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domenica 30 giugno 2013

Un banchetto ambulante!


MANGIATA VIVA!!!
 


Fino all’anno scorso zanzare e pappataci mi hanno sempre ignorata, preferendo il sangue dolce e gustoso del mio perfido marito… Quest’anno, invece, non so che cosa è cambiato, sembro un banchetto ambulante!

Da circa un mese, infatti, i malefici insetti vampireschi si nutrono di me, lasciandomi sulla pelle orride bugne rosse che prudono da impazzire e che, grattate con dovizia come richiede il copione, si trasformano in osceni ematomi con tanto di micropuntini attorno… Insomma, ormai sembro affetta da qualche misterioso morbo e mi aspetto che uno di questi giorni qualche allegro compaesano proponga di rinchiudermi in un lazzaretto!!!

Misericordia! Ma che è successo?

Ci ho rimuginato a lungo, e ho dedotto, con la lucida logica che mi contraddistingue, di essere stata colpita da una maledizione…

Lo scorso anno, mentre ero alla spiaggia con alcuni amici, ho inavvertitamente schiacciato un’ape su uno di loro…

Sul serio, non ne avevo alcuna intenzione: anzi, neppure l’avevo vista! La poveretta, probabilmente, si era solo appoggiata in cerca di ristoro, mentre io (che ho l’abitudine di usare il mio prossimo come appiglio per alzarmi, quando sono seduta) le ho dato l’estrema unzione! Peraltro, prima di spirare, la piccula, spaventata, ha cercato di combattere… Solo che non ha punto la mia rea mano, che la stava spiaccicando, ma il mio amico, ignaro e innocente… Che lì per lì ha creduto gli avessi conficcato un vetro nella carne…

Io – giustamente in colpa – rinvenuto il cadavere, ho preteso ci precipitassimo in farmacia… Il mio amico ha acconsentito, più che altro per farmi stare zitta… Medio tempore ho chiamato la Dany (laureata in chimica farmaceutica), che mi ha tranquillizzata spiegato che se il malcapitato fosse stato allergico sarebbe già morto… Quindi, quando siamo entrati nella prima farmacia a disposizione, lui era bello spavaldo... ancora, oltretutto il dolore gli stava concedendo una sorta di tregua e al momento non era troppo intenso.

Ci ha pensato la farmacista a terrorizzarlo per bene, dicendogli, con voce grave e ammonitrice, che le punture d’ape non sono da sottovalutare, che c’è pericolo per i linfonodi, che sarebbe potuto morire… e altre amenità. Olè!

Il mio amico – che tra i molti nomi che gli affibbio periodicamente si è anche meritato quello di Paranoia-Boy – ha iniziato a preoccuparsi seriamente, ha fatto un po’ di shopping di medicinali, ed è schizzato a casa.

Nei giorni successivi prurito e dolore si sono alternati in una giostra beffarda, ammansiti solo dalle pomate… In più lui, in piena estate, doveva rifuggire il sole, vivendo nel terrore dei linfonodi ingrossati…

Io ho cercato di tranquillizzarlo ripetendogli le consolanti parole di Dany… Invano!

Alla fine, credo che lui abbia potuto trovare la pace solo maledicendomi, specie dopo che, nei giorni successivi, ha rinvenuto un po’ di vespe ad aspettarlo in salotto, calabroni in agguato vicino alle finestre, api assassine pronte a vendicare la compagnuccia ingiustamente sacrificata…

Posso biasimarlo?

No... Ma di certo posso lamentarmi.

Zanzare infami!

sabato 29 giugno 2013

Il marcio si annida ovunque...


IL SEGGIO VACANTE
di J. K. Rowling

 
Lo stile è quello dell’autrice di Harry Potter, riconoscibilissimo, ma la trama non ha nulla da spartire con la saga del maghetto più famoso del mondo.

Non tanto e non solo perché questo è volutamente un libro per adulti, quanto piuttosto perché non è dominato da magia, immaginazione e amicizia, bensì da una visione pessimistica – e realista e consapevole, per quanto estrema – della provincia inglese e dell’umanità in generale, che nel complesso risulta davvero desolante.

