IL
PORTO PROIBITO
di Teresa Radice e Stefano Turconi
Se
lo si sfoglia superficialmente, al di là dell'entusiasmo per i
disegni e per la ricercatezza dell'edizione, può apparire un
coacervo di stereotipi a tema marino.
Non
lo è.
E'
avventura, umanità, bellezza, crescita e sentimento.
Molto
vicino al capolavoro.
I
personaggi, innanzitutto: a prima vista possono apparire come dei
cliché, ma ne sono ben lungi. Sono ricchi di spessore, invece,
evolvono di continuo e spesso rivelano lati nuovi, sottraendosi alla
convenzionalità. William, ad esempio, il neocomandante giovane e
carino che raccoglie Abel, il ragazzino naufrago senza memoria... Si
tratta di un'opera corale, con molti protagonisti, ma noi all'inizio
siamo legati alla sua soggettività e ci facciamo una certa idea di
lui. Che è sbagliata. Su Abel, magari, ci prendiamo un po' di più,
ma presto si affacciano dei dubbi, e anche se la spiegazione, quando
arriva, non ci sorprende, non ci sembra neppure scontata, come
temevamo in principio. Anzi, il background culturale su cui si
appoggia la impreziosisce, la rende – paradossalmente – unica e
originale, e – addirittura – geniale.
Stupendo
il modo in cui ci viene narrata la storia. Come una marea che sale e
scende, che si mescola ad altre cose – al vento, agli stridii dei
gabbiani, ad una canzone – e che si concentra su un'onda, e quindi
ne segue un'altra, per poi riprendere la prima, quando si frange
sulla battigia. La trama ci avvolge, ci entra nel cuore, diventa
parte di noi.
E
ritorna.
Anche
a distanza di settimane.
Ma
forse la caratteristica migliore è il sentimento: non uno, ma tanti,
pieni di umanità, a volte confusi, contraddittori, ma genuini,
autentici, non melensi... che ci riscaldano l'anima (nell'ultima
scena, quasi sono d'obbligo le lacrime agli occhi) senza forzature,
senza patetismi.
E
i dettagli, le poesie, i riferimenti letterari e non... Quanti
particolari, stimoli, parentesi! Non compromettono la scorrevolezza
della storia, piuttosto la rendono vera, coerente, suggestiva! Non ho
mai assistito, che io ricordi, ad un uso migliore della “Ballata
del vecchio marinaio” di Coleridge.
Infine
ci sono i disegni, con la differenza che quelli emergono subito:
espressivi, poetici, dagli echi disneyani, ma non infantili.
Meraviglioso il tratto a matita, privo di china, aumenta l'atmosfera.
Le sequenze migliori, però, quelle che denotano maggior sensibilità
e acume, sono in forma di bozza, disseminate nei punti giusti.
Accidenti,
non sto neanche a riassumere la trama...
Perché
dovrei? Non è importante. E non è neanche il mio genere, a parte lo
spunto fantastico e l'evocatività di fondo.
E'
importante, invece, l'equilibrio che permea tutti i suoi elementi,
dai personaggi a ciò che suscitano, e che a ripensarci quasi mi
commuove.
Perché
la bellezza commuove sempre.
Ma
c'è dell'altro, anche. C'è la morte, il mistero, il tradimento,
l'amore, nelle sue varie accezioni. C'è il modo in cui tutto ciò
viene affrontato: onesto, sincero, semplice e al contempo profondo...
magico. Ma potente.
Ho
detto vicino al capolavoro?
Perché?
“Il
porto proibito” è un capolavoro!
Be'... GRAZIE!
RispondiEliminaGrazie a voi! Non vedo l'ora di rileggervi!
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