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martedì 31 marzo 2015

Alternanza di passato e futuro


ORFANI
di Roberto Recchioni
 
 
Da un po' mi riprometto di parlarne, da un po' rimando... Tanto che ormai la serie si è conclusa, anzi si è “evoluta” in Ringo... Ebbene?

Nel complesso, nonostante l'opera sia di Recchioni (che odio profondamente), non posso dire che mi dispiaccia: sa di videogioco, di già sentito, è tremendemente commerciale, sovente approssimativa (l'ambientazione e il contesto sono appena abbozzati e restano tristemente in superficie), il presunto colpo di scena finale è di un'ovvietà quasi imbarazzante, i dialoghi scontati, i personaggi tagliati col coltello (e proprio non si riesce ad affezionarcisi, seppur ogni tanto risultino almeno simpatici) ma... ehi, il fumetto funziona!

Insomma, è divertente, intrattiene. E non richiede un'altissima soglia di attenzione, non richiede quasi niente, invero, per cui, tutto considerato, è un'ottima lettura da treno, specie quando si è stanchi e col cervello in pappa. Non sono sarcastica, non è un modo contorto per insultare. Dico sul serio: ci sono stati giorni in cui l'ho davvero gradito, e, nonostante le critiche, mi ha dato più di quel che ha preteso.

E, oggettivamente, presenta pure altri lati positivi... intanto non mi dispiace rinunciare alla logorroica verbosità bonelliana per privilegiare azione e fluidità: la storia scorre semplice e rapida (un po' troppo semplice, magari, ma amen, in fondo sono io che sono fuori età) e, alla fin fine, devo ammettere, ogni tanto una battuta azzeccata capita anche... La colorazione, poi, è notevole, davvero un valore aggiunto, e la storia inizia e finisce, non è vulnerata dall'eccessiva ripetitività delle serie infinite in stile Bonelli (di cui, sinceramente, non se ne può davvero più)...

L'elemento migliore, però, è costituito dall'alternanza di passato e futuro (pur non sempre riuscita e, a volte, fastidiosa e piattamente schematica): aumenta la drammaticità, il contrasto, lo spessore di prospettive e protagonisti. Certo, anche questo è un trucco già visto... Ma amen e chi se ne cale. E comunque, in generale, io non amo la linearità. E apprezzo la coralità, la circostanza di avere non solo uno, ma più protagonisti di riferimento... benché Ringo, va beh, spicchi da subito su tutti, oltre ad esere quello meglio caratterizzato.

E difatti è a lui che è dedicato il sequel, “Ringo” appunto (qualitativamente, più o meno allo stesso livello, sebbene mi coinvolga meno: avrei preferito continuare con la faccenda della coralità, che in effetti mi piaceva... O, alla peggio, con un altro protagonista)...

In quanto al “cartone animato”, invece, ho cercato di guardarlo, ma non sono riuscita ad andare oltre i primi dieci minuti: i difetti del fumetto divengono macroscopici, è lento da uccidersi, e.... a livello tecnico è quello che è, presumo che il budget fosse limitato. ...Ma “l'animazione”, per dire, di Watchmen (disponibile su YouTube), realizzato suppergiù con lo stesso sistema, è decisamente più godibile!

lunedì 30 marzo 2015

Un libro violento


IL FINE ULTIMO DELLA CREAZIONE
di Tim Willocks

Tim Willocks mi fa godere.
Sì, perché è uno di quegli autori gastrici che scrivono da dio e non te lo fanno pesare, ed anzi ti fanno sentire le parole mentre ti esplodono in bocca e nel cranio risuonando della pura, stupenda esattezza del loro significare... E, oltre a ciò, Willocks, riesce persino a raccontarti qualcosa, qualcosa che ti gela il sangue nelle vene, che ti scuote e ti tiene incollato alle pagine fino alla fine, risvegliando sensazioni affamate dentro di te, che ti consumano, ti esaltano e che ormai devi saziare...
E tu cerchi lo stesso di centellinarle, le pagine, perché vuoi che durino il più possibile, ma al contempo è imperativo divorarle perché, dannazione, hai bisogno di sapere!
Per quel che mi riguarda, “Il fine ultimo della creazione” è il suo romanzo più bello (tra quelli che ho letto), più intenso, forse perché per me era stato il primo, forse perché avevo già cominciato ad adorarlo mentre Dany me lo raccontava, caldeggiandone l'acquisto, promettendomi che avrei amato i protagonisti, sofferto con loro e vibrato di passione...
E' stato così.
Tim Willocks, nella caricatura del nostro vignettista
Trattasi di un thriller carcerario con personaggi intensi, dai caratteri forti e definiti, situazioni al limite, e un carnevale umano di crudeltà e sopraffazione con le sue regole e le sue follie.
E tra un'efferratezza e l'altra troviamo il tempo di ragionarci su, di elucubrare, di analizzare, di cercare spiegazioni più alte, capaci, magari, di elevarci oltre l'umana miseria... che però è sempre in agguato, sempre presente, pronta a detonare.
E lo fa, quando il Direttore del carcere, Holmes (personaggio che non può non rimanere impresso), abbandona i detenuti al loro destino, fino a che... scoppia la rivolta! Ed è guerra, guerra totale!
Un libro violento, ma soprattutto potente e scritto in modo superlativo.
Ed è vero, in generale, il microcosmo carcerario mi attrae da morire... ma non sono mai stata una gran fan dei thriller.
Questo fa eccezione.

