Se ti è piaciuto il mio blog


web

lunedì 31 luglio 2017

Epico e potente

 VIA COL VENTO
di Margaret Mitchell


Più bello del film, più impetuoso e avvincente, denso di meravigliosi inciampi e attese disattese... 
Chi ne ha solo sentito parlare rischia (come avevo fatto io) di crederlo un drammone melenso e stucchevole, mentre è tutt'altro, che di stucchevole non ha nulla. Intanto grazie all'irrequieta e capricciosa protagonista, ben lontana dal canone delle eroine da romanzo d'appendice, e poi per gli intensi personaggi che la circondano (Melania fra tutti) e naturalmente per lui, il protagonista maschile, Rhett Butler, dall'irritante e disinvolto fascino canagliesco. 
In secondo luogo c'è la circostanza che quasi mai le cose vanno come ci si aspetterebbe: Rossella non si sposa con il suo amato, il bel tenebroso viene rifiutato, quando Rossella si invaghisce di lui è troppo tardi, l'amore si rivela beffardo, il finale è tutto fuor che lieto, eppure la nostra indomita e insopportabile Rossella non si arrende e riflette sulle possibità del domani.
E poi, ovviamente, c'è tutto il resto: l'avvampare della Storia, la rabbia, la passione, la Guerra Civile Americana, il punto di vista dei sudisti (insolito, giacché di solito si privilegiano i vincitori), i sottintesi politici (utili a capire che il bianco non è sempre bianco, e il nero non è sempre nero), la ferocia della disillusione, i tempi che cambiano e la morale del sapervisi adattare.
Davvero illuminante, ad esempio, scoprire la vera forza di Melania, o rivalutare l'insopportabile Rossella alla luce della sua caparbietà, assistere ai mutamenti, grandi e piccoli, e trovare la forza di seguire il flusso. O di opporvisi.
E troneggiano la paura e il senso di distruzione, ma anche la voglia di risollevarsi e lottare, sempre e comunque, contro ogni logica. 
Una trama epica e potente, esaltata dalla scorrevolezza dello stile ne fa un romanzo notevole, che è sì popolare, ma non scontato, e non per tutti.

venerdì 28 luglio 2017

Il racconto come terapia

BATMAN: NOTTE OSCURA
di Paul Dini e Eduardo Risso


Sottotitolo: una storia vera di Batman. 
Che in un certo senso è esatto, in un altro no.
E' esatto perché è attraverso il personaggio di Batman e dei suoi molti villains che tutto viene filtrato, ripercorso, codificato e superato, esaminando quello che è il senso più autentico di scrivere le sue storie e, in parte, di vivere la propria esistenza di autore (e di persona). Nessuna finzione, dunque. Nessuna capacità superumana (nemmeno il superpotere di Bruce Wayne, ovvero i soldi), ma un avvicendamento di rivendicazioni, accuse, sensi di colpa, rimpianti, con i volti che ben conosciamo (più altri) e che qui assumono una valenza peculiare. Che più che all'immaginazione, ci fa pensare ad archetipi personalizzati, per quanto propri della cultura di massa, apparendoci familiari, dunque, ma anche diversi. Subdoli, insinuanti, emblematici. Su uno sfondo terrificante, ma vero. Sul quale la fantasia si infrange e, per un attimo, ci appare vuota, ingannevole, priva di contenuti. Almeno fino a che non comprendiamo. Che la fantasia non è mai vuota, ma è bellezza e speranza. Ed è indispensabile. 
Non lo è perché il protagonista non è Batman, ma l'autore, Paul Dini in persona, che ci racconta di una notte tremenda in cui è stato rapinato e pestato di brutto da due malviventi. E il racconto serve come terapia per metabolizzare il trauma, ma pure come chiarificazione nei confronti della propria esistenza, scelte, illusioni, specie in campo sentimentale.
Il quadro che ne esce, nonostante un palpabile autocompiacimento, è sincero e onesto, tanto che intenerisce. E al contempo riduce le distanze tra l'artista di successo e l'uomo. Che come tale è normalissimo, anzi, meno fortunato di altri. E che ha molti demoni da affrontare, non solo quelli derivanti dal delitto di cui è stato vittima.
Una storia profonda, dolorosa, intelligente. 
Una storia vera. Nel senso più puro e bello del termine.
Alla fine, non importa di chi sia, se di Batman o di Paul Dini.
Importa che venga raccontata.

P.S.
Ad un certo punto compaiono persino Sandman e Death di Neil Gaiman, seppur non  come proiezioni mentali.

giovedì 27 luglio 2017

Il solito, impeccabile, spaccato di paese

LA TEMPESTA DEL SECOLO
di Stephen King


Per quel che mi riguarda, una delle opere meno riuscite del Maestro, dalla trama scontata, specie per un kinghiano, ripetitiva e poco stimolante, dal ritmo scarso e dai personaggi piatti, che sembrano riassumere in modo superficiale le caratteristiche dei protagonisti apparsi in precedenza nei suoi romanzi, ma pressoché privi di qualunque peculiarità atta a contraddistinguerli davvero, a conferir loro unicità. 
I soli elementi degni di nota, a mio avviso, sono il fatto che si tratti di una sceneggiatura (l'unica, per quel che mi consta, di Zio Stevie) anziché di un romanzo, e il solito, impeccabile, spaccato di paese, rappresentativo di quel che c'è di buono e di cattivo dell'umanità. Ma soprattutto di cattivo. E ipocrita. E orribile. Che, in sostanza, se vogliamo, costituisce il vero orrore.
L'incipit, in realtà, è anche suggestivo: c'è questa tempesta spaventosa, la peggiore di sempre, che si abbatte sull'isola di Little Tall, recidendo gli ultimi legami con la terra ferma, proprio quando compare un atroce tizio in odore di zolfo, Linoge, che ci ricorda prepotentemente Randall Flagg e che, come da copione, ha intenti maligni... Soltanto che, quando la sua trama si svela, nonostante non manchino sottigliezze e raffinate implicazioni, non è poi sto granché, più che altro perché uguale a troppi altri romanzi del Re (ad esempio, “Cose Preziose”). Se non altro non veniamo offesi da un lieto fine, ma ciò non basta a risollevare il mio giudizio sull'opera, che nel complesso ritengo poco incisiva.
Ad essere sinceri, se non fosse di King, forse potrebbe pure conquistare un discreto, ma essendo sua, mi dispiace, ma mi sa troppo di stesura senz'anima.  
E allora perché recensirla?
Perchè se ad uno è piaciuta, sia avvertito: ancora di più apprezzerà il resto della sua produzione.
Chi, invece, ne è rimasto scontento, non disperi: King ha scritto un sacco di magnifici gioielli, di cui questo può essere considerato solo l'ombra di un antipasto.

