco – a volte il desiderio di stupire a tutti i costi stride un po’ e fa apparire alcune scene come inflazionate o – paradossalmente – troppo prevedibili.
Però, ad aiutare, ci sono l’affacciarsi burlesco della quotidianità, la repentinità dell’azione, e i colpi di scena, tanti e ben calibrati. Oltreché, talvolta, insospettabili.

P.S.
Ad essere sinceri io preferisco Charlie, l’amico di Jim, al protagonista: totalmente senza limiti (lo so, può sembrare un’affermazione contraddittoria, date le premesse, ma c’è follia e follia, e la sua è coerente e data dalla personalità).

P.P.S.
Adoro, però, l’evoluzione dei rapporti umani che gravitano attorno a Jim, specie per quanto riguarda la sorella maggiore...

martedì 25 ottobre 2016

Una tridimensionalità fuori dal comune

NULLA, SOLO LA NOTTE
di John Williams


Un romanzo che va letto a prescindere, per il solo fatto che l'autore è lo stesso di “Stoner”, qui alle prese con la sua opera prima.
Scritta in modo perfetto, tracimante atmosfera e bellezza, desolata e amara, tragicamente esistenziale, vanta un notevole approfondimento psicologico ed è interessante anche dal punto di vista del costume. Non ha una trama appassionante, ma, la verità, è che può benissimo permettersi di farne a meno.
Ci sono volumi, infatti, che non vanno letti perché raccontano qualcosa, quanto piuttosto perché consentono di immergersi in un modo peculiare di percepire la realtà, che è altra da noi, lontana, remota, ma che ci avvolge e ammalia, anche solo per la profondità e sensibilità con cui ci viene descritta.
E nella fattispecie parliamo di descrizioni di livello altissimo, insolite, personali, fatte di sensazioni e assaggi, e tuttavia dotate di una tridimensionalità fuori dal comune.
Seguiamo allora le peregrinazioni – soprattutto mentali – del giovane borghese e decadente Arthur Maxley, il protagonista, dai pochi affetti e il passato tormentato.
Arthur ci conduce ovunque, ma sostanzialmente da nessuna parte, tra un drink e una danza, pochi dialoghi, molti pensieri... ma a poco a poco ci consente di entrare nel suo mondo, fatto di tristezza e quasi privo di valori e prospettive, fino a coglierne il segreto ultimo, mentre lui stesso ne viene travolto.
L'opera incede come un noir, ma non la è... Si in incunea, piuttosto, senza potervisi appieno inserire, nell'alveo del romanzo di formazione. Ove, però, non si forma proprio nulla, men che meno un ragazzo e il suo carattere, ed anzi, si corteggiano il disfacimento, l'alienazione, la solitudine, tracciando, peraltro, molti punti di contatto con “Stoner”, se pur affrontati con un approccio più semplice e meno meditato.

Da leggere quando si ha bisogno di chiudere gli occhi e farsi inghiottire dal buio.

lunedì 24 ottobre 2016

99 scimmie saltavano sul letto...

LE FOLLIE DELL'IMPERATORE
di Mark Dindal
(2000)


Quarantesimo classico Disney, che meno classico non si può! Si fregia, infatti, di uno storytelling ironico e brillante, molto rapido e ritmato, ricco di battute incalzanti, azione e gag alla Warner Bros (mappe con i percorsi, diavoletti e angioletti consiglieri sulle spalle, digressioni sull'arte di precipitare dai burroni, congiunzioni decisive e fulmini a ciel sereno), con unghiate di sardonica crudeltà (in particolare la mosca che viene divorata dal ragno) e spirito di contraddizione, completato da un disegno spigoloso e stilizzato e da una serie di artifici narrativi spiritosi, divertenti equivoci e puntualizzazioni.
La trama è semplice: siamo in Perù, Yzma, la tremenda vice dell'Imperatore, un irritante ragazzino viziato ed egoista, viene licenziata in tronco e quindi cerca di sbarazzarsi di lui... L'idea è quella di avvelenarlo, ma, per un errore, il giovane viene invece tramutato in Lama parlante...
Kuzco, alias il giovane imperatore, è simpatico – appena si civilizza un po' – ma la vera forza del film sono i cattivi: Yzma (vecchia scheletrica sussiegosa, perfida, fascinosa, con tanto di laboratorio segreto, in Italia doppiata dalla bravissima Anna Marchesini), di cui avvertiamo “il nero potere” e che, come commenta Kuzco, è un capolavoro, e Kronk (il suo muscoloso braccio destro, che non è davvero malvagio, quanto piuttosto ingenuo e servizievole, oltreché creativo), che in coppia, perfettamente complementari, fanno scintille, regalandoci molti momenti topici (Kronk chef, i dialoghi con lo scoiattolo, Yzma con le fattezze di un gatto...).
Naturalmente (sempre un cartoon Disney è), la morale buonista è in agguato, cantando il valore dell'amicizia e dell'altruismo, ma non è fastidiosa e tutto sommato non guasta...
Deliziosa la famiglia di Pacha, il villico che aiuterà Kuzco a rimanere vivo e a recuperare le sue sembianze originarie, e ancor più la filastrocca che scandisce i giochi dei bambini (99 scimmie saltavano sul letto/ una cadde a terra e si ruppe il cervelletto...).

