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mercoledì 30 novembre 2016

Oltre l’apparenza

ORIANA FALLACI INTERVISTA SE STESSA – L’APOCALISSE
di Oriana Fallaci


Seguito di “La forza della ragione” e quindi terzo volume della trilogia di Oriana Fallaci (ma leggibile da solo), ne riprende e approfondisce le tematiche, intrecciandole, come sempre, alle vicende personali dell’autrice, introducendo altresì qualche concetto nuovo (ad esempio riguardo ai gay, su cui non mi esprimo perché sono ancora in fase di assimilazione-elaborazione dati).
Questa volta, però, cambia l’approccio, che diviene quello dell’intervista (Oriana Fallaci, appunto, interloquisce con Oriana Fallaci).
Ad essere sincera, al di là dei contenuti, prediligevo l’incedere poderoso dei due tomi precedenti.
Se da un lato, infatti, l’alternarsi incalzante di domanda e risposta aiuta a puntualizzare meglio gli argomenti e rende il discorso più snello e veloce, dando maggior spazio a sentimenti e strizzate d’occhio come ad arguti tocchi di ironia, dall’altro lato il mezzo della lettera/discorso aperto de “La rabbia e l’orgoglio” e “La forza della ragione” valorizzava la bellezza tracimante della prosa dell’autrice, che risultava così più imperativa, veemente e appassionata.
Questo per quanto riguarda i primi due terzi dell’opera.
Poi c’è “L’Apocalisse”, una sorta di Post Scriptum, che prosegue le invettive contro l’Islam identificandolo con il Mostro a Sette Teste descritto nella Bibbia, e segnatamente nell’Apocalisse di Giovanni.
Entrambi sono testi accorati, lucidi e incisivi, che stimolano la riflessione e il pensiero critico, fornendo ed analizzando materiale in maniera ragionata, spiegando, sovente, i passaggi logici uno a uno, in modo preciso e acuminato.

Al riguardo tanto ho già detto nei miei post precedenti, e non sto a ripetermi oltre il necessario. Una sola cosa mi preme sottolineare: la capacità della Fallaci di andare oltre l’apparenza, fino al cuore pulsante delle cose, defalcando sovrastrutture, veli fumosi e salamelecchi, senza mai nascondersi o intorbidare le acque, ma anzi dando conto di tutto, e testimoniando ogni presa di posizione con la sua persona, con i suoi comportamenti, le sue azioni, riuscendo sempre ad apparire coerente e persino generosa.

martedì 29 novembre 2016

Tra un sonnellino e l’altro

THE AFFAIR – UNA RELAZIONE PERICOLOSA


Me lo hanno consigliato in due, e io ci sto provando a guardarlo, davvero, ma mi addormento di frequente: troppo sesso, troppe chiacchiere inutili, ma soprattutto due protagonisti di cui, nel bene o nel male, non mi importa nulla.
Lei, quantomeno, Alison (Ruth Wilson), è carina e accattivante, oltre che stupendamente ambigua (sarà che l’attrice mi è familiare soprattutto per la serie di “Luther”, dove interpretava la psicopatica…), a metà tra la fragile fanciulla di provincia e la manipolatrice.
Lui, Noah (Dominic West), invece è quasi patetico: un piccolo uomo da nulla con la faccia da scemo, livoroso e finto buono, che non riesce ad essere felice per quello che ha, ma sta lì a disprezzare l’odioso e carismatico suocero e intanto lo sfrutta per quanto riesce.
In realtà tutti i personaggi sono un po’ disfunzionali, a partire dalla figlia maggiore di Noah, Whitney, la semianoressica cyberbulla, a continuare con i nonnacci diseducativi e con il bel tenebroso marito di Alison, Cole (Joshua Jackson), con le sue attività illecite…
Eppure la Serie di lati positivi ne ha, e sono parecchi e peculiari:
la trama, in effetti, incuriosisce, con questo omicidio su cui si indaga molto alla lontana, partendo dalla tresca, ma senza che ci venga rivelato (se non dopo un discreto numero di puntate) chi sia il morto;
l’ambientazione: con l’isola, il mare e il paesino in cui si conoscono tutti, i quali, pur disprezzandosi e nutrendo inimicizie ben radicate, si professano un’unica grande famiglia;
la narrazione alternata tra il punto di vista di lui e quello di lei, che si completano, ma talvolta presentano due realtà difficili da conciliare (e che, purtroppo, però, nei passaggi meno riusciti raddoppiano il tedio e la lentezza);
la famiglia di Noah, che fa schifo, ma è interessante, con tutte le sue criticità, tensioni e ricatti morali…

Per cui sì, tutto sommato, tra un sonnellino e l’altro, la prima stagione conto di finirla (sono al settimo episodio su dieci). Non sono sicura, però, se andare o meno avanti: valuterò. Perché, a parte le continue proteste del MPM – che si addormenta prima di me e patisce il sesso non coniugale – per cinque minuti intensi e stimolanti, ce ne sono dodici di niente. 