mercoledì 26 luglio 2017

Abbiamo sempre un sopra e un sotto

THE HALCYON


Interessante novità di RaiPlay, questa serie tv sembra in tutto e per tutto un seguito/continuazione di Downton Abbey... C'è l'hotel (“the Halcyon”, appunto) al posto della tenuta del Conte di Grantham, ma abbiamo sempre un sopra e un sotto, la contrapposizione tra nobili e servitù, il sentimento britannico, l'andamento in stile soap opera e il tema ricorrente del cambiamento, oltre che, in generale, l'ottima qualità degli interpreti e l'incalzare della sceneggiatura. Persino qualche personaggio sembra ricalcato, come tipo fisico e caratteriale, e pure come destino, su quelli della serie ideata Julian Fellowes: ad esempio Billy/William, gemelli divisi alla nascita con più punti in comune che differenze.  
L'ambientazione storica, però, si sposta un poco... Anziché iniziare nel 1912 e terminare nel 1926, qui siamo negli anni '40 ad affrontare (da Londra e, per lo più, dal mondo privilegiato dell'albergo) le brutture della Seconda Guerra Mondiale. E quindi può capitare che, nel bel mezzo di un lussuoso ricevimento, ci si debba precipitare nei sotterranei... peraltro, anch'essi piuttosto eleganti. 
Per il resto, abbiamo il consueto susseguirsi di trame e personaggi che si intrecciano, la coralità inframmezzata all'individualità, il tutto reso con un buon ritmo e un affascinante impianto drammatico fatto di gioie e dolori, nonché di amabili digressioni quali l'amore omosessuale, la differenza di classe, e, naturalmente, la guerra e i suoi corollari.
A spiccare fra i protagonisti, sempre ben indagati sotto il profilo psicologico: il Direttore dell'Halcyon, il buono ma ambiguo Sig. Garland, sua figlia Emma, innamorata, ricambiata, del figlio maggiore ed erede di Lord Hamilton (tuttavia, ovviamente, non potrà essere un sentimento privo di contrasti), Lady Hamilton – donna moderna e retrograda ad un tempo –, e, il mio preferito, il giornalista Joe O'Hara (con il volto di Matt Ryan/John Constantine in versione bruna), in apparenza un cinico opportunista, in realtà... 
Insomma, devo ancora vedere le ultime due puntate, ma direi che questa serie è perfetta per riempire il vuoto lasciato da Downton, rinnovandone al contempo i contenuti.

martedì 25 luglio 2017

Trasudare amore per la preistoria

PICCOLA ENCICLOPEDIA DEI DINOSAURI
E DI ALTRI ANIMALI ESTINTI
di Vanna Vinci


Che forte! 
No, davvero, questo libro è una delizia, e mi ha conquistata sin dallo “Sbleeurgg” in copertina. Sì, perché questi dinosauri sono vegani, producono musiche folk o leggono il giornale...
Non sono illustrati da un paleontologo, infatti, ma da una bambina cresciuta con la passione per loro (che io conoscevo come fumettista) e che sopra ci ha fantasticato un bel po'...
E quindi, tra un'informazione utile e una didascalica, ci ha lavorato anche con l'immaginazione, conferendo caratteristiche e idiosincrasie a ogni creatura ci viene descritta (con tenerezza e varietà di linguaggio, a partire dai sopracciglioni ossei dell'Allosauro).
I testi, quindi, sono originali e simpatici, oltre a trasudare amore per la preistoria, mentre i disegni (la parte migliore) sono adorabili e ricchi di personalità!
La struttura è un po' la stessa della “Piccola Enciclopedia dei Mostri e delle Creature Fantastiche” di Orazio Labbate (la Casa editrice è la medesima), quindi un'illustrazione a pagina, bella grande, e un'ottima rilegatura, ma, forse, questa volta, l'opera è pensata un po' di più per gli infanti che per gli adulti bizzarri. 
O per gli infanti anziani, come me.
In effetti io, a differenza di Vanna Vinci, non sono mai stata una patita di dinosauri.
Amo i mostri, ma quelli totalmente immaginari.
A conferma di ciò, quando ho preso in mano questo libro, mentre mi trastullavo in libreria, è stato per valutare se regalarlo ad un bambino... Ma poi ho iniziato a sfogliarlo. E mi sembrava rivolto a me, più che a lui. 
E così ho scoperto di avere una predilezione per i dinosauri acquatici, e che ce ne sono un bel po' di tipi.
Ho realizzato che non vivevano tutti insieme, ma erano distribuiti sulle varie parti del globo. Che alcuni avevano le piume.
E che oltre ai classici (Tyrannosaurus Rex, Velociraptor, Triceratops, Archaeopteryx...) ci sono un mucchio di animaloni di cui ignoravo la (passata) esistenza (Dimorphodon, Gallimimus, Paraceratherium...)! In effetti, oso affermare che ci sono più bestiole qui che in Jurassic Park...
E che, ora che ho cominciato, non escludo di cercare altri volumi sulla fauna preistorica!

