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martedì 30 giugno 2015

Realtà filosofiche paradossali

L'INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELL'ESSERE
di Milan Kundera


Forse sviata dal (pur bellissimo) titolo, mi aspettavo un romanzo-mattone, invece non lo è... Non lo è per nulla, anche se alla sua base ci sono molte realtà filosofiche paradossali...
Ad esempio, a seconda che si sia portati a vivere con leggerezza o pesantezza, e quindi se ci risulti naturale piegarci alle costrizioni, alla contingenza, oppure se siamo improntati alla libertà... La scelta pare facile, ma non è detto che la troviamo conveniente... Di solito non la è, e le conseguenze possono essere tragiche...
Perché – secondo Kundera – la vita è leggerezza, evanescenza, fatta per essere e immediatamente svanire, e ciò è insostenibile per noi, proprio in quanto esseri umani, dal momento che, per natura, necessitiamo di un significato, di un fine ultimo... che non c'è. E quindi non sopportiamo il peso di questa intrinseca, soffocante leggerezza.
Che cosa scegliere, dunque?
E... possiamo veramente farlo? Siamo davvero liberi? Quale ruolo ha il caso nelle nostre esistenze? Ne ha uno? O siamo noi a determinarlo?
Ma la faccenda non è così lineare, ed è ulteriormente complicata...
Solo che noi non stiamo lì a parlarne, la viviamo attraverso i quattro protagonisti: Tomas, sua moglie Tereza, Sabina, l'amante di Tomas, e Franz, l'amante di Sabine.
Rispettivamente un chirurgo, una fotografa, una pittrice e un professore universitario.
Il tutto nel 1968, tra la Primavera di Praga e l'invasione russa.
La prosa scorre rapida, elegante, raffinata, ma trasparente, attraversa sogni e pensieri, ti seduce, ti accompagna... E poi ti sciocca, impietosa.
Perché le sfumature sono tante e hanno echi mitologici, assonanze greche e dicotomiche con Contingenza e Necessità, fanno l'occhiolino a Nietzsche con il suo Eterno Ritorno, negano mentre affermano, affermano mentre negano... come solo i capolavori sanno fare.
E le anime si scindono, senza potersi ricomporre.
A livello intimo come sul piano storico.
Emozionante e cerebrale.
Sfolgorante.

Eccezionale.

lunedì 29 giugno 2015

Certe cose vanno vissute


UBIK
di Philip K. Dick

Un imperdibile classico della fantascienza, dalla tipica trama alla Dick: intelligente e complessa, letteralmente pluridimensionale, che denota immaginazione senza limiti (neppure temporali), graffiante ironia e metafisica visionarietà.
All'inizio, forse, orientarsi non è semplicissimo: dobbiamo far nostre un sacco di regole nuove, imparare un diverso sistema di pensiero, ma se avremo un attimo di pazienza, saremo ampiamente ricompensati, pure a livello “concettuale”, perché questo, a parte tutto, non è un mero romanzo di intrattenimento, ma pura riflessione filosofica applicata... E come tale provoca vertigini e ci fa sentire il respiro dell'abisso dritto e gelido sul collo, sprofondandoci nei paradossi dell'esistenza!
Ad esempio, è possibile parlare con i defunti... E questi sono senzienti, possono elargire consigli, mutare, quindi, in un certo senso, già mettono in discussione le nostre certezze. E siamo ancora nelle prime pagine...
Evito un riassunto, perché comunque non riuscirei a rendere giustizia alla trama: certe cose vanno vissute, anche quando ci portano... negli anni 70, ammesso che siamo davvero lì! Ed è solo un altro esempio.
Si badi, però: il romanzo non è una raccolta di speculazioni e teorie, al contrario è fatto di azione, esplosioni, poteri psi... ossia paranormali! Succede di tutto, il nostro cervello viene frullato e rimescolato, e i colpi di scena si susseguono alla velocità della luce!
E non ho nemmeno menzionato Ubick, le cui interpretazioni si sprecano... e pure le frequenti pubblicità ;).
La domanda è chi è vivo e chi è morto?
Solo che non è l'unica... e nemmeno la più importante.
E dubito che ve la caverete con un 42 ;).

venerdì 26 giugno 2015

PRETTY DEADLY

PRETTY DEADLY
di Kelly Sue Deconnick, Emma Rios e Jordie Bellaire


Ci sono fumetti che vanno letti con lentezza, o si rischia di perdere qualcosa, che poi, ci si rende conto, non è una ma molte. E poi vanno riletti da capo, perché ora che tutte le carte sono in tavola si ha la possibilità di valutare altri aspetti: di assaporare a fondo l'atmosfera, di gustarsi con calma le proprie emozioni – perché, sì, sono un tripudio di contrasti –, e di apprezzare le sfumature ambigue e i differenti piani narrativi.
“Pretty Deadly” mi è piaciuto subito perché mi ha ricordato “Sandman” di Neil Gaiman, che è il mio fumetto preferito. Ma anche perché non è un miserabile clone, ma qualcosa di completamente diverso, e non tanto per l'ambientazione western, peraltro ricca di spunti, quanto per il modo di raccontare. Frammentario al cubo, frastagliato, con diverse trame che si intrecciano, ma al contempo “ampiamente concentrato”, nel senso che nello spazio di poche vignette accade di tutto. Come piace a me. E, poi, sì, molto femminile, sebbene non “da femmine”, impreziosito da dialoghi fulminanti e personaggi densi di fascino, dai disegni poetici ed estetizzanti, dalle sensazioni fiabesche, che urtano con la violenza di certe scene/situazioni. Dal dolore, dalla vita, dalla morte.
Potrei dire che parla di sua figlia, della figlia della morte, appunto, Ginny, ma più ancora di un'altra ragazzina, un po' narratrice di storie e un po' mendicante, Sissy, che veste con piume di avvoltoio e si accompagna ad un anziano cieco... Che la morte è un maschio, ma può avere emissari femminili, e che l'amore uccide e a volte è sbagliato, o non è amore... Oppure che la storia ci viene raccontata da un coniglietto malamente defunto e da una farfalla...
Potrei, ma non lo dirò, perché non è davvero importante. La trama, pur interessante ed evocativa, non sarebbe geniale se non fosse costruita proprio così: ad incastri e parentesi, con storie nelle storie...
Anche se, in realtà, è ben lontana dall'inconsistenza che sovente fa da pendant alla suggestione: è complessa e si fonda su tante idee, che però, non ci martellano con asfissianti spiegoni, piuttosto si scoprono a poco a poco, intrecciandosi l'un l'altra, portandosi appresso un ingombrante (e meraviglioso) bagaglio emotivo, lasciando tanto di inespresso, che dobbiamo colmare noi...
E dubbi, e riflessioni, e colpe da espiare, rapporti insospettati e dinamiche in movimento...

