IL
BAMBINO CHE SOGNAVA LA FINE DEL MONDO
di Antonio Scurati
Il
titolo è bellissimo, ma non allude ad un'opera horror o
fantascientifica: il tema centrale, infatti, riguarda la pedofilia (o
il Male, se vogliamo), ed è di ustionante attualità... Invero,
siamo a metà tra un romanzo, un saggio ed un'inchiesta, con articoli
di giornale che ogni tanto fanno da intermezzo... Eppure le
descrizioni sono altamente evocative, tanto che spesso mi è parso di
intuire echi leopardiani – ad esempio – opportunamente
parafrasati...
Quello
che ci viene presentato, dunque, è uno scorcio possibile, relativo
alle conseguenze e implicazioni di una serie di abusi perpetrati ai
danni di bambini dell'asilo in quel di Bergamo.
Ma
è davvero così o è il clima da caccia alle streghe ad aver
ingenerato il panico? Ad aver creato mostri inesistenti ingigantendo
e snaturando la realtà? E quanto è degradata e sordida quella in
cui viviamo?
Ci
sono parallelismi, rimandi, richiami... E molte sono le accuse che
finiscono nel mirino.
Il
punto è che si tratta di questioni così delicate che non ci
sentiamo di sottovalutarle, perché, davvero, dopo certi avvenimenti
il mondo per un bambino può finire...
Oscilliamo
dunque fra vari convincimenti, subito smentiti e ritrattati, alla
ricerca della verità e attraverso svariate prospettive, che spesso,
però, si contraddicono...
Abbiamo
modo di riflettere e di mettere tutto in discussione (inclusi noi),
vagolando nel dubbio e nell'incertezza...
Certo,
non è un romanzo di intrattenimento, questo, pur ingentilito dallo
stile. E' un romanzo che graffia, opprime e fa pensare, percorso da
psicosi e ansie. E che ha i toni accesi della denuncia sociale, che
analizza, che esamina, che giudica.
Antonio Scurati visto dal nostro vignettista
L'idea
è indubbiamente interessante. L'unico neo (ma forse è voluto) è
che il coinvolgimento emotivo – al di là di quello inevitabilmente
determinato dall'argomento – è assai limitato. Non partecipiamo
delle vicende dei protagonisti, semplicemente li seguiamo come
seguiremmo una cronaca. Che sentiamo come vera, reale, a tratti
confusa (non è un difetto: rispecchia il nostro modo di essere). Ma
troppo distante. Perché segretamente e irrazionalmente siamo sempre
convinti che questi fatti non tocchino noi, ma qualcun altro. Di
lontano, remoto. Di sconosciuto.
Peccato.
Perché
l'opera sarebbe stata probabilmente più efficace (e più facile) se
avesse puntato di più sull'immedesimazione.
Nel
complessso, comunque, l'ho letta volentieri e l'ho trovata
stimolante.
Da
leggere, anche solo per formarsi un'opinione.
Nessun commento:
Posta un commento