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giovedì 31 marzo 2016

La matematica è un'opinione...

A PROPOSITO DI MALASANITA'...


Burocrazia, niente più.
Ma oggi mi va di parlarne, anche perché ha il retrogusto... non della barzelletta, magari, ma del colmo sì, e quasi fa ridere...
Mi limiterò ai fatti, abbastanza kafkiani da esulare dai miei commenti, che in effetti sarebbero superflui.
Orbene, il 4 marzo mi serve l'appuntamento per un'ecografia, urgenza dieci giorni.
Se ne occupa Mater, io lavoro, non ce la faccio. Le danno disponibile il 12 aprile... Non sono dieci giorni, ma prima non c'è posto. Chiedono però il mio numero di cellulare, rassicurando che se nel frattempo si libera un posto telefonano.
Okay, no problem. Era successo così anche l'anno scorso, ed in effetti avevano puntualmente chiamato.
Già che questo è un periodo fortunato, attorno al 10 marzo Mater va a prendere un appuntamento per un'altra ecografia, questa volta per il Ragno. Sempre urgente.
Le dicono: o oggi pomeriggio o il 15 marzo. Eh?
A questo punto Mater chiede per la mia: com'è che se si sono, medio tempore, liberati dei posti non hanno telefonato per me? Risposta: noi non chiamiamo nessuno. Siete voi che dovete attivarvi per vedere se si è liberato qualcosa. Mater insiste: ma a me avete detto che chiamate voi (e ho sentito anche io, che ero al cellulare con lei), per mio figlio avete richiamato, l'anno scorso la trafila è stata questa... Dunque? Le hanno contestato che non è vero, che ha capito male, che è una bugiarda. Le hanno detto: signora, o si sbriga o passiamo alla persona dopo di lei. Allora Mater – che a differenza mia non ama questionare – ha abbozzato, limitandosi a domandare se, in tal caso, c'era un giorno libero per un'ecografia prima del 12 aprile, visto che io avevo comunque l'urgenza dei dieci giorni. Le è stato affibbiato il 31 marzo ad Andora. Mater si è permessa di obiettare che anche così i dieci giorni dal 4 marzo erano belli e passati. Risposta: dal 4 marzo al 31, atteso che si contano solo i giorni lavorativi, i dieci giorni ci sono (sic! Della serie: la matematica è un'opinione... ma manco se togliamo sabati e venerdì, oltre le domeniche, ci siamo!!!).
Mater sotto shock non ha più replicato (come avrei voluto esserci io!).
Ma qualche giorno dopo una signorina dal Centro Medico di Andora ha chiamato me: dobbiamo spostarle l'appuntamento, ha comunicato. Nel fissarglielo hanno fatto confusione, il 31 non si fanno ecografie qui, mai! Grande! Le ho spiegato la mia situazione. La signorina (gentilissima e comprensiva), allora mi anticipa al 25 marzo, dicendo che non capisce nemmeno perché abbiano richiesto un'ecografia con un radiologo generico, quando si può farla con l'oncologo superspecializzato. Cortesemente, provvede lei.
Il 25 vado a fare l'ecografia. Il medico è bravissimo, ma... ciliegina sulla torta: dopo circa mezz'ora mi telefona una donna a proposito dell'ecografia che devo fare... Si sarà accorta che il 31 non è possibile? Non lo so. Io sono così sorpresa che non la lascio parlare e le dico che l'ho appena fatta. A questa non risulta. Quando faccio presente l'assurdità della situazione, lei replica: facciamo quello che possiamo. Io commento: Non mi sembra proprio!, ma abbastanza seccata.
Questa si stizzisce.

Mi rendo conto che alla fine è una stupidata, ma al contempo la trovo parecchio desolante. Per tacere di quanto che ho recentemente appreso, in occasione dell'ecografia, a proposito del sistema sanitario nazionale... E di quello che avrebbe dovuto emergere già dall'eco dell'anno scorso, e che invece è stato inspiegabilmente trascurato (forse perché, appunto, l'ecografia era stata eseguita da un generico radiologo e non da uno specialista). Ma qui mi fermo, perché un post da solo non basta...

mercoledì 30 marzo 2016

Magnetismo disperato e dolente

IERI
di Agota Kristof


La storia è un po' inconsistente, un po' vaga, e, se pure lo intrattiene e fa restare col fiato sospeso, non porta il lettore a sanguinare, come invece la Kristof riesce a fare in altre sue opere, e, in particolare, ne la “Trilogia della città di K.” (con cui “Ieri” spartisce numerose similitudini, anche a livello di trama).
Il racconto stupisce, ipnotizza, se ci si riesce a sintonizzare, ha persino i suoi momenti di lirica, asciutta, bellezza, ma manca il coinvolgimento emotivo. Il brivido c'è, è denso, brulicante, ma resta sulla superficie, ci incuriosisce, ma non avvince. E poi, una volta superata l'ultima pagina, non ci lascia granché, nemmeno una cicatrice.
Tuttavia si legge volentieri: il libro è breve, incisivo, e pare quasi un compendio de “Il grande quaderno” e dei suoi seguiti, sebbene non sia ugualmente potente e vibrante.
Senza dubbio si tratta di ottima prosa, di cui gustiamo ogni frase, ogni suggestione, ma che non ci illumina, se non a sprazzi, né abbruttisce, come una poesia in cui non sia stato rubato del fuoco, ma solo una fiamma di luce.
Eppure, dopo un po', abbiamo bisogno di tornare a qualcosa del genere, ad un'altra doccia fredda, fatta di lucidità e alienazione, ad un'altra opera della Kristof...
Perché, anche quando è in tono minore, ci piace il magnetismo disperato e dolente che promana, l'ineluttabilità che ci induce a respirare e che offre solo soluzioni estreme, che spesso non sono soluzioni ma la morte stessa della speranza.

Il suo incedere è disturbante, malsano, ma ci irretisce... E alla fine, se siamo abbastanza disturbati e malsani anche noi, ne vogliamo ancora. Ancora. Ancora.