lunedì 24 luglio 2017

Gridare spesso non basta

TREDICI
di Jay Asher


Da dove cominciare?
Rispetto alla Serie Tv ci sono un sacco di differenza, relative ad eventi, successione temporale, personaggi e sviluppi.
Anche qui ci sono forzature e pretestuosità (la faccenda del cartello continua a non convincermi), però la maggior parte dei fatti risulta più logica, più naturale, specie per quanto concerne la psicologia di Hannah e il suo evolversi.
La circostanza, inoltre, che si rinunci a tante parentesi, digressioni, approfondimenti, sebbene in parte determini un impoverimento, nel complesso rende la trama più snella e incisiva, aumentando altresì l’impatto del finale.
Che è diverso, qui, non contagiato dalle esigenze della serialità.
E che, anzi, nei “Bonus Track”, offre persino una versione alternativa (la prima), decisamente più ottimistica, per quanto meno intensa e riuscita.
Per il resto, a livello di spunti e di stile, questo è davvero un romanzo ispirato. Mi piacciono i temi trattati, ma ancora di più il “racconto duale simultaneo” che Asher realizza grazie allo stratagemma delle cassette frammiste ai pensieri di Clay, che le ascolta. Ed è affascinante non solo confrontare i due punti di vista, ma pure la prospettiva adolescenziale maschile con quella femminile. 
Per il resto, Hannah ci viene dipinta come una vittima di atti più o meno gravi, più o meno diretti, che hanno un effetto catastrofico su di lei proprio in quanto collegati fra loro, poiché tutto si ripercuote su tutto, come ci viene meglio illustrato nella postfazione.
E tuttavia a me non basta.
Quello che mi fa innervosire di questo libro è che la sequela di eventi non è comunque sufficiente a spiegare il suicidio della protagonista. Che appare davvero troppo fragile. E senza ragione, alla luce del quadro che ne deriva (è bella, talentuosa, amata dai genitori, intelligente, spiritosa, tutti sembrano andarle dietro). Senza dubbio la faccenda migliora, a paragone della Serie Tv, ma ancora non ci siamo. Né concepisco come si possano colpevolizzare tanti dei destinatari delle famose cassette (il Prof Porter, ad esempio)… la verità è che se tu per primo non vuoi essere aiutato, nessuno può darti una mano. Gridare spesso non basta. A parte ciò, se gli adolescenti (o le persone in generale) sono davvero così fragili (e non lo metto in dubbio, ma il percorso psicologico deve essere diverso, così le premesse) la causa non va cercata nella solitudine o nelle angherie dei compagni di classe di per sé (che certo, contribuiscono, ma diamine, la mia vita da liceale è stata assai più dura, logorante e difficoltosa di quella di Hannah. E non solo la mia. Ma non si è suicidato nessuno), ma va cercata a monte. Nei valori e nelle risorse che ciascuno deve portare con sé già da prima e che vanno apprese durante l’infanzia. Perché, Liceo o no, nella vita si cade sempre. Il punto è che bisogna avere la volontà di rialzarsi. E quella si trova prima in se stessi e poi negli altri. Che aiutano e sono preziosi. Ma se non basti a te stesso, non sei nemmeno in grado di afferrare le mani che ti vengono porte.
E a bastare a te stesso, quando sei adolescente, devi essere già capace.

venerdì 21 luglio 2017

I dolori del giovane MPM

TUTTA LA VERITA':
LA RIABILITAZIONE DEL MIO PERFIDO MARITO


Okay, sono cattiva.
E non confesso perché sono pentita (per niente, lo rifarei), ma perché è divertente. E forse perché MPM se lo merita, di essere riabilitato.
Il post pubblicato il 13 luglio u.s. era autentico, ma è stato scritto cinque giorni prima, con lo scopo preciso di essere immediatamente inviato a mon amour affinché lo leggesse e partecipasse del mio scontento. 
Non per caso. 
Il fine ultimo era quello di indurre il mio diletto a lancinanti sensi di colpa e quindi a compiere l'impossibile (non per rispettare la scadenza in sé, quanto piuttosto in quanto, se non lo pungolo con costanza, MPM ha comunque la stramaledetta abitudine di rimandare, sempre e a prescindere, ed è noto che prevenire è meglio che curare).
Conosco il mio pollo, sapevo che avrebbe reagito così: MPM è buono, nonostante la nota perfidia, e mette davanti a tutto la mia felicità (sì, l'ho educato bene, nonostante la maggior parte delle mie amiche sostenga che io sia semplicemente fortunata e lui un santo). Tra l'altro avevo davvero la nausea, ma non à la Sartre, come credevo... Era cervicale e mi ha costretta a svomazzare per mezza giornata, riducendomi a letto ai minimi termini. Circostanza che ha ulteriormente scosso MPM, tornando vieppiù utile.
E quindi?
Quindi mon amour ha riparato il pc (non è un informatico, ma dovrebbe), ha recuperato il materiale già pronto e ha completato il mio Ebook rispettando la scadenza.
Ma allora perché i Raccontini non sono usciti?
Perché – perdinci – io avevo già scritto “Die! Die! My Perfido” (il titolo lo ha scelto lui, da sempre dotato di vocazione drammatica) e non mi andava di sprecarlo. Odio spendere tempo e investire aspettative in post che vengono vanificati senza neppure vedere la luce. In sostanza, ho imposto una posticipazione al lunedì successivo, ovvero il giorno della settimana che gli è più congeniale.
Lo ammetto, Otta cattiva. MPM bravo.
Ma chi se ne cale, a me interessa il risultato!
Ad ogni modo, grazie MPM!

giovedì 20 luglio 2017

RIVDG - DIETRO LE QUINTE III

RACCONTINI IN VIA DI GUARIGIONE
Dietro Le Quinte
Parte III di III


Segue da ieri… perciò idem:

16) Barbie va dallo psicologo
Ho già parlato (post 30 luglio 2015) delle sventurate Barbie delle mie nipotine (ai tempi appannaggio solo della più grande)… Ho solo immaginato che una delle bambole potesse parlare. 
Per una volta, ho anche riportato il finale alternativo proposto da MPM. Perché è carino e mi ha fatto ridere (tuttavia, dal sondaggio che ho fatto tra amici e familiari, il mio è risultato più coerente sul piano narrativo e più in linea con lo spirito dei raccontini. Peraltro, il finale di mon amour è senza dubbio più spassoso). 

17) Metafora II
Il titolo doveva essere per forza Metafora, ma nei Raccontini Malati un Metafora esisteva già, e non c’entrava nulla. Non c’entra manco adesso. Salvo che per il fatto che il racconto è quello: una metafora.   
          
18) Attacco alieno con stupro di gruppo
Attenzione: è vietato ai minori di quattrodici anni. Ci sono parti brutali. In quanto alla genesi, mi sono ispirata ai Dothraki de “Il Trono di Spade”. Alla fine della prima Stagione, quando Khal Drogo spiega a Daenerys delle modalità relative alle conquiste che intende attuare per lei e per lo Stallone che Monta il Mondo…  

19) Telepatia
Questo è un racconto che ho scritto per ammonire ed educare me stessa. Che non faccio il Giudice (non sarei proprio in grado). Ma ho il cavolo di vizio di scusare tutti e di fare sempre la “difesa d’ufficio” di chiunque.  

20) Gli occhi cerulei
Non posso farci niente: ho letto un po’ di libri di Shintaro Kago e ho dovuto scriverlo. Il Ragno l’ha trovato orribile e senza senso, ma in qualche modo io l’ho sentito come necessario. 

21) L’impostore
Un semplice divertissement, che fa eco a quel raccontino malato “Offerta Speciale”, che MPM aveva insistito per escludere dalla mia prima antologia. Ma con esiti completamente diversi (era un po’ lungo, ma lo ritrovate sul blog, in data 5 aprile 2013). 