venerdì 27 marzo 2015

Qualche brividello

OCULUS – IL RIFLESSO DEL MALE
di Mike Flanagan
2013


Questa è una pellicola che mi ha delusa ed entusiasmata in egual misura.
Entusiasmata perché nel complesso il film è un buon prodotto: ben realizzato, curato, con alcuni simpatici momenti gore, e con una trama interessante.
Invero, non è originalissima (uno specchio infestato porta alla morte dei genitori e al ricovero in manicomio del figlio. Dieci anni dopo lui e la sorella si propongono di distruggere lo specchio), eppure viene resa tale grazie alla tecnica con cui viene raccontata. Secondo una delle regole non scritte degli horror, per esempio, certi eventi devono esserci mostrati nel prologo... qui invece li vediamo solo alla fine. Alcuni trucchetti di repertorio, poi, sono davvero carini (la mela...) e sta faccenda degli “occhi argentati” è piuttosto d'effetto (anche se, considerato che la storia ruota intorno ad uno specchio maledetto, il titolo “Oculus” non è proprio calzante).
L'elemento più notevole, peraltro, è dato dal montaggio, che presenta molte soluzioni innovative ed inaspettate, ad esempio imponendo la simultanea coesistenza di momenti temporali lontani di dieci anni, sovrapponendoli e alternandoli con maestria.
Interpreti decorosi (anzi, lei – Karen Gillan – mi è piaciuta, per quanto non sia molto espressiva), e, seppure qualche attore in più non ci sarebbe stato male, non se ne sente troppo la mancanza.
Sono rimasta delusa, invece, perché il film proprio non spaventa... e io sono una fifona! Per carità, qualche brividello si accusa, ma nel complesso siamo più vicini ad un thriller un po' splatter che ad un horror, inclusa la seconda parte, quando l'azione si fa più congestionata... Non che l'esito sia noioso, assolutamente, ma quando vedo un horror io voglio urlare a squarciagola o almeno nascondermi per metà film sotto la coperta per il terrore... Peccato!
Altro neo, non determinante, ma che tuttavia fa da corollario al principale, è che manca l'approfondimento degli elementi terrorizzanti della trama... Insomma, sarebbe stato gradito qualche dettaglio in più (anche oscuro e nebuloso, tra il detto e il non detto) sull'origine dello specchio, sulle precedenti vittime, sul perché le loro anime vi restino imprigionate, etc. etc. Qualcosa c'è, ma non soddisfa...
E poi arriviamo alla fine...
Che, di nuovo, mi ha entusiasmata e delusa in ugual misura.
Delusa, perché mi aspettavo qualcosa di più. Magari di geniale. Di sorprendente.

Entusiasmata, perché è stata comunque una colica renale. Pur modesta.

giovedì 26 marzo 2015

Tanti ringraziamenti a tutti


IL SECONDO COMPLEANNO DEL BLOG!!!
 
 
Evvivaaaaaaaaa!!!

E quindi tiriamo le somme, con novità buone ed altre meno buone.

Partiamo dalle dolenti note: la regolarità dei post... Mea culpa, lo so! Siamo partiti con uno al giorno, per poi ridurre ad uno ogni due in occasione delle ferie estive e finendo, in inverno, per saltare direttamente il week-end...

Mi dispiace, ma, già lo dissi, si è reso necessario per la mia sanità mentale.

Naturalmente è possibile che un dì decida di tornare alla vecchia periodicità... Naturalmente quel dì è ipotetico e lontano... A meno che non salti fuori qualche “nuovo” valente collaboratore che decida di occuparsi di qualche rubrica semi-fissa!!! ...Di corteggiare il MPM ho smesso, visto che non ne vuol sapere (anche se, nel momento del bisogno c'è sempre, ed infatti a gennaio lo abbiamo visto rispolverare fugacemente la sua “Posta del Quore”), ma, come direbbe Yoda, il grande Maestro Jedi, “sempre in movimento è il futuro”, perciò non perdiamo le speranze.

Tra le osservazioni positive, invece:



  • sempre più disegni fatti apposta per noi (per cui ringraziamo chi di dovere);
  • Twitter! Che ci riserva un sacco di soddisfazioni, specie quando le case editrici ci citano o ci inseriscono nei preferiti... o magari, addirittura, riceviamo ringraziamenti dagli autori (“Emoziooooone”, come diceva il Tenerone del Drive-in)! A proposito, nota divertente (e blasfema): tra i nostri follower (no, non è che usi il plurale majestatis, ma per molti versi “Sogni di Ragni” è un lavoro di gruppo, visto che ci siamo io, MPM e il nostro illustratore) vantiamo: Dio, Gesù Cristo e San Pietro Paolo... Wow!
  • Numeri: sì, perché abbiamo superato le 85.000 visualizzazioni (contro le oltre 35.000 dell'anno scorso, per cui abbiamo più che raddoppiato); abbiamo conquistato altri 3 premi da Net-Parade (benché dubiti che in futuro ce ne saranno altri); e abbiamo migliorato di brutto il nostro relativo livello: lo scorso anno eravamo a 53, ora siamo a 124! Yuppi!!!


In conclusione, miei adorati deliziolettori, tanti ringraziamenti a tutti e tanti baci, specie a quei pochi gatti che mi commentano, qui, su Fb, o anche di persona, ai prodi votanti, e a tutti coloro che si attivano per sostenermi o per “rendermi possibile”!

E quindi, come sempre, il grazie più speciale di tutti va al Mio Perfido (e spesso sospirante) Marito, che in più mi sopporta pure di persona (e non sempre è facile, lo so)!

Baci a tutti e ottamondosità (che non sono insulti ma cose sparse carine)!



Otta!!!

mercoledì 25 marzo 2015

Quanta maledetta figaggine!!!