martedì 29 marzo 2016

Sulla libertà mentale

LO ZEN E L'ARTE DI SCOPARE
di Jacopo Fo


Neanche a me piace tanto sto “scopare” del titolo: è volgare e riduttivo, mi fa venire voglia di rispondere “no, grazie”.
Ma sarebbe un errore perché l'opera è di tutt'altra pasta, incentrata soprattutto sul sentimento, sulla libertà mentale e sul legame spirituale, laddove il titolo, plausibilmente, vuole solo essere provocatorio e magari aiutarci a compiere il primo passo per superare eventuali tabù e paranoie...
Il primo segreto del buon sesso, infatti, è la serenità e Jacopo Fo, un tipo simpatico con la mentalità aperta, in tutti i sensi (che per molti versi non esiterei a definire con un animo meravigliosamente femminile), figlio del '68 (e già autore, con Sergio Parini, di “'68, c'era una volta la rivoluzione”, che mi aveva entusiasmata già ai tempi dell'Università), ce lo mostra e dimostra, facendoci riflettere, stuzzicandoci e condividendo con noi il suo percorso di crescita, senza filtri, ma pure senza scurrilità gratuite. In effetti, il ragazzo è grandioso: ha uno stile spigliato e divertente, molta umanità... e denota intelligenza, cultura ed esperienza, nel bene e nel male, se pur, quest'ultima, non sempre diretta!
Eppure il volume non è neanche un manuale zen, fatto di belle frasi e aria fritta: insomma, al sodo si va subito e senza tanti giri di parole! Ci sono questioni anatomiche, storiche, socioculturali, antropologiche, filosofiche e autobiografiche, prospettive affascinanti descritte con onesta semplicità, e, sì, tantissime amenità pratiche, che poi sono il nucleo pulsante del libro. L'applicazione, in effetti, è la parte più appassionante!
Vista la mia veneranda età, non credevo di poter scoprire qualcosa di nuovo e invece qualche chicca c'è (chi lo sapeva della ginnastica, ad esempio?), mentre altre verità – magari già evidenziatesi nel nostro percorso personale, ma in modo non del tutto consapevole – vengono esplicitate e analizzate nel dettaglio, regalandoci nuove agnizioni.
Ogni punto è esauriente e ben approfondito, anche sotto il profilo tecnico, affrontato con naturalezza, ironia, e un profluvio di dati e informazioni, per giunta illustrate, ma al contempo semplice e piacevole da scoprire!

Libro spettacolare, empatico, che, periodicamente, si vorrà tornare a rileggere, un po' per immergersi nel contesto, per la poesia e per la simpatia, in quanto, davvero, sembra un bel dialogo con un amico... un po', semplicemente, perché... non si sa mai, potrebbe tornare di nuovo utile!

lunedì 28 marzo 2016

Comincia a diventare interessante ;)

IL TERZO COMPLEANNO DEL BLOG


...che era il 26 marzo, non oggi, per cui adesso mi tocca condividere la ricorrenza con la Pasquetta... e quindi Auguri pasquettosi a tutti!
Mu, e siamo a tre anni, dunque, l'età in cui un bambino comincia a diventare interessante ;) ...Come procederemo noi? Speriamo per il meglio, anche perché ogni volta che riguardo un post vecchio mi rendo conto che, ahimè, è infarcito di errori (ma spesso pure di passione)!!!
Comunque...
Prima di snocciolare i soliti datucci, ringrazio tutti, lettori e collaboratori, a partire dal MPM (che si occupa del lato tecnico, che fa da critico, da censore e che trova i titulini dei vari post) a finire con gli anonimi, che però sono importanti. Tra questi il mio prode vignettista, autore anche della copertina de “Il Sogno di Ecate”, e i vari sostenitori votanti, oltre che, naturalmente, agli arditi (e pochi) commentatori.
Et voilà, come si diceva, i soliti datucci (buttati lì a casaccio e secondo ispirazione):

Regolarità post: teniamo duro! Niente di particolare da segnalare, ma siamo costanti: restiamo su 5 post a settimana più il dimezzamento di un mesetto estivo (quando scrivo il romanzillo annuale). Sembra poco, ma, gente, è quasi un lavoro, che di norma si condensa o al sabato mattina o la domenica pomeriggio... Quando magari vorrei uscire, o leggere, recidendo i contatti con il mondo, o correggere ”Dietro la Porta Turchese” (il romanzillo in uscita a giugno), o semplicemente morire nel mio letto, come stamattina (sì, è vero, oggi non sono in vena. Sorry!)...
Visualizzazioni: 151.401 mentre scrivo (26, mattina), indi siamo in crescita, anche facendo una proporzione con l'anno scorso. (E ciò, credo, soprattutto grazie a Twitter) W!!!

Tags: sempre di più... Siamo al delirio, in effetti. Mi piacerebbe organizzarli in modo sistematico, quanto meno dividendo tra “Proposte letterarie”, “Film”, e “Sproloqui”... Ma per questo bisogna pregare che il MPM abbia tempo e voglia (preghiamo!)...

Faccenda Net-Parade: 196 livello (che non è niente male, tanto che implica anche la 23ma posizione tra i “migliori di sempre”); tutti i premi conseguiti (perciò siamo a 11, contro gli 8 dello scorso anno) tranne uno (“Primo tra 100 siti”. Per ora sono arrivata al massimo al secondo posto, ma questo mese in particolare, un giorno sì e l'altro pure, mi è stato riferito che per molte ore non si riescono a dare votarelli – non su tutti i blog... solo su alcuni, chissà perché... – ed infatti sono più indietro del consueto)

Record: il 2 giugno 2015, per la prima volta (ma non ultima), sono arrivata prima nella categoria cultura; il 2 settembre 2015, per la prima volta (ma non ultima), seconda nella classifica generale...
Yeeee!!!!!!!!
Non che queste robe cambino la vita, o la fortuna del blog, ma fanno ugualmente piacere!



Baci e grazie a tutti!!!

venerdì 25 marzo 2016

Un film in cui si crepa

KINGSMAN – THE SECRET SERVICE
di Matthew Vaughn
(2014)


Si capisce dalla prima scena: questo non è uno di quei film in cui l’improbabile cattivo geniale e megalomane (che sì, comunque, sempre un genio megalomane e improbabile è) architetta un metodo assurdo per uccidere l’eroe, che quindi immancabilmente poi si salva… No, questo è un film in cui si crepa. Magari con una battuta ironica, ma in via definitiva e in qualunque momento. Anche se si è l’eroe… l’unica salvezza è non averne soltanto uno di riferimento!
Si ammicca, sì, a James Bond (soprattutto a quello alla Sean Connery), ma poi lo si disattende, un po’ per ameno spirito di contraddizione, un po’ per sadismo… Insomma, “Kingsman” sembra scritto da George R. R. Martin: può schiattare chiunque e nel modo più banale (o magari diviso in due)… Oppure no!
Il film, però, è una vera chicca: carino da matti! Una spy-story esagerata, a base di umorismo, battute salaci, gentiluomini forbiti, combattimenti formidabili e creativi, emozione, avventura, intrighi e colpi di scena, ma anche qualche noticina drammatica, tanto ritmo e un po’ di splatter nei momenti topici!
Ad innalzarlo ulteriormente un cast d’eccezione (tra cui spiccano, ad esempio, Samuel L. Jackson, Michael Caine, e un meraviglioso Colin Firth…) e una trama che, pur trovando echi un po’ ovunque, e sfociando leggermente nel grottesco, è avvincente e spassosa e, volendo, solleva persino un problema etico...
Naturalmente anche i personaggi, ottimamente delineati e simpatici (tutti, dalla spalla del cattivo alla povera principessa svedese, passando per quell’amorosissimo carlino), aiutano a sostenerla, e ci sono almeno tre sequenze (quella con Jack Davenport, e le due con Colin Firth, la prima nel pub e la seconda in chiesa) che sono di una godibilità assoluta!
In ultimo, una curiosità: provate a riconoscere Mark Hamill!