22) Insonnia
In un certo senso frutto di insonnia pure il racconto. Ma in una circostanza particolare, che – grazie a Dio – non ho mai sperimentato di persona… in cui chiunque sano di mente, credo, si alzerebbe dal letto. Io probabilmente no. Nonostante tutto adoro dormire… Peraltro, è opinione comune che io non sia sana di mente...

23) Gli esemplari
Il mio raccontino preferito in assoluto, e quello che ho amato di più scrivere. In un certo senso è una sorta di seguito/parallelo di uno (ma non rivelo quale) di quelli malati. C’è stato un momento in cui ho pensato di strutturarlo diversamente, integrarlo e farne un romanzo. Ma poi ho pensato che così sarebbe stato più efficace. Peraltro non sono sicura di aver accantonato completamente l’idea… Del resto, anche “Corpi Nudi” doveva essere un raccontino…

E basta, con questo li ho commentati tutti… Grazie di essere arrivati fin qui! A presto!!!

mercoledì 19 luglio 2017

RIVDG - DIETRO LE QUINTE II

RACCONTINI IN VIA DI GUARIGIONE
Dietro Le Quinte
Parte II di III


Segue da ieri, indi vi risparmio i preamboli: 

8) Regali
Anche questo è un racconto scritto per una mia amica (e debitamente modificato in modo che lei sia irriconoscibile e, anzi, in modo che la protagonista somigli a me… - Lo so, sono una narcisista. -). Per inciso, a differenza di quanto è capitato qui, la mia amica ha risolto felicemente i suoi problemi di coppia e si è riappacificata con il marito, con l’augurio che vivano per sempre felici e contenti.

9) Non siamo soli nell’universo
Lo ammetto, mi sono fatta del ridere. Perché sono sadica e non me ne cale un tubo se nell’universo siamo soli o meno. 

10) La metamorfosi, omaggio a Franz Kafka
Quando il titolo dice tutto… che poi, più che altro, è la risposta ad un mio amico (Scimmia, sei tu!) che non ha gradito il racconto di Kafka in quanto, a suo parere, Gregor Samsa è pazzo e c’è un enorme buco narrativo. Gregor, infatti, sarebbe dovuto andare immediatamente dal medico quando si è accordo di essersi trasformato in superblatta… Bisogna riconoscere, tuttavia, che io “La Metamorfosi” l’avevo letta a scuola, contestualizzando periodo e autore, mentre il mio amico 8peraltro laureato e stimato professionista) è autodidatta. 

11) Percorso 
Già menzionato ieri, a proposito del racconto n. 7, il sacrificio. 
In principio, pensavo di conservarlo come possibile incipit per un romanzo (come argomento, quello delle sette religiose mi attira moltissimo), ma ormai era trascorso del tempo e dubito che sarei riuscita a conservare la medesima identità stilistica… Così è finito qui. 

12) La registrazione
In questo caso, per chi legge il blog, la fonte dell’ispirazione è evidente… Il prosieguo, per fortuna, è frutto di fantasia. Ironia della sorte, inizialmente la diagnosi era stata davvero di benignità… Le paranoie – e il racconto – sono dovute al fatto che, a dispetto del parere dello specialista, ci sentivo una nota stonata… Ad ogni modo, adesso la faccenda è pressoché risolta e va tutto bene.

13) La risoluzione del mistero
Questa, in un certo senso, è verità. Trattasi di un quesito che mi tormenta fin da quando ero all’asilo… E per il quale non ho mai trovato una spiegazione che mi convinca. 

14) Incinta
Avrebbe dovuto far parte de “I raccontini malati”, ma è arrivato tardi… Allora è finito qui. 

15) La notizia
Di nuovo, qui l’ispirazione mi viene da una serie di colloqui con una mia irriconoscibile amica. Non vi dirò in che consisteva la notizia che aspettava. Fornisco solo qualche indizio: non sono questioni mediche né lavorative. La cosa curiosa è che, a tutt’oggi, ciò che in allora pareva inevitabile ed imminente non si è invece realizzato… 

A domani con la terza ed ultima parte!

martedì 18 luglio 2017

RIVDG - DIETRO LE QUINTE I

RACCONTINI IN VIA DI GUARIGIONE 
Dietro Le Quinte
Parte I di III


Dunque, ci siamo.
E come promesso eccovi il “dietro le quinte”, che ho diviso in tre parti (troppo lungo, se no) e che segue l’ordine dei raccontini (cambiato tipo un milione di volte ante pubblicazione, in quanto, con una collocazione differente, mutano anche le sfumature):

1) Il Genio della Lampada
Come tutti, amo fantasticare e ogni tanto immagino di poter vedere esauditi i miei desideri, perciò il brano risponde al solito quesito: che accadrebbe se fosse possibile? Partendo dalla premessa, peraltro, che, in quest’ottica, avrei il dovere morale di risolvere questioni di ordine mondiale… Magari avendo la fortuna di avere a disposizione un Genio buono, volenteroso e generoso, non uno di quelli che mira ad imbrogliarti. Certo, ci sarebbe da ponderare bene, perché il desiderio sarebbe uno soltanto...

2) L’asta
Questo, e così il n. 4, “Il punto di vista di Lei”, con cui dovrebbe fare pendant, l’ho scritto per una mia amica, che faticava ad uscire da una relazione sofferta. Il problema è che non trovavo la fine. Poi, parlando con MPM, è venuta fuori ed in effetti, la sensibilità espressa è soprattutto la sua)…

3) La bambina rapita
E’ innegabile, la mocciosa protagonista sono io. Ed ero esattamente così da piccola, poveri Androide e Chiccachu! Poveri Mater e Pater!

4) Il punto di vista di Lei.
Si veda il racconto 2, L’asta. All’inizio li avevo posti in successione, ma così avevano risonanze eccessive e mi disturbavano. Divisi, magari, non si coglie la continuità di pensiero, però… chi se ne cale. Stanno in piedi da soli, tutto sommato, anche perché, appunto, esprimono due prospettive diverse. Così sia.

5) L’uomo di fede
O la ricerca (o perdita) della felicità. 
La religione di cui si parla è totalmente frutto di invenzione, anche se ho attinto a piene mani dalla mitologia universale.

6) Il the delle cinque
Ossia Roberta Granelli – la protagonista de “La bambina rapita” – da anziana. Che questa volta spero proprio di non essere io (dai, un po’ nel tempo sono cambiata!), anche se mentre scrivevo mi sono davvero divertita.