IL PARADISO PERDUTO
di John Milton
 
 
Forse non sarà il mio poema epico preferito (impossibile battere Dante nel mio cuore), ma è di sicuro quello con il protagonista che più di tutti amo: Lucifero, l'Angelo Ribelle...

E l'orgoglio sarà pure un peccato, ma... quanta maledetta figaggine!!!

Lo so, Milton si rivolterebbe nella tomba a sentire parlare così (il suo scopo, dopo tutto, non era esaltare lo dimonio, ma la Provvidenza), ma io che ci faccio se Satana è carismatico e seducente mentre Dio è un odioso tiranno?

Solo una misera mortale sono! E adoro William Blake, che a riguardo ha diverse opinioni succose (tra gli altri capolavori, ci ha regalato il bellissimo poema “Milton”), argute, e magari un pelino reazionarie (o no?)... Per tacere del fatto che tutta la mia “personale mitologia narrativa” trae l'ispirazione principale proprio da “il Paradiso Perduto”...

Perduto due volte, oltretutto, prima da Satanasso e poi – l'Eden – da Adamo...

La trama, infatti, è essenzialmente doppia: da un lato, la storia di Satana, appunto, già sconfitto in seguito alla ribellione a Dio, fomentata dall'invidia verso Adamo (e ci credo: perché il più bello fra gli angeli dovrebbe inchinarsi dinnanzi ad un misero uomo appena creato?) e, dall'altro lato, la caduta di Adamo stesso e di Eva, e proprio ad opera di Satana che brama vendetta...

Per essere un poema epico del 1600, devo dire che le parti “noiose” sono molto poche, quelle esaltanti invece... quasi tutte!
 
John Milton nella caricatura del nostro vignettista

Interessante anche la reinterpretazione di Milton riguardo a svariate vicende (ad esempio, il motivo che porta Adamo a mangiare la mela... non proprio quello “classico” o l'evoluzione della “vera” dannazione di Lucifero) e, soprattutto, la ribaltabilità dei concetti di Bene e Male... E qui fioccano le interpretazioni e le riflessioni, cui rimando, perché come spesso ribadisco, io sono solo una lettrice autodidatta e avida, non una critica, e per giunta ho letto l'opera in tempi ormai remoti... Garantito, però, che c'è da leccarsi i baffi, perché ogni verità espressa è multiforme e foriera di svariate implicazioni e di dilemmi etici, religiosi, psicologici e persino storici...

Per il resto, sempre da mera lettrice, ricordo le meraviglie riferite alla costruzione della trama, alle simpatiche trovate che ogni tanto fanno capolino (Satana abita in un palazzo che si chiama Pandemonio...), all'eroismo “preromantico” alla base di molte decisioni difficili e irte di conseguenze, e alla stessa reinterpretazione di Adamo ed Eva (nonostante il solito maschilismo di fondo, ma siamo quasi quattro secoli fa, possiamo scusarlo) che hanno scoperto il sesso già prima di papparsi la mela.

Infine, come dicevo in apertura, c'è l'immensa, dannata figaggine di Satana, che quando propugna che è meglio regnare all'Inferno che servire in Paradiso, ci dà lo sballo supremo... Sebbene Neil Gaiman (mi pare in “Sandman, La stagione delle nebbie”), a riguardo, ci offrirà un punto di vista diverso...

martedì 24 marzo 2015

Tavole da lasciare a bocca aperta


I FIGLI DI PROMETEO
di Sandoval, Tarragona, Garcia, Henscher, Herzet
 
 
L'ho già detto e ripetuto, la Mitologia è una delle mie passioni principali. Non necessariamente quella greca, che comunque di sicuro è tra le più affascinanti, e non necessariamente quella classica... nel senso che adoro rivisitazioni, reinterpretazioni e rimaneggiamenti... E pure sapere che fine hanno fatto (o stanno per fare) gli dei ai giorni nostri... Ed ecco il motivo principale per cui, quando ho notato il volume in oggetto tra gli scaffali della mia fumetteria, ho dovuto per forza acquistarlo, pur temendo che si riducesse alla solita banale variazione sul tema...

E per fortuna, perché, mitologia o no, questa è un'opera davvero stuzzicante e, sì, persino originale!

Mi piacciono i disegni, plastici e sfumati, con tavole da lasciare a bocca aperta, e la trama di fondo, con questo implacabile e impietoso “cacciatore di dei”, Thymos, che, per oscuri motivi in odor di vendetta, dà la caccia ai membri del Pantheon di Zeus trovando modi gustosi per “fregarli” (già nelle prime pagine vediamo come viene infilzato Poseidone)...

Siamo, dunque, in epoca attuale, nessuno venera più i poveri Olimpi, che, peraltro, in generale, poveri non sono, anzi se la passerebbero piuttosto bene se non fosse per la minaccia incombente)...

Sinceramente, apprezzo come sono stati reinterpretati i superstiti (sì, c'è chi è già perito... e ritroviamo la sua testa in una bella vetrinetta), in modo talvolta ironico e arguto, a volte solo “modernizzato”, ma sempre nel rispetto di qualità e attributi, che li rende immediatamente riconoscibili (Dioniso e Ade sono fantastici!), e trovo assai suggestiva l'idea che parecchi disastri storici (ad esempio Chernobyl) siano ad essi collegati... Mi diletto con riferimenti e strizzate d'occhi, ed ad essere aggiornata su ciò che è accaduto “nel mezzo”, tra l'ultimo mito e ora... Certo, si dirà, fin qui nulla di troppo innovativo... insomma, Alan Moore e Neil Gaiman docet, ad esempio...