Tratto da un fumetto di Mark Millar, non mi resta che pregare il mio fumettivendolo di farmelo avere…

giovedì 24 marzo 2016

Una scorrevolezza fuori dall'ordinario

LARGO! LARGO!
di Harry Harrison


Romanzo stupendo, classico senza tempo, scritto con una scorrevolezza fuori dall'ordinario in cui ogni parola è soppesata con cura, eppure è semplice e “sa di pane”... e che, tuttavia, mi ha lasciata perplessa... Sì, perché le differenze rispetto a “2022: i sopravvissuti”, il film di Richard Fleisher del 1973, con Charlton Heston, se ne discosta in modo marchiano! E non solo per questioni marginali (il suicidio assistito, ad esempio), ma anche per il finale (!!!) e, soprattutto, per la faccenda del Soylent Verde (che in gioventù, quando avevo visto la pellicola la prima volta, mi aveva scioccata e deliziata)!!! Non che nel libro le persone non ne mangino... ma non viene rivelato nulla in proposito alle sue origini! Che diamine!
E quindi?
E quindi, anche se lì per lì ci sono rimasta un po' malicchio, fare il confronto con il romanzo è stato incredibilmente interessante... Il film è più crudo, disumanizzante e spietato, e, se pure, benché in modo diverso, nessuno dei due lasci speranza al fruitore, la realtà del film è decisamente più inesorabile e drammatica. Persino i personaggi appaiono più spietati in “2022” (in originale “Soylent Green”), più cinici, più disillusi...
L'elemento più affascinante, per quanto mi riguarda, è comunque il futuro distopico immaginato dall'autore (che, nelle sue linee guida, nel film è lo stesso, ma ulteriormente esasperato): siamo nel 1999, la sovrappopolazione sta mettendo il mondo in ginocchio. Le risorse alimentari, in particolare, sono quasi finite e, per nutrirsi, ci si deve accontentare di biscotti di alghe o di plancton rielaborato, che ad ogni modo bastano a mala pena... Se proprio si è fortunati si può trovare un topo, se invece si è ricchi e privilegiati, è possibile acquistare succulento cosciotto di cane...
E poi c'è il caldo... L'inverno non sta arrivando, la temperatura è alta e l'acqua poca, soggetta a razionamenti... Ed è solo all'inizio: più ci addentriamo nella vita quotidiana, più il quadro si fa desolante, sottolineando ingiustizie, storture e abiezioni (ad esempio, riguardo alla crisi degli alloggi). Questo il contorno. La storia, invece, ruota attorno ad un omicidio (e anche qui le differenze rispetto al film sono molteplici, sia per quanto riguarda la vittima che le implicazioni della sua morte), di cui non ci importa tanto trovare il colpevole (sappiamo già chi è), quanto seguire le conseguenze che innesca, persino a livello “sentimentale”...
Capolavoro! Ma da “integrare” successivamente con il film!!!
P.S.

Ancora un grazie a Mario che mi ha permesso di leggerlo!

mercoledì 23 marzo 2016

Un artificio stridente

TU, MIO
di Erri De Luca


Non mi ha convinta.
E’ il quarto libro che leggo di De Luca: gli altri, per motivi diversi, mi erano parsi apprezzabili; questo, seppur sempre ben scritto, invece, mi ha lasciata un po’ tiepida.
Intanto, mi sembra una variazione su temi già sfruttati dallo stesso De Luca, narrata con i medesimi accenti e le medesime suggestioni… D’accordo, sempre un momento della gioventù cristallizza (come “I pesci non chiudono gli occhi”, solo spostato più in là di qualche anno), tuttavia, davvero, mi sa più di ripetizione che di altro… A prescindere da ciò, ho trovato proprio forzata la storia: questo presunto amore/non amore in cui il ragazzino protagonista/io narrante scambia il suo ruolo con il padre defunto della fanciulla che gli piace – Caia/Haiele, ragazza più grande di lui ed ebrea in incognito – il tutto pochi anni dopo la conclusione della Seconda Guerra Mondiale… Mi spiace, sarò io poco sensibile, ma mi sembra un artificio stridente, forzato, persino fastidioso. Lo stesso tema dell’Olocausto mi è parso affrontato in modo banale e troppo superficiale.
Se mi ero lasciata rapire e incantare da “I pesci non chiudono gli occhi” (decisamente simile come impostazione e trama, a parte la parentesi ebraica, con tanto di amore precoce con una “più avanti”), qui ho fatto fatica a leggere, a continuare… Non ho difficoltà con i racconti (siamo nell’ordine delle 114 pagine scritte larghe, parlare di romanzo mi sembra fuori luogo) statici e basati solo su pensieri, riflessioni, analisi e sensazioni, ma, proprio per questo, qualcosa devo provarlo a livello emozionale. La mia empatia, però, era ridotta a zero, probabilmente viziata dal fatto che trovassi poco plausibili i presupposti.
Belle, sì, le descrizioni relative alla pesca e al mare, ma da sole non bastano, e non basta nemmeno una prosa ricercata, punteggiata di frasi profonde (con tutto che sto “zio” senza l’articolo un po’ mi ha disturbata).
L’opera nel complesso è inconsistente, debole.
E non mi ha coinvolta abbastanza.
Poetica, complessivamente gradevole, ma priva di sostanza.
Ora dovrei cominciare “Non ora, non qui” dello stesso autore (lo avevo già comprato), ma non ne ho nessuna voglia.

Sorry.

martedì 22 marzo 2016

Una buona dose di sadismo

SUPER CONDUCTIVE BRAINS PARATAXIS
di Shintaro Kago


Decisamente più digeribile di “Fraction” (che mi ha ammaliata, ma che ancora visita i miei incubi, facendomi pure sentire una pervertita) e più incentrato sulla fantascienza che sull’Ero guro (un genere peculiare, su cui vale la pena documentarsi, e sui cui, al contempo, potrebbe essere opportuno soprassedere), ci regala un’antologia di storie micidiali ambientate nello stesso universo narrativo dagli inquietanti risvolti, peraltro densi di fascino…
Siamo in un futuro distopico, la popolazione umana scampata all’ennesima catastrofe ha imparato a sfruttare per le sue esigenze di vita una serie di giganti che si diverte a scomporre e assemblare secondo necessità. E forse basterebbe questa disumanizzante abitudine, fatta di membra fusa con il metallo o accatastate a casaccio, a colpirci – per giunta esaltata dalla precisione e dalla raffinatezza del disegno – ma ci sono altri elementi gustosamente alienanti e verso la metà arriva un colpo di scena (che stavamo già cominciando ad intuire) che ci infliggerà la mazzata finale!
In realtà, non tutti i racconti mi sono piaciuti allo stesso modo, tuttavia ce ne sono alcuni che rasentano davvero la genialità, e che non si limitano a stupirci, offrendoci qualcosa in più sotto il profilo delle implicazioni e delle riflessioni, tanto che, com’è proprio della migliore fantascienza, ci danno un’intensa scossa emotiva, solleticando le nostre paure più recondite...
Il tutto, condito con una buona dose di sadismo e godimento: contenuto per gli standard di Kago (come già rilevato, “Fraction” è ben più atroce), ma comunque non comune se consideriamo i parametri dei manga in generale.
Il contesto vira tra il grottesco e il surreale, distorcendo pensieri e prospettive, ma incuriosisce, stimola e risulta fluido, invogliando la lettura e brillando sovente per originalità e atmosfera malata.