Il marcio si annida ovunque, nel privato e nel sociale, e persino nel mondo degli adolescenti, fatto di rancori, sofferenza, e senso di vuoto; persino nelle famiglie: disfatte e fragili, fondate sulle convenzioni, più che sull’amore. I rapporti sono spesso esacerbati, all’insegna della grettezza, dell’avidità, dell’egoismo e del senso di sopraffazione. L’unico personaggio che sembra essere davvero positivo muore nelle prime pagine del libro (lasciando appunto vacante il seggio attorno a cui ruota l’intera vicenda).

Un’opera cupa, in cui tutti i nodi, in modo più o meno spiacevole, finiscono prima o poi per venire al pettine, creando risonanze ed ulteriori negatività, destinate ad intrecciarsi e ad influenzarsi reciprocamente.

Nemmeno il finale è davvero consolatorio, perché il prezzo che si paga affinché i pezzi tornino a posto è davvero caro...

L’unico motivo per cui “Il seggio vacante” non risulta opprimente è la scrittura limpida della sua autrice: scorrevole, semplice, ma ricca di particolari.

La Rowling si concentra su più personaggi e costruisce la trama tassello per tassello, in soggettiva, illuminandoci di volta in volta sul pensiero di ognuno dei suoi protagonisti, che in un primo momento sembrano un poco stereotipati, ma che risultano sempre più veri e sfumati, indagati a fondo nelle loro motivazioni.

Nel complesso devo dire che questo libro mi è piaciuto: all’inizio si legge volentieri, man mano però ci si appassiona, ci si incuriosisce, la tensione aumenta e sfocia in una serie di mirabili cliffhanger destinati a convergere nel finale che, inutile dirlo, doveva proprio essere quello… Però…

Però.

Dopo l’ultima pagina, che in sé per sé mi ha soddisfatta, ho avvertito che qualcosa non andava, una sorta di retrogusto artificiale…

Non sono ancora riuscita a dare un nome a questo qualcosa, o a chiarirmelo completamente, liberandolo da ogni dubbio… A furia di rifletterci, tuttavia, oso azzardare che forse il problema è dato dall’eccessiva perfezione con cui è stata strutturata la storia, in cui ogni casella si incastra così esattamente da non poter essere davvero sincera, davvero sentita, ed infatti il punto è che forse mi appare forzata, soprattutto per quanto riguarda la psicologia dei personaggi. Presi singolarmente mi sembrano convincenti, ben costruiti, ma esaminandoli tutti insieme, nel complesso, avverto una nota stonata.

Piccola piccola, ma insistente.

Oppure il problema, in linee ancora più generiche e nebulose, è che l’autrice ci abbia messo troppa testa e poco cuore, senza arrivare davvero all’anima dei lettori, come invece era riuscita a fare con l’eptalogia che l’ha resa un’icona…

Pazienza.

venerdì 28 giugno 2013

Non è un pornazzo senza trama...


LOST GIRLS – RAGAZZE PERDUTE
di Alan Moore


Ovvero l'Alice di Lewis Carroll (quella che ha visitato il Paese delle Meraviglie), la Dorothy di Baum (a suo tempo ospite del Mondo di Oz), e la Wendy di J. M. Barrie (reduce dell'Isola-che-non-c'è e amica di Peter Pan), che qui, nel 1913, si incontrano, ormai adulte, e rievocano il passato in uno splendido albergo di lusso nel cuore dell'Europa, lontane da tutto, salvo che dai ricordi, all'ombra della ormai imminente Prima Guerra Mondiale.

Il passato che ci confessano, però, tra finzioni e memoria, fremiti e pulsioni carnali, è assai diverso da quello che ci è sempre stato narrato, sconvolgente e disturbante, fatto di abusi e di iniziazioni sessuali, che arricchisce enormemente le protagoniste sul piano psicologico, donando loro ombre e sfumature, significati nuovi, tensioni fisiche e cicatrici, facendole diventare vive e vere, affamate, fortemente sententi, libere e senza freni.

Alan Moore è un genio e riesce nell'impresa impossibile di trasformare personaggi forgiati “col il materiale di cui sono fatti i sogni” in donne di carne, con tutto ciò che vi sta in mezzo.

E che implica e sottende.

E che finisce per dotarle di anima.

Quest'opera, infatti, nonostante la forte carica erotica, lontana da qualsiasi remora o inibizione (spesso sfiora il pornografico, e, a volte, può persino risultare fastidiosa), totalmente e straordinariamente libera, intima, anche sul piano mentale, non si esaurisce in questo, ed anzi va molto oltre, toccando corde interiori profonde e rivelandosi complessa ed intellettuale.