Ma le caratterizzazioni sono peculiari, con idiosincrasie ben definite e suscettibili di ulteriori approfondimenti, piene di promesse ed in particolare suscettibili di acquisire maggior spessore nel corso della serie... E comunque, per dire, di norma gli eroi (Perseo, Giasone, Ercole, etc.) vengono trascurati, qui invece li vediamo simpaticamente riorganizzati tipo mercenari... Sono irresistibili!

E anche la trama vera è propria sembra pronta a prendere più direzioni, senza doversi appiattire su un'unica linea narrativa...

Certo, al momento è disponibile solo il primo volume, “Riunione di Famiglia”, ma è decisamente allettante e quindi sto già agonizzando in attesa dei successivi...

lunedì 23 marzo 2015

Una sorpresa da sbalordimento


PAURA
di Stefan Zweig
 
 
...essenzialmente quella di essere scoperta: di veder crollare la tua vita, di perdere i figli e la reputazione... E tutto per una scappatella con un pianista di cui in fondo nemmeno ti importa!

Questo è il dramma che deve affrontare la fatua protagonista, Irene Wagner, irritante gattamorta della buona borghesia viennese degli anni '20... La detestiamo fin dalle prime righe, per quanto è vacua e pavida, ma al contempo è così disastrosamete patetica da suscitarci pietà e quindi seguiamo con partecipazione le sue peripezie...

C'è infatti una vecchia volgare e malefica che la ricatta e che, anzi, presto comincerà a tormentarla (e lei è già una paranoica naturale, vigliacca e debolina)...

Tutto qui?

Naturalmente no.

Intanto c'è il colpo di scena finale: di per sé non è eccezionale, non per i tempi attuali, e probabilmente lo intuiamo abbastanza in fretta, ma all'epoca della pubblicazione magari sì, magari era una sorpresa da sbalordimento... E, comunque, anche adesso, un minimo di godimento ce lo dà... Almeno per l'ironia che sottende.

I pregi veri, peraltro, sono altri due, che ora comincio a riconoscere come tipici di questo particolarissimo autore.

Innanzitutto il magistrale approfondimento psicologico: Zweig ci permette di scendere nel profondo dell'anima di Irene, di scrutarla minuziosamente, di scandagliarla, assaporandone la discesa nel terrore e i temporanei, illusori, sollievi, fino a darci un senso di angoscia, di claustrofobia, nonostante la brama che a tratti abbiamo di prendere la protagonista a sberle. E magari di tirarle pure una secchiata d'acqua fredda (e sporca), possibilmente mentre sfoggia un cappellino nuovo (non che la vecchia laida ci garbi di più...).

In secondo luogo, la prosa del suo autore: puntuale, elegante, descrittiva, ma non ridondante, dagli accenti desueti, vintage, persino, ed al contempo scorrevole e fluida.

E poi, se vogliamo, il personaggio del marito... che resta parzialmente sullo sfondo, ma che, poveretto, proprio non si meriterebbe una moglie così...

venerdì 20 marzo 2015

Un romanzo che graffia


IL BAMBINO CHE SOGNAVA LA FINE DEL MONDO
di Antonio Scurati


Il titolo è bellissimo, ma non allude ad un'opera horror o fantascientifica: il tema centrale, infatti, riguarda la pedofilia (o il Male, se vogliamo), ed è di ustionante attualità... Invero, siamo a metà tra un romanzo, un saggio ed un'inchiesta, con articoli di giornale che ogni tanto fanno da intermezzo... Eppure le descrizioni sono altamente evocative, tanto che spesso mi è parso di intuire echi leopardiani – ad esempio – opportunamente parafrasati...

Quello che ci viene presentato, dunque, è uno scorcio possibile, relativo alle conseguenze e implicazioni di una serie di abusi perpetrati ai danni di bambini dell'asilo in quel di Bergamo.

Ma è davvero così o è il clima da caccia alle streghe ad aver ingenerato il panico? Ad aver creato mostri inesistenti ingigantendo e snaturando la realtà? E quanto è degradata e sordida quella in cui viviamo?

Ci sono parallelismi, rimandi, richiami... E molte sono le accuse che finiscono nel mirino.

Il punto è che si tratta di questioni così delicate che non ci sentiamo di sottovalutarle, perché, davvero, dopo certi avvenimenti il mondo per un bambino può finire...

Oscilliamo dunque fra vari convincimenti, subito smentiti e ritrattati, alla ricerca della verità e attraverso svariate prospettive, che spesso, però, si contraddicono...

Abbiamo modo di riflettere e di mettere tutto in discussione (inclusi noi), vagolando nel dubbio e nell'incertezza...

Certo, non è un romanzo di intrattenimento, questo, pur ingentilito dallo stile. E' un romanzo che graffia, opprime e fa pensare, percorso da psicosi e ansie. E che ha i toni accesi della denuncia sociale, che analizza, che esamina, che giudica.

Antonio Scurati visto dal nostro vignettista


L'idea è indubbiamente interessante. L'unico neo (ma forse è voluto) è che il coinvolgimento emotivo – al di là di quello inevitabilmente determinato dall'argomento – è assai limitato. Non partecipiamo delle vicende dei protagonisti, semplicemente li seguiamo come seguiremmo una cronaca. Che sentiamo come vera, reale, a tratti confusa (non è un difetto: rispecchia il nostro modo di essere). Ma troppo distante. Perché segretamente e irrazionalmente siamo sempre convinti che questi fatti non tocchino noi, ma qualcun altro. Di lontano, remoto. Di sconosciuto.

Peccato.

Perché l'opera sarebbe stata probabilmente più efficace (e più facile) se avesse puntato di più sull'immedesimazione.