Da schiantarsi dal ridere!!!

venerdì 21 ottobre 2016

Un piacere ameno

LA BUSTINA DI MINERVA
di Umberto Eco


Trattasi di una selezione di stra-godibili articoli, estrosi ed intellettuali, pubblicati da Umberto Eco su “L’Espresso”, e, come tali, brevi ed incisivi, divisi per argomento (anche se io preferisco procedere a caso, piluccando nelle varie sezioni), relativi a società, costume, libri e programmi Tv… Seri, faceti o addirittura giocosi. Di tutto un po’, insomma!
Il titolo, che poi era anche quello della rubrica di Eco, si riferisce ai fiammiferi Minerva, sulle cui bustine era presente un piccolo spazio per annotare appunti.
Ebbene, lo devo dire, li ho persino preferiti al “Diario Minimo”!
Sono arguti, ironici, talvolta piacevolmente polemici, ma soprattutto saggi e illuminanti, anche quando assumono pose goliardiche o riflettono una realtà che non è più la nostra, specie per quanto riguarda politica e tecnologia (i brani risalgono per lo più agli anni novanta)…
Con tutto che persino in questi casi una nota attuale c’è sempre, dovuta alla ponderata (ma talvolta volutamente provocatoria) perspicacia di fondo.
La circostanza che viaggino sulle due pagine li rende più mordaci, ma mai carenti. Ogni pensiero è ben argomentato e illustrato analiticamente in ogni passaggio.
I miei preferiti, ovviamente, sono quelli legati alla cultura, all’editoria, o quelli in cui, semplicemente, Eco si diverte prendendosi e prendendoci in giro… Ma non posso negare che, nonostante la mia natura refrattaria alla realtà, mi abbiano incuriosita e stimolata pure gli altri, un po’ perché oggettivamente interessanti, un po’ in quanto memoria di un passato recente, che ora suona nostalgico… Invero non sempre sono stata in grado di coglierne le allusioni o il punto di partenza (all’epoca ero giovine), ma come al solito questo è stato un buon motivo per effettuare piccole ricerche ed approfondire.
Spassosissimi, poi, sono gli articoli “di replica”, in cui si risponde ad una polemica: Eco riesce sempre ad avere una prospettiva intelligente e sovente controcorrente (con qualche punta di sottile cattiveria, che comunque viene permeata dal buon gusto e dall’educazione), tanto più che, lo riconosce lui stesso, è più sensato esprimersi quando si è in disaccordo con il prossimo che quando la propria opinione coincide con tutte le altre.
Un piacere ameno, non troppo impegnativo, ma assolutamente foriero di arricchimento intellettuale ed emotivo.

P.S.

Persino i titoli sono gustosi, tanto delle Bustine quanto dei capitoli!