L'esperienza sessuale, dunque, è solo un mezzo per scoprirsi ed arrivare a se stessi, al proprio inconscio, e rappresenta lo svicolarsi dai condizionamenti esterni, dalle sovrastrutture, dalle regole sociali. O dai limiti che talvolta ci autoimponiamo, per via dell'ambiente o delle circostanze, senza magari neppure sapere perché.

L'opera, poi, è resa ancora più interessante e multiforme grazie al fatto che, in perfetta aderenza alle opere letterarie di cui sono protagoniste, le nostre tre eroine sono diverse per età ed estrazione sociale, offrendoci così una moltitudine di confronti e sfaccettature.

In quanto ai disegni, nella fattispecie affidati a Melinda Gebbie... di solito li trascuro, privilegiando la trama, ma nel contesto attuale ci aiutano a dare all'opera la giusta prospettiva, e sono più poetici che descrittivi. Lungi dall'indulgere su particolari morbosi, risultano infatti quasi favolistici, a tratti persino volutamente algidi. Non sensuali, quindi, ma freddi e rigidi.

Perché non è un pornazzo senza trama quello che stiamo leggendo, ma un'opera colta, raffinata, dai molteplici piani di lettura, e traboccante di citazioni e rimandi artistici e letterari.

Un capolavoro unico, sperimentale ed innovativo, facile da fraintendere, difficile da capire.

Incredibile da leggere.

Da noi è stato pubblicato in tre volumi dalla Magic Press.

giovedì 27 giugno 2013

Non ti traumatizza, ma ti apre la mente...


DONNIE DARKO





Donnie Darko, un adolescente intelligente e profondo, probabilmente affetto da schizofrenia, scampa ad un incidente mortale avvenuto nella sua camera da letto, grazie ad un episodio di sonnambulismo. Il reattore di un aereo è infatti precipitato dal cielo sfondando il tetto di casa sua e distruggendogli la stanza. Peccato che non risulti mancare a nessun aereo.

Donnie, dal canto suo, ha sognato Frankie, un ragazzo vestito con un costume da coniglio antropomorfo dall'aria terrorizzante, che lo informa che tra circa 28 giorni finirà il mondo.


Una trama ambigua, sfaccettata, pluridimensionale, malinconica, e a tratti spaventosa, che supera i confini dello spazio e del tempo per ricostruirsi in più piani di lettura.

Non ti traumatizza, ma ti apre la mente e ci infila così tante cose, che devi rivedere tutto da capo più volte, prima di cominciare a coglierne i significati e le stratificazioni. Che però intuisci da subito e, anche se in principio ti restano dentro come qualcosa di irrisolto, di incompiuto, ne percepisci immediatamente la bellezza e lo spessore, e ne vuoi di più e ancora, e ci ritorni, e ci mediti. E alla fine, ragionandoci, arrivi alla comprensione, al dunque, al quid. Ma non sei che al primo passo. Perché c'è molto altro oltre a questo e l'interpretazione non è mai solo una.

Eppure il film non è puro intelletto, perché ti avvince anche emotivamente, ti porta ad amare il suo protagonista e persino molti personaggi di contorno, che comunque non ti risultano mai indifferenti e che non sono mai semplici pedine del gioco del regista.

Ma è un gioco quello del regista? O è molto di più?

Principi fisici, suggestioni esoteriche, e riflessioni filosofiche si fondono svolgendo un teorema bizzarro, che lungi dall'avere un sapore scolastico, ti arriva dritto al cuore e ti dà una scossa al cervello.

Perché non ci si limita a speculazioni teoriche, ma si affronta il tema della morte e del suo significare, del destino e delle risonanze della vita. Senza retorica, senza sproloqui, senza drammi inutili. Solo scoprendoli, a poco a poco, attraverso il mistero del loro dipanarsi e incombere.

E anche se ci sono immagini che ci lasciano perplessi, ad una prima visione, o che non cogliamo nella loro interezza o nelle loro ripercussioni, c'è comunque un piano narrativo che possiamo seguire con facilità e da cui farci coinvolgere – alimentato da casualità non casuali che si rincorrono, sogni, visioni, e da provocazioni talvolta solo sussurrate – che risulta ancora più ammaliante nelle sue sfumature inespresse.