7) Il sacrificio
Uno fra i miei preferiti. Lo avevo scritto per un contest letterario. Ma mi piaceva troppo, così ho deciso di tenerlo per me 8sì, sono immodesta). Ne ho scritto un altro, “Percorso”, il numero 11. Ma mi piaceva troppo anche quello, perciò picche. Alla fine ne ho dovuto presentare un terzo. Che non ha vinto niente, ma che almeno non mi è dispiaciuto “dare via”. Volendo, lo trovate nel post del 26 gennaio 2015, si intitola: La prova dell’esistenza di dio.

A domani con la seconda parte!

lunedì 17 luglio 2017

E quindi uscimmo a riveder le stelle

RACCONTINI 2: CI SIAMO!


MPM ha partorito: il mio nuovo eBook è pronto!!! 
E’ stata una gestazione difficile per lui, subissato da richieste di vario genere (anche di tipo sessuale, ma non da parte mia) e da varie vicissitudini, personali e non, eppure il pargolo appare sano e in buona salute (hi, hi)! 
Come a suo tempo anticipato, trattasi della mia seconda raccolta di raccontini, dal titolo “Raccontini in Via di Guarigione”, per i motivi già illustrati (si veda post del 9 giugno 2017, ma non solo), e comunque più “ini” del solito, data la “lunghezza”. Li trovate su Amazon da oggi (al costo di ben 99 centesimi), con il solito collegamento qui a lato per comodità.
Che dire?
Che sono contenta e, come avevo fatto per “i Malati”, da domani illustrerò qualche “dietro le quinte”, così, tanto perché mi diverto.
Per quanto riguarda il mio prossimo libro, invece, ho cambiato idea. Se, infatti, in principio avevo pensato di buttar giù “La Stanza delle Cavallette in Agonia” – che mi frulla in testa da circa due anni e di cui avevo già scarabocchiato qualcosa –, a seguito di un ameno incontro in fumetteria (ovviamente “INKiostro” di Alassio, caput mundi), cui sono seguiti consulti con lettori ed editore (sempre MPM, certo, che è uno e trino), ho deciso di continuare con la saga delle Fanciulle del Mare e sto lavorando a “Il Terzo Taccuino”, previsto per l’anno prossimo. Dopo dovrebbe esserci “La Costa”, con la battaglia finale. Anche se… già adesso, mentre approfondisco le linee guida della trama, mi si sovrappongono altre storie in mente sul Tempio delle Sibille e sulla Setta di Adonai… Per ciò vedremo (e sì, prima o poi renderò pubblicabile “il Demiurgo”, che è la premessa di tutto).  
Grazie per tutto il pesce, saluti a Douglas Adams e baci.

P.S.
Non so ancora come sarà la copertina dei Raccontini, per la quale mi sono completamente affidata a MPM…

venerdì 14 luglio 2017

Una pellicola misteriosa e conturbante

MATRIX
di Larry e Andy Wachowski
(1999)


Spettacolare capostipite di una trilogia, di cui i successivi capitoli sono dimenticabili e noiosissimi, ma che ugualmente resta un capolavoro.
Per la genialità della mitologia cui dà luogo (splendido il fumetto, pubblicato in Italia da Panini Comics, con le “storie parallele”) e la potenza stilistica, per la sua complessità, multiforme e logica, aritmetica, e magnificamente angosciante, per l'atmosfera e l'epicità, per i riferimenti ad Alice di Lewis Carroll, per la spettacolarità dei combattimenti (che saranno poco realistici, ma emozionano comunque, e ad ogni modo sono “giustificati”), e per le verità che il film sottende a livello sociologico e filosofico (in particolare, l'incapacità congenita dell'uomo di essere felice). 
Mi è piaciuto in allora, quando è uscito, e i suoi effetti speciali erano sconvolgenti e grandiosi, e continua a piacermi adesso, quando a livello puramente visivo siamo ormai abituati a ben altro, perché riesce sempre a varcare il confine tra conscio e inconscio, passando dall'uno all'altro con fluidità e dinamismo, sguazzando nell'illusione anche mentre la nega!
Trattasi, infatti, di una pellicola misteriosa e conturbante, in cui ogni cosa che viene rivelata ne sottintende mille altre, che si reggono a vicenda grazie ad un'impalcatura ispirata e curata in ogni dettaglio.
Un film fumettoso? Può darsi, ma non riesco a vederlo come un difetto. Al contrario, è indice di immaginazione, visionarietà, amore per l'estetica, la coreografia e l'arte scenografica. Se proprio devo trovargli una pecca la cerco, semmai, nella freddezza di fondo, nella circostanza che mi faccia vibrare il cervello, l'ipotalamo e il ventre, ma non il cuore. Eppure... eppure non la trovo, la pecca. Perchè, date certe premesse, non può che essere così, o lo spirito della pellicola rischierebbe di trasformarsi in buffonata.
Quindi va bene. 
E mi faccio andare giù persino l'algido Keanu Reeves, che di norma percepisco alla stregua di un appendiabiti. Ma che nei panni di Neo è strabiliante.

giovedì 13 luglio 2017

Die! Die! My Perfido!

13 LUGLIO IS THE NEW BLOOMDAY


Ma non in senso positivo (solo che questo era il titolo del post scritto a giugno per oggi e non mi andava di cambiarlo, dal momento che mi piace e che ora non ha più ragione di essere, nemmeno per il futuro...).
Niente Raccontini, mi dispiace. 
No, non sto scherzando.
Come avevo profetizzato (ma pensavo per l'anno prossimo, non per questo, maledetta Otta Cassandra) ne è capitata un'altra e MPM non è riuscito a rispettare nemmeno questa seconda scadenza.
Probabilmente non riuscirà a rispettare nemmeno la terza (meteorite? Voragine quadrimensionale? Apocalisse zombie? La legge di Murphy è sempre in agguato, e pure il proverbio che recita “non c'è due senza tre”...), ma non è un problema, perchè, di fatto, la terza scadenza non c'è.
MPM, infatti, non ha idea di quando sarà in grado di pubblicare la mia sventurata raccolta, dato che gli si è fuso il pc con tutti i programmi dentro, il lavoro già svolto e in più fa caldo, è stanco... eccetera, eccetera. 
Quindi?
Quindi basta, non annuncio più niente, tanto farei solo vuote promesse che non sarei in grado di mantenere, e chi vivrà vedrà.
Mi limiterò a “standardizzare” i post di presentazione che avevo ottimisticamente già redatto per il 16 giugno, e riadattato inutilmente per oggi, in modo che si attaglino a qualunque circostanza, e ad inviarli a MPM cosicché, chissà, magari un giorno o l'altro li vedrò comparire a sopresa insieme al mio nuovo eBook.
Auspicando che non passi troppo tempo.
Mi scuso, mi prostro e ho pure la nausea (à la Sartre).
E se siete delusi, sappiate che io sono più delusa di voi (ma comunque compiaciuta della vostra delusione;-)
E... sì, sono consapevole che se fossimo in un romanzo ora capiterebbe una di queste tre cose: 
1) MPM morirà, straziato, subito dopo aver pubblicato il mio eBook in un ultimo atroce sforzo;
2) Morirò io, straziata, ante pubblicazione, consapevole di aver vissuto invano;
3) Il mio eBook non vedrà mai la luce, né questo, né altri, e io smetterò di scrivere il Blog. E magari MPM morirà e io sarò costretta a pagare un clochard perché ogni giorno vada a far pipì sulla sua tomba.
Fortunatamente non siamo in un romanzo e la vicenda non si evolverà in modo tanto drammatico. Spero. 
P.S.
Ho scritto le ultime 10 righe per esorcizzare...