lunedì 28 novembre 2016

Ponderato e maestoso

LA SAGA DEI CAZALET 2 – IL TEMPO DELL’ATTESA
di Elizabeth J. Howard


Se il primo volume è piaciuto, il secondo entusiasmerà altrettanto, con la differenza che si è già affezionati alla maggior parte dei personaggi (compare qualche new entry) e che c’è, quindi, il valore aggiunto di ritrovarli, accompagnandoli nel loro percorso individuale e familiare, e vederli evolvere ancora…
Siamo nel 1939 e la II Guerra Mondiale, tanto temuta ne “Gli anni della leggerezza” è iniziata, con tutte le sue conseguenze: alcune relativamente lontane, come i bombardamenti su Londra, altre assai più prossime, come la partenza per il fronte e la scomparsa, ahimè, di uno dei protagonisti (sarà ancora vivo? C’è chi crede di sì, ma la speranze sembrano esigue…).
Seguiamo più da vicino il percorso delle ragazze, e in particolare quello di Clary, aspirante scrittrice, quello di Polly, che ancora si dibatte nell’indecisione, e quello di Louise, al momento il più interessante e avventuroso, tra la scuola di teatro, la recitazione e la scoperta dell’età adulta, nel bene e nel male… Anche se, curiosamente, dato che è a malapena una comprimaria, il personaggio che preferisco è l’arzilla Miss Milliment, l’anziana istitutrice, povera e bruttarella, ma perspicace, colta e sensibile, che mi suscita autentica tenerezza.
Come il primo, un romanzo dallo stile classico, ponderato e maestoso, ma scorrevole, fluente e dalle tematiche estremamente moderne e attuali (dall’omosessualità all’emancipazione femminile, dai conflitti generazionali alle posizioni antibelliche, dall’adulterio al cancro), che, è evidente, contengono sempre più elementi biografici riferibili all’autrice.
Come il primo volume alterna la stupenda e fascinosa ordinarietà della routine quotidiana del tempo, ottimamente storicizzata e incredibilmente vivida, a momenti forti e intensi, in cui l’azione si compie in fretta, rivoluzionando tutto e tutto cambiando, in un istante ardente, che lascia storditi.

Per fortuna ho già acquistato il terzo libro perché aspettare sarebbe difficile…

venerdì 25 novembre 2016

Un’allucinante doccia gelata

PASTORALE AMERICANA
di Philip Roth


Dove si canta del sogno americano e di come questo si infrange tragicamente, in modo orribile e inaspettato, stagnando poi nel suo stesso orrore, avvelenando e guastando ogni cosa, in dietro e in avanti, fin nel midollo, rimettendo tutto in discussione dal principio, tra sensi di colpa, lucide disillusioni e tremendo sconcerto.
Il narratore, come spesso accade in Roth, è il suo alter-ego Nathan Zuckerman, che prende la storia alla lontana, precipitandoci in essa a poco a poco.
Ci presenta Levov, di origini ebraiche, ma soprannominato lo Svedese per il fisico statuario e la chioma bionda, magnifico atleta, gentile e popolare, ai tempi della scuola, e poi uomo realizzato, imprenditore di successo, ricco, generoso, retto, che in più ha una moglie bellissima.
Zuckerman lo invidia, e se scorge delle ombre in lui, delle ferite aperte, le minimizza: l’uomo perfetto che ha avuto una vita perfetta, meritandosela, l’incarnazione della realizzazione del sogno americano, doti e fortuna amabilmente mescolate insieme.
Fino a che non apprendiamo la verità. Che l’unica, adoratissima figlia di Levov è in realtà una fanatica terrorista, che si è macchiata di omicidio, che è scomparsa, senza fornire spiegazioni o scuse, e che ha sempre attribuito la responsabilità di ciò che ha compiuto ai genitori. Che odia.
E questo, naturalmente, ha inghiottito tutto.
Una storia cruda, straziante, indagata in termini psicologici di totale assolutezza, catturando ogni ragionamento, ogni passaggio logico, esitazione, tentennamento, sospiro. Sentiamo il peso del dolore, che negli anni, anziché sbiadire, si fa più acuto, e che al contempo ci permette di comprendere tante cose, sul piano umano e familiare, ma anche sociale e antropologico.
Viene infatti messa in luce la precarietà dell’equilibrio familiare, che pensavamo certo e conseguito, e che invece è sempre stato pronto a crollare, persino quando tutto ci sembrava andare bene ed eravamo convinti che nostra figlia, dolce, intelligente, e graziosa, ricambiasse il nostro affetto.
Un romanzo bellissimo, e al contempo un’allucinante doccia gelata, intensa, cerebrale, con momenti di cinica ironia e altri di fredda, consapevole lucidità.
Illuminante per lo stile sublime, pregevole per la grandezza della trama, per la disinvoltura con cui ci vengono esplicate le contraddizioni della società e della falsità di certe sue aspettative mal riposte, l’ipocrisia radical-chic della cultura sinistrorsa e pseudo-buonista, che in realtà è la cultura dell’odio, rappresentata con dettagliata e chirurgica efficacia, nella sua genesi individuale quanto nei suoi sviluppi e conseguenze.