giovedì 20 ottobre 2016

La femminilità esasperata di Bridget

BRIDGET JONES’S BABY – I DIARI
di Helen Fielding


Dov’è finita la continuity con il terzo volume? Mi riferisco ad “Un amore di ragazzo”, che sembra completamente dimenticato…
Qui Bridget è ringiovanita e quasi quarantenne, senza prole (beh, dipende dai punti di vista) e Mark Darcy è di nuovo sulla piazza!
No, sul serio, al di là della gioia immediata provata appena reperito il volume in libreria, sono rimasta abbastanza male nel constatare che andiamo indietro anziché avanti…
Ad ogni modo, amen, vorrà dire che mi accontenterò di veder colmato un vuoto (quello tra il secondo e il terzo volume, appunto, abbastanza grosso)…
L’inconveniente è che si sa sin dalla prima pagina, allora, si sa chi è il padre del bimbo di Bridget e dove alla fine si andrà a parare (evito spoiler, ma gli aficionados sanno).
Per il resto, leggere Helen Fielding è come sempre fantastico. Coinvolgimento immediato, risate a crepapelle, femminilità esasperata, caotica e deformata, simpatia, e una spruzzata di romanticismo non troppo fastidioso.
Certo, a volte la protagonista mi sembra eccessivamente stereotipata, così insicura, priva di autostima e avvinazzata, e non mi ci rispecchio più di tanto (in effetti, non mi ci rispecchio per niente), laddove i suoi stessi desideri e ambizioni sono lontani anni luce dai miei… ma la trovo comunque gradevole e mi diverte seguire le sue assurde peripezie.
E ciò, principalmente, per lo stile fulminante dell’autrice, che, prima di qualunque altra cosa, oltre a scorrevolezza e fluidità, vanta tempi comici inappuntabili, ironia, autoironia e uno squisito gusto per la contraddizione.
A parte ciò, spero che, se ci sarà un prossimo volume, la pianteremo con le schermaglie tra Daniel e Mark, riprendendo da dove eravamo rimasti, oppure, semplicemente, passando oltre.
Magari ad un nuovo personaggio.

P.S.

Lo so, non ho ancora recensito i primi due romanzi… Lo farò! Prometto che lo farò!

mercoledì 19 ottobre 2016

Straniante ed efficace

THE BOY
di William Brent Bell
(2016)


Davvero carino, quest’horror: mi è bastato il trailer per volerlo assolutamente vedere.
La prima parte, in particolare, è eccezionale: perché è sottile, perversa, insinuante. Non ha bisogno di grandi effetti, è piuttosto una paura che striscia, quella che suscita, un terrore concettuale, sinistro, che si basa sulla trama e lascia intravedere più di quanto mostra, senza essere sleale, incuriosendo, e consentendoci di intuire – sempre e comunque – che il peggio deve ancora venire.
L’incipit, geniale, è questo: la bella Greta (Lauren Cohan, alias Maggie di “The Walking Dead” dopo una bella ripulita) viene ingaggiata da due ricchi coniugi per fare da baby-sitter a loro figlio Brahms. Che è un pupazzo. Un pupazzo, sì. La riproduzione di un bambino a grandezza naturale, già inquietante di suo. E naturalmente siamo in una grande, grande villa in una campagna isolata e assai poco frequentata…
I genitori partono per una vacanza, Greta rimane da sola e proprio mentre pensa di aver plagiato i due vecchietti accettando una lavoro strapagato per non fare nulla, scopre che… ci sono delle regole da seguire, altrimenti...
Questa è la parte migliore. Straniante ed efficace, anche laddove, di fatto, non succede niente. Pura atmosfera.
All’incirca dopo il primo tempo il film diviene più convenzionale, più prevedibile. Ma c’è ancora una sorpresa (grossa).
Non è particolarmente originale, ma, in tutta onestà, io non ci ero arrivata. Ex post sa tremendamente di già sentito, ma non importa, nell’economia della pellicola funziona e fa scattare qualcos’altro a livello emotivo, creando un bel ribaltamento.
Sì, forse avrei preferito un epilogo differente, ma tutte le ipotesi che sovvenivano a me e a MPM erano meno ingegnose.
A parte ciò, il film è ben realizzato sia a livello registico che attoriale. Laura Cohan se la cava piuttosto bene: sa essere scettica, ma anche mentalmente aperta, intelligente e dolce. La trama funziona, trasmette la giusta dose di ansia e spaventi. Lo splatter è quasi assente, ma non se ne accusa la mancanza.

Uno degli horror migliori visti di recente… Anche se, per quel che mi concerne, la palma va a “The Witch”, che recensirò presto.