mercoledì 12 luglio 2017

Poca sostanza

IL GIOCO DELLA PITTURA
di Philippe Daverio


O meglio: storie, intrecci, invenzioni.
Il nostro esperto seleziona 50 pittori che considera tra i più rappresentativi della storia dell'arte, li schiera in ordine alfabetico, e di ognuno si diverte a catturare il paradigma e illustrare sommariamente le opere principali, puntando più alla curiosità che all'erudizione.
D'altro canto già il titolo denuncia l'intento di Daverio: il gioco, per l'appunto. E le immagini sono belle e il volume gradevole da leggere, in equilibrio tra cultura e passatempo...
Tuttavia, specialmente in confronto agli altri tomi della medesima serie, mi sembra che ci sia poca sostanza. Dissertazioni amene, ma non incisive, non originali e costruite su una troppo breve contestualizzazione storica e una manciata di fatti risaputi, conditi con considerazioni già fatte.
Senza dubbio una ripassata in più male non fa, l'incedere è allegro, lo stile disinvolto, però... se i volumi de “Il Museo Immaginato” mi avevano entusiasmata, qui mi pare siamo al cospetto di un tentativo – non riuscito – di rinnovarne la formula, sia pure con un sistema diverso. Meno stuzzicante, più schematico e sbrigativo. 
Che, una volta conclusa la carrellata, non ti lascia molto.
Anche questa faccenda dell'ordine alfabetico non mi ha convinta più di tanto: comprendo il voler evidenziare che ogni artista è un mondo a sé, ma avrei preferito seguire la cronologia, soffermarmi maggiormente su analogie ed evoluzioni... 
Non lo so, forse è il momento ad essere sbagliato per me, però, a ben rifletterci, mi sembra che questo gioco non sia nulla più di un Bignami di lusso con strizzate d'occhio.

martedì 11 luglio 2017

Una serie strepitosa

GLOW


Che, nella versione italiana, sta per Grandiose Lottatrici del Wrestling.
L'idea può sembrare un po' stramba, con queste attrici scalcagnate ingaggiate per mettere su un programma di esibizioni atletiche/teatrali di norma riservate ai maschietti, ma la Serie (10 episodi, per ora, contenuti nei 40 minuti) è strepitosa e non eccede, riuscendo ad essere leggera mentre affronta argomenti importanti.
C'è molto di Orange is the new black (oltre allo zampino di Jenji Kohan), ma anche tanto di nuovo.
Già la partenza è stratosferica, con il provino di Ruth/Alison Brie, in cui lei legge la parte maschile, anziché quella femminile, per sottolineare le sue doti recitative, ma pure come critica sociale: le parti delle donne, infatti, di norma, non sono granché, relegate a ruoli di contorno... Naturalmente la ragazza viene scartata. Ha talento, parecchio, ma di fatto non la vuole nessuno: troppo ordinaria (almeno sul piano fisico). Per questo accetta di partecipare a 'sta cosa innovativo-sperimentale – ma non porno – di cui sa poco e niente. E perchè è al verde, sola, e single, a mala pena distratta dai suoi guai da una sordida relazione sessuale con un tizio sposato. Unico lampo di luce nella sua miserabile vita è Debbie/Betty Gilpin, la sua adorabile amica: bionda da urlo che ha rinunciato alla carriera per fare la mamma, ed è felicissima e soddisfatta di sè. Almeno fino a che non scopre che è suo marito il tizio che ha la relazione con Ruth! Con la quale finirà per regolare i conti... sul ring. Piacendo un sacco al regista. 
Per quanto splendide e a tutto tondo siano le due protagoniste, le comprimarie non sono da meno: ognuna ha la sua storia e le sue peculiarità, e così Sam, il regista – pieno di sorprese inaspettate, tra cui ammirevoli velleità artistiche – e Bush, il giovane produttore (delizioso).
Insomma ci sono le idee, una storia insolita, dialoghi riusciti e un cast eccelso, con interpreti notevoli. Ma soprattutto è favolosa l'evoluzione dei rapporti e dei personaggi, il loro spessore emotivo, la loro umanità e fallacia, imprevedibili e spontanee.
Si ride, ci si esalta, e si diviene con piacere parte di una nuova problematica grande famiglia, fatta di drammi, di tenerezze, di conflitti e di solidarietà. Ma sempre stemperati dall'ironia.
Esplosivo.

P.S.
Dimenticavo... la vicenda è ambientata nella Los Angeles del 1985 e ha una colonna sonora indimenticabile!