Un capolavoro e un cult.

P.S.

Del film esiste un seguito, S. Darko, incentrato sulla sorellina di Donnie, che, per quanto suggestivo in certi suoi echi, è purtroppo assolutamente trascurabile.

Per usare un eufemismo.

mercoledì 26 giugno 2013

L’illuminazione facendo zapping in Tv...


HUNGER GAMES
di Suzanne Collins

vs.

BATTLE ROYALE
di Koushun Takami

(romanzi)



Ho finito leggere la trilogia della Collins e il romanzo di Takami la settimana scorsa, ma prima di pronunciarmi in proposito ho preferito che il tutto si sedimentasse un po’…

Entrambi parlano di adolescenti, maschi e femmine in egual numero e da un numero contrassegnati, costretti da un regime totalitario ad uccidersi a vicenda in uno spazio circoscritto (isola o arena), fino a che ne resterà solo uno, che, almeno in teoria, sarà libero di godersi la vita e i privilegi che gli deriveranno dalla vittoria…

Battle Royale è uscito anni prima.
 
 
Dunque, in definitiva, la domanda è: si può davvero affermare che la Collins lo abbia copiato?

Lei sostiene di aver avuto l’illuminazione facendo zapping in Tv, tra reality e scene di guerra, ed in effetti lo trovo plausibile: per quanto l’idea di base sia geniale, in effetti, non serve un genio per concepirla…

E’ innegabile, però, che lo spunto delle due opere sia pressoché identico, sebbene queste risultino completamente diverse per atmosfere e per sviluppo. E alla fine anche “Il Signore delle Mosche” di W. Golding è simile, e sotto altri aspetti anche “La lunga Marcia” e “L’uomo in fuga” di S. King, o “1984” di G. Orwell.

Certo, di primo acchito Hunger Games può davvero sembrare la versione hollywoodiana di Battle Royale: un'americanizzazione del gusto giapponese, opportunamente ammorbidito, a cui viene apportata qualche variazione… ma non lo è. Non solo. Con tutto che, anche se fosse, che importa?

Sono entrambi degni di interesse.

Battle Royale è decisamente più crudo e più freddo: mentre lo leggi avverti un senso di malessere crescerti dentro, un’oppressione da cui non riesci a liberarti, specie nelle prime pagine. Le morti sono descritte una ad una, dettagliatamente, nelle loro dinamiche e motivazioni, mai date per avvenute in lontananza, mai semplicemente evocate con uno sparo di cannone, ma non fini a se stesse o al gusto dello splatter.

Possono sembrarlo, ma soprattutto sono una rappresentazione delle possibili reazioni umane, di cui offrono un esempio per ogni carattere e sentimento. Pura vertigine, pura spersonalizzazione, talvolta con tocchi di ambiguità.

Questo romanzo mi ha reso nervosa, irritabile. Dovevo interrompermi di continuo per respirare e poter continuare a leggere, soprattutto all’inizio. Allo stesso tempo mi ha incuriosita: è qualcosa di totalmente nuovo, di aberrante. Ti affascina nella sua lucida e chirurgica esattezza (peraltro, nel prosieguo, acquista toni più umani).

Il regime descritto è totalitario, come in Hunger Games, ma in modo più brutale, meno sottile.

Nel libro della Collins i giochi vengono fatti passare per spettacolo – sebbene tutti siano consci che corrispondano ad una punizione e ad un deterrente per chi vi è coinvolto – i tributi (i concorrenti) vengono sfamati e agghindati, intervistati e venerati, addestrati e coccolati (anche se...), mentre in Battle Royale la faccenda è chiara: si tratta di un programma di guerra e i ragazzi vengono semplicemente strappati alla loro vita. Sono carne da macello, nulla più, e come tali vengono trattati.

Se i genitori o gli insegnanti, una volta informati, si oppongono, vengono massacrati senza tante cerimonie. La violenza non resta sullo sfondo, viene sviscerata e indagata da ogni angolazione.

Per giunta la situazione è ancora più crudele se si pensa che coinvolge intere classi di studenti delle medie: in linea di massima più giovani e, soprattutto, legati fra loro da affetto e amicizia.