martedì 18 ottobre 2016

Favoleggiante

PICCOLA ENCICLOPEDIA DEI MOSTRI E DELLE CREATURE FANTASTICHE
di Orazio Labbate


Io con questi librini ci vado a nozze e proprio non posso farmeli sfuggire!
Lo so, da un punto di vista squisitamente teratologico, il volume può sembrare assai carente: intanto ci sono solo cinquanta voci, e poi, le voci stesse sono stringate al massimo, parche di informazioni…
Eppure, anche conscia di tutto ciò, non potevo perdermelo, per varie ottime ragioni:
in primis perché il testo, anche negli ambiti sopra descritti, presenta amene singolarità, ad esempio voci che, per quel che mi consta, altre opere del genere (una su tutti: il sontuoso Dizionario illustrato dei Mostri di Massimo Izzi) di norma non contemplano. Ad esempio “l’animale sognato da Franz Kafka”. Wow!
Secondo stupendo motivo di interesse sono le illustrazioni, a cura di Marco Ugoni. Eccelse e una per voce! Anche qui c’è qualche errorino (ad esempio, si vedano le Sirene… considerato che il testo si riferisce alla mitologia greca e latina avrebbero dovuto essere rappresentate in forma d’uccelli, non mezze pesce, come da iconografia medievale), ma si può soprassedere… tanto più che sti disegni coniugano semplicità e una sorta di gusto antico, cui per giunta è sottesa… oh, non so… come una vena di deliziosa crudeltà (non in tutte le tavole, ma in una buona parte), che li rende irresistibili.
Terzo: l’impostazione grafica. Chiara, precisa, fascinosa, alterna inchiostro rosso a inchiostro nero, e fa pensare ad un arcano grimorio. Davvero pregevole, e così impaginazione e copertina, per tacere delle piccole riproduzioni schierate in fondo.
Quarta, ma non ultima, ragione: lo stile dell’autore. Non asettico, impersonale e didascalico, ma piuttosto favoleggiante. Sintetico, ma non privo di corpose rotondità se non, addirittura, di guizzi e afflati poetici.
Insomma, non importa se avete già tutto: dal “Manuale di zoologia fantastica” di Borges allo “Pseudomonarchia daemonum” di Johann Wier.
Questo volumetto è comunque stuzzicante e indispensabile.

E bello, anche solo da soppesare.

lunedì 17 ottobre 2016

Per il nerd dal palato fine

RUNAWAYS
di Brian K. Vaughan e Adrian Alphona


Non sono un’amante dei fumetti supereroistici, ma questo è molto di più.
E infatti lo adoro.
E non solo per la circostanza che i protagonisti sono adolescenti problematici con un rapporto – necessariamente – conflittuale con i genitori (malvagi, chi l’avrebbe detto?), o per via dei loro poteri fantasiosi e bizzarri, o per il bellissimo spirito di squadra…
No, mi piace tutto, e si vede che dietro c’è lo zampino di Vaughan, all’apice della sua creatività!
I dialoghi e il ritmo sono superbi, incessanti, la trama stimolante, ingarbugliata, procede selvaggia e leggera, senza linearità, ma la vera bellezza dell’opera sta nei protagonisti: magnifici singolarmente, favolosi tutti insieme, al di là degli apparenti stereotipi iniziali, capaci di creare sempre nuove alchimie: personaggi cui ci si affeziona, dunque, che non si può non amare e a cui capita di tutto in un’incessante, mirabolante continuity, che prevede un inizio e una fine, oltre che una perenne evoluzione dei rapporti (con tanto di matrimoni e decessi, consumati in pochi numeri, con sorpresa e dolore).
Supereroi o no, quindi, per quanto mi riguarda, siamo a pieno diritto nel campo del fumetto d’autore.
Emozioni e sentimenti, azione e immaginazione, ma pure risate e cambi di registro, spensieratezza e ingenuità adolescenziale, avventura, mistero e botte da orbi.
E ammiccamenti, citazioni, riferimenti.
Epicità e coraggio.
Insomma, tutto quello che un nerd dal palato fine può desiderare.
O un ragazzo.
O un adulto.
Ed è pure ben disegnato.

Da leggere e rileggere!