Nel complessso, comunque, l'ho letta volentieri e l'ho trovata stimolante.

Da leggere, anche solo per formarsi un'opinione.

giovedì 19 marzo 2015

La vita va così..

IL PRIMO ANNO DI MATRIMONIO DI WILLIAM WALKER
(a horror story)

di Matt Rudd


Non è un romanzo horror, eppure lo è: disperato e leggero, romanticocinico, autobiografico q.b. – per quanto inventato – divertente, e, sovente, foriero di preziosi consigli, nonostante la squisita (e a volte un po' eccessiva... eppure no) tendenza al delirio.
Il paragone con Bridget Jones sorge spontaneo, e se così non fosse viene comunque suggerito dalla copertina. In effetti gli elementi comuni non sono pochi: la narrazione diaristica, l'umorismo british, con picchi di assurdo, gli efficaci tempi comici (non siamo al livello eccelso della Fielding, ma nemmeno ne siamo lontani, anzi, in alcuni punti trattenere il sorriso è impossibile!), la professione del protagonista... solo che, finalmente, abbiamo il punto di vista di un masculo!
Non di uno particolarmente virile, va bene, ma chi li vuole, poi, quelli veramente virili? Il modello William Walker (intellettualoide, un po' schizzato, simpatico, premuroso, tenero e autoironico, con qualche momento di svergognata e goffa idiozia) è decisamente meglio!
In più, altra differenza rispetto a Bridget, William non è disperatamente single, ma felicemente sposato con l'amore della sua vita! Solo che non saranno ugualmente tutte rose e fiori quelle cui la coppietta andrà incontro!
Un po' perché, semplicemente, la vita va così... Un po' per sfiga, un po' perché il nostro ha “un problema con la gestione della rabbia” (ma non l'avremmo anche noi, al suo posto?), un po' perché... eh, ma qui svelo il colpo di scena finale!
Di cui, sinceramente, non c'era bisogno.
Non perché dia fastidio (tutto considerato ci sta, e spiega molte bizzarrie... e quella surrealtà esagerata che sovente fa capolino si amalgama bene col buffo contesto di fondo e crea un climax niente male, legato soprattutto alla “storia contenitore”), ma perché il libro si reggeva lo stesso e meravigliosamente sulle semplici sventure della quotidianità, che sono quelle di ognuno di noi, in fondo, e di cui è sempre bello poter ridere con qualcun altro!
Lo stile, poi, è delizioso, talvolta lapidario, talvolta impreziosito da amene digressioni (che, se opportunamente filtrate, possono persino rivelarsi utili: ai maschietti quanto alle femminucce). Non sempre le condivido e alcune mi sembrano addirittura folli... ma poi mi guardo attorno, e capisco che non è esattamente così...
C'è qualche calo di tensione ogni tanto, ma perdonabile, e poi forse dipende dal fatto che ho letto tutto di seguito, da brava ingorda!
Carinissimi anche i disegni stilizzati all'inizio di ogni capitolo, e le citazioni d'apertura...
E la conclusione, in fin dei conti, non è nemmeno così disperata come lasciava presagire il sottotitolo! Per fortuna, perché c'è stato un momento in cui ho pensato che la tensione mi uccidesse per la brama di sapere!

Curiosità: pare ci sia pure un seguito... Che mi propongo senz'altro di leggere!

mercoledì 18 marzo 2015

Una storia breve e semplice


UOMINI E TOPI
di John Steinbeck
E qual è la differenza tra gli uni e gli altri?
A volte nessuna... perché i sogni, i progetti di entrambi, sono piccoli e improbabili e comunque destinati ad infrangersi contro la realtà, che, purtroppo, sarà sempre più grande di loro...
Siamo di fronte ad una storia breve e semplice, tragicamente amara e dolorosamente metaforica, che ci toccherà per il suo lirismo e la sua intensità, per i suoi personaggi ingenui e innocenti, riempiendoci di significato.
Conosciamo dunque Lennie e George, due braccianti in cerca di lavoro nell'America rurale post '29: il primo un dolcissimo e sensibile ritardato mentale, costretto in un corpo enorme, dalla forza spropositata, che lui non sa controllare e che, nei suoi slanci d'affetto e di tenerezza, lo porta ad uccidere involontariamente gli animaletti che coccola... Il secondo, cui è legato da profonda amicizia, riflessivo e consapevole della miseria umana, lo indirizza e protegge, soprattutto da se stesso... Fino a che le circostanze non lo obbligano a prendere una decisione coraggiosa e crudele...
John Steinbeck, ritratto dal nostro vignettista

La storia è notevole, attraversata dalla fatica e dalla bellezza (che ci vengono mostrate, ma non descritte, come soltanto i grandi Scrittori sanno fare), ma è l'inevitabile finale che ci toglie il fiato: non solo perché è commovente e fa male, ma anche perché è “vero”, poiché esprime, in poche sintetiche sequenze, molte verità, difficili da ammettere, ma sempre brucianti... Perché è anticonvenzionale, inaspettato, in quanto ribalta i valori che abbiamo sempre coltivato, credendoli assoluti, e ci offre nuove regole, che, per quanto possano striderci a certi livelli, non possiamo che riconoscere come giuste e persino pietose...
Un romanzo che si legge in un'ora, dallo stile essenziale e privo di manierismi, ma che offre argomenti di cui discutere per una vita intera... E che anche quando ci sprofonda nella più nera solitudine, sembra in qualche modo illuminarci, riuscendo ad essere, al contempo, pieno d'amore...

martedì 17 marzo 2015

Anguille urlanti


LA STORIA FANTASTICA
di Rob Reiner

(1987)
 
 
Che sostanzialmente è una fiaba (piacevolmente parodistica e sopra le righe), mista ad avventura e ironia... Ed è fantastica perché c'è tutto: dall'Amore Vero, (la cui resa, anche concettuale, mi è piaciuta parecchio, benché i due innamorati siano abbastanza irritanti) alle tre classiche prove che l'eroe deve superare, il cattivo scialbo, la vendetta, e meravigliosi duelli!

