LA
LUNA E SEI SOLDI
di William Somerset Maugham
Devo
dipingere.
Così
Strickland giustifica qualunque cosa. A partire dall'abbandono, tra
il lusco e il brusco, di moglie e figli che dipendono lui, del
lavoro, della propria casa, nome e rispettabilità. Si vocifera sia
per una donna, per un'amante... Ma no. Strickland fugge a Parigi
esclusivamente per dipingere, vivendo ai limiti della povertà senza
curarsi pressoché di nient'altro, né della contingenza, né
dell'essere. La pittura, solo questo conta.
Come
si può non ammirare e invidiare uno così? Uno tormentato a tal
punto dal suo demone esigente e imperativo da diventare così libero
e assoluto, fino all'amoralità più totale?
Io
lo amo.
E
lo odio anche. Perché Strickland è insopportabile, ingrato,
irresponsabile e ai limiti della sociopatia. Ma un genio, pure. Un
dannato genio.
E
il bello è che, con un carattere così, lo adorerei anche se non lo
fosse, perché, in fondo, mi basta la cieca dedizione. (Sebbene, ne
sia conscia, probabilmente il vero segreto per amare costui è non
conoscerlo di persona).
La
cosa pazzesca è che Strickland (ma non me ne sono accorta subito, a
dispetto della copertina che mi ci sbatte un suo autoritratto) è
sostanzialmente Paul Gauguin in versione romanzata. Con un po' di
differenze, magari (c'è Tahiti, ma non Van Gogh, ad esempio...), ma
sostanzialmente irrilevanti.
Il
romanzo è meraviglioso.
Per
il protagonista, fatto di contraddizioni e graffi, per “l'apertura”
che introduce la narrazione alla lontana, stuzzicando la nostra
curiosità, e per la prosa squisita dell'autore, elegante, precisa,
ma sorniona («Se
fosse morto?»/
«Non è il tipo» risposi) e potente,
specie per quanto concerne le descrizioni psicologiche prima di
Strickland e poi di Stroeve, il buffo e buon omettino, pittore
fallito (perfetto contraltare del protagonista), che per primo ne
intuisce l'anomalo talento: straordinaria davvero la capacità di
Somerset Maugham di penetrarne ogni accento. E poi, sì, per le
dissertazioni sull'arte, per le descrizioni dei dipinti, per
l'estetica, per la passione che ci viene mostrata...
E
pure la storia mi piace. Tutta. Poco importa che sia semi-biografica:
è scritta come un romanzo e piena di sorprese. Che non servono
nemmeno, in realtà, perché basta lui, Strickland, per motivarci,
almeno se visto attraverso l'occhio critico e sensibile (e
sardonico) del narratore, diviso tra elogio e disprezzo, un giovane
scrittore (lui? Somerset Maugham?) incaricato, in principio, di
convincere l'uomo in fuga a tornare da sua moglie...
Da
farti vibrare l'anima.
Però sei strana: secondo me Strickland è odioso come pochi! Consiglio: leggi il velo dipinto...
RispondiEliminaGià letto e già recensito ;)... No, io amo Strickland. Il punto, probabilmente, è che vorrei essere come lui. Mollare tutto e fare solo quello che devo, secondo i miei parametri. Ossia scrivere. Ma non potrei mai abbandonare MPM... è anche il Mio Perfido Editore! ;)
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