lunedì 10 luglio 2017

Di una delicatezza estrema

AMABILI RESTI
di Alice Sebold


E' possibile parlare di stupro ai danni di una minore, per giunta sfociato in omicidio, con levità e con tocchi immaginifici, ma senza essere irrispettosi e superficiali?
Questo romanzo dimostra di sì, ed anzi lo fa con grande sensibilità e acume. Non ci tiene al riparo dal dolore, al contrario ci mostra come nel tempo la famiglia della vittima finisca per sfasciarsi a causa delle ripercussioni dovute alla perdita e ci fa sentire, forte, chiaro e bruciante, quello che Susie Salmon ha perso venendo assassinata a quattordici anni, prima di... prima di troppe cose. E tuttavia, nonostante la violenza, nonostante il peso della vita interrotta, non è un romanzo amaro e iroso, è pieno di forza, invece, di positività, di consapevolezza e accettazione. Ma non di resa. Di resa mai. 
A renderlo geniale la prospettiva, ragione principale dell'alleggerimento emotivo. Gli eventi, infatti, si sono già verificati: Susie è morta quando comincia la narrazione e sa anche per mano di chi: il suo vicino di casa, George Harvey, un ometto apparentemente insignificante, ma in realtà astuto serial killer, che aveva già ucciso e che ancora lo farà. La morte, comunque, non impedirà alla giovane protagonista di raccontarci la sua vicenda in prima persona, mantenendo intatta la sua freschezza adolescenziale, soltanto resa più saggia dall'esperienza del decesso. Naturalmente questo espediente, oltre a conferire originalità alla storia, consente al lettore un'immedesimazione intensa e totalizzante, che contribuirà ad appassionarlo fin dalla prima riga in cui Susie si presenta, mentre dall'aldilà (dal suo aldilà personale) la fanciulla osserva la vita che va avanti senza di lei: la sua famiglia, gli amici, il suo assassino... E, talvolta, riesce persino ad interferire...
Un romanzo di una delicatezza estrema, evidenziata dallo stile semplice e diretto, a tratti ironico, ma sempre preciso dell'autrice, e impreziosito da commistioni fantastiche che rendono possibile, in un certo qual modo, che alla fine giustizia sia fatta e che le cose vadano come devono.

venerdì 7 luglio 2017

Vale la pena vivere?

IL MITO DI SISIFO
di Albert Camus


Un libro che ti segna, ti emoziona, come persona e a livello cerebrale. Un trattato sintetico e perspicace, non troppo difficile, che parla dell'esistenza e dell'uomo, e di quello che, secondo Camus, è l'unico problema filosofico veramente serio: quello del suicidio.
Il punto, è, infatti: vale la pena vivere, attesa l'assurdità della vita? Si badi che negare un senso alla stessa non porta necessariamente a rispondere di no...
E, infatti, secondo il nostro esistenzialista preferito (amo Sartre, ma “Il mito di Sisifo” a “La Nausea” – tra l'altro citata – fa un baffo), la soluzione c'è... e non è rinunciataria.
Non preannuncio la fine, dico solo che la condivido e che mi è piaciuta tantissimo. 
Per il resto, per essere un trattato filosofico, il testo è abbastanza semplice, sostanziale e di immediata comprensione, per cui lo dichiaro adatto anche a chi non avesse mai approfondito la materia.
Camus fa più riferimenti letterari (soprattutto a Kafka e a Dostoevskij) che filosofici (che ci sono, ma ci vengono illustrati con pazienza) e pare prendere il lettore per mano al fine di condurlo nei meandri dei suoi ragionamenti. Non si perde per strada, evita digressioni inutili, procede con metodo ed è sempre sul pezzo, che, di per sé, è davvero stuzzicante proprio in quanto ci riguarda tutti. 
La parte più impegnativa (che è anche la più bella) è la prima, in cui vengono posti e analizzati i termini della querelle. Nella seconda e nella terza, invece, gli stessi si  sviluppano ed affrontano in modo esemplificativo, procedendo per “casi” e attingendo a diverse fonti, fino a che scopriamo come riscattarci. 
Che cos'è, dunque, il Mito di Sisifo? 
Il riferimento, ovviamente, è alla mitologia greca, al figlio di Eolo e sposo di Merope,  fondatore e sovrano di Corinto, che, dopo la morte, è stato condannato “a far rotolare senza posa un macigno sino alla cima di una montagna, dalla quale la pietra ricadeva per azione del suo stesso peso”, come ci spiega il Nostro in appendice. Sisifo, dunque,  è il paradigma dell'uomo, condannato all'assurdo... 
Le conclusioni di Camus in proposito sono spiazzanti e logiche, articolate e dense, e comprendono corollari meravigliosi che invito tutti a scoprire.

giovedì 6 luglio 2017

La verità non è univoca

BLAST
di Manu Larcenet


Quattro volumi di piacere grafico, umano e contenutistico... Non importa quanto ci sia antipatico Polza, lo sgradevole protagonista, adoriamo il modo in cui la sua storia ci viene narrata. Adoriamo i disegni, nonostante quei nasi bruttissimi e i volti mostruosi, le sfumature del grigio come le esplosioni di colore, adoriamo le tecniche che si alternano, il minimalismo, il linguaggio. Il modo in cui le informazioni ci vengono centellinate, e come scopriamo a poco a poco che cosa è successo, e come, e perché, tra un'avventura, una digressione, un colpo di scena e uno schock. 
Adoriamo la trama ripartita su due piani narrativi e come Larcenet riesce ad incuriosirci e farci riflettere su tante cose, cose di cui di solito non si parla (follia, depressione, malvagità), non con una tale purezza. E come riesce a spaventarci, in modo sottile, ma perentorio, sprofondandoci nella psiche del protagonista, ma anche dei comprimari. Mostrandoci l'abisso, il vuoto cosmico, e facendoci assaporare la sua consistenza. Riempiendoci di dubbi e mostrandoci cose che mai ci sono state mostrate. Senza raccontarle. Facendocele proprio vedere, con le immagini. E sono le immagini che raccontano. Da sole. Ma non senza sostanza. Blast non è uno di quei fumetti in cui non succede niente e passi da un volo pindarico ad uno lisergico, attraverso mille suggestioni. Al contrario, capita di tutto: si susseguono delitti, epifanie, innamoramenti. E anche quelli che possono apparire come percorsi casuali, alla fine contribuiranno ad arricchire la trama.
Uno di quei fumetti che ti cambiano e che cambiano con te, che riescono ad essere lirici eppure atroci, che sono romantici, disperati, e intensi e che, soprattutto, non terminano con l'ultima pagina, ma continuano a stagnare dentro di te.
E hai voglia di ricominciarli, e anche no, perché sono morbosi, crudeli, ti infliggono disagio, ti disturbano, ti inquietano. Non mentre li leggi, magari, ma dopo, quando tornano a galla, ad esempio mentre dormi. E senti il genio. E senti la solitudine umana. L'aridità interiore. Il nulla che avanza. E forse stai delirando, oppure forse hai un Blast...
E qual è la verità?
Chi ha commesso gli omicidi? Chi l'assassinio di Carole Oudinot?
Il bello è proprio questo. 
Che la verità, quando è tale, non è univoca, ma muta a seconda di come la guardi.