Un fumetto magico, che tra una vignetta e l'altra nasconde interi mondi.

giovedì 25 giugno 2015

Il colore della guerra

CADUTA LIBERA
di Nicolai Lilin


Secondo romanzo della “Trilogia Siberiana”, purtroppo meno appassionante del precedente, lontano da quel luogo incantato che è l'infanzia...
Kolima è maggiorenne, costretto a scontare il servizio militare, e viene forzosamente arruolato tra i Sabotatori, il gruppo più libero, ma anche quello più “duro”, sotto la capace supervisione dell'impavido e diversamente disciplinato Maggiore Nosov.
Non ci sono più, dunque, i personaggi che abbiamo conosciuto in “Educazione Siberiana” e nemmeno la Transinistria o la subcultura criminale.
Resta, invece, l'odio per il Governo, seppur rappresentato in modo differente e con altre accezioni, meno estreme, il senso frustrante di ingiustizia, e restano quel senso di comunione e fratellanza e un codice morale ferreo, seppur in qualche modo slegato dalla realtà comune.
In effetti, le tematiche, con le debite modifiche ed evoluzioni, rimangono pressoché le stesse, ma la storia ci viene narrata in modo assai più lineare...
Alcune cose, tuttavia, si smarriscono, come i tatuaggi...
Nel complesso una lettura piacevole, fluida, senza grandi picchi emozionali e con troppi momenti di stasi, che intrattiene, assesta qualche scossa, ma non resta impressa in modo indelebile.
Ci mostra, però, il colore della guerra (il riferimento è al conflitto con la Cecenia), i topi tra le vesti dei cadaveri, la perenne paura della morte, il soffio delle pallottole, e ci insegna dove conservare le granate affinché non ci esplodano addosso se ci troviamo nel posto sbagliato nel momento sbagliato...
Non è un romanzo privo di motivi di interesse, dunque, e a suo modo fa compagnia. Ma a tratti è monotono, didascalico, quasi documentaristico, e, a differenza di altri, non ci cambia, non ci illumina di immenso, non ci porta oltre l'arcobaleno o nel cuore del protagonista.

Che ascoltiamo volentieri, ma di cui non accusiamo la mancanza dopo l'ultima parola.

mercoledì 24 giugno 2015

Selvina e la lucertola

L'IMMEMORE - BRANO TAGLIATO N. 2

SELVINA E LA LUCERTOLA


Come promesso, ecco il secondo e ultimo brano tagliato anche dai “contenuti speciali”... In questo caso, però, rimuoverlo un poquito mi era dispiaciuto perché mi ero divertita molto a scriverlo... Però, mon amour e il Ragno mi avevano fatto notare che stonava con quello immediatamente successivo, di stampo drammatico (per chi ha letto “L'immemore”, mi riferisco all'episodio di Kelereux Danton, l'Esploratore di Aube-solitaire), creando un involontario effetto di “estraniamento grottesco”.
Per giunta, altro problema, Selvina è senza denti (sul momento me ne ero scordata), e comunque, secondo il MPM, una parentesi così “delirante” poteva andare al massimo per un post o un raccontino malato, non certo all'interno di un romanzillo... Così, il “ciao ciao” è stato inevitabile...
Ad ogni modo:


Anche questa sarà una giornata serena, all'insegna della quotidianità e del commercio... Così ho pensato la mattina, e ho sbagliato, di brutto, benché fino al tardo pomeriggio l'accadimento più emozionante fosse stato la lucertola caduta addosso ad Uskana. E forse, in un dì comune, avrei dato più rilievo alla faccenda, perché in un certo senso è stata paradigmatica, spassosa e tragica... ma a confronto di quel che è stato dopo... Comunque, la poveretta era terrorizzata... La lucertola, non Uskana... Oddio, entrambe, a dir la verità. Ma la lucertola ne aveva ben donde.
Doveva essere cascata dal ramo di un albero, noi avevamo già cominciato a sbaraccare e la gente stava scemando via... Uskana ha iniziato a dimenarsi e a strillare, sculettando come un'ossessa e assumendo pose grottesche, esagerate ed improbabili, in un susseguirsi di scatti e danze buffissime. I bambini ridevano a crepapelle, convinti che fosse un gioco. Erag era piegato in due e si teneva la pancia, Qetim era alle lacrime, e, lo ammetto, anche io ho sghignazzato un po', ma al contempo ero conscia del panico di Uskana.
«Ce l'ho nella schiena!», strepitava. «Aiutatemi! È sotto il vestito!».
Ho cercato di recuperare il minuscolo sauro, che in effetti era bloccato nel collo dell'abito, ma Selvina è stata più lesta e... mi ha sconvolta.
Non tanto per la sua rapidità, contando per giunta che è una donna anziana, quanto per la barbarie che ne è seguita, allegra e trionfante, a beneficio di Uskana, soprattutto, che si è quasi sentita male (come un terzo degli astanti) e verso cui Selvina si premura quotidianamente di riservare il suo sottile disprezzo.
L'unica esimente che posso invocare per l'anziana è che di recente ha dovuto dire addio al suo amante e forse è un po' nervosa.
Ebbene, ecco che è successo: la nonna ha afferrato la lucertola, e ha rimproverato la nuora per il suo scarso contegno e la ridicolaggine, ricordando che loro (loro chi?) li mangiavano i rettili all'epoca della sua giovinezza e non si spaventavano per ogni bazzecola.
Qualche curioso era rimasto ad assistere, e Uskana era già abbastanza imbarazzata da questo, oltre che oltraggiata dalla situazione in sé.
Selvina, allora, si è premurata di rendere tutto ancora più odioso, avvicinandole ripetutamente l'animaletto al viso, per stuzzicarla, e poi, finalmente stanca del giochino, in mezzo allo sgomento generale, ha scioccato il villaggio e me staccando la testa della lucertola con un morso, Sgnam!, e deglutendo ostentatamente con un lampo di malizia negli occhi.
Nessuno ha fatto in tempo a protestare.
Lì per lì, quando l'ho raccontato a Dasaret e Sazan (occupati, nel corso dell'azione, con un paio di visite a domicilio) non mi hanno creduta, ma c'erano un sacco di testimoni, e dopo che anche i bambini mi han dato manforte, hanno dovuto darmi credito!
È sprizzato il sangue, riempiendo la bocca della nonna, che rideva sguaiata e orgogliosa, schizzandosi la mano, mentre io ero in procinto di rigettare il pranzo. I bambini hanno cessato di ridere, ma non hanno pianto, erano come paralizzati, la folla si è parzialmente diradata, e chi è rimasto si è portato le mani alle labbra per contenere l'orrore.
Mi è spiaciuto per la lucertola, tra l'altro non sono troppo diffuse... Sgambettava ancora, muovendo la coda in modo convulso, a scatti, quando Selvina ha finito di papparsela, lappandosi le dita. Non si sarebbe mai comportata così verso Verore o Nertila, e neppure verso di me, ma, del resto, nessuna di noi avrebbero gridato: ci saremmo accontentate di sbottonarci il vestito e di darci una scrollatina.
Uskana è sbiancata e quasi svenuta. Sono dovuta andare a sostenerla per evitare che rovinasse a terra, mentre Marena correva da Nertila per avvisarla di mettere su un the.

Più tardi Adamat ha parlato con la madre, chiedendole perché mai si diverta a tormentare quella povera ragazza, che tra l'altro è sua moglie... La risposta di Selvina è stata stata un'alzata di spalle, seguita da un enigmatico: «Non lo so. Ma hai ragione tu: mi diverte!», evidenziato da una risata chioccia e sgraziata.

martedì 23 giugno 2015

Stiamo andando avanti!


LA V STAGIONE DE “IL TRONO DI SPADE”...
 
 
...E' una sorpresa extragalattica!!!

Intanto, se la II, la III e la IV, eccettuata qualche bella scena, e qualche dialogo epico, mi inducevano al sonno perenne, questa invece è pura tensione: succede sempre qualcosa, e di solito è qualcosa di esaltante (o traumatizzante e sanguigno)!

Non solo! Anche se la traccia narrativa è la stessa, le differenze rispetto ai romanzi sono decisamente maggiori e più sostanziali: ad esempio, diversa è la sposa di Ramsey Bolton, diverso il destino di Brienne e Podrick, o di Stannis Baratheon, il rapporto tra Sansa e Ditocorto...

Ma v'è di più, perchè, rispetto al ciclo narrativo (inchiodato chissà per quanto tempo, visto che Martin ci dorme)... stiamo andando avanti! Sì, insomma, la storia prosegue oltre il punto cui siamo rimasti con “La danza dei draghi”! E senza dilatare tutto all'infinito, au contraire: si va davvero spediti!

E per la prima volta, non sono riuscita a rispettare i tempi della versione italiana doppiata, preferendole (a dispetto della mia naturale pigrizia) quella sottotitolata che va in onda, sempre su Sky Atlantic, sette giorni prima!

E' da oltre una settimana, dunque, che ho assistito al tragico epilogo... Anche se, per dirla tutta, a colpirmi davvero – e a entusiasmarmi oltre ogni dire – sono stati il “gift” (ovviamente) e quanto è avvenuto nell'arena... C'è una sola parola per descrivere tutto questo, ed è: wooooow!!!!!!!!!!!

In altri termini, se ho continuato a vedere la Serie Tv solo per meglio sopportare l'astinenza dai romanzi, ora sono anche in astinenza dalla Serie Tv!!! Accipigna!

...Ma è meglio non dire niente a George Martin, o ammazzerà qualche altro personaggio principale... E già così ho perso il conto dei morti: assolutamente più alto che in “Taken” (per tacere della varietà, dell'impatto emotivo e del sadismo senza rimedio...)!

Alla prossima!

lunedì 22 giugno 2015

Uno spaccato di quotidianità paesana


OLIVE COMPRESE
di Andrea Vitali
 
 
Tra i romanzi di Andrea Vitali, questo è senz'altro uno dei miei preferiti, e uno dei più divertenti!

Leggero, ameno, ma anche acuto (e arguto), fonde fra loro le migliori caratteristiche dell'autore, a partire dalla costruzione della trama, che procede per frammenti, tra equivoci e pettegolezzi, accorpando situazioni apparentemente slegate, che finiranno per creare un affresco brioso e sagace, seppur forse un poco discontinuo (ma non in modo fastidioso).

Un'opera corale, capace di sfruttare al meglio il vasto panorama umano che andiamo ad incontrare, con tanti personaggi che assomigliano a buffe – ma realistiche – macchiette esasperate, tra cui l'indimenticabile “ornitologa”, e tante figurette liete o buffe, che però, spesso, hanno il potere di sorprenderci.

Un libro da leggere in treno o sotto l'ombrellone, semplice, scorrevole, poco impegnativo, ma non banale, che forse non regala vere e proprie emozioni, ma certamente tanti, tanti sorrisi...