Superbo.

giovedì 24 novembre 2016

Uno spasso totale

SHREK
di Andrew Adamson e Vicky Jenson
(2001)


Il cartone animato più bello di sempre… se non avessi preferito il secondo capitolo (più corale e citazionistico).
In primis perché è uno spasso totale, giocato sul ribaltamento, l’azione e senza tante smancerie, eppure pieno di sentimento, epicità e valori, con una colonna sonora fantastica e un mare di simpatia e strizzate d’occhio, in particolare in ordine alla concezione della fiaba e ai suoi stilemi.
Ma poi, ad un livello più profondo, per i suoi concetti di base: per la disamina della problematica del diverso e dell’amicizia, per l’esigenza di andare oltre le apparenze e per la rivoluzione in campo amoroso, favolistica e non: finalmente, infatti, l’eroe è il mostro (per giunta sporco e con un brutto carattere), e la bella principessa, per amore, vi sia adegua, invece di costringere lui a cambiare.
E, si badi, non la solita bella principessa-gatta morta in pericolo, ma una che sa il fatto suo, è piena di risorse, di personalità, e combatte meglio che in Matrix!
In effetti, i personaggi sono eccezionali: giocano con gli stereotipi, si prendono in giro, ironizzano, ma sono ricchi di sorprese, e di amene contraddizioni…
In quanto alla trama, poi, originalissima, fioccano i colpi di scena, ma pure le risate (quando Fiona canta con l’uccellino… che poi scoppia, la prima volta, al Cinema, pensavo di impazzire) come le scene emozionanti e adrenaliniche.
Pure i disegni sono ineccepibili: densi di dettagli e di ammiccamenti, con scenografie curate e tanti personaggi noti rivisitati in una prospettiva critica, moderna o semplicemente parodistica. I volti, tra l’altro, sono straordinariamente espressivi, tanto da non lasciare dubbi circa il loro sentire più intimo, risultando quasi veri.

Un gioiellino, di cui prima o poi recensirò anche il secondo capitolo… 

mercoledì 23 novembre 2016

Proponendo... (IV)

PROPOSTE LETTERARIE IV


Solito Avviso:
A fianco di ognuna segnalo se il volume è già stato recensito sul blog (se no lo sarà in futuro, ecco perché non mi dilungo) con la dicitura G.R. cui seguirà la data. Nei tag, comunque, il nome degli autori (con i titoli uso troppo spazio):


Per chi sta attento allo stile e ha il culto per la parola e nella prosa cerca quasi la poesia, a prescindere dalla trama:
Castelli di Rabbia”, di Alessandro Baricco, Ed. Feltrinelli;
La febbre”, di Francesca Genti, Ed. Castelvecchi, G.R. 14 ottobre 2015;

Per chi predilige una storia fresca, semplice, intimista, ma non priva di lati oscuri:
N.P.”, di Banana Yoshimoto, Ed. Feltrinelli;
Norwegian Wood” di Haruki Murakami, Ed. Einaudi, G.R. 22 dicembre 2014;

Per chi vuole azione, azione, azione, una prosa dal taglio cinematografico e gran ritmo (e sangue…)!!!:
Il potere del cane” di Don Winslow, Ed. Einaudi; G.R. 17 maggio 2014;
Non è un paese per vecchi” di Cormac McCarthy, Ed. Einaudi, G.R. 13 ottobre 2013;

prosegue nel post successivo...

Proponendo... (IV)

prosegue dal post precedente...


Per chi ha a cuore la tematica del diverso, qualunque diverso sia:
Qualcuno volò sul nido del cuculo”, di Ken Kesey, Edizione BUR; GR. 10 dicembre 2014;
Il pianeta delle scimmie” di Pierre Boulle, Edizione Mondadori; G.R.30 settembre 2013;

Per ragazzi che vogliono un’avventura epica, meravigliosa, con tanti amici, colpi di scena, sorrisi e tenerezza:
La collina dei conigli”, di Richard Adams, Edizione BUR, G.R. 16 luglio 2013;
Il Signore degli Anelli”, di J. R. R. Tolkien, Edizione Bompiani, G.R.21 ottobre 2014;
Harry Potter e il calice di fuoco” di J. K. Rowling, Edizione Salani, G.R. 25 ottobre 2013 all’interno del post “Harry Potter” (ma sarebbe meglio cominciare da “Harry Potter e la Pietra filosofale”)

Per crescere, o per non farlo, attraverso un romanzo di formazione:
Agostino” di Alberto Moravia, Edizione Bompiani, G.R. 11 dicembre 2013;
Il giovane Holden” di J.D. Salinger, Ed. Einaudi, G.R. 30 settembre 2015.

Per riflettere e responsabilizzarsi::
Lettera ad un bambino mai nato” di Oriana Fallaci, Ed. BUR.

Prossimo appuntamento: se tutto va bene, 5 dicembre!

martedì 22 novembre 2016

Pura exploitation

BANGBALLS
di Luca Pozza e Danilo Antoniucci


Bello, bello, bello!
In tutti i sensi!
Intanto i disegni: morbidi e cartoonistici, un po’ alla Disney, espressivi, dettagliati, dai colori smaglianti e le sfumature sinuose, fantasiosi e variegati, costellati di declinazioni sensuali e simpatia… Ovvero, gli animali antropomorfi più belli di sempre insieme a quelli di Blacksad di Juanjo Guarnido (che non è poco): insomma spettacolari! Ma ingannevoli (a parte le donnine)… perché questa è una storia per adulti, e colpisce più duro di Blacksad…
Se quello, infatti, è un elegante hardboiled impreziosito da tematiche sociali e una nota di malinconia, qui siamo nell’exploitation pura, goduta e svergognata, alla Tarantino più sfrenato. Nessun personaggio positivo in cui immedesimarsi, situazioni di miseria morale, violenza, decessi in abbondanza, inaspettati e spassosi, dabbenaggine senza ritegno (ma a suo modo credibile e non esasperata) e pallottole che danzano, anche involontariamente e sempre per i motivi sbagliati. Da morire!
E qui veniamo ai testi, perfetti anch’essi. Verbosità contenuta a favore dell’azione, ritmo eccellente e un montaggio ancora migliore, atto a privilegiare l’assurdità e l’ironia della vicenda, che, dal canto suo, vanta una trama ineccepibile e tutt’altro che scontata, con continui colpi di scena e novelle complicazioni, sia pur coerenti e in qualche modo preparate dalle vignette precedenti.
Trattasi di un volume unico, per giunta piuttosto breve (ma non insoddisfacente), che ho scoperto solo grazie al mio prode venditore di fumetti di fiducia, il quale me lo ha tenuto amorosamente da parte di sua iniziativa, sapendo, conoscendo i miei gusti, che sarei andata in sollucchero.