Suggerisco di dare una sbirciata alle tavole: se se ne regge la vista è probabile che intervenga un colpo di fulmine (questa è stata la mia esperienza, tanto che, prima che la Star Comics editasse questo gioiello, avevo pregato il mio fumettivendolo di procacciarmi l’edizione in giapponese o in inglese), se no… Lasciate perdere: tanto non ce la potete fare!

lunedì 21 marzo 2016

Un'insospettata contaminazione fantascientifica

FARGO 2


Formidabile! Meglio della prima stagione!
I personaggi, in linea di massima, sono meno incisivi (i cattivi, più che altro: quanto si sente la mancanza di Lorne Malvo!), ma sono destinati a crescere (Hanzee, più di tutti, e Milligan, di cui adoro le citazioni), ma la trama spacca, e più si va avanti più diviene frenetica!
L'inizio, infatti, è quello tipico di Fargo: violenza (viene la tentazione di fare la cuenta dei morti), ma pure atmosfera, un ritmo misurato, con dialoghi elaborati, sospiri, sguardi, paesaggi innevati... Poi, verso il sesto episodio, si parte in quarta, senza potersi più fermare!
Anche la regia (Noah Hawley), seppur riconoscibilissima, è più ricercata, con questo uso frequente della doppia, se non tripla, ripartizione dello schermo, amabilmente vintage, e con un'attenzione feroce per la fotografia...
E in più... incappiamo in un'insospettata contaminazione fantascientifica: arrivano gli ufo! All'inizio possiamo illuderci siano un'allucinazione, ma no... sono reali! E non troppo invadenti, nemmeno quando (un'unica volta) fanno da deus ex machina (a MPM la parentesi non è piaciuta, io l'ho trovata innocua e simpaticamente caratteristica, oltre che in armonia con lo spirito dell'epoca: 1979).
Tornando, invece, alla trama: è ricca di sviluppi imprevisti, di nodi gordiani che è un piacere veder sciogliere (o tagliare in due), di situazioni assurde, ma plausibili, dati contesto e protagonisti, e di bellissimi cambi di direzione. Ed è anche narrata bene, costruita con eccellenza: in modo lineare e complesso contemporaneamente, con porte che si aprono insieme, e che si chiudono all'improvviso, sbattendo, mentre si spalancano le finestre!
E poi è bello assistere all'evoluzione dei personaggi: il macellaio e sua moglie non mi piacevano per nulla nelle prime puntate, poi... wow! Che sorpresa! E, ciliegina sulla torta, il collegamento con la prima stagione! Che però non guasta a chi non l'avesse vista, solo induce, magari, a recuperarla... Ed anzi, se vogliamo, Fargo 2 è antecedente, in quanto ad ambientazione: in anticipo di circa una trentina d'anni...
Una Serie spettacolare, sulla banalità del male, i capricci del caso, e l'inutilità dell'esistenza... Che però non deprime, ma diverte, e che offre sempre uno spiraglio di luce (si veda la famiglia Solverson) o di salvezza (si vedano i discorsi di Betsy e la sua reazione ai riferimenti a Camus) o di umanità, appunto (stile inferno dantesco, con il riscatto dei personaggi – peccatori – sul piano intimo), che caratterizza tutti, buoni e cattivi, sia pure con sfumature, fragilità e ripercussioni diverse!

E poi c'è la fine... squisitamente ironica!

venerdì 18 marzo 2016

Il lieto fine è negato

IL LIBRAIO DI KABUL
di Asne Seierstad


Un po' romanzo, un po' reportage, questa storia (vera, con i nomi cambiati) ruota attorno alla famiglia del libraio Sultan Khan, comprensiva di due mogli, prole e parenti vari, di cui penetriamo la quotidianità, ante – durante – post Talebani.
Ovviamente la prima emozione che suscita è rabbia.
Per la condizione della donna, soprattutto, ma anche per l'arretratezza culturale, per il fanatismo, per l'ingiustizia...
Per questo imbecille di libraio, egoista e retrogrado, che opprime l'intera famiglia (essendone il capo), benché ogni membro in modi diversi e sempre in accordo con le “regole dell'Islam”... E non ci importa del suo amore per la carta stampata, non ci basta a perdonarlo: tra l'altro lui ama solo l'oggetto, strumento per arricchirsi, non la cultura o l'emozione di cui il libro è veicolo!
Il romanzo, tuttavia, è molto bello.
Vanta una prosa piana e lineare, pregna d'atmosfera e solidarietà, che non punta il dito, ma lancia frecciatine, sia pur con garbata educazione, e coinvolge da subito, sprofondandoci in un'atmosfera che riesce a non essere dolente, ma intessuta di affascinato stupore quanto di velato rimprovero, tesa a raccontare, a descrivere, ma anche a partecipare, sia pur silenziosamente, di quel che accade.
E di cose ne accadono un mucchio, scorrendo attraverso ogni giorno, frammiste a contestualizzazioni che ci consentono di coglierle in ogni sfumatura, permettendoci di concentrarci (e di conoscere) di volta in volta un personaggio diverso, di cui assumiamo la prospettiva... Personaggio che non può che interagire con gli altri, ma offrendoci spicchi di realtà peculiari e personali. E partendo dall'individuo, finiamo col caratterizzare il popolo, il costume, il modus vivendi di un mondo e di un'epoca.
Di norma il lieto fine è negato, al più possiamo sopportare e accettare il nostro destino...
Eppure, parrà strano, ma spesso la lettura è piena di bellezza, di forza e dignità, che comunque riesce ad intrattenere, se si decide di ignorarne le implicazioni... Che serve per vedere, per capire, ma talvolta, anche solo per ascoltare e cedere languidamente ai meandri della narrazione, al piacere del racconto.