Lo spettacolo non viene diffuso in Tv, serve semmai per elaborare piani di guerra e statistiche, per il gusto della sperimentazione sadica. Solo il nome del vincitore viene rivelato. Spesso dopo che è uscito di testa. Pare che sia impossibile, quindi, non perdere se stessi...

Non solo! Hunger Games riguarda un futuro abbastanza lontano e distopico, con interessanti trovate fantascientifiche in fatto di genetica, di ambientazioni, e persino di moda.

Battle Royale è il presente, è l’oggi, senza fronzoli, senza orpelli.

Atterrisce, questo.

Hunger Games, nonostante le tematiche simili e la tensione emotiva che lo pervade, ti accompagna attraverso la voce di Katniss, la protagonista, intensa e sensibile, ma forte, determinata, positiva. Un’eroina. Un simbolo. Fai tue le sue paure, ti immedesimi, ti ci aggrappi. Man mano prosegui nella trama, il suo carattere si fa più sfumato, più interessante, acquista spessore e motivazioni. La trama stessa passa da “videogame su carta” alla storia di una rivoluzione. Si evolve, matura, si complica.
 


La sua dimensione è più umana, più lineare, multiforme, e concede sempre una speranza, un barlume di felicità, o di bellezza, o di incanto.

In Battle Royale, anche i sentimenti positivi vengono strumentalizzati per rappresentare l’orrore. Per esasperarlo. Ci sono personaggi buoni, che riescono a non corrompersi, o a non essere governati solo dalla paura, ma sono meno carismatici di Katniss, e soprattutto il processo di immedesimazione non è immediato. Il tuo malessere non viene riscattato.

In Hunger Games, alla fin fine, ti senti coinvolto, appassionato, ma non sull’orlo del baratro, e la sensazione, se si vuole, è inversa: fatichi a staccarti dalla lettura, ti affezioni ai personaggi, e le prospettive, in generale, sono più rosee, più liete.

La violenza rimane in secondo piano, è meramente funzionale, e c’è sempre qualcuno a cui tornare, per cui lottare: Katniss e Peeta mettono alla prova se stessi, ma vengono aiutati da tante persone, scoprono solidarietà, amicizia… E li scopre anche il lettore.

Si va al di là della mera sopravvivenza e si lotta anche per altre ragioni, tanto che si è disposti al sacrificio e spesso lo si sceglie.

Si resta fedeli a se stessi, ed anzi si migliora. Si cresce. Si analizza ciò che si deve affrontare e ci si mantiene saldi alla propria umanità, al contempo esprimendo il proprio rifiuto per la vicenda in cui si è stati forzosamente collocati e che si sente come ingiusta e spietata.

E comunque i giochi non sono, come nel romanzo giapponese, l'intero mondo narrativo, ma solo la partenza, la base.

Hunger Games è più avventura e più melodramma.

Meno splatter.

E reca in sé una molteplicità di confronti (la frivolezza con la necessità, il lusso con la miseria, lo spreco con la fame), di denunce (il potere manipolazione dei Mass Media, la spettacolarizzazione della violenza), di toni, di accenti, di sotto trame… E’ più soft, più ottimista.

Per vincere i Giochi non bisogna tanto essere forti, quanto piacere al pubblico.

Battle Royale è più di impatto, più forte, più disperato.

C’è sempre un velo di diffidenza, verso chiunque.

Un sistema avvelenato e avvelenante, che porta alla follia e snatura l’uomo (che qui è solo un ragazzino/a), lo spersonalizza, mettendo in crisi i suoi valori, rivelandone l’inciviltà, la ferocia, e gli istinti più bassi.

Non ti esalta, ti annichilisce.

E ti agghiaccia.

Solo per adulti.



Anche se… sul finale alcuni concetti si ribaltano.

Non entro nel dettaglio ed evito spoiler, però mentre la trilogia della Collins si tinge di desolazione e cupezza, Battle Royale, nel suo epilogo, ci permette di intravedere la luce e ci riscalda.


Ad ogni modo, per tornare al punto di inizio: no, la Collins non ha copiato Battle Royale. Al massimo può esservisi ispirata e c’è comunque dell’originalità nel suo lavoro… E poi, di nuovo chiedo: davvero importa?

Ho letto con piacere entrambe le opere e sono contenta che ci siano tutte e due perché mi hanno intrattenuto in modi opposti e quasi complementari, regalandomi emozioni totalmente diverse.