E ciò benché ci troviamo ai tempi del Duce, durante il Fascismo, e le storture non manchino... A proposito: sì, siamo a Bellano, l'amata cittadina sul lago di Como ove Vitali ambienta quasi tutti i suoi libri. Per i fans, si riconosce anche qualche personaggio ricorrente, come il maresciallo Maccadò, per i novelli lettori (che comunque possono benissimo cominciare da qui) si dipana, invece, uno spaccato di quotidianità paesana, con le sue ingenuità, meschinità e malizie (ci sono anche quelle, eccome!), in cui è possibile ritrovare “caratteri” noti, ma intramontabili, e qualche tocco vintage.

Persino il titolo, quando ne viene illustrato il significato, si rivela spassoso e inaspettato, così come la narrazione tutta, altamente ironica, che tra l'altro vanta altresì una terminologia variegata, ricca di vocaboli desueti, dal sapore antico e popolaresco.

Davvero carino!

venerdì 19 giugno 2015

Un bifolco sgradevole e puzzone

THE LAST MAN ON EARTH


Di solito il mondo finisce in tragedia, invece qui ci facciamo quattro risate... O almeno dovremmo, se solo questa Serie Tv fosse divertente. Ma non la è, ed è farlocco pure il titolo, visto che il set è sempre più affollato (appena le idee cominciano a scarseggiare – e accade presto – voilà, ecco una new entry che rimescolerà le carte in tavola!).
Peccato, perchè l'idea di base sarebbe davvero carina e ogni tanto qualche colpo di genio c'è (si veda il prolificare di palle con la faccia – e personalità – mutuate da “Castaway”, i momenti di dolorosa solitudine, o il personaggio di Carol).
Tralasciamo pure le varie incongruenze, a partire da dove diavolo sono finiti i cadaveri, perché le autostrade sono libere e le strade pulite... è una commedia, evitiamo tristezze, qualche licenza si può concedere... Il fatto è che, tanto per cominciare, dimentichiamo quasi subito che il mondo è finito per un'epidemia (epidemia di che? Come?)... o, se è per questo, anche solo che “il mondo” è finito.
Nulla ci viene spiegato, ma soprattutto, se la premessa fosse stata “siamo naufraghi su un villaggio vacanze deserto” non sarebbe cambiato nulla, laddove invece avrebbero potuto esserci diversi sviluppi gustosi, sia sotto il profilo della satira che dal punto di vista della trama. Invece rien. Nada. Niet.
Per giunta, non solo il protagonista (Will Forte) è un bifolco sgradevole, puzzone e insopportabile, ma non è neppure credibile per quanto sia idiota, egoista e imbecille.
Come non è credibile Todd (Mel Rodriguez) per quanto sia pacioccone e buono.
Melissa (January Jones), poi, perennemente fredda, inespressiva e critica, è noiosa a morte, tanto che ci si augura riesca a levarsi quel palo che ha mezzo conficcato nel... ehm...
A risollevare un po' gli animi però abbiamo Carol (Kristen Shaal), in teoria l'ultima donna sulla Terra (sempre finché non arrivano le altre). Fisicamente assomiglia ad un sanitario, per giunta è logorrea distillata: pretende si rispettino gli stop, anche se non c'è più nessuno, che non si parcheggi nei posti riservati ai disabili, e, cosa peggiore di tutte, se trova un Monet ci dipinge un (ridicolo) cane sopra...
Il punto, però, è che il suo personaggio è stato “esasperato” nel modo giusto, per cui, dopo qualche puntata di odio intenso, non possiamo che cominciare ad amarla (specie considerando che la sua interprete è piuttosto brava)... Ed è solo per lei che andiamo avanti! Perché Carol qualche risatella ce la strappa e ci fa morire dalla simpatia.
Anche se... la “trama” stanca subito, il ritmo langue, e... Sembra impossibile! Le singole puntate non durano tanto (mi pare ci aggiriamo sui venti minuti) e alcune trovate sono prevedibili ma carine (dopo che, pur di inzuppare il biscotto, ti sei sposato con l'ultima donna della Terra, Carol, il sanitario, ecco che ti incontri e ti scontri – un po' come Mirko con Licia, solo che non piove e siete in auto – con la penultima, che è pure gnocca), eppure... Eppure mi viene l'abbiocco! In effetti, credo che molto sia determinato da un'allergia nei confronti del protagonista, ma al MPM, a cui Phil Miller – il bifolco, appunto – non è così antipatico, non piace lo stesso.
Come è possibile che in giro ci siano tante recensioni positive?

Proprio non me lo spiego.

giovedì 18 giugno 2015

Buio, buio, buio

DRAGON HEAD
di Minetaro Mochizuki


Un manga che era già stato pubblicato anni fa, dalla Magic Press, ma che si era bloccato al numero sei, quattro volumetti prima della fine. Quest'anno, finalmente, grazie a Planet Manga, siamo riusciti ad arrivare alla conclusione.
La nostra storia inizia in modo fulminante, con un grave incidente con il treno: rimaniamo bloccati in una galleria, con un mare di morti, senza sapere perché o per come. Unici superstiti tre studenti, di cui uno impazzito. Quando finalmente riusciamo a guadagnarci l'uscita, scopriamo che fuori la situazione non è per nulla migliore... E che è suscettibile di peggiorare.
Si potrebbe dire che si tratta del solito – ma pur sempre interessante – spunto catastrofico, con la fine del mondo e le situazioni estreme... La verità, però, è che Dragon Head è soprattutto un'opera sulla paura, su come ci trasforma, su come possiamo affrontarla, su come agisce sul cervello umano, prima e dopo. E su come ci manca, quando non c'è più. In merito si elaborano parecchie tesi e se ne affrontano le dinamiche, spesso in modo acuto e intelligente.
Indagato a fondo, dunque, l'elemento psicologico e i caratteri dei personaggi (di per sé non originalissimi). Molto stimolante la spiegazione sulle origini del disastro, nonché del titolo del fumetto, per quanto ogni verità resti in equilibrio tra il detto e il non detto, tra il colto e il dedotto... Inaspettata, suggestiva. Terrorizzante.
Nel complesso, tuttavia, per quanto non manchino le riflessioni e i ragionamenti, un manga incalzante, con tante scene di azione, ottima atmosfera, una continua sensazione claustrofobica da tranciamento di gambe, avventura, buoni e cattivi sentimenti, e ansia.
Anche i disegni sono perfetti: cupi e pieni di orrore, soprattutto le espressioni dei volti, gli occhi piccoli, quei tatuaggi sulla pelle. Particolari alternati a campi lunghi, in cui il disastro, nei suoi molti aspetti, si manifesta con precisione apocalittica. E buio, buio, buio. Dentro e fuori.
Ma a rendere questo manga indimenticabile, sollevandolo oltre il livello di mero consumo adolescenziale di pregevole fattura, è proprio quel che ad esso sta dietro: la paura, con le congetture che alimenta e le sue rappresentazioni.