mercoledì 5 luglio 2017

Un romanzo di formazione over 70

LA BANDA DEGLI INVISIBILI
di Fabio Bartolomei


La vicenda, scandita dalle buffe e accorate modifiche testamentarie di Angelo, il protagonista, narra di questo ameno gruppo di vecchietti, ancora arzilli, seppur pieni di acciacchi e paturnie, e della loro personale rivoluzione contro il sistema... 
In un certo senso la ricetta e gli ingredienti sono gli stessi del bellissimo “Giulia 1300 e altri miracoli” del medesimo autore, però abilmente virati sul geriatrico e, per certi versi, resi più mordaci.
La polemica contro la situazione politica italiana, infatti, pur garbata e ironica, è assai più accesa, e anche se mancano personaggi carismatici come Fabio e Sergio, questi vecchierelli ci piacciono da morire.
Innanzitutto perché, per quel che mi consta, sono realistici: non sono supereroi, appaiono pieni di limiti, di cui tanti autoimposti, ma non sono nemmeno ridicole macchiette, e si denunciano noia, confusione, difficoltà economiche e solitudini... Al contempo, però, ci sono il rifiuto di annichilire e la voglia di cambiare lo stato di cose, di essere “visti” nonostante l'invisibilità. Tanto che i nostri ci riusciranno proprio sfruttando questa loro caratteristica: il fatto che non li noti nessuno e che tutti li prendano sotto gamba.
Un romanzo di formazione, dunque, ma originalissimo, proprio in quanto, anziché i soliti teenager, abbiamo protagonisti over settanta, con tutte le loro criticità e problematiche. 
La parte più bella del volume, peraltro, non è data dal, pur simpatico, “attentato” posto in essere dai nostri, quanto piuttosto dalla loro quotidianità e dai loro pensieri, nonché, come nel romanzo della Giulia, dall'amicizia salvifica che li lega e sostiene, dalla solidarietà e dai sentimenti profondi. Stucchevole?
No, per niente, in quanto la storia è incentrata sull'ironia e sull'autoironia, anche quando i toni sono seri e i drammi veri, ed anzi, nonostante tutto, nonostante la tristezza, la paura, la rabbia e il rimpianto, ci si fanno persino due risate e ci si alleggerisce il cuore. 
Ciò nondimeno dopo non ci sarà più possibile guardare gli anziani allo stesso modo, perché questo libro ci insegna ad amarli e a vederli davvero, loro e l'universo multiforme che si portano dentro. Oltre, naturalmente, ad insegnarci il segreto per affrontare bene la vecchaia: coltivare le amicizie e, semplicemente... vivere.

martedì 4 luglio 2017

Sghignazzando sugli stereotipi

L'ULTIMO BOY SCOUT
di Tony Scott
(1991)


Favoloso film d'azione, e favoloso proprio per questo: non ha pretese, se non quella di intrattenere. E lo fa quindi splendidamente, ma senza appiattirsi sugli stereotipi. Al contrario, (auto)ironizzando, ammiccando, sghignazzando proprio su questi, grazie ad una sceneggiatura avvincente, dotata di gran ritmo e di efficaci colpi di scena, che soddisfano anche i cultori del noir, con cui ci si diverte a giocare.
A farla da padrone sono soprattutto il duo di protagonisti, Joe Hallenbeck/Bruce Willis (in forma come non mai), alias un detective privato extraduro e ancora strafigo (non solo perché conserva ancora un po' di peluria in testa), ma dai molti problemi personali che gli conferiscono spessore, e Jimmy Dix/Damon Wayans, campione di football drogato e alla frutta cui è stata uccisa la fidanzata spogliarellista/Halle Berry... Insieme, oltre a cercare di scoprire da chi e perché, danno luogo ad una serie di siparietti, battute (a volte un po' calcate) e dialoghi frizzanti, e ancora di più quando ai due antieroi si aggiunge la figlia tredicenne di Joe, Darien, che lo odia, e... Vi ricorda qualcosa?
Sì, perché il pensiero corre al trio di protagonisti di “The Nice Guys” di Shane Black,  solo che qui siamo parecchi annetti prima... Ma, guarda un po', chi è lo sceneggiatore? Proprio lui, Shane Black, che a quanto pare ha trovato la formula vincente per realizzare film adrenalinici e divertenti, un po' vecchia maniera. 
Invero, però, ne “L'Ultimo Boy Scout”, per quanto manchino le splendide parentesi deliranti e surreali cui ci ha abituati Shane Black regista, l'azione scivola meglio, più concentrata su se stessa, più drammatica, libera, divertente, specie quando si affranca dall'oppressione del suo pessimismo iniziale e si scatena con la sua dinamica e irresistibile verve, che porta tutto nella direzione in cui vogliamo che vada, facendo di noi spettatori felici e contenti.

lunedì 3 luglio 2017

La verità è Una

LE MANI SPORCHE
di Jean-Paul Sartre


Una delle opere teatrali più intense, polisemiche e affascinanti che ho letto negli ultimi anni, tanto che mi ha fatto sentire una vertigine, umana e narrativa.
Si tratta di una pièce da contestualizzare, suscettibile di essere fraintesa, e che è figlia del suo tempo (è stata scritta nel 1948), ed infatti lo discute e lo critica. Ispirata all'omicidio di Trockij, politico e rivoluzionario sovietico, per mano del suo segretario, riflette sul ruolo dell'intellettuale, sulla strumentalizzazione degli ideali, sulla necessità dell'azione e sulla vanità esistenziale.
Ma io non sono un critico e l'ho vissuta da mera fruitrice, e tanto per cominciare significo questo: che pure deprivata delle sue sovrastrutture, sfondo e correlazioni, resta un'opera pazzesca, piena di forza e di contrasti, impossibili da ignorare.
Intanto sorprende la sua struttura, con un doppio inizio e un lunghissimo flash-back, insolito per il teatro... Ancora di più stupisce sul piano individuale, per quello che è e che non è, e che si crede di essere e sarà creduto essere, Hugo, il suo protagonista, ossia, in soldoni, il segretario assassino. Un'anima bella e torturata che vedremo evolvere e dannarsi, ma per i motivi sbagliati. Che forse sono più giusti di quelli giusti. Eppure anche no.
Ma i personaggi tutti sono interessanti e di spessore, in particolare Jessica, la moglie, e Hoederer, alias Trockij. Tutti crescono, mutano o sono differenti da come sono apparsi all'inizio: persino quando si presentano come stereotipi (la stessa Jessica, ad esempio, e Slick) hanno poi modo di dimostrare, invece, di essere veri.
E poi coinvolge la vicenda, e non per il fatto di sangue in sè, quanto piuttosto per le sue angolazioni, ripercussioni e reinterpretazioni. Che ci fanno capire che la verità è una bugiarda e suscettibile di essere molte, sebbene sia e resti una. 
Ma malleabile, secondo necessità. 
A meno che, chiaro, non si sia un cuore puro come Hugo.
Eccelso.