Il paragone più ovvio è con “Mille splendidi soli” di Khaled Hosseini: ma a mio avviso “Il libraio di Kabul” vince. Più autentico, più sentito, e senza quella odiosa patinatura da Best Seller.

giovedì 17 marzo 2016

Una figatina per nerd

LEGO STAR WARS IN 100 SCENE


Sì, è una figatina per nerd... O, come dice il “sottotitolo”: “Sei film... tantissimi mattoncini Lego”!
L'edizione è davvero carina: cartonata, a colori, foto a tutta pagina e tanta ironia! Il prezzo più che accessibile (€ 14,90) e si passano in rassegna i momenti salienti dei 6 film in circa 215 pagine... (Manca, quindi, lo scempio che è stato l'episodio VII, ma questo, ovviamente, è un pregio in più!)
Inoltre, stiano tranquilli i picculi: le scene più drammatiche sono stemperate da una battuta o addirittura ridotte ad un'allusione (per fortuna, non avrei sopportato di rivivere il genocidio dei padawan)... Ad esempio, nella battaglia nell'arena (Episodio II), Jango Fett viene decollato, ma qui, con Jango e Mace Windu schierati uno contro l'altro, assistiamo semplicemente a questo spettacolare dialogo:

Jango, rivolto al figlioletto/clone: «Ascolta, Boba. Regola numero uno in battaglia: non perdere la testa.»
Mace Windu: «Buon consiglio, Jango. Mi hai dato un'idea...»


In poche parole si rivivono i film in chiave Lego, si sorride e si apprezzano gli ammiccamenti (senza dubbio, però, se non si conosce la Saga non si riesce a cogliere tutto)!
L'elemento più caratteristico, peraltro, sono proprio le riproduzioni Lego, in linea di massima piuttosto accurate, nei limiti consentiti dai mattoncini, che hanno però l'accortezza di sottolineare alcune trascurabili mancanze dovute, ad esempio, alla circostanza che non esiste una versione di Leila con i vestitini adatti al set ics. Anche i cultori Lego, poi, saranno soddisfatti, perché si rilevano altresì le curiosità più specificamente attinenti ad essi (molte godibili pure per i profani).
Ma soprattutto, come accade nei deliziosissimi film “Lego Star Wars”, non ci si limita a replicare l'originale, ma si conferisce un simpatico e personale “tocco Lego” ad ogni ricostruzione!

Come si diceva all'inizio, dunque, una figatina per nerd (di ogni età)!

mercoledì 16 marzo 2016

Coniugazione perfetta di elementi perfetti

ASTERIX E IL REGNO DEGLI DEI
di Alexandre Astier e Louis Clichy
(2014)


E chi se l'aspettava così bello questo lungometraggio animato?
Dal punto di vista tecnico è ineccepibile (Altroché! Wow!!!), ma anche il resto funziona: dalla trama ai momenti comici (ho riso come una matta); dalla simpatia dei personaggi (inclusi i Romani, gli antieroi, con i loro genuini difetti) ai loro siparietti (ma non mancano neppure quelli dei Galli); alle velate denunce sociali (da quella ecologica – con gli svenimenti di Idefix – in avanti); dalle scene d'azione (l'inseguimento con quel povero, adorabile cinghiale è da manuale) alla colonna sonora (ad un certo punto partono i “Ricchi e Poveri” con “Sarà perché ti amo!” A dirlo così può sembrare che la faccenda stoni, invece è stato emozionantissimo e una scelta superazzeccata!).
Dunque, tutto si amalgama in modo fantastico (e Cesare riesce ad essere Augusto e strafico in ogni situazione, per quanto sembri avere una scopa piantata nel... ehm... colpo di tosse), riuscendo a rispettare lo spirito del fumetto ed al contempo a rinnovarlo e ad aggiornarlo, con qualche tocco odierno, oltre che con la magia della Computer Grafica!
Fioccano le strizzatine d'occhio, ma anche la storia contenitore ha il suo perché, per tacere delle scene di lotta – di massa – goduriose, spassose e dettagliate ad un tempo, e della coralità propria di Asterix (a prescindere da chi siano i protagonisti, tutti trovano il loro giusto spazio)!
Obelix, poi, supera se stesso in simpatia, e il bel rapporto che si crea con la famiglia romana del piccolo fan di Ercole ci salva anche dalle facili generalizzazioni (non tutti i romani sono orribili, anzi, i “civili” e i Galli sono più simili di quanto si possa pensare! Così come gli schiavi sono meno vittime di quanto si vorrebbe...)
Infine, abbiamo qualche momento tenero ed altri apprezzabili di pathos, riscatto e agnizione...

In conclusione, una coniugazione perfetta di elementi perfetti, adatta a tutta la famiglia e a una molteplicità di ripetute visioni!

martedì 15 marzo 2016

Un dannato genio

LA LUNA E SEI SOLDI
di William Somerset Maugham


Devo dipingere.
Così Strickland giustifica qualunque cosa. A partire dall'abbandono, tra il lusco e il brusco, di moglie e figli che dipendono lui, del lavoro, della propria casa, nome e rispettabilità. Si vocifera sia per una donna, per un'amante... Ma no. Strickland fugge a Parigi esclusivamente per dipingere, vivendo ai limiti della povertà senza curarsi pressoché di nient'altro, né della contingenza, né dell'essere. La pittura, solo questo conta.
Come si può non ammirare e invidiare uno così? Uno tormentato a tal punto dal suo demone esigente e imperativo da diventare così libero e assoluto, fino all'amoralità più totale?
Io lo amo.
E lo odio anche. Perché Strickland è insopportabile, ingrato, irresponsabile e ai limiti della sociopatia. Ma un genio, pure. Un dannato genio.
E il bello è che, con un carattere così, lo adorerei anche se non lo fosse, perché, in fondo, mi basta la cieca dedizione. (Sebbene, ne sia conscia, probabilmente il vero segreto per amare costui è non conoscerlo di persona).
La cosa pazzesca è che Strickland (ma non me ne sono accorta subito, a dispetto della copertina che mi ci sbatte un suo autoritratto) è sostanzialmente Paul Gauguin in versione romanzata. Con un po' di differenze, magari (c'è Tahiti, ma non Van Gogh, ad esempio...), ma sostanzialmente irrilevanti.
Il romanzo è meraviglioso.
Per il protagonista, fatto di contraddizioni e graffi, per “l'apertura” che introduce la narrazione alla lontana, stuzzicando la nostra curiosità, e per la prosa squisita dell'autore, elegante, precisa, ma sorniona («Se fosse morto?»/ «Non è il tipo» risposi) e potente, specie per quanto concerne le descrizioni psicologiche prima di Strickland e poi di Stroeve, il buffo e buon omettino, pittore fallito (perfetto contraltare del protagonista), che per primo ne intuisce l'anomalo talento: straordinaria davvero la capacità di Somerset Maugham di penetrarne ogni accento. E poi, sì, per le dissertazioni sull'arte, per le descrizioni dei dipinti, per l'estetica, per la passione che ci viene mostrata...
E pure la storia mi piace. Tutta. Poco importa che sia semi-biografica: è scritta come un romanzo e piena di sorprese. Che non servono nemmeno, in realtà, perché basta lui, Strickland, per motivarci, almeno se visto attraverso l'occhio critico e sensibile (e sardonico) del narratore, diviso tra elogio e disprezzo, un giovane scrittore (lui? Somerset Maugham?) incaricato, in principio, di convincere l'uomo in fuga a tornare da sua moglie...

