CADUTA
LIBERA
di Nicolai Lilin
Secondo
romanzo della “Trilogia Siberiana”, purtroppo meno appassionante
del precedente, lontano da quel luogo incantato che è l'infanzia...
Kolima
è maggiorenne, costretto a scontare il servizio militare, e viene
forzosamente arruolato tra i Sabotatori, il gruppo più libero, ma
anche quello più “duro”, sotto la capace supervisione
dell'impavido e diversamente disciplinato Maggiore Nosov.
Non
ci sono più, dunque, i personaggi che abbiamo conosciuto in
“Educazione Siberiana” e nemmeno la Transinistria o la subcultura
criminale.
Resta,
invece, l'odio per il Governo, seppur rappresentato in modo
differente e con altre accezioni, meno estreme, il senso frustrante
di ingiustizia, e restano quel senso di comunione e fratellanza e un
codice morale ferreo, seppur in qualche modo slegato dalla realtà
comune.
In
effetti, le tematiche, con le debite modifiche ed evoluzioni,
rimangono pressoché le stesse, ma la storia ci viene narrata in modo
assai più lineare...
Alcune
cose, tuttavia, si smarriscono, come i tatuaggi...
Nel
complesso una lettura piacevole, fluida, senza grandi picchi
emozionali e con troppi momenti di stasi, che intrattiene, assesta
qualche scossa, ma non resta impressa in modo indelebile.
Ci
mostra, però, il colore della guerra (il riferimento è al conflitto
con la Cecenia), i topi tra le vesti dei cadaveri, la perenne paura
della morte, il soffio delle pallottole, e ci insegna dove conservare
le granate affinché non ci esplodano addosso se ci troviamo nel
posto sbagliato nel momento sbagliato...
Non
è un romanzo privo di motivi di interesse, dunque, e a suo modo fa
compagnia. Ma a tratti è monotono, didascalico, quasi
documentaristico, e, a differenza di altri, non ci cambia, non ci
illumina di immenso, non ci porta oltre l'arcobaleno o nel cuore del
protagonista.
Che
ascoltiamo volentieri, ma di cui non accusiamo la mancanza dopo
l'ultima parola.
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