venerdì 14 ottobre 2016

Una voce che è giusto ascoltare

LA FORZA DELLA RAGIONE
di Oriana Fallaci


Secondo volume della “Trilogia di Oriana Fallaci”, nato come Post Scriptum de “La Rabbia e l’Orgoglio”, ma di fatto dotato di una sua impronta e indipendenza, è potente, fluido e incisivo, ma, a mio avviso, inferiore al capostipite.
Intanto perché, per quanto questa volta, nelle intenzioni, si faccia leva, non su rabbia e orgoglio, ma, appunto, sulla forza della ragione, l’opera risulta più esasperata, più amara (sebbene per motivi assolutamente umani e comprensibili); in secondo luogo a causa del lungo – e pur interessante – riepilogo storico, preciso, accurato ma, a mio giudizio, parziale; in ultimo perché, semplicemente, a livello letterario risulta meno efficace, e ciò proprio per via delle digressioni, che, invece, nel primo tomo della trilogia mi apparivano necessarie e più armoniose.
Personalmente non riesco ad essere d’accordo su tutto: condivido tanti concetti, tanti ragionamenti, tante conclusioni, ma altrettanti mi suonano eccessivi, mentre su altri ancora sospendo il giudizio non ritenendo di avere sufficienti elementi per esprimermi.
Ad ogni modo non posso che provare ammirazione per il rigore morale di una donna che sostiene ogni sua opinione con i fatti di tutta la vita, una donna che comunque ha (non mi sento di usare il passato) una visione delle cose più ampia e ragionata della mia, coraggio, intelligenza e passione, e che, per giunta, è dotata di una veemenza tale da farmi sovvenire, mentre ripenso alla sua scrittura coinvolgente e incendiaria, l’ardore del fuoco e l’impeto delle fiamme.
Insomma, reputo che a prescindere dalle soggettive convinzioni la sua sia una voce che è giusto (oltre che bello e stimolante) ascoltare, come, del resto, se davvero siamo in una democrazia, è doveroso ascoltare tutte le altre…
Se invece, come temo, il se è in discussione – per cui non siamo in una democrazia, ma in una dittatura mascherata o peggio in un’oclocrazia – beh allora leggere la Fallaci assurge addirittura ad imperativo categorico.
Perché, per quel che ho constatato, lei è lei, senza filtri, piaggerie o censure, e soprattutto è profondamente morale e sincera.

Insomma, che sia d’accordo su tutto o no (o che non la sia ancora o no, perché a volte è solo questione di metabolizzare), grazie O. F. e I love you.

giovedì 13 ottobre 2016

I vermoni che vanno sottoterra

TREMORS
di Ron Underwood
(1990)


Uno di quei film che non posso non amare!!!
Perché mescola azione, horror, fantascienza e commedia, con battute e dialoghi deliziosi, personaggi fortissimi e interessanti, e alcune splendide scene memorabili (per epicità o per emozione)!
Per i vermoni che vanno sottoterra, divertenti e angoscianti (nonché, nonostante gli anni tracorsi, ancora ben realizzati); per un Kevin Bacon (Val) ancora figo e sorridente; per l'adorabile protagonista femminile (Finn Carter); per l'amicizia e – sorpresa – per una storia d'amore basata sulla sostanza, anziché su inutili, vacui sospiri, e che è tenerissima!
L'ho rivisto decine di volte (ignorando i seguiti, che non mi attraggono per via del sapore televisivo e che – soprattutto – non comprendono più i personaggi di Val e Rhonda), adorandolo ognuna di esse! Ironico e ammiccante (Jack Arnold docet) com'è, infatti, non esaurisce mai il suo fascino, nemmeno quando gli “spaventi”, ormai, sono tutti noti... Sono altri, infatti, i motivi per cui frizza e scoppietta e, a dispetto dei generi che miscela, pare quasi una pellicola per famiglie.
Paradossalmente, per quanto sia nato come omaggio ai film di serie B anni 50, è anche piuttosto originale, e ciò proprio per via dei personaggi: caratterizzati con maestria, e, per diversi motivi, classificabili tra i perdenti o tra gli sventuratelli, sono magnifici e indimenticabili. Non solo Val, Earl (Fred Ward), e Rhonda, ossia i protagonisti, ma pure i complementari, in particolare Burt (Michale Gross) e la sua dolce metà, splendidamente fanatici e, come tali, irresistibili, e poi l'odioso ragazzino Melvin e Walter, il proprietaio dell'unico emporio di Perfection (il tutt'altro che perfetto paesucolo in cui si svolgono i fatti), con cui alterna godibili siparietti... Tanto che quando uno di loro viene preso ci rimaniamo davvero male perché, ehi, chi se lo immaginava?

Curiosità: Victor Wang, l'attore che interpreta Walter, è il mago Egg Shen in “Grosso Guaio a Chinatown”!