Da farti vibrare l'anima.

lunedì 14 marzo 2016

Sia lode a Mario!!!

RINGRAZIAMENTI


Ci sono delle volte in cui mi commuovo... Questa è una di quelle volte.
La settimana scorsa, mercoledì 9/3/16, ho pubblicato un post in cui mi crogiolavo nell'autocommiserazione per non poter leggere alcuni libri di mio interesse, tra cui “Largo! Largo!” di Harry Harrison...
Ebbene, la sera dopo questo generoso giovine, Mario P., è stato così gentile da presentarsi spontaneamente dal Mio Perfido Marito (di cui è amico da illo tempore) per prestarmi, suo tramite, proprio “Largo! Largo”, precisando che avrei potuto tenerlo quanto avrei voluto (oggi è sabato, devo ancora cominciarlo, ma se va tutto bene per lunedì l'avrò finito), a patto di non farlo rosicchiare da Paco, il nostro coniglietto (mai, con volumi non miei, ci mancherebbe!).
Insomma, chi è il mio eroe del mese??? Mario P.!!!
Grazie infinite! Nell'Ottamondo gli indigeni sussurrano il tuo nome con devozione, il vento canta canzoni per te! Grazie, grazie, grazie!
Certo, esaminando il volume mi sono un po' rosa il fegato: trattasi di una pubblicazione Urania del 2007 che costava... € 4.90!!! Kekkaiser!!!
Ho pensato di offrirne a Mario 25,00 per aggiudicarmi la sua copia, ma MPM mi ha diffidato: Mario non ha alcuna intenzione di venderla, fa parte della sua collezione Urania, ma è così buono che potrebbe accettare solo per non dovermi deludere. E che ringraziamento sarebbe??? Ho dunque desistito... Però una copia la otterrò lo stesso! Mon amour, infatti, ha trovato una vecchia edizione usata della Editrice Nord in vendita su E-bay e mi ha comprato quella. Evviva!!!
Certo, l'idea di un libro usato da soggetto sconosciuto mi ripugna un po', ma tanto leggo quello di Mario e metto il mio in quarantena...
Insomma, proprio contenta!
Sia lode a Mario!!!

Sia eretta una statua in suo onore nell'Ottamondo!

venerdì 11 marzo 2016

Un romanzo Piper-centrico

ORANGE IS THE NEW BLACK
di Piper Kerman


Ovvero “Da Manhattan al carcere: il mio anno dietro le sbarre”. Ovvero il romanzo autobiografico che ha ispirato l'omonima (e bellissima, e già recensita) Serie Tv.
In realtà, rispetto a quest'ultima, ci sono tante simiglianze quante differenze, ed in effetti, per quanto la situazione di base sia la stessa, lo sviluppo è diverso, anche nelle sue linee guida, tanto che forse sarebbe più corretto parlare solo di corrispondenze.
Intanto, il romanzo è Piper-centrico. Se nella Serie Tv l'odiosa protagonista diventa presto una fra molte (decisamente più interessanti di lei) che le rubano la scena, il romanzo, invece, segue pedissequamente il punto di vista di Piper – che ne è altresì la narratrice – .
Peraltro, Piper Kerman è decisamente meglio dell'insopportabile, meschina, egoista, egocentrica, viziata e sgualdrinesca (e ci sto andando piano) Piper Chapman della Serie Tv. Idealmente è la stessa, certo, una biondina colta e benestante che deve scontare un crimine commesso dieci anni prima, quando sostanzialmente era giovane e immatura e, se vogliamo, un altro tipo di donna... ma nel libro non emergono i suoi lati sgradevoli, anzi, ci sembra una ragazza gentile, riflessiva, generosa e di buon senso. La classica amica su cui sappiamo di poter sempre contare.
Inoltre, l'ambiente è meno duro nell'opera letteraria, più a misura d'uomo (e di donna). Le magagne del sistema carcerario e le criticità riguardo alla personalità di alcune detenute vengono fuori lo stesso, ma in modo più soft, meno esasperato. Addirittura Piper viene accolta con calore e simpatia al suo ingresso in prigione, e non solo con l'offerta di uno spazzolino da denti, e i rapporti fra le detenute, in generale, sono maggiormente improntati alla solidarietà e alla complicità femminile, più che alla competizione e alla sopravvivenza, e possono dar luogo a legami profondi.
In quanto alle storture vere e proprie, più che assistere, sentiamo raccontare, nel senso che tanti non sono eventi che l'autrice ha vissuto sulla sua pelle, ma che ha le sono stati riportati dalle compagne. Piuttosto incappiamo spesso nelle sue riflessioni, semplici, concise, ma analitiche e perspicaci, in cui, ad esempio, ci viene fatto notare quanti pochi siano i diritti delle detenute, e perennemente a rischio, così che alcune sono portate a rivendicarli ad ogni piè sospinto. Oppure che per una donna che è rimasta dentro tanti anni non è facile poi reinserirsi nella società perché il sistema non la dota degli strumenti per farcela, per cui, inevitabilmente, la poveretta sarà costretta a ricominciare a delinquere... tornando dietro le sbarre.
La trama stessa è meno variopinta, meno avventurosa. Scorre in maniera più tranquilla, fluida, e sovente ci sono differenze sostanziali (ed esempio – INIZIO SPOILERAlex si chiama Nora e non sconta la pena con Piper. La incontriamo solo verso la fine, in occasione del processo in cui le due sono chiamate ad integrare le loro testimonianze, e non c'è alcun tira e molla sentimentale tra loro. Il rapporto di Piper con il fidanzato, Larry, è tenero, maturo ed equilibrato, senza problemi, e lui non è un odioso approfittatore vittimista, ma un ragazzo dolce e premuroso. Anche le rispettive famiglie e gli amici sono incantevoli, laddove nella Serie Tv il padre di Larry è ostile alla protagonista, e i genitori di lei sono anafettivi e inqualificabili... FINE SPOILER).
In linea di massima, fra i personaggi del libro e della Serie Tv c'è un abisso: alcuni importanti nel telefilm (quasi tutte le nere, ad esempio) nel romanzo mancano, altri sono poco più che un nome, e in generale tutti hanno un ruolo più marginale, magari giusto un “esiste e c'è”. La stessa Red, ad esempio, si chiama Pop ed è poco più che una figura sullo sfondo. Anche per quanto concerne il personale carcerario, l'unico che riconosciamo senza dubbi è Pornobaffo, che tuttavia ha un nome di battesimo diverso ed è praticamente una comparsa.
Inoltre mancano i dialoghi ironici, incalzanti, scomodi e senza peli sulla lingua che sono una delle caratteristiche più belle della Serie Tv, insieme ai personaggi.
Il libro, dunque, è un altro mondo.
Ma un mondo da scoprire.
Se vogliamo a completamento e “dietro le quinte” della Serie, ma altrettanto come opera indipendente, per il suo valore intrinseco, diverso – e più umano che narrativo -, ma prezioso e stimolante.