Grazie, mio diletto! Davvero una meraviglia!

lunedì 21 novembre 2016

Perchè?

BOB DYLAN E IL NOBEL


Mi spiace, con il fatto che calendarizzo i post con un anticipo di mesi e li scrivo almeno una settimana prima, finisco sempre con l’essere fuori tempo e talvolta mi vedo costretta ad abbandonare l’argomento che mi fa gola poiché non più attuale….
Tuttavia, di recente la questione è tornata in auge poiché Bobbino-bello ha annunciato che non andrà a ritirare il premio.
Ebbene… Per quanto mi riguarda il ragazzo fa quello che vuole.
Mica l’ha chiesto, il Nobel.
E se non vuole ritirarlo di persona sono fatti suoi: non deve né scusarsi né giustificare alcunché.
No, la querelle, a mio parere, è un’altra, ossia: perché conferirglielo?
Sinceramente, non ho niente contro Bob Dylan, anzi, se si pensa che il mio grande amore in campo musicale è Fabrizio De André, il quale ha tradotto e riadattato canzoni di Dylan, beh è evidente che io verso sto figliuolo sono assai ben disposta, con tutto che lo apprezzo a prescindere da Fabri.
Ma, come ha detto qualcuno, che non ce li hanno gli scrittori in America, che bisogna cercare un musicista?
No, perché a me risulta ci siano almeno Philip Roth e Cormac McCarthy, tanto per dire…
La verità è che se, ad esempio, nel 1997, quando il Nobel per la Letteratura è toccato all’Italia, anziché a Dario Fo (che non mi ha mai detto nulla di nulla) fosse stato assegnato a De André, la scelta avrebbe avuto il mio plauso.
Non perché ritenga che Faber sia più meritevole di Dylan… Piuttosto in quanto all’epoca, per me, in Italia, nessuno era più degno di Faber, che, comunque, diavolo, è un poeta.
Anche Dylan, certo.
E per giunta scrive in una lingua più “universale”, nel senso di più universalmente conosciuta e fruibile.
Ma Dylan è più rappresentativo e complesso e profondo di Roth e McCarthy?
A mio avviso, no.
E per quanto sia d’accordo che la musica possa essere assimilata alla letteratura, e per quanto sia d’accordo che il musicista in assoluto più “premiabile” sia Dylan, e benché Dylan mi piaccia… mi sembra che una scelta del genere sia offensiva verso gli scrittori in senso classico.
Tutto qui.
Certo, volendo si può andare oltre… Precisare che il Nobel di norma non viene assegnato ad autori noti, amati ed affermati (e quindi non ai Roth e ai McCarthy), quanto piuttosto a semisconosciuti, cui così viene finalmente riconosciuta la giusta considerazione a livello mondiale...
Ebbene, in questa prospettiva, allora, non poteva esserci scelta peggiore.
Chi non conosce Bob Dylan? Quale scrittore è più celebre di lui?
Non Roth.
Non McCarthy.
Probabilmente nemmeno Stephen King.
Se un messaggio si voleva mandare e rompere i confini tra le arti andando controcorrente, allora la decisione più sensata sarebbe stata conferire il Nobel per la Letteratura ad esponente della Nona Arte.
Ad un autore di fumetti, insomma.

Ma il fatto che spesso quando si va controcorrente si tende a farlo in modo convenzionale, o cauto, o parac…, ehm. Paraomega.