mercoledì 12 ottobre 2016

Una quotidianità variegata

LA SAGA DEI CAZALET – GLI ANNI DELLA LEGGEREZZA
di Elizabeth Jane Howard


Da un po' mi attirava... Poi mi è stato consigliato da un signore appena conosciuto in libreria: “Procede lentamente”, mi ha detto, “ma è molto bello”.
Gli ho chiesto quale fosse il suo romanzo preferito, tanto per avere un riferimento. Mi ha risposto l'“Ulisse” di Joyce. A quel punto ho dovuto perfezionare l'acquisto e di certo non mi sono pentita.
Solo che la trama non procede con lentezza, non esattamente: ci sono molti personaggi (cinque famiglie più la servitù) che si alternano, rendendo impossibile lo stagnare della trama, per il semplice fatto che non se ne ha il tempo. E' vero, in principio più che vivere fatti siamo avvolti nella quotidianità, ma così variegata e lontana da noi (siamo nel 1937, in Inghilterra), che non ci pesa, anzi ne restiamo ammaliati e non riusciamo a staccarci, soprattutto perché consente di privilegiare l'attenzione per le relazioni e i caratteri dei personaggi, bambini compresi, che, senza quasi accorgercene, impariamo a conoscere ed amare, facendo sentire pure noi parte della famiglia, cosicché quando le cose iniziano ad accadere ci pungono sul vivo, proprio come se capitassero a noi in prima persona.
Presto, infatti, il presente inizia a muoversi e le staffilate della vita ad arrivare: invidie, tradimenti, insicurezze, ansie... e persino peggio: un abuso, consumato tra le mura domestiche, del tutto inaspettato. Fino a che non ho letto la biografia dell'autrice comprendendo che non è uno sviluppo gratuito ma un doloroso elemento autobiografico.
E quando il 1937 volge al 1938 in più si insinua lo spettro della Seconda Guerra Mondiale...
Lo stile dell'autrice, inoltre, è scorrevole e sobrio, piacevole e arguto, risulta molto rilassante e coinvolge da subito.

Inizio subito il secondo volume!

martedì 11 ottobre 2016

Mostricizzando l'arte

L’ORRIDO


Lo so, la prospettiva è sbagliata…
Però, benché venuto maluccio, sto disegno è sempre uno dei miei figliuoli di carta e come tale amato… Quindi, già che sono agli sgoccioli (nel senso che di inediti me ne restano pochini, tanto più che non mi impegno in nuove opere da anni, ormai), lo pubblico.
I mostricilli mi piacciono e avevo impiegato tipo cento anni (non è vero: quattro giorni, ma intensi) per colorarlo. Avevo poi aggiunto gli effetti speciali (soprattutto – è il caso di dirlo – una cascata di brillantini) e mi ero dilettata con i pennarelli (adoro i pennarelli, in particolare questi ad acqua. Matite blé!).
Come mia abitudine lo spunto derivava da un quadro di epoca romantica (non rammento di chi o quale fosse titolo) che è stato liberamente riprodotto, semplicizzato e – la mia parte prediletta – mostricizzato.
Ero all’Università e avevo un sacco di tempo libero…
Snif.
La figura alata in contemplazione dell’abisso si chiama Tobey.
Non sta pensando di suicidarsi.

Bax.

lunedì 10 ottobre 2016

Descrivere il male

COSE PREZIOSE
di Stephen King


E' il nome di un negozio appena aperto a Castle Rock, cittadina immaginaria del Maine in cui King ha già ambientato molte delle sue opere... Il proprietario si chiama Lelan Gaunt, ha il dito indice e il medio della stessa lunghezza, e presso il suo ameno esercizio commerciale è facile che troviate qualcosa che vorreste davvero comprare, ma che non potete permettervi. Nessun problema: Leland è un simpaticone e accetterà anche forme di pagamento particolari, come un bello scherzetto da fare ai vostri vicini...
Lo spunto è davvero sfizioso e va in crescendo sino ad almeno metà libro: la tensione sale, il contesto si fa sempre più insidioso, la curiosità divora il lettore... Solo che ad un certo punto la narrazione si arresta, si fa ripetitiva, e la fine delude un po'. Non è brutta o incoerente, solo appare frettolosa e non all'altezza delle prime strabilianti 400 pagine circa.
Nel complesso, però, trattasi di un buon romanzo, magnificamente corale: come sempre ben scritto, con buoni personaggi e un notevole approfondimento psicologico, che rende bene sia i singoli caratteri sia la mentalità di paese.
Ha inoltre il pregio di descrivere il male – sia con la maiuscola che con la minuscola – in modo straordinariamente efficace e soggettivo, partendo dalla piccola radice che alligna in (quasi?) ognuno di noi, fino a che non è più sotto il nostro controllo, cristallizzandone tanto la meschina banalità quanto il suo lato più terrificante.

P.S.
Per i kinghiani questo è un volume pieno di curiosità: ritroviamo lo sceriffo Alan Pangborn da “La Metà Oscura” e Ace Merrill da “Il Corpo” (“Stagioni Diverse”), più qualche amena citazioncina per nerd...