Ho letto anche romanzo da cui è stato tratto il film (sempre di William Goldman, che qui fa lo sceneggiatore): non è proprio identico, ma, per una volta, ho preferito la trasposizione cinematografica! ...Così come per “Stand by me” (tratto da “Il corpo” del mio adorato Stephen King), sempre di Rob Reiner... e allora sarà forse merito del regista? Direi proprio di sì, quindi: lode a Rob Reiner!

Ad ogni modo... La pellicola è una di quelle della mia “infanzia”, una di quelle che ho amato e che continuo ad amare... Non tanto quanto “Star Wars”, “Indy” e “I Goonies”, magari, ma abbastanza per ricordarla con affetto e rivederla ancora adesso.

Rispetto al libro, il film è più rapido, divertente, e, per quanto la protagonista non sia proprio miss simpatia, anche i personaggi sono preferibili! E poi, diciamocelo, in questo caso i combattimenti “su carta” sono una gran flebo, mentre nel film... wow!!!

Certo l'escamotage del nonno (Peter Falk) che racconta la fiaba al nipotino malato (Fred Savage) è un po' datato (ma c'è anche nel libro), e all'inizio persino un po' noioso, ma è utile per saltare pezzi superflui, per accrescere il pathos, o per spezzare la scena... E anche a noi ad immedesimarci e contestualizzare!

Per il resto... Robin Wright, nei panni della più bella del reame (nel libro faticava a guadagnarsi il titolo), è un poco sciapa: insomma, anche se con qualche decina d'anni in più sulle spalle, è molto meglio ora...

Cary Elwes (alias Westley, il suo amato) è odiosetto e saputello, e sebbene il personaggio sia carino, di per sé, a me veniva spesso voglia di prenderlo a sberle...

D'altro canto, la cosa meno interessante proprio i due innamorati, sebbene la loro sia una storia appassionante. A spaccare, davvero, sono semmai i meravigliosi comprimari: sopra tutti Fezzik (il monumentale wrestler André the Giant), gigante buono e non troppo sveglio, e il mitico Inigo (Mandy Patinkin), sublime spadaccino che deve vendicarsi di chi gli ha ucciso il padre! Ma anche il cameo di Billy Crystal, che interpreta Max dei Miracoli, è adorabile, seppure si stenta a riconoscerlo con tutto quel trucco!

Alcune trovate, poi, sono deliziose, come anguille urlanti (ullanti) o le tre “T” della Palude del Fuoco... Gli effetti speciali ora sono inguardabili, ma pazienza, la trama regge e ci si fanno anche quattro risate, ci si emoziona (tanto) e non si vede l'ora di incontrare l'uomo con sei dita...

lunedì 16 marzo 2015

Uno di quei rari capolavori


RACHEL RISING
di Terry Moore
 

Che cosa amo di Terry Moore?

Tutto!

Il montaggio, la costruzione della trama, i disegni espressivi e intensi, la partitura delle vignette, varia e sorprendente, il mix di generi, e i personaggi, così incredibilmente umani, l'attenzione per “i diversi” (in molte accezioni), l'ironia, i cambi di registro, la coralità, i dialoghi incalzanti, le battute a raffica, la moltitudine dei punti di vista, e la positività che sempre, anche nelle situazioni più tragiche, fa da sottofondo a eventi e azioni...

E per questo, quando esce una sua nuova opera, sono sempre un po' titubante: da un lato fremo per le aspettative, dall'altro temo una delusione...

Ecco perché ho atteso così tanto per recensire “Rachel Rising”, perché paventavo di scivolare in facili entusiasmi... Ma, dopo aver letto il quinto volume, davvero ritengo che non sia più possibile avere esitazioni: “Rachel Rising” è fantastico!!!

Per tutti i motivi elencati su, e anche qualcun altro, magari, perché mi piace anche più di “Echo” (con “Stangers in Paradise” ancora non azzardo confronti, però)! Parecchio di più! E' più dinamico, più veloce, con personaggi più “speciali”!

Forse anche grazie al tema di fondo: le streghe, la morte, e quindi l'horror, il mio genere d'elezione! Con momenti di splatter assolutamente sorprendenti e prelibati, che soddisfano i sadici e deliziano i palati più esigenti!

Ma non è fine a se stesso: l'elemento di maggior interesse, come sempre, è dato dall'umanità delle protagoniste (sì, anche qui le donne ricoprono i ruoli principali), compresa la presunta futura madre dell'Anticristo!

In effetti, la graphic novel è perfetta fin dall'incipit, con Rachel che si risveglia morta e non sa perché... Ma i toni non sono sempre cupi (si parlava di mix di generi e di ironia): trovano spazio gag divertenti, affetti, sentimenti profondi, la quotidianità, e talvolta riflessioni etiche niente male...

E, naturalmente, più andiamo avanti, più siamo destinati a farci coinvolgere nella narrazione, ad incuriosirci, ad affezionarci ai personaggi...

Insomma, siamo al cospetto di uno di quei rari capolavori a più dimensioni, che solleticano la nostra immaginazione, soddisfano la brama di mistero, e intanto parlano al nostro cuore con franchezza, regalandogli emozioni e raccogliendone le confidenze...