venerdì 18 novembre 2016

Referendum 2016: post 5 di 5

LORO DIRANNO, NOI DICIAMO
di Gustavo Zagrebelsky con Francesco Pallante


Per capire qualcosa in più di questo referendum mi sono affidata a Zagrebelsky. Perché non è un politico o un personaggio televisivo, ma un giurista, ex giudice costituzionale, ex Presidente della Corte costituzionale, nonché presidente onorario dell’associazione culturale “Libertà e Giustizia”.
L’ho messo pure nella mia Tesi di Laurea in Procedura Penale.
Mi fido di lui, lo stimo.
E in generale preferisco un tecnico ad uno che ha interessi personali di qualche tipo.
Ho letto il suo libro, dunque, e l’ho apprezzato.
E’ chiaro, concreto, preciso, privo di livore, di tensioni retrive, specifico e completo.
Il sottotitolo è “vademecum sulle riforme istituzionali”.
Inizia con il prendere in esame gli slogan pro riforma. Li commenta, smontandoli uno per uno, con efficacia e senza tanti giri di parole.
Quindi si sofferma su una proposta alternativa alla riforma, a suo tempo inviata a chi di dovere. Senza esito.
Va avanti spiegandoci l’Italicum e le varie, tristissime, avvilenti forzature procedurali che hanno portato alla sua strascicata approvazione, quindi ne esamina il merito nel dettaglio.
E’ una parte difficile questa, molto tecnica, che richiede concentrazione.
Zagrebelsky ci aiuta: semplifica più che può, suddivide per punti, ci fa ragionare, si limita a periodi brevi e a pensieri concisi. Prima illustra, poi commenta.
E a questo punto si concentra sulla revisione costituzionale. I punti sono: procedimento di revisione ex art 138 Cost., metodo e merito, che suddivide in 8 punti, per meglio analizzarli (1. La composizione del Parlamento; 2. le sue funzioni; 3. Il rapporto Parlamento-governo; 4. Le opposizioni parlamentari; 5. La Corte costituzionale; 6. I rapporti Stato-regioni; 7. La democrazia diretta; 8. il Cnel).
Si affrontano pian piano, con paragrafi brevi, spiegati a fondo, ma senza complicazioni.
Segue la conclusione, in cui si tirano le somme.
E poi, per correttezza, la Costituzione, così che possiamo ragionarci con la nostra testa: a confronto quella attuale e quella modificata, articolo per articolo.
Ne ho parlato con qualche amico/collega. A tre ho prestato il mio volume, cinque hanno voluto comprarselo.

giovedì 17 novembre 2016

Referendum 2016: post 4 di 5

PERCHE’ VOTO NO: DAL PUNTO DI VISTA SOSTANZIALE


Vado avanti, dunque, passando al merito.
Non scenderò troppo in profondità, rimandando di nuovo, per questo, al già citato volume di Zagrebelsky che è stato la mia massima fonte di informazione, oltre alle discussioni con MPM, Pater, amici e colleghi con cui mi sono spesso confrontata.
Ebbene, la conclusione è che i cambiamenti che interverrebbero sarebbero per lo più nefasti, se non addirittura pericolosi.
Le modifiche previste infatti sono malfatte, mal scritte al limite dell’incomprensibile (il neo articolo 70 docet) e farraginose e il loro scopo reale è dare al Governo un potere quasi assoluto, in contrasto con gli scopi stessi della Costituzione.
Il Senato scelto dai consigli regionali tra sindaci e consiglieri (in base a criteri non proprio definiti e pasticciati), infatti, ne sarebbe spersonalizzato, sminuito, con funzioni quasi solo di facciata.
Il Parlamento verrebbe ridotto ad un simulacro, l’opposizione messa in condizione di non nuocere, il voto di fiducia trasformato in mera formalità…
In definitiva, il potere andrebbe tutto ad un’unica persona, il Premier.
E allora che cosa cambierebbe rispetto ad una Dittatura?
Che la Dittatura costa meno. E che, se non altro, viene chiamata con il suo nome anziché mascherarsi da qualcosa che non è.
Vogliamo andare oltre?
Mi dicono che uno degli obiettivi del Sì è semplificare.
Così, invece di avere un unico procedimento legislativo bicamerale ce ne infliggono quattro diversi, confusi, più le varianti in surplus. Ho provato ad analizzarli. Mi sono persa.
Mi dicono che tolgono le Province.
Bene.
Ma mi dicono anche che le sostituiscono con gli Enti di Area Vasta. Che differenza c’è? Non è chiaro, ma il sospetto è che potrebbero semplicemente essere più numerosi.
Dov’è il risparmio, allora? Dov’è l’ottimizzazione?

Forse è meglio evitare di scoprirlo.

mercoledì 16 novembre 2016

Referendum 2016: post 3 di 5

PERCHE’ VOTO NO: DAL PUNTO DI VISTA FORMALE


Entriamo nel vivo della discussione, allora, ed esplicitiamo perché voterò no. Cominciamo con le ragioni formali, che da sole, peraltro, mi sembrano più che sufficienti. (Anche se, naturalmente, sole non sono):
  1. Chi è attualmente in carica, Governo e Parlamento, è illegittimo (vedi nomine in luogo di elezioni e amenità varie) ed anzi, a tal proposito la Corte Costituzionale ha parlato di “Golpe elettorale”. Ne consegue che chi è attualmente su dovrebbe quanto meno avere la grazia di tenere un basso profilo. Invece no. Invece vuole cambiare la Costituzione, ossia la carta che ha lo scopo di tutelare i cittadini… dal Governo stesso, ossia dall’organo di massimo potere del nostro ordinamento. La faccenda non puzza. Emana fetore nauseabondo.
Riflessione: se uno si autolimita da solo, significa che non si limita per nulla. Significa che può cambiare le regole quando vuole. E’ come giocare a Monopoli con un bambino che bara. E se ciò nonostante tu riesci comunque a vincere, lui ti può sorridere e annunciare: oggi vince chi perde. Il problema è che non stiamo parlando di bambini, né di Monopoli.
  1. Per riuscire ad approvare questo Referendum sono state commesse tutte le possibili (e impossibili) storture procedurali ai limiti della legalità. Non sto ad illustrare il dettaglio. A questo proposito rimando a “Loro diranno, noi diciamo” di Gustavo Zagrebelsky con Gustavo Pallante, Ed. Laterza. Lo recensisco il 18. A leggerlo mi sembra di tornare ai tempi delle Catilinarie. Però qui non c’è Catilina nel 62 a.c.. Ci siamo noi, oggi.
  2. Gli slogan fasulli, atti a manipolare. Ti fanno una domanda, ti chiedono se vuoi questo o quello, ben sapendo che lo vuoi. Che lo vogliamo tutti. Ti dicono che per averlo devi votare sì al Referendum. Solo che non è vero. Il referendum non ha quella conseguenza. Si tratta di spot pubblicitari privi di verità e contenuto, che mi irritano per come si fanno beffe del popolino.
  3. Ci sono alcune cose che votando sì magari cambierebbero in positivo. Ma si tratta di fumo negli occhi. Ti do il contentino, italiano, così non ti accorgi della bastonata che ti assesto alle spalle. La bastonata è che se voti sì, poi chi è al Governo fa quello che gli pare. E non mi sorprenderebbe se “tra le cose che gli paressero”, ci fosse anche rimangiarsi la parola su quel poco (in proporzione) che ci sembrerà di aver guadagnato.