La verità è che a leggerli in contemporanea, i romanzi moltiplicano pregi e motivi di riflessione, stemperando i reciproci difetti.

Semplicemente, consiglio entrambe le opere.

martedì 25 giugno 2013

La discesa nella mente di un tossico.


IL PASTO NUDO
di William Burroughs
Un romanzo che ti striscia dentro e depone le uova tra i tuoi pensieri. E tu poi le senti schiudere, agitare, senti le larve che si attorcono e si nutrono di te, del tuo cervello, cancellandoti, annichilendoti, ma offrendoti in cambio nuove suggestioni. Che ti lacerano, ti esaltano, e che però capisci solo in parte. Che ti stordiscono, lasciandoti stranito e privo di certezze.
Ma che ti fanno sentire più vero, più vivo.
Perché questo, ti sembra: di aver dato un morso a Dio e di averlo inghiottito.

La discesa nella mente di un tossico.
E di un artista.
E di un genio.

Un romanzo che non è un romanzo, ma pura essenza!
Essenza di che?
Di sogni, di inferno, di luce, di buio...
E' possibile descriverlo solo per metafore, e mai potendolo rappresentare del tutto...

Crudo, feroce, sordido, magico, allucinato e allucinante.

Senza inizio e senza fine, non ne afferri il senso, la trama, lo scopo, ma lui afferra te e ti trascina in un labirinto di specchi in cui il rimbombare dei tuoi passi ti assorda e ti fa sentire il peso della tua carne.

Paranoico, fobico, delirante, grottesco, volgare.
Geniale e innovativo.

Un capolavoro.

Da rileggere per l'eternità perché ogni volta è diverso o sei diverso tu, ma sempre ti regala un pezzo di te.
Un pezzo sanguinante.

lunedì 24 giugno 2013

Quindi, forza con gli azzurri, i gialli, i rossi!


LA MATURITA' DEL RAGNO


 
Il Ragno (mio fratello) ormai è anziano e mentre io butto giù questo post lui è in bagno che si fa bello: oggi dovrà affrontare la Terza Prova (scritto su quattro materie con domande a risposte aperte... In certi casi agli alunni vengono fornite prima... Non nel nostro) perché quest'anno ha la maturità!

Ai miei tempi non esisteva, era tutto diverso, ma dato che sono stata precettata per dargli una mano a studiare (nelle materie in cui sono in grado, naturalmente...) sto scoprendo nuovi orizzonti.

Intanto c'è la tesina...

Ai miei tempi all'orale si portavano due delle quattro materie che uscivano – ma una te la potevano cambiare all'ultimo – e su cui venivi interrogato a tappeto. Adesso no: tesina.

Argomento a scelta, l'importante è che ti dia la possibilità di fare dei collegamenti con le altre materie. Ma non troppi: non deve essere eccessivamente lunga! Massimo venti pagine...

Ragno ha optato per “L'Infinito”.

Bene... Abbiamo iniziato a raccogliere il materiale e a strutturare gli argomenti attorno a novembre.

A gennaio (mi pare) mio fratello ha deciso di cambiare il titolo perché “L'lnfinito” era troppo inflazionato, e poi lui era rimasto flashato dalla visione del film dei fratelli Wachowsky, Cloud Atlas... Insomma, dopo molto ragionare, la scelta è caduta su “L'Individuo”.

Si è dovuto ricominciare tutto da capo... Domeniche alla ricerca del materiale, domeniche per comporla, mail per stressare Gian (che è prof. di filosofia) per ricevere consigli e conforto...

Alleluja, a maggio l'abbiamo finita!

Un cavolo! Troppo lunga e insidiosa! Abbiamo dovuto scorciarla...

A giugno abbiam terminato e io ho cominciato a sospirare di sollievo: troppo ottimista, bisognava pensare alla presentazione: Mappa Concettuale! Ossia una sorta di cartellone in cui si riepilogano e collegano i vari temi... Ci ha aiutati Franceschina del Ragno, anche perché io manco sapevo che fosse 'sta mappa, prima...

Per realizzarla molti dei miei cartoncini colorati, dei miei pennarelli magici, e delle mie matite metallizzate hanno dato la vita!

Va mu, il cartellone è venuto molto carino, però...