P.P.S.
Date un'occhiata anche ad “Incubi & Deliri”...

P.P.P.S.
Domani esce “Fine turno”!

venerdì 7 ottobre 2016

Frank Castle forever!!!

THE PUNISHER
di Garth Ennis


Già di per sé Frank Castle come personaggio mi aggrada parecchio.
Non vola, non è ricco, non ha superpoteri, ma non ha nemmeno il vincolo del politically correct.
Non ha nessun vincolo, in effetti, e se lo avesse, suppongo che lo ignorerebbe, felice di farlo.
Tutto ciò che vuole è vendicarsi.
E quindi uccide, ammazza, tortura.
Solo i cattivi, chiaro, però senza scrupoli o inutili ciance.
Lo adoro.
E adoro il Frank Castle di Garth Ennis ancora di più.
Perché oltre ad essere efficiente e spietato è ironico e fa impazzire dal ridere.
Nei primi numeri, soprattutto, i più scanzonati e sopra le righe (alludo all’edizione Panini Comics).
Nel primo numero c’è una scena in cui usa quello scemolino di Spiderman come scudo, mentre lo spararagnatele, semi incosciente, continua a blaterare le sue stupide battutine da adolescente nerd disturbato…
L’ho già detto che adoro Frank Castle?
Lo ripeto.
Perché tu ti aspetti che faccia una cosa, quella giusta, quella che qualunque supereroe Marvel farebbe al suo posto. Quella che deve fare. E lui ne fa un’altra. E ti spiazza. E ti inorgoglisce.
Perché in più si diverte e più ti fa divertire.
E siccome è di Ennis, e pure Ennis rifugge il politically correct e probabilmente odia i supereroi, ancora di più: fioccano le battute al vetriolo, e fioccano sangue e budelline marce. Oh, sì. Schizzano ovunque, splatter a volontà.
E capitano molte cose strane e allucinanti, che ti fanno piegare, che sono grottesche al cubo e non ti aspetteresti.
Tipo che il tuo terribile nemico, un colossale assassino psicopatico, sia stato montato sul corpo di una popputissima matrona grassa. E allora lui si lamenta per via delle poppe… Perché le vuole più grandi!!!
Spassoso, a dir poco.
Anche se poi, nel prosieguo (numeri dopo), i toni si fanno più seri e meno giocosi.
Peccato.
Ma ci si diverte comunque.

Frank Castle forever!!!

giovedì 6 ottobre 2016

I racconti "autunnali" di Bradbury

PAESE D’OTTOBRE
di Ray Bradbury


I più famosi sono quelli di “Cronache marziane”, fantascientifici ed eccezionali, densi di meraviglia e di immaginazione. Ma i miei racconti preferiti di Bradbury sono questi, dai contorni imprecisi, i confini labili, confusi con la quotidianità, che sfumano nell’horror e nel fantastico, percorsi da una vena malinconica, che non puntano a stupire, ma sono essi stessi stupore.
Paese d’ottobre o Cronache terrestri.
Diciannove racconti brevi, “autunnali”, con tocchi di genio e di dolcezza, pregevoli per le idee, ma ancora di più per lo stile e l’atmosfera, per la capacità di coinvolgimento immediata, per il sentimento, che, in un modo o nell’altro, si annida dentro di loro, anche quando non viene esplicitamente cantato.
E dunque incontriamo l’amore e la morte, la sottile e stridente vertigine del terrore, i vampiri e l’infanzia, l’oscurità e il bizzarro, nonché i becchini che ti portano via...
Ma niente fantascienza.
I generi spaziano, si mescolano, ma qui siamo sintonizzati su un canale diverso, fantastico, ma meno eclatante, più nascosto. Tuttavia assai più insinuante.
La verità è che ho letto questo libro un milione di anni fa, e rammento più una sensazione generale che i singoli brani.
Ricordo che c’erano alcuni capolavori immensi ed altre storie che avevo letto volentieri, ma senza entusiasmo, trovandole più prevedibili.
Ma ricordo anche che se il titolo, già al momento dell’acquisto, mi era parso splendido e suggestivo, dopo aver terminato l’opera mi era apparso perfetto e non mi aveva delusa.