A domani con i motivi sostanziali.

martedì 15 novembre 2016

Referendum 2016: post 2 di 5

IL REFERENDUM SULLA COSTITUZIONE:
PREMESSE GENERALI PARTE II
SULLA POLITICA


Segue da ieri.
Ecco i motivi, molto semplici e assai poco originali, per cui odio la politica e che, ovviamente, vanno al di là dell’esigenza, insita nella natura stessa dell’arte di governare, di trovare un compromesso o un equilibrio tra esigenze/o pretese differenti.
Ebbene:
in Italia chi vuole essere eletto – a qualunque carica – non lo vuole per assumersi l’onere di amministrare la vita pubblica in nome della giustizia e dell’interesse collettivo.
In Italia chi vuole essere eletto lo vuole, nella migliore delle ipotesi, per portarsi a casa uno stipendio sproporzionato rispetto al lavoro che fa, e quindi unicamente in nome del suo meschino e squallido interesse personale.
Ho avuto modo di constatarlo personalmente, più volte, non solo seguendo il telegiornale, ma persino nell’ambito di piccole realtà locali. Senza nessuna vergogna o scrupolo morale, perché “tanto lo fanno tutti, e allora meglio io che un altro, che almeno io non rubo”.
E se rubi, in fondo, va bene anche quello, perché: “Che sarà mai, tanto lo fanno tutti, e poi io rubo poco”.
Sono davvero tutti così marci?
No, ci sono anche quei pochi animati da idealismo, dedizione e autentica coscienza sociale, che meriterebbero persino lo stipendio sproporzionato.
Solo che – ho constatato anche questo di persona, sia pure su scala locale – in politica non c’è spazio per loro. Se non si adeguano al trend, prima o poi vengono fatti fuori (non nel senso di uccisi, certo, ma nel senso di costretti a dimettersi. E ciò sempre nella migliore delle ipotesi e ammesso che ad essere eletti ci arrivino).
Non solo.
Il livello di prostituzione (come altro dovrei chiamarla?) è tale che ormai non ci sono più Destra e Sinistra, ma solo opportunismo e interessi personali.
Oggi Tizio si candida con la Destra perché, a prescindere dalle sue convinzioni (ammesso che Tizio abbia delle convinzioni o gli importi qualcosa di averne) è la Destra che gli consente di farlo o gli promette quel che gli fa gola. Se domani è la Sinistra (o se è la Sinistra dopodomani o tra un milione di anni) non esiterà a rimangiarsi ogni intento e cambiare partito.
Né, poi, a tornare a quello di origine (anche qui, conosco a livello locale gente che si è affiancata un anno ad un partito e pochi anni dopo ai suoi oppositori).

Perché vi affliggo con sto polpettone su quel che penso della politica?
Per far capire che, in linea di massima, che ci sia Tizio o Caio al Governo a me non importa un tubo. Tanto sono tutti uguali, cambiano solo i nomi e le convenienze.
Volete una piccola dimostrazione?
Eccola.
Il Referendum di oggi è molto simile a quello indetto nel 2006 (vi invito ad approfondire la questione on line, basta digitare “Referendum Costituzionale Italia 2006 2016”). Tra gli argomenti chiamati in causa: Parlamento (Camere e formazione delle leggi); Presidente della Repubblica; Governo (Consiglio dei ministri e Pubblica amministrazione); Comuni, province, città metropolitane, regioni e stato; Revisione della Costituzione (ruolo del Parlamento).
Solo che allora era indetto dal Centro-Destra ed osteggiato dalla sinistra.
Quelli che oggi dicono di votare no, allora concionavano per il sì.
E viceversa.
In particolare, leggo sull’Unità di Firenze di venerdì 23 giugno 2006 (ma potete facilmente verificarlo on line sul sito) che “il presidente della Toscana Claudio Martini in calce al suo appello per il No ha raccolto le adesioni di molte istituzioni locali (…): tra i firmatari anche (…) il presidente della provincia di Firenze Matteo Renzi”.
Da crepare dal ridere.
Se non mi venisse da piangere.

Odio Renzi.
Ma non più di quanto odi tutti gli altri.