Avevamo dei dubbi se farlo cromaticamente vario o più serio e grigio, ma Gian ha detto che colorato è meglio, mentre l'insegnate di mio fratello, direttamente interpellata, ha ritenuto fosse indifferente.

Quindi, forza con gli azzurri, i gialli, i rossi!

A questo punto eravamo pronti?

No, il Ragno ha iniziato uno studio matto e disperatissimo (fortunatamente per lui, spesso in compagnia degli amici), soprattutto per matematica. Il Cucciolo, infatti, non si è iscritto al Classico (come me), ma allo Scientifico, e matematica è discretamente importante... e difficile, visto che fanno già quella avanzata dell'Università... Qui non potevo proprio essere utile!

Sono entrata di nuovo in gioco alla vigilia del Tema, quando il Ragno ha voluto fare un excursus su tutti gli autori del '900, in particolare su quelli che non facevano parte del programma...

A parte che anche loro i temi li fanno strani, perché oltre al titolo vengono forniti agli alunni materiali e tracce, e vengono loro imposti limiti di lunghezza... Bah! Sforniamo studenti o piccoli giornalisti? Ad ogni modo, uno dei temi usciti è stato: “L'individuo”, lo stesso titolo della tesina. Yeee!!!!, ho detto io. Ma vi pare che il Ragno abbia fatto quello? No!!!! Sarebbe stato antisportivo! Ma non preoccuparti, mi ha rassicurata, ce n'era un altro facile, uno su Magris (che nel ripasso non abbiamo contemplato e che il Ragno non ha mai letto)... Speriamo!

Per il resto... Matematica è passata. Ragno non si vuole pronunciare in merito, darà un'occhiata alle soluzioni prima dell'orale, così (come favoleggia lui) intanto gli resta un po' di felicità...

In compenso, da domani bisognerà lavorare all'esposizione della tesina (interrogazione fissata per il 28), nel frattempo incrocio le dita per la Terza Prova di questa mattina. Forza Ragno!

E Forza anche a tutti gli altri maturandi!

domenica 23 giugno 2013

Anticonvenzionale, libertino, amorale, irriverente...


NON FIDARTI DELLA STR*** DELL’INTERNO 23

 
Cancellato durante la seconda stagione per i bassi ascolti?

Com'è possibile? Forse perché è troppo... Anticonvenzionale, libertino, amorale, irriverente, sopra le righe...?

O davvero semplicemente “troppo” per la massa di lobotomizzati che di solito si dedica alla propria decomposizione cerebrale davanti alla Tv?

Non lo so, ma è un vero peccato, perché questo telefilm è una delizia!

Freschissimo, esuberante, con punte di genialità e di perfidia da manuale...

Ma in modo così carino che non può che tirarti su il morale!

E proprio quando pensi che il tono possa diventare stucchevole... BAM!!! Ti spacca il setto nasale con un colpo assassino! Ma quasi non te ne accorgi, perché stai già morendo... dal ridere!

Il fulcro del telefilm è lei: Chloe, la Str***: tutto ciò che non vorresti fosse la tua migliore amica! Ladra, egoista, manipolatrice, menzognera, frivola, opportunista, alcolizzata... E pure un po' sgualdrina! Ma sotto sotto un cuore ce l'ha anche lei, solo che te lo dimostra nei momenti più bislacchi e nei modi più contorti ed inaspettati...

Poi c'è June, una ragazza di provincia, piena di sogni (che si infrangono) e di ottimismo, ingenua, dolce, generosa... Ma con un bel caratterino, tanto che riesce (più o meno) a tenere testa alla sua terribile coinquilina. Chloe, appunto!

June, infatti, si è appena trasferita a New York, dove, il primo giorno, perde il lavoro, l'appartamento, e si ritrova ad abitare con la nostra str***, che non perde tempo e si accoppia con il fidanzato storico di lei, per giunta sulla sua torta di compleanno! Ma per una buona ragione, s'intende!

E infine c'è James Van Der Beek, ex protagonista di “Dawson's Creek”, che interpreta se stesso ed è un vero spasso! Migliore amico di Chloe, frustrato, vanesio... magnificamente autoironico! Se in Dawson non lo si poteva vedere per quanto era inutile e noioso, qui è una continua scintilla!!! Cerca di rilanciare la sua carriera in declino e di sganciarsi dallo sdolcinato personaggio che lo ha reso famoso... Inutile negarlo: James si riscatta completamente acquistando spessore proprio mentre lo perde, un po' come gli eroi di Beverly Hills in “Domino”, ma in modo assai più frizzante!