Un classico misconosciuto che andrebbe riscoperto.

mercoledì 5 ottobre 2016

Commedia e action come ai bei tempi

WASABI
di Gérard Krawczyk
(2001)


Simpatico action-movie scritto, sceneggiato e prodotto da Luc Besson, ambientato tra Francia e Giappone, che coniuga adrenalina, battute ironiche e tensione a drammi familiari, amori perduti e conflitti generazionali, il tutto con leggerezza spigliata e allegria.
Non una pellicola imperdibile, dunque, ma senza dubbio un ottimo intrattenimento, divertente, emozionante, dal ritmo ineccepibile e un Jean Reno sanguigno quanto tenerello. Oltre ad una colonna sonora niente male.
In realtà il dato più interessante, che un po’ ci riporta ai meravigliosi film d’azione anni 80, è proprio il connubio tra commedia e action, reso ulteriormente frizzantino dalla presenza inaspettata di Yumi, la neo-scoperta figlia adolescente, nipponica e peperina, che ben si accosta al carattere ombroso del padre, ossia il protagonista, il poliziotto francese Hubert Fiorentini (alias J. R., appunto), che non ama le mezze misure e ha una mira infallibile.
“Wasabi” non concede un attimo di tregua e quando non ti fa stare con il fiato sospeso, ti fa morire dal ridere, salvo in quei due momentini legati al sentimento e alla commozione.
Perché Wasabi?
Perché in una scena Hubert mangia questa salsa piccantissima senza scomporsi minimamente.
Perché la vicenda in cui Hubert viene coinvolto in Giappone, dal suo amore perduto – la donna da cui ha avuto una figlia e non glielo ha mai detto fino ad oggi, dopo che è morta e ha bisogno che lui protegga Yumi – è pericolosa, e dura da mandare giù e digerire, e quindi è piccante, ma anche buonissima perché, ehi, il suo amore perduto non era tale: è sparita per proteggerlo e non lo ha mai dimenticato.

Perché lo stesso Hubert, se vogliamo, è un piatto di Wasabi, e ancora di più lo è Yumi e, in fin dei conti, pure il loro appena instaurato rapporto.

martedì 4 ottobre 2016

Smarrirsi in altre vite...

LA VERGINE AZZURRA
di Tracy Chevalier


E va bene, non è “La ragazza con l’orecchino di perla”, però… mi è piaciuto, sia pure in misura minore.
Innanzitutto per lo stile e la ricostruzione storica: la prosa riesce a creare immediatamente un’atmosfera coinvolgente, che ti ammalia e conforta, a prescindere dagli accadimenti, mentre, come nel capolavoro dell’autrice, ti sembra di essere davvero lì, di respirare l’epoca e il suo clima... Ossia la Francia del XVI secolo e la Francia quasi contemporanea, ante 2000…
Il romanzo, infatti, intreccia due narrazioni, irte di richiami, corrispondenze e parallelismi: quella dell’ugonotta Isabella du Moulin, detta la Rossa, a causa del suo colore di capelli, considerato sconveniente, e quella di Ella, sua discendente americana, intenzionata a ricostruire l’albero genealogico e le vicissitudini familiari…
Entrambe storie interessanti, in modo diverso (ma di più quella del 1500), con vari accenti lirici ed altrettante suggestioni crude (notevoli, in particolare, i brani relativi alla fuga dei Tournier), descrizioni evocative e di grande introspezione.
La trama, è vero, ha poco ritmo, contorni non molto definiti, indulge nella staticità e si perde in se stessa, sfociando, per giunta, in un finale che mi è rimasto sullo stomaco (non necessariamente in senso negativo), tuttavia lo stile, l’atmosfera e i personaggi la sostengono sino all’ultimo, senza mai annoiare, ed anzi, infondendole brio, grazia e delicatezza.
Per quanto non si stia sempre sul filo del rasoio, infatti, è bellissimo smarrirsi in altre vite, soffermarsi su una quotidianità così diversa e così vivida (sia pure, talvolta, desolante) e ancora di più accompagnarsi alle protagoniste che, ognuna a modo proprio, sono donne complesse e piene di contraddizioni.

La vicenda del XVI secolo, peraltro, mi ha infuso genuina curiosità, cambiando toni, prospettive, e affrontando questioni tragiche e drammatiche, alternando, sul piano emozionale, paura, tristezza, rabbia e speranza, mentre la trama moderna procede in modo più prevedibile, a tratti persino stucchevole, con tanto di parentesi romantica… E se a volte passare da un tempo all’altro mi ha irritata, rendendomi irrequieta, perché avevo brama di continuare, altre mi sono goduta la doppia traccia narrativa, in quanto mi ha permesso di far sedimentare gli eventi.