La verità è che ai politici (Destra e/o Sinistra) non importa dell’Italia, della Costituzione o dei cittadini.
Ai politici interessa fare quello che vogliono, nel loro interesse particolare, con più agio possibile. E la Costituzione un po’ li frena.
Allora devono eliminarla.
Punto.

lunedì 14 novembre 2016

Referendum 2016: post 1 di 5

IL REFERENDUM SULLA COSTITUZIONE: PREMESSE GENERALI


L’ho proclamato ufficialmente nel mio post d’apertura, nel lontano 26 marzo 2013: la realtà è bandita da questo blog. Per sopravvivenza, perché fa male (come avevo detto in allora citando il Dylan Dog dei bei tempi andati – n. 45, Goblin – : “Il mio mondo vive di sogni e sta morendo di realtà”) e io sono un’anima autoconservativa e gioiosamente edonista.
Eppure a volte faccio delle eccezioni.
Quando l’imperativo categorico kantiano, ahimè, bussa alla porta e me lo rende necessario, mio malgrado.
Come oggi, con la questione del Referendum sulla Costituzione.
Perché mi indigna.
Perché vedo slogan ovunque che spacciano fuffa, sfruttando il malcontento della gente, e cercano di imbrogliarla presentando una verità falsata, una prospettiva artefatta, fomentando la disinformazione anziché il ragionamento.
Perché non è un Referendum semplice, ma tecnico, difficile da comprendere davvero, con tutte le sue insinuanti implicazioni (e sottolineo insinuanti e implicazioni), anche per chi ha studiato Diritto Costituzionale all’Università e svolge una professione giuridica.
Mi correggo: perché è un Referendum con quesiti confezionati ad arte affinché non si capisca niente, frammisto a promesse allettanti che fanno da specchietto per le allodole.
Perché sfrutta biecamente il diffuso sentimento antipolitico che, inevitabilmente, permea la nostra povera Nazione vituperata e corrotta.
E, sia chiaro, io sono una che la politica l’ha sempre rifiutata.
Se mi si domanda perché, sono solita rispondere che mi annoia. Per tagliare il discorso.
La verità, invece, è che mi addolora, mi affligge e amareggia e, giacché comunque sono impotente, in linea di massima preferisco pascermi nell’ignoranza, votandomi al nichilismo.
Che mi abbatte, ma che tuttavia prediligo al disgusto, alla nausea, alla frustrazione e all’avvilimento morale.
E alla disinformazione.
In quanto non sempre quel che ci viene propinato tramite i Media corrisponde a verità.
Oppure, se preferiamo, perché la verità ha molte facce e non sempre ci viene mostrata la stessa: piuttosto un profilo parziale, di tre quarti, che è rappresentativo solo di ciò che si vuole mostrare (o vedere).

Naturalmente, quando dico politica, alludo a tutta la politica italiana, di Destra e di Sinistra, su piccola e larga scala.

Purtroppo, però, se faccio post troppo lunghi perdo l’uditorio, indi rimando a domani la disamina di questa affermazione.

venerdì 11 novembre 2016

Proponendo... (III)

PROPOSTE LETTERARIE III


Solito Avviso:
A fianco di ognuna segnalo se il volume è già stato recensito sul blog (se no lo sarà in futuro, ecco perché non mi dilungo) con la dicitura G.R. cui seguirà la data. Nei tag, comunque, il nome degli autori (con i titoli uso troppo spazio):


Per chi ha bisogno di un classico, ma che sia breve e con uno stile scorrevole e asciutto:
“Uomini e topi”, di John Steinbeck, Ed. Bompiani, G.R. 18 marzo 2015;
“Lo straniero”, di Albert Camus, Ed. Bompiani, G.R. 5 giugno 2014;

Per chi lo preferisce impegnativo, per cuore e numero di pagine, o per numero di pagine e cervello:
“I fratelli Karamazov”, di Fedor Dostoevskij, Ed. che si preferisce (io ho letto Einaudi e mi sono trovata bene), G.R. 29 agosto 2013;
“Ulisse” di James Joyce, Ed. che si preferisce (io ho letto “I Meridiani Mondadori” e sono stata contenta, G.R. 11 aprile 2013;

Per chi vuole intrattenersi ed emozionarsi o intrattenersi e sorridere:
L’aiuto” o “The help” di Kathryn Stockett, Ed. Mondadori; G.R. 24 aprile 2013;
“Benvenuti in questo ambiente” di Carmen Covito, Ed. Bompiani.

Per chi brama un po’ di trasgressione:
“Le età di Lulù”, di Almudena Grandes, Ed. Guanda, G.R. 14 novembre2014;
“Il danno”, di Josephine Hart, Edizione Feltrinelli; G.R. 18 febbraio2015;

Per chi ha sete di fantascienza classica, adulta, significativamente umana, che fa riflettere:
“Straniero in terra straniera”, di Robert Heinlein, Edizione Fanucci, G.R. 30 settembre 2014;
“L’invasione degli ultracorpi”, di Jack Finney, Edizione Mondadori, G.R. 7 luglio 2014;

CONTINUA NEL POST SUCCESSIVO...

Proponendo... (III)


Per chi vorrebbe immergersi nell’antica Roma:
“Memorie di Adriano” di Marguerite Yourcenar, Ed. Einaudi;
“I giorni del potere” di Colleen McCullough, Ed. SuperBur, G.R. genericamente nel post dedicato al ciclo romano in data 27 dicembre 2013;
“Io, Claudio” di Robert Graves, Ed. Corbaccio, G. R. 2 giugno 2014.