Imperdibile!!!

venerdì 13 marzo 2015

Una riflessione sul lutto


THE RETURNED
di Jason Mott
 
 
Jacob è morto nel 1966, affogato.

Aveva otto anni.

Oggi ritorna dai suoi, Harold e Lucille Hardgrave, ormai anziani, e ha ancora otto anni, identico a com'era il suo ultimo giorno di vita.

Non è il primo morto che ritorna (il primo Redivivo), nemmeno nella nostra piccola cittadina americana. Il fenomeno, infatti, coinvolge il mondo intero, e non sempre è facile gestirlo: né a livello individuale, né a livello di politica mondiale... e spesso emergono isterismi di massa, paure, domande senza risposte e dolore. Troppo. Per il rinnovato cordoglio, per la fatica di accettare una realtà così assurda, così innaturale, perché non si conoscono né scopi né spiegazioni… Ma a volte i ritorni vengono accolti come seconde occasioni. Che, però, non tutti hanno, o non tutti vogliono avere...

La Serie Tv “Resurrection” vi si ispira, ma è come se non c'entrasse nulla. La questione non è data tanto dalla storia – che è diversa: come sempre la trasposizione televisiva è più complessa, con più personaggi e molte tracce e sottotrame parallele – quanto dal sottotesto.

Il telefilm è classificabile come fantascienza mescolata a drammi familiari, cogitazioni e azione. Il romanzo è condito allo stesso modo – con meno segreti e meno misteri – ma è soprattutto una riflessione sul lutto e su come affrontarlo, uno studio antropologico, individuale e generale, sulla morte e, se vogliamo, sulla tolleranza e sull'amore (e c'è persino qualche eco “nazista”).

E' intimo e profondo, pur non riuscendo ad azzannarti il cuore: ci sono punti in cui appare troppo ponderato, troppo placido e descrittivo. C'è della pesantezza, intorno alla storia, della dolcezza rarefatta, e a tratti affiora l'odio. Ma è come se mancasse qualcosa... una scintilla, forse. O un personaggio da amare incondizionatamente. Non che quelli che ci sono siano brutti... è solo che restano dei personaggi, appunto, senza riuscire ad elevarsi oltre alla dimensione meramente cartacea.

Bellissima, tuttavia, la spiegazione finale (che nella Serie Tv manca) sul perché ci siano persone che tornano e altre no. Potrà non soddisfare i più, ma costituisce il paradigma del romanzo, e, per quanto mi riguarda è coerente e onesta: la sola possibile per non “barare”...

Da sola vale l'acquisto, così come l'idea di base e alcune interessanti trovate nel mezzo, senza contare, che, comunque, la lettura è piacevole e fluida, e che l'argomento è davvero stimolante e meriterebbe ulteriori approfondimenti.

giovedì 12 marzo 2015

Amo follemente Borges!


LIBRO DEL CIELO E DELL'INFERNO
di Jorge Luis Borges e Adolfo Bioy Casares
 
 
Opera multiforme, onirica, divertente, squisitamente soggettiva, ma anche sagace e sognante...

Culturalmente divertente, spesso assurda, improntata sulla mai irrispettosa varietà, sull'erudizione e sulle strizzate d'occhio, a tratti permeata da risonanze psicologiche... Insomma, un milione di cose insieme!

Come ci informano gli autori nel prologo, è un'antologia necessariamente incompiuta, ma per questo ancora più stimolate!

Consiste in una raccolta di brani famosi, saggi, fiabe, poemi, ma anche di pseudobiblia, tra i cui autori, ad esempio, figurano personaggi di racconti di Borges (che, decisamente, se la spassa)...

Si spazia fra le varie tradizioni e mitologie (cristiana, norrena, ebraica, greca, araba...), soffermandosi sui cataloghi di inferni e paradisi (più didascalici e meno avvincenti, ma ugualmente interessanti), alternando osservazioni spirituali e riflessioni filosofiche, più o meno ciniche, di lunghezza diversa.

Il top si tocca con “Avvenire sferico” di I. A. Ireland (altro autore fittizio), logicamente ineccepibile, eppure foriero (per la gioia degli autori, che si fanno delle grasse risate) di adorabile non sense.

Anche se di norma non amo riportare i brani, per questo faccio un'eccezione, perché davvero meritata (è a pag. 88 del libro):

Il Giorno del Giudizio Universale, le porte del Cielo si apriranno ai beati. Ed essi vi entreranno rotolando, giacché saranno resuscitati nella forma più perfetta: quella sferica. Così rivela Origene.”

In conclusione, e per onestà intellettuale, però mi tocca trascriverne anche un altro dal contenuto più elevato, che faccia da contraltare al primo: “Preghiera di una santa” di 'Attar, Memorie dei Santi, XII Secolo (pag 25 del libro):

Signore, se ti adoro per timore dell'Inferno, bruciami all'Inferno, e se ti adoro perché spero il Paradiso, escludimi dal Paradiso, ma se ti adoro per te stesso, non negarmi la tua bellezza eterna.”

Consigliato.