Ad ogni modo è una lettura piacevole, intelligente ed intensa, specie dopo la parte introduttiva, fruibile su piani diversi, ma comunque da consigliare, e magari, rispetto alla Serie Tv, adatto ad un pubblico più vasto ed eterogeneo.

giovedì 10 marzo 2016

Ci si perde nella stitichezza

LE LUCI NELLE CASE DEGLI ALTRI
di Chiara Gamberale


Il primo romanzo che leggo di quest'autrice, plausibilmente l'ultimo.
Non mi piace come scrive.
La trovo artificiosa, un po' pedante, priva di bellezza. Scorrevole, sì. Funzionale. Ma nient'altro. A tratti persino stridente, quasi falsa.
Peccato, perché la trama del libro non è brutta, le idee ci sono. Nulla di eccezionale, d'accordo, né di originalissimo – se non per l'ambientazione condominiale – ma godibile sì, promettente, e capace di tener desta la curiosità. Sono persino disposta ad accettare che la protagonista si chiami Mandorla, benché sia un nome un po' del bel.n. Ma va be', de gustibus... Lo stile, però, è importante, non si può far finta di niente (con tutto che ci sono scrittrici più famose, decisamente peggiori).
Anche i personaggi, tra l'altro, sono abbastanza sciapi.
Hanno le potenzialità per essere interessanti, e io adoro le opere corali, ma qui ci si perde nella stitichezza. Sembrano nomi senza volti attaccati. E c'è troppo zucchero... i sentimenti vanno bene, per carità, e la situazione di base molto carina (Mandorla resta orfana, si ignora chi sia il padre, ma è uno del condominio in cui vive e di cui la madre defunta era amministratrice. Si preferisce non indagare: la ragazzina verrà cresciuta insieme, con il contributo di ciascun condomino, in una sorta di grande famiglia allargata in cui non sono necessari i legami di parentela), ma non viene sviluppata a dovere... Non coinvolge, rimane in superficie.
Le emozioni che ne scaturiscono sono convenzionali e fondate esclusivamente sulla sensibilità di chi legge, visto che la scrittrice ci dà poco e niente...
Non un obbrobrio, comunque.

Troppo semplice per poter risultare pesante (al massimo lievemente noiosillo, ma si va avanti), di sicuro, però, un'occasione mancata...

mercoledì 9 marzo 2016

Irreperibili da provocare malessere...

LIBRI PERDUTI CHE VORREI LEGGERE…


Ma, ahimè, non posso, in quanto fuori catalogo, irreperibili, o disponibili solo in eBook, laddove io bramo il cartaceo, ripudio l’usato, e via dicendo (anche se ogni tanto spunta qualche occasione e la mia lista si riduce, oppure, vinta, cedo ai compromessi)…
Quindi, mentre rosico, allevio il mio malessere rendendolo pubblico (faccio presente che inseguo alcune di queste opere dai tempi del Liceo), un po’ per masochismo, un po’ perché… non si sa mai che qualche Casa Editrice si impietosisca e decida si sfornare delle ristampe (oppure salti fuori che cerco il titolo sbagliato)!
Orbene, terrei tantissimo a leggere:
  • “La gatta sul tetto che scotta”, dramma di Tennessee Williams. Non ho nemmeno visto il film (non per intero), ma ho adorato “Un tram che si chiama Desiderio” e ne ho così tanto sentito parlare che è vergognoso non aver avuto l’esperienza diretta…
  • “Poesie” di Emerson. Tutti i librai mi dicono che non esistono. Ma io ne avevo letta una, stupenda, da far tremare i polsi, su Lucifero, credo, nell’introduzione di un’antologia dedicata ad Emily Dickinson e mi ero presa l’appunto… Esiste!!! magari non in italiano...
  • “Suspiria De Profundis” di Thomas De Quincey, la seconda parte di “Memorie di un mangiatore d’oppio”. Ovviamente la mia concupiscenza è di matrice argentiana: da qui si origina la faccenda delle Tre Madri. Ma perché si trova l'inizio e non il seguito? Ciò è criminale.
  • “Arsenico e vecchi merletti” di Joseph Kesselring. Il film non lo reggo. Sembra delizioso, ma il bianco e nero non restaurato mi fa male agli occhi e non resisto per più di una mezz’ora… Devo avere la pièce (e la vorrei a prescindere)!!!
  • “Le terrificanti storie di zio Montague” di Chris Priestley. Questo è un librino per infanticelli, ma mi attira al massimo: i disegni in copertina sono meravigliosi e le recensioni ottime…
  • “Quando soffia il vento” di Raymond Briggs. Un fumetto, questa volta... Con la bomba nucleare e una dolce coppia di coniugi inglesi, disegni bellissimi... l'ho sentito illustrare su qualche Almanacco Bonelli e mi sono innamorata!
  • “Largo! Largo!” di Harry Harrison... Fondamentale classico della fantascienza, quello del Soylent Verde, per intendersi! E io non l'ho letto: Buuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu!

Sette, e qui mi fermo. Ma la mia lista consta di oltre trenta titoli. Povera me!!!

martedì 8 marzo 2016

Un coacervo di violenza

JUSTINE OVVERO LE DISAVVENTURE DELLA VIRTU'
del Marchese De Sade


Mi spiace, non sono riuscita a finirlo.
L'ho trovato disgustoso.
E il bello che non ho letto la terza edizione, ma la prima, quella più soft. Tuttavia ben presto mi sono sorpresa a dover saltare dei capitoli per il ribrezzo, finché mi sono arresa.
E sì che il Marchese scrive magnificamente, con raffinatezza... Ma è che cosa scrive il problema. Noioso? No... Volgare. Ributtante. Sul serio.
Ci sono scene dedicate alla coprofilia, al meticoloso dissanguamento, e c'è la descrizione di una donna irsuta che mi ha dato fastidio...
Non solo sadismo, dunque, ma chi più ne ha più ne metta, delitti inclusi.
In teoria è un classico dell'erotismo. In pratica... non è per me.
La storia parte benino, piacevolmente immorale, prosa divina – nonostante tutto –, quasi una fiaba al contrario. Pone al confronto la vita di due sorelle, due giovani orfane, Justine, virtuosa e buona, e Juliette, spregevole e ria, nella Francia del 1700. Ma se Juliette, perseguendo il male, prospera ed è felice, raggiungendo il successo; Justine, la vera protagonista, è sottoposta a qualunque nefandezza e passa di miseria in miseria. E non è un modo di dire.
Insomma, l'ho spesso trovato disturbante, fastidioso. E io non ho lo stomaco debole (bazzico tanto horror), né sono una puritana.
La cosa assurda è che, girellando su internet, mi sono imbattuta su una piattaforma per acquistare libri on line che lo classifica come... romanzo d'amore!!! Misericordia, ma come si fa? Ma dov'è mai l'amore???
E' semmai un coacervo di violenza, sopraffazione e vomitevoli perversioni senza filtri, arricchite da una malata misoginia e da una patetica attrazione per la brutalità. Scritto da Dio (se si soprassiede alla scurrilità), va bene, ma per questo ancora più osceno!!
Io ne starei alla larga!
P.S.
Ed è proprio perché mi avevano detto così che non avevo resistito all'impulso di leggerlo...
P.S. 2