Per cimentarsi con un buon fumetto fatto di dialoghi strepitosi, immaginazione, azione e sostanza, a scelta tra:
“Saga”, “Paper Girl” (Edizioni Bao), “Y, l’ultimo uomo” G.R. 7 giugno 2013 (ora RW Edizioni); “Runaways” (Panini Comics) G.R. 17ottobre 2016, tutti di Brian K. Vaughan.


Prossimo appuntamento: se tutto va bene, 23 novembre!

giovedì 10 novembre 2016

Il bello di essere fan

HARRY POTTER E LA MALEDIZIONE DELL'EREDE
di J. K. Rowling, John Tiffany, Jack Thorne


Anche se, in realtà, più che di Harry Potter, ormai adulto, è l'avventura di suo figlio Albus, ma, in effetti, mutatis mutandis, la faccenda non cambia poi molto...
Anche se non è un romanzo ma un opera teatrale.
Anche se hanno cambiato molti nomi rispetto alla prima edizione dell'opera (Neville Paciock è diventato Neville Longbottom; la McGranitt è ora la McGonagall, e via dicendo), lasciando gli originali inglesi, e senza nulla specificare (colpa, questa, dei traduttori italiani: ma ci voleva tanto a mettere una pagina con le varianti?), tanto che in principio pensavo fossero comprimari nuovi.
A parte tutto ciò, il libro mi è piaciuto.
Intanto è una gioia ritrovare i nostri vecchi amati personaggi (nonostante i nomi di alcuni) a distanza di tanti anni: vedere come sono cambiati, come se la cavano, e... come sarebbero potuti essere se le cose fossero andate diversamente (ma qui glisso per evitare spoiler).
Il bello è proprio questo: per quanto siano cresciuti ed evoluti, sono intatti e coerenti, rimanendo se stessi, ed al contempo guadagnando una patina di novità e freschezza, che li mantiene meravigliosi...
Ed è facile altresì affezionarsi ai nuovi, specialmente a Scorpius... il figlio di Draco Malfoy (Albus, come Harry, non è simpaticissimo)!
La storia non è proprio originale, sembra scopiazzata di qua e di là (ma in fondo era così anche per l'eptalogia e a volte l'importante è solo amalgamare bene), però intrattiene e si legge volentieri, e i valori, le caratteristiche e i temi (che, insieme ai personaggi rendono l'opera preziosa) sono quelli della saga, rinnovati e approfonditi.
Il fatto poi che sia una pièce (che a me, in generale, piace leggere) e non un romanzo, dopo un po' si smette di notare perché tutto fluisce così velocemente che non si ha più tempo di farvi caso.

In altre parole, benché inizialmente temessi la solita vuota operazione commerciale, il mio consiglio è di leggere la maledizione dell'erede, specie se sei un fan!

mercoledì 9 novembre 2016

I beceri amici di MPM

THE GOLDBERGS


L'idea di una sitcom ambientata negli anni 80 e piena di riferimenti nerd è davvero entusiasmante, peccato che questa famiglia mi irriti in modo inverosimile, facendomi venire il sangue marcio anziché da ridere.
E infatti li ho soprannominati “I Beceros”.
Prepotenti e fieri di esserlo, ossessivi, isterici, permalosi e maleducati, parlano urlando indulgendo troppo spesso in comportamenti scorretti che vengono fatti passare per simpatici. Sono diseducativi al massimo, esempio di valori negativi e di superficialità cronica. I genitori, in particolare, non si fanno scrupolo di mentire e prevaricare pur di conseguire i loro obiettivi (che magari non sono l'incolumità della prole, quanto l'acquisto di un prodotto scontato).
Il problema è che non ci vengono rappresentati come famiglia triste e disfunzionale, ma come la tipica bella famiglia americana. Gesù, meglio i Simpsons, allora!
Il padre è un orrido grassone ignorante che gira perennemente in mutande e strilla di continuo.
La madre, forse la peggiore, è una vacca psicopatica e impicciona, con la mania del controllo, priva di autostima e afflitta dal bisogno compulsivo di piacere a tutti.
Erika, la primogenita, è la solita adolescente graziosa e scontrosa, e, nonostante la banalità, quasi si salva, mentre Barry, il fratello maggiore, è esasperante, sfigato senza riscatto e sempre sull'orlo di una crisi di nervi (perché non gli date un valium, misericordia?).
Adam, il protagonista, nonché l'autore della serie (perchè sì, l'autore, produttore etc. è Adam F. Goldberg, che basa la serie sulle videoregistrazioni familiari effettuate in gioventù, forse per vendicarsi), dieci anni, è innocuo e incolore, ma almeno non dà fastidio.
L'unico a suscitare un minimo di empatia è il nonno donnaiolo, se non altro perché, con i suoi modi pacati e gentili, si discosta un po' dall'isterismo dei suoi congiunti.
Certo, alla fine non sono cattive persone, si vogliono bene, cercano di imparare dai propri errori... ma che fatica! E che schifo di gentaglia!
Per giunta i riferimenti agli anni 80 sono pura occasione e mancano di sostanza, senza riuscire a riflettersi sull'atmosfera... Se facciamo un paragone con Stranger Things non possiamo che arrossire.
E allora? Perché guardo sta roba?
Perché MPM stravede per loro.

Non mi spiego perché.