E non solo perché amo follemente Borges.

mercoledì 11 marzo 2015

Bello da leggere


THE DOME
di Stephen King

L'idea di partenza è spettacolare: una cittadina americana, quella di Chester's Mill, che all'improvviso viene divisa in due ed isolata dal mondo a causa di un'enorme cupola invisibile, che vi viene calata sopra e che per fortuna lascia filtrare l'aria.
Come? Perchè? Ad opera di chi?
Non lo sappiamo: quel che è certo è che chi è fuori è fuori, e che chi è dentro è dentro, e che la faccenda genererà un sacco di problemi! Lotte per il potere, morti improvvise, domande, ribaltamenti di equilibrio...
E allora ci soffermiamo sul microcosmo in crisi, così caro allo scrittore del Maine, sulla cittadina della provincia e sulla sua nuova realtà allo sfascio...
Ad essere interessanti, infatti, non sono tanto le elucubrazioni legate alla cupola (a differenza del telefilm da cui è stato tratto, “Under the Dome”, che sinceramente trovo di una noia mortale, per quanto sia scritto da Brian K. Vaughan, che annovero tra i miei fumettisti prediletti), quanto piuttosto le dinamiche che si innestano tra gli abitanti rimasti all'interno, anche perché abbiamo un discreto numero di mine vaganti...
Non mancano il ragazzino psicopatico e assassino, il cattivone subdolo e manipolatore che brama il comando (niente meno che un venditore di auto usate, anche se con altri lucrosi e disdicevoli “hobby”) e, per quanto il romanzo sia fantasticamente corale, neppure l'eroe: Barbie, al secolo Dale Barbara, un ex-militare.
A differenza che nella Serie Tv, in cui i personaggi sono piuttosto piatti e irritanti, e in particolare il protagonista (che non regge il confronto con il carisma dell'infido rivale), come sempre in King costituiscono invece uno dei motivi di maggior propulsione narrativa. Semplicemente perché vogliamo stare con loro, amarli, conoscerli meglio, e affrontare insieme il destino cui andranno incontro.
Notevoli, dunque, gli approfondimenti psicologici e le loro descrizioni, splendido il contesto, belli gli sviluppi, tante le emozioni, anche se...
Ad un certo punto la storia pare arenarsi. Verso la fine, quando arriva il cliffhanger e si preparano le spiegazioni. Che di per sé, nella fattispecie, non sono neanche terribili, eppure... eppure guastano qualcosa. L'esaltazione scema. E non si tratta solo del finale in sé, ma proprio dell'atmosfera, che pare prendere una china di stanchezza (in questo senso Vaughan ci lascia sperare in qualcosa di più)... Peccato.
Ma il romanzo è bello da leggere, nel complesso è più che valido, seppur con qualche pagina di troppo, e su tutto troneggia l'umorismo di King, che ci strizza continuamente l'occhio. A partire dai nomi che sceglie per i suoi antagonisti: perché se da un lato abbiamo Barbie, dall'altro troviamo... niente meno che Big Jim!

martedì 10 marzo 2015

Un cumulo di sofferenze


IL TUO NOME SULLA NEVE
di Clelia Marchi

(Gnanca una busia)
 

Misericordia!, questo ho sospirato all'inizio.

Sia perché non è facilissimo leggere un libro così sgrammaticato (i curatori non hanno voluto intervenire sul testo per non alterarne l'autenticità), sia perché, di fatto, è un vero catalogo di disgrazie.

Sta povera donna, la scrittrice, una vecchietta che ha fatto appena la seconda elementare (e se ne scusa), ci racconta di se stessa, della sua vita, che, decisamente, è stata un cumulo di sofferenze.

E' nata nel 1929 in una famiglia povera, circondata da gente ancora più povera, in cui si patiscono freddo e fame, e l'unica prospettiva è spaccarsi la schiena tutto il giorno per poter patire altro freddo e altra fame.

A sedici anni, la signora Marchi si è “sposata” con uno al cui confronto i suoi erano benestanti. A questo punto ha cominciato a scodellare figli, a ripetizione. E se lei comunque era contenta, perché amava i suoi bambini, al contempo i piccoli rappresentavano un problema, una bocca in più da sfamare, tanto che il buon senso (e i familiari acquisiti) consigliavano “l'abbordo”. Naturalmente, col tempo, quattro degli otto figli muoiono. Naturalmente poi il marito, l'unico grande amore dell'autrice, viene investito da un'auto e muore pure lui (e da lì nasce la brama di scrivere, per affrontare il dolore della perdita). Gesù! Da tagliarsi le vene.

Ma allora perché leggere questo libro?
 
 
Personalmente del fatto che sia scritto su un lenzuolo non mi importa un bel nulla. Ma questo non significa che non abbia apprezzato la lettura. E' notevole, infatti. A prescindere dal lenzuolo.

Intanto ha un grande valore come testimonianza di un tempo che non è più, di una realtà che noi a stento riusciamo ad immaginare, di un diverso modo di essere, di vivere, e di pensare. E alla fine, nonostante il mio fastidio iniziale, condivido persino la scelta dei curatori di non alterarne il linguaggio, che comunque non è privo di una sua rozza poeticità, e che, soprattutto, è sincero da far male, accorato, dolcissimo, vibrante, denso di afflati lirici, a suo modo. Bello, persino.

Inoltre l'opera costituisce un valente spunto di riflessione. Per due motivi, essenzialmente: il primo è che ci permette di realizzare davvero che la nostra, chiunque noi siamo, nonostante tutto, è sul serio una vita di svergognato benessere, in cui diamo ogni cosa per scontata e ci rammarichiamo se, che ne so, possiamo andar a mangiar fuori solo una volta a settimana (sapete che facevano i bambini quando le mucche defecavano per strada? Ci andavano a mettere dentro i piedi, per scaldarseli almeno un momento). In secondo luogo, e soprattutto, perché la signora Marchi risponde per noi ad una domanda di quelle cruciali, con la “d” maiuscola: ossia, a che pro vivere se non facciamo che patire e tribolare?

Per l'amore, ecco perché.

Perché l'amore vale tutto.

E la nostra coraggiosa vecchietta è così sincera che non possiamo che crederle.