Insomma una commedia cinica, dissacrante, con un soffio di zucchero (probabilmente adulterato con qualche sostanza pericolosa) e un sacco di risate!

Da non perdere!

Quindi, davvero, perché cancellarlo?

E' una crudeltà!

Str***i!!!

sabato 22 giugno 2013

Un gusto crudele ed esilarante...


IL DIO DEL MASSACRO di Yasmina Reza

(CARNAGE di Roman Polanski)

Libro e Film
 

Che nella fattispecie sono pressoché identici… Cambiano giusto i nomi dei protagonisti: dal francese all’inglese, e forse qualche infinitesimale dettaglio.

Ed infatti non si tratta del riadattamento di un romanzo, ma della precisa ed impeccabile trasposizione di un’opera teatrale, che per lo più si svolge tutta in casa nell’arco di massimo un paio d’ore. E che è arguta e geniale quanto graffiante, rendendo perfettamente il passaggio dalla civiltà alla “barbarie” dei rapporti umani: perché, davvero, ci vuole un nonnulla affinché ci cada la maschera dell’ipocrisia che normalmente portiamo per educazione… Talvolta è sufficiente un po’ di debolezza di stomaco…

In una scena che ha un gusto crudele ed esilarante, infatti, una bella vomitatina fa esplodere la situazione, degenerando in un’ode al massacro squisitamente verbale, che in un attimo trascende in crisi di coppia, guerra dei sessi, e amenità varie…

Tutto inizia con una baruffa tra ragazzini (sfociata peraltro nella rottura di due denti – ma, si badi, “non si tratta di una questione di soldi…”), che nel film si intravede in secondo piano mentre passano i titoli iniziali, mentre nel libro è data per svolta, e da cui scaturisce il tentativo dei genitori – due coppie assolutamente rispettabili e ben intenzionate – di comporre bonariamente la lite e magari ricavarne una lezione di vita per i figli…

Tuttavia, alla fin fine, la querelle fra i dodicenni non appare più così importante, tanto più che i genitori sono assai più selvaggi e volgari di loro: l’unica differenza è che, di norma, gli adulti “per bene” sono vincolati alle convenzioni… Finché resistono.

Quando l’apparente armonia crolla, infatti, rivela il marcio che c’è sotto: sottile, ma a tratti quasi agghiacciante. Soprattutto perché assolutamente plausibile (benché in qualche punto leggermente forzato).

Il dramma (a tratti quasi una commedia) ovviamente si regge sui dialoghi, perfetti e incalzanti, dall’eccellente dialettica, e, nel caso della pellicola cinematografica, sulla capacità espressiva dei magistrali interpreti, qui in stato di grazia: Kate Winslet, Jodie Foster (magnificamente irritante), Cristoph Waltz e John C. Reilly, che gareggiano a chi è più odioso.
 
Non saprei dire che cosa ho preferito, se leggere il testo teatrale o vedere il film: consiglio entrambe le esperienze: catartiche!

venerdì 21 giugno 2013

Disegni tondeggianti, dolcissimi...


IL CADAVERE E IL SOFA'
di Tony Sandoval





Come si fa a resistere ad un titolo così bello?

Io non ci sono riuscita e benché nulla sapessi di questa graphic novel, l'ho ordinata a scatola chiusa. E ho fatto bene, perché è un incanto!

A partire dai disegni: tondeggianti, dolcissimi, pieni di magia, con colori che sanno di tramonto... Ma che sanno farsi truci, quando è il caso, brutali. O maliziosi. O birichini. Ma sempre espressivi, sebbene più vicini all'illustrazione che ai fumetti.

(Quante sfumature danzano negli occhi dei personaggi, o nel loro sorriso).

Anche la storia è notevole, però: prende una direzione precisa, ti affascina, ti strega, poi ti accorgi che la direzione era un'altra. E ridefinisci tutto da capo, rivivendolo la seconda volta.

Ci sono cose accennate e non scritte, anche.

Cose che succedono tra una vignetta e l'altra, e tu colmi un po' di più, ogni