Notevole.

mercoledì 17 giugno 2015

L'elemento geografico


L'IMMEMORE: l'elemento geografico


Volevo parlarne nel post di ieri, ma visto che soffro di incontinenza verbale e ho sforato, eccolo per oggi.

Dunque, come già ho accennato il 4 giugno, ne “L'immemore” (il mio nuovo eBook, seguito/parallelo di Corpi Nudi) siamo sempre nella Liguria Post Apocalittica del primo volume, solo che se lì questo dato si evinceva soprattutto dall'esame della cartina, adesso proprio non si potrà ignorare!

Il luogo più importante, quello da cui partiamo e cui ciclicamente ritorniamo, sapendo che, chissà, forse questa volta vi ci fermeremo definitivamente, sono le Spelonche, che corrispondono alle nostrane Grotte di Toirano. Sono un posto bellissimo e suggestivo, che consiglio a tutti, inclusi i non liguri, di visitare almeno una volta! La maggior parte delle descrizioni che faccio in relazione ad esse è reale, frutto di un'elaborazione degli appunti che avevo preso nel corso di un'escursione in loco. Anzi, nella versione definitiva del romanzo ho dovuto tagliare parecchio, perché nella prima stesura superavo le dodici pagine solo di quello! Comunque nelle Grotte ci sono davvero i residui di orsi morti, la mascella, i nyphargus e l'organo, per dire... e c'è davvero la Chiesetta rupestre dei Benedettini (solo che al momento non è infestata ;)... Peraltro, per gli appassionati, segnalo anche le Grotte di Borgio Verezzi (cito anche quelle, ad un certo punto: è lì che si rifugiano i lemuri), caratterizzate dalla vivacità cromatica.

Spelonche a parte, viaggiamo tra i vari paesi della Costa, alcuni “buoni” altri soggetti ad un più rigido controllo da parte della Loggia, l'antesignana del Regime.

Non dovrebbe essere troppo difficile identificarli: Loanette è Loano (le vasche cui faccio cenno sono quelle della piscina); Étoiles-sous-la-mer, già nota ai lettori di Corpi Nudi e a me particolarmente cara, è Pietra Ligure; Finale-de-Sud è Final Borgo (sommariamente descritta); Jevais Vado; Saòne Savona; Aube-solitaire Albisola; Varas Varazze; mentre, dall'altra parte, passiamo da Aube-ancienne, ossia ad Albenga, con i suoi reperti e i residui del ponte rosso; Sainte-Marie-de-la-pierre Alassio; Saint-Jacques-Le-Petit Andora (il nome deriva da quello del Santo Patrono); Souvenir-de-la-Lune Diano Marina; Lemaurice Imperia; Taix Taggia; Saint-Rémy-des-armes, una fusione tra Arma e Sanremo. L'Entroterra, infine, è una parte della Val Bormida.

Nel corso della prima stesura c'erano molte più descrizioni relative ai villaggi (ad esempio, ho tagliato la parte sul Priamar di Savona), ma poi le ho ridotte o tolte, per privilegiare la scorrevolezza della trama (non solo la Scimmia, ma pure il Ragno mi avevano rimproverata al riguardo).

Oltre a quest'area, che corriponde alla Concessione dei Gaumont-Mercier, gli Ambulanti già conosciuti in Corpi Nudi con cui viaggiamo, sono menzionati altri paesi presenti sulla cartina, che allego qui sotto, per comodità...
 


 
E dato che ho sforato di nuovo, non mi dilungo oltre!

martedì 16 giugno 2015

BloomDay!

BLOOMDAY: L'IMMEMORE!!!


Se questo post viene pubblicato, significa che il Mio Perfido Marito ce l'ha fatta e il mio romanzillo è su Amazon, pronto per essere acquistato, come sempre per 99 centesimi!
Spero di non deludere nessuno, anche perché è stato davvero un lavoro lungo e travagliato, peraltro ricordo che è il “seguito/parallelo” di Corpi Nudi, quindi è opportuno aver letto prima l'antecedente o si rischia di perdere qualche passaggio.
E, a proposito, l'ho già accennato, ma qui lo ribadisco, il mio progetto iniziale di una trilogia si sta espandendo e ora pavento una pentalogia, in questi termini:

  1. CORPI NUDI (già pubblicato), con il diario di Paul a cura di suo figlio, Gabriel Gallimard;

  1. L'IMMEMORE (disponibile da oggi), con il diario di Gaëlle a cura di Rheya e Ligeia (non sappiamo ancora esattamente chi sono, ma qualcosa possiamo intuire), da collocarsi suppergiù nello stesso periodo, dove viaggiamo con i Gaumont-Mercier e conosciamo meglio i Predoni;

  1. DIETRO LA PORTA TURCHESE, scritto da Rheya e Ligeia. E finalmente arriveranno un bel po' di spiegazioni... Sarà un libro di transizione, questo, quindi mi sto ingegnando per non renderlo troppo noioso (sto buttando adesso giù la trama)...

  1. IL TERZO TACCUINO, e qui torniamo indietro, al tempo di Paul e Gaëlle, per introdurre un personaggio che sarà importante nel volume finale. L'idea, inoltre, è quella di approfondire altri aspetti della Costa, specie riguardo a Dulac e alle Guarnigioni Delinquenziali...

  1. L'ULTIMO VOLUME, ancora senza titolo, dove tutti i nodi vengono al pettine...

Questo se tutto va bene, se l'ispirazione non si sposta altrove, se, se, se...
Anche perché c'è chi preferirebbe un secondo volume di Raccontini Malati, o che finissi Il sogno di Ecate, una robetta che ho iniziato due anni fa, e che poi ho lasciato in sospeso... Senza contare che mi piacerebbe anche un romanzillo sulla Setta di Adonai, di cui si sa poco e niente, laddove il Mio Perfido Editore mi riprovera perché mi fisso su una cosa sola...
Tornando, invece, a L'Immemore... Aaargh!!! Non ho più spazio!

Va mu, a questo punto rimando la recensione programmata e vi ammorbo anche domani!

lunedì 15 giugno 2015

-1


DOMANI ESCE L'IMMEMORE!!!
 
 
O almeno è quel che mi auspico, visto che attualmente (domenica mattina) sono stata reclusa in camera per non disturbare il genio al lavoro, ossia il MPM che “ebookizza” il mio romanzillo. Pare, infatti, che io “faccia caldo” e detesti la Tv accesa (confermo)...

Ad ogni modo, la circostanza che mon amour si sia ridotto, come sempre, all'ultimo momento (sì, ha iniziato oggi, seppur non per colpa sua) mi ha dato la possibilità di rileggere per l'ennesima volta il tutto e di apportare ulteriori doverose modifiche!

A parte ciò, ecco gli aggiornamenti per la copertina...

Intanto ringrazio chiunque avesse partecipato al sondaggio (c'è chi si è espresso sul blog o su fb, ma anche chi mi ha inviato sms o mi ha riferito di persona o de relato): ogni opinione è importante, e ho tenuto conto di ogni osservazione!

Alla fine la foto vincente si è rivelata la 4, che era anche una delle due su cui ero indecisa io (l'altra era la prima). Anche la 2 mi piace molto, ma effettivamente è un po' caotica... Ad ogni modo, grazie (ehm... è possibile che decida di alterarla ancora un poquito per la pubblicazione: sto programmino per modificare le immagini è divertentissimo)!!!

Alla fine mon amour ha ritrovato la foto che avevo addocchiato ab origine (FOTO): come ricordavo mi piace molto, ma, come temevo, non coincide con la descrizione che ho fatto io della casa della protagonista, indi, per fortuna avevo il piano b...

Per il resto...

Beh, incrocio le dita!

A domani!



P.S.

Non so ancora a che ora l'ebook comparirà su Amazon... Credo che MPM debba spedirlo oggi, ma credo anche che l'ora esatta della pubblicazione dipenda da quanto Amazon impiega per effetuare i controlli... Comunque, quando sarà, mon amour metterà il collegamento sul Blog, come sempre.

Bax.

venerdì 12 giugno 2015

Accettare le avversità con filosofia


MEMORIE DI UNA MAÎTRESSE AMERICANA
di Nell Kimball
 
 
...che poi, sostanzialmente, è una prostituta, ma ciò non significa che sia un libro sfacciatamente erotico. Il sesso compare, ma in secondo piano, come “mestiere”... C'è una travagliata e romantica storia d'amore, semmai, che tuttavia non ha un ruolo centrale, ma soprattutto c'è la protagonista, una donna disincantata, vitale, piena di buon senso, ma mai cinica. Anzi, il cinismo è una qualità che, a differenza dello scetticismo, proprio non apprezza...

Seguiamo, dunque, le peripezie di Nell e della sua vita, che, grazie alla sua intraprendenza, è comunque destinata a migliorare, a differenza di quella della maggior parte delle sue colleghe: non impiegherà troppo, infatti, per metter su un “locale” tutto suo, anziché limitarsi a fare la dipendente...

La storia è interessante come testimonianza, non tanto storica, magari (benché siamo tra la fine del 1800 e l'inizio del 900), quanto a livello di costume (curiosa, ad esempio, la faccenda delle ascelle) poiché ci porta a scoprire un mondo sconosciuto, variegato, complesso, di cui di norma ci si limita a prendere atto, senza approfondire e, soprattutto, senza capire davvero.

Peraltro, l'opera ha anche notevoli pregi letterari, sfoggiando un vocabolario colorito, ma non scurrile, semplicità e sagacia, un buon ritmo e sensibilità, oltre a tocchi di documentarismo, consigli e osservazioni pratiche.

A conquistarci in via definitiva, però, è proprio Nell che ci racconta di sé in prima persona, commentando e commentandosi con ragionevolezza, sincerità, equilibrio e intelligenza... perché può capitarle di tutto, può soffrire, amareggiarsi, ma non la sorprenderete mai a piangersi addosso! Nell è una di quelle che preferiscono rimboccarsi le maniche e, come si suol dire, accettare le avversità con filosofia!

L'unico rammarico, quindi, alla fine, è non averla conosciuta di persona...

giovedì 11 giugno 2015

Il fascino vintage degli anni 80

TOP SECRET!
di Zucker – Abrahams – Zucker
(1984)


Per quanto mi riguarda, il film demenziale più bello di sempre, anche e soprattutto perché non esagera (troppo) e riesce a limitare (in rapporto al genere) le volgarità gratuite! Certo, ci sono pure radicati motivi di affetto, visto che lo annovero tra le pellicole della mia infanzia e che risplende del fascino vintage anni 80...
Ad ogni modo, fa davvero crepare dal ridere, trabocca di elementi parodistici (spesso conditi con genialatine varie e lontani dalla faciloneria dei vari Epic Movie, Scary Movie etc.), ammiccamenti, battute esilaranti e sono godibili altresì gli elementi spionistico-avventurosi che fanno da storia contenitore: Nick Rivers (un giovanissimo e simpaticissimo Val Kilmer), infatti, playboy e cantante rock di successo, è chiamato a cantare a Berlino, in un'esasperata Germania Est, ai tempi in cui ancora si ergeva il muro, la musica rock era malvista e considerata simbolo di ribellione, mentre feroci Nazistoni caricaturali imperversano... Naturalmente, Nick non fa in tempo ad arrivare che viene coinvolto subito in una vicenda di spionaggio, Resistenza, fughe e Prigionia, il tutto per correre dietro ad una donzella in pericolo (spettacolare la scena degli “esami all'Università”)...
Persino le canzoni di Nick (che si ispirano ad Elvis come ai Beach Boys) sono una delizia, specie con le traduzioni alla mano! E i balli e le coreografie e persino qualche (assurdo) combattimento!
Non mancano, poi, satira e arguzia, scene slapstick, giochi di parole e vari esempi di surrealtà! Ottimo ritmo, tantissime le scene memorabili (mentre scrivo mi si sovrappongono in testa, una sull'altra) e tantissimo il divertimento! E anche se in generale i colpi di scena sono (volutamente) prevedibili, qualcuno di gustoso c'è lo stesso.

Gli autori sono quelli de “L'aereo più pazzo del mondo”, ma qui hanno superato se stessi: non c'è un attimo di stasi!

mercoledì 10 giugno 2015

Molto vicino al capolavoro?


IL PORTO PROIBITO
di Teresa Radice e Stefano Turconi
 
 
Se lo si sfoglia superficialmente, al di là dell'entusiasmo per i disegni e per la ricercatezza dell'edizione, può apparire un coacervo di stereotipi a tema marino.

Non lo è.

E' avventura, umanità, bellezza, crescita e sentimento.

Molto vicino al capolavoro.

I personaggi, innanzitutto: a prima vista possono apparire come dei cliché, ma ne sono ben lungi. Sono ricchi di spessore, invece, evolvono di continuo e spesso rivelano lati nuovi, sottraendosi alla convenzionalità. William, ad esempio, il neocomandante giovane e carino che raccoglie Abel, il ragazzino naufrago senza memoria... Si tratta di un'opera corale, con molti protagonisti, ma noi all'inizio siamo legati alla sua soggettività e ci facciamo una certa idea di lui. Che è sbagliata. Su Abel, magari, ci prendiamo un po' di più, ma presto si affacciano dei dubbi, e anche se la spiegazione, quando arriva, non ci sorprende, non ci sembra neppure scontata, come temevamo in principio. Anzi, il background culturale su cui si appoggia la impreziosisce, la rende – paradossalmente – unica e originale, e – addirittura – geniale.

Stupendo il modo in cui ci viene narrata la storia. Come una marea che sale e scende, che si mescola ad altre cose – al vento, agli stridii dei gabbiani, ad una canzone – e che si concentra su un'onda, e quindi ne segue un'altra, per poi riprendere la prima, quando si frange sulla battigia. La trama ci avvolge, ci entra nel cuore, diventa parte di noi.

E ritorna.

Anche a distanza di settimane.

Ma forse la caratteristica migliore è il sentimento: non uno, ma tanti, pieni di umanità, a volte confusi, contraddittori, ma genuini, autentici, non melensi... che ci riscaldano l'anima (nell'ultima scena, quasi sono d'obbligo le lacrime agli occhi) senza forzature, senza patetismi.

E i dettagli, le poesie, i riferimenti letterari e non... Quanti particolari, stimoli, parentesi! Non compromettono la scorrevolezza della storia, piuttosto la rendono vera, coerente, suggestiva! Non ho mai assistito, che io ricordi, ad un uso migliore della “Ballata del vecchio marinaio” di Coleridge.

Infine ci sono i disegni, con la differenza che quelli emergono subito: espressivi, poetici, dagli echi disneyani, ma non infantili. Meraviglioso il tratto a matita, privo di china, aumenta l'atmosfera. Le sequenze migliori, però, quelle che denotano maggior sensibilità e acume, sono in forma di bozza, disseminate nei punti giusti.

Accidenti, non sto neanche a riassumere la trama...

Perché dovrei? Non è importante. E non è neanche il mio genere, a parte lo spunto fantastico e l'evocatività di fondo.

E' importante, invece, l'equilibrio che permea tutti i suoi elementi, dai personaggi a ciò che suscitano, e che a ripensarci quasi mi commuove.

Perché la bellezza commuove sempre.

Ma c'è dell'altro, anche. C'è la morte, il mistero, il tradimento, l'amore, nelle sue varie accezioni. C'è il modo in cui tutto ciò viene affrontato: onesto, sincero, semplice e al contempo profondo... magico. Ma potente.

Ho detto vicino al capolavoro?

Perché?

Il porto proibito” è un capolavoro!

martedì 9 giugno 2015

Il RACCONTO DI DASARET E SAZAN


L'IMMEMORE BRANO TAGLIATO N. 1

 
 
 
Il RACCONTO DI DASARET E SAZAN

 
Ho già annunciato che avrei tagliato alcuni brani per snellire il romanzillo e che li avrei salvati come “contenuti speciali”.

Questo no. Questo sta qui e basta.

Lo ammetto in tutta onestà: è perchè è banale, approssimativo e senza mordente, e lo avevo già rimosso alla seconda stesura (non alla trecentomillesima come gli altri). Però buttarlo via e bon mi dispiaceva, soprattutto perché qui instillo il dubbio sul perché le Aree di Sosta in cui i Gaumont-Mercier si incontrano con i Clan delle Concessioni limitrofe siano di fatto disabitate. Perciò, voilà.

Dasaret e Sazan sono i figli pressoché ventenni di Adamat Gaumont-Mercier (l'Ambulante già conosciuto in “Corpi Nudi”), mentre a parlare in prima persona è Gaëlle, la protagonista de “L'immemore”. L'immemore, appunto. Una ragazza che ha perso la memoria a causa dello scoppio di una mina e che da qualche tempo viaggia con loro, proviene dalle Spelonche e ha un rapporto vagamente conflittuale con i due fratelli.



Dopo cena Dasaret e Sazan mi hanno raccontato una storia, sostenendo che non è frutto della loro fantasia, ma “agghiacciante verità”, e che hanno voluto mettermi in guardia per la mia sicurezza.

«Certo», ho sogghignato io. «Credibilissimo.»

I due si sono prodotti in un'espressione offesa, carica di sdegno e rincrescimento. Un paio di secondi dopo mi hanno concesso il loro perdono e hanno iniziato. «Ebbene...», hanno proclamato solenni a gran voce, «nel luogo in cui siamo diretti, quello in cui i Gaumont-Mercier e i Tritignant si incontrano abitualmente, non c'è nulla, solo rovine dimenticate e un'atmosfera di desolazione. Eppure accanto passa la strada principale ed è prossimo alla Costa... Parrebbe il posto ideale per edificare un villaggio. Dunque? Perché solo macerie? Perché nessuno ha ricostruito utilizzando il materiale a disposizione?»

«...Durante l'Apocalisse vi si è svolto un episodio cruento che ha coinvolto dei civili presi in ostaggio e assassinati dal nemico come rappresaglia. Donne, bambini, vecchi... »

«Massacrati in modo orribile: con i cervelli spappolati, le membra tronche, gli arti squartati...»

«La terra ha bevuto il loro sangue e ne è rimasta impregnata...»

«Quale nemico?», li ho interrotti io.

«Non lo sappiamo», ha detto Sazan con fare misterioso. «Se ne è persa la memoria...»

«In base a quel che si tramanda potremmo essere noi il nemico...», ha precisato Dasaret, massaggiandosi il mento. «Gli abitanti della Costa.»

Sazan ha concordato: «Si ignora quali siano stati gli esiti della Guerra e così quando o per quale motivo sia stata combattuta...»

«Quel che è certo è che nello spiazzo in cui stazioniamo con i carrozzoni vagano le anime inquiete delle persone uccise...»

«A noi è già capitato di vederle. E pure alla nonna...»

«Prima li senti battere sul legno dei carri...»

«Tre colpi in sequenza, regolari, ravvicinati...»

«Poi altri tre...»

«Significa che sono in procinto di manifestarsi, ma non hanno buone intenzioni...»

«Alla nonna hanno cercato di mangiare i capelli! E anche tu li hai belli lunghi...»

«Sono molto arrabbiati. Lo sarebbe chiunque fosse stato ammazzato in quel modo, con odio e sadismo...»

«Possono accontentarsi di lanciare grida, ma a volte si materializzano, e si mostrano a te come sono...»

«MOOOOOORTIIIIIII!» hanno urlato contemporaneamente, mentre Balshe li apostrofava di non svegliare i bambini.

Io ho applaudito, entusiasta: erano stati bravi. La storia era abbastanza banale, quasi di repertorio, ma l'avevano interpretata bene, in modo teatrale, avvicendandosi con grazia l'uno all'altro senza rubarsi la scena.

«Grazie...», ha risposto Sazan, deluso.

«Non ti sei spaventata, eh?», mi ha interrogata Dasaret.

Io ho abbozzato un sorriso.

Non so se il racconto abbia davvero una base di verità, e in fondo nemmeno mi interessa. Non sono superstiziosa e non credo agli spiriti. Ma mi è piaciuto ascoltarlo.

Adesso, alle Spelonche, è tempo di Raduni.



Anche a rileggerlo, è proprio da tagliare...

Va mu, baci!

lunedì 8 giugno 2015

Una piacevole sensazione di tranquillità

GESHWA OLERS E IL VIAGGIO NEL MASSO VERDE
di Fabrizio Valenza


Non amo i romanzi dalla trama lineare e purtroppo questo non fa eccezione: anzi, è davvero il più lineare dei lineari, sin quasi all'imbarazzo, come se si seguisse un non-schema, o persino una mappa, piuttosto che il filo di una storia. E tutto è scontato, tutto è prevedibile, ed evidentemente studiato a tavolino, senza che la trama si ribelli, faccia bizze o impennate, come di solito accade quando si dà libero sfogo all'immaginazione... Ci manca solo che ogni giorno ci vengano descritti i pasti del protagonista (non ci siamo troppo lontani).
L'impressione, poi, è accresciuta dalla banalità del racconto, che attinge a piene mani a tutto ciò che nel fantasy è già sentito e abusato (in particolare, non se ne può più del giovane protagonista prescelto e ignaro), tanto che l'impressione è che proprio non succeda niente. Persino l'incontro con la Fada, che comunque un minimo di fascino ce l'ha, sembra preso pari pari da un dizionario del Piccolo Popolo...
Neppure i personaggi si salvano: Geshwa è piatto e noioso, e tutto gira attorno a lui, in funzione di lui. Altro elemento, questo, che contribuisce alla monotonia generale.
Tuttavia...
Il libro non è spiacevole da leggere. Per niente.
Forse all'inizio, per la pedanteria dei “preamboli”, e gli apparati alla fine, per il frasario ridondante.
Per il resto, però, lo stile dell'autore è squisitamente fluido, con un linguaggio non troppo ripetitivo (benché ogni tanto qualcosina gli scappi) e alcune descrizioni davvero belle, specie per quanto attiene alle ricostruzioni paesaggistiche. Infonde nel lettore una piacevole sensazione di tranquillità, di pigro relax, che lo trascina fuori dal tempo, sia pure in una sospensione immota...
Anche il mistero legato ai veti e alla diffidenza in ordine alla magia – vista negativamente – è interessante, per quanto poco approfondito... Ma questo romanzo è il primo di un'eptalogia, quindi è possibile che nel prosieguo la questione acquisisca importanza e che persino la trama riesca a decollare.
Non lo so.
E probabilmente non lo saprò mai, perché, anche se nel complesso assegno al primo tomo un giudizio più che sufficiente, non mi viene voglia di scoprirne la continuazione.

Peccato.