Ne esiste anche una riduzione a fumetti di Guido Crepax...

lunedì 7 marzo 2016

La più brava di tutti

AGENT CARTER


Non siamo all'altezza di Daredevil, ma come Serie Tv è assolutamente carina, decisamente al di sopra di Agents of S.H.I.E.L.D., e con un sacco di lati positivi: dalla trama condensata in soli otto episodi, al ritmo, ai personaggi, alla fotografia in seppia, alla ricostruzione storica, accurata e ammiccante...
La protagonista, Peggy Carter, primo agente donna del S.S.R., Agenzia del Governo Americano, nonché ex fidanzata di Captain America, tragicamente scomparso, viene discriminata dai suoi colleghi masculi (siamo nel primo Dopoguerra), ma presto saprà conquistarne la fiducia e la stima, dimostrandosi... la più brava di tutti!!!
In principio, infatti, esclusa dalle missioni più interessanti e ridotta, sostanzialmente, alle mansioni di segretaria, lavorerà nell'ombra per aiutare Howard Stark (Dominic Cooper), padre di Tony (Iron Man degli Avengers), ingiustamente accusato di vendere armi al nemico... Ma poi... Poi ci saranno i fuochi d'artificio!
Da vedere dopo “Captain America: il primo vendicatore”, (e magari dopo il corto in cui Peggy viene reclutata come agente, visto come contenuto speciale nel blu-ray di Iron Man 3), cui non mancano gustosi riferimenti, alcuni dei quali abbastanza commoventi o piacevolmente nerd...
Quali sono, però, i pregi più importanti?
Le scene d'azione (gli sganassoni non mancano, e la nostra eroina combatte in modo fantastico), i personaggi (Howard è irresistibile, conosciamo pure Jarvis, tra gli altri, il mitico maggiordomo di Howard... adorabile!!!), ma anche la storia stessa!
I primi episodi, benché legati da continuity, paiono autoconclusivi e non sono eccelsi, ma ben presto la trama orizzontale prevale su quella verticale e la faccenda si fa coinvolgente e adrenalica ai massimi gradi, specie quando entra in scena quella che diverrà la nemica per eccellenza di Peggy: una russa spietata e in incognito, che non mancherà di ammaliarci con la sua bellezza e (apparente) simpatia!
La tensione, però, è spesso stemperata da una battuta, e anche nel dramma più oscuro riusciamo a stendere le labbra in un sorriso... Tuttavia (e per essere un prodotto Marvel è davvero una bella conquista) senza esagerare e senza rischiare di compromettere la tensione drammatica, rimanendo, quindi, nel campo dell'ironia, senza sforare nella comicità!
Ma soprattutto ci piace lei, l'Agente Carter (Hayley Hatwell), in gamba, pratica, coraggiosa e femminile (poco importa che sia più grossa della maggior parte degli uomini con cui si scontra), capace di far fronte con grazia e perizia a qualunque situazione!

venerdì 4 marzo 2016

Incalzante e travolgente

NIMONA
di Noelle Stevenson


Ho comprato questo fumetto perché mi piace “Lumberjanes”, della stessa autrice (insieme a Grace Ellis), aspettandomi un'opera egualmente simpatica, fresca, fantasiosa ed effervescente, invece... “Nimona” si è rivelata molto, molto meglio!!!
Intanto ha il vantaggio di constare di un volume unico, e quindi di poter essere fruita in una sola tranche, ma poi... è davvero più carina!
Più originale, innanzitutto, più interessante, più adulta (ma non troppo), anche se ha lo stesso disegno grazioso e pastelloso, che potrebbe trarre in inganno!
Mi piacciono di più i personaggi, lontani da qualsivoglia stereotipo, persino se ribaltato, fatti di contraddizioni, contrapposizioni e simpatia, di crudeltà e tenerezza... Ma invertiti rispetto a quel che si può immaginare, e poi ancora un po' mixati, eppure coerenti, onesti... Del resto, è raro che la protagonista sia una simpaticissima ciccioncella mezza pelata con le cosciazze... Ed è ancora più raro che, per quanto si presenti come un'adolescente mutaforma e arrabbiata, sia percorsa da tensioni così malvagie (tanto che aspira a diventare una supercattiva) da superare quelle del presunto vero malvagio di turno, Lord Ballister Cuorenero, cavaliere e inventore geniale, che, piuttosto, è il nostro eroe (disabile, per giunta), passato al lato oscuro per “esigenze di copione”...
Ma niente è come sembra, i colpi di scena sono dietro l'angolo, e la lettura si fa sempre più incalzante e travolgente, spezzando ogni genere di equilibrio (solo l'inizio è un po' schematico e ripetitivo)!
L'ambientazione è fantasy, ma siamo lontani da ogni canone, o meglio, ai canoni si strizza l'occhio, ma solo per il piacere di disattenderli o pasticciarli... Ad esempio, siamo al cospetto di un Medioevo tecnologico e burocratizzato, che ci sa di dittatura travestita, con sto Ente che vuol tenere tutto sotto controllo, e che è il vero cattivo... Eppure non subiamo polpettoni manichei e moralizzanti... Alla fine accettiamo tutto e tutti per quello che sono, con i loro difetti e criticità!
E, come in ogni opera che apprezzo, ci sono frequenti cambi di registro, momenti in cui si accentuano/stravolgono i legami sentimentali tra i personaggi (d'amicizia e di simil-figliolanza, non di amore romantico), avventura, dramma o allegre risate!
I dialoghi, mai troppo verbosi, sono spiazzanti, divertenti, serrati e arguti, pieni di battutine sferzanti e di frecciatine adorabili... E anche la trama è interessante nel suo impianto globale, perché non capisci dove vuole andare davvero a parare finché non arrivi alla fine, eppure ti appassioni lo stesso, godendoti tutto quello che accade, senza sprecare nemmeno una vignetta (o un'emozione), per quanto all'inizio ti possa apparire un po' inconsistente (ma non lo è)!
Il vero motore della narrazione, infatti, sono proprio i personaggi (da ricordare anche il presunto eroe, Sir Ambrosius Lombidoro), umani e sfaccettati, in continua evoluzione, che non fanno che ridefinirsi e scambiarsi i ruoli, spesso a suon di faccioni, delineando quella che è la storia in modo spontaneo e naturale, semplicemente “vivendo”...

Da non perdere, nemmeno se non potete più annoverarvi tra i giovini!!!