DRAGON
HEAD
di Minetaro Mochizuki
Un
manga che era già stato pubblicato anni fa, dalla Magic Press, ma
che si era bloccato al numero sei, quattro volumetti prima della
fine. Quest'anno, finalmente, grazie a Planet Manga, siamo riusciti
ad arrivare alla conclusione.
La
nostra storia inizia in modo fulminante, con un grave incidente con
il treno: rimaniamo bloccati in una galleria, con un mare di morti,
senza sapere perché o per come. Unici superstiti tre studenti, di
cui uno impazzito. Quando finalmente riusciamo a guadagnarci
l'uscita, scopriamo che fuori la situazione non è per nulla
migliore... E che è suscettibile di peggiorare.
Si
potrebbe dire che si tratta del solito – ma pur sempre interessante
– spunto catastrofico, con la fine del mondo e le situazioni
estreme... La verità, però, è che Dragon Head è soprattutto
un'opera sulla paura, su come ci trasforma, su come possiamo
affrontarla, su come agisce sul cervello umano, prima e dopo. E su
come ci manca, quando non c'è più. In merito si elaborano parecchie
tesi e se ne affrontano le dinamiche, spesso in modo acuto e
intelligente.
Indagato
a fondo, dunque, l'elemento psicologico e i caratteri dei personaggi
(di per sé non originalissimi). Molto stimolante la spiegazione
sulle origini del disastro, nonché del titolo del fumetto, per
quanto ogni verità resti in equilibrio tra il detto e il non detto,
tra il colto e il dedotto... Inaspettata, suggestiva. Terrorizzante.
Nel
complesso, tuttavia, per quanto non manchino le riflessioni e i
ragionamenti, un manga incalzante, con tante scene di azione, ottima
atmosfera, una continua sensazione claustrofobica da tranciamento di
gambe, avventura, buoni e cattivi sentimenti, e ansia.
Anche
i disegni sono perfetti: cupi e pieni di orrore, soprattutto le
espressioni dei volti, gli occhi piccoli, quei tatuaggi sulla pelle.
Particolari alternati a campi lunghi, in cui il disastro, nei suoi
molti aspetti, si manifesta con precisione apocalittica. E buio,
buio, buio. Dentro e fuori.
Ma
a rendere questo manga indimenticabile, sollevandolo oltre il livello
di mero consumo adolescenziale di pregevole fattura, è proprio quel
che ad esso sta dietro: la paura, con le congetture che alimenta e le
sue rappresentazioni.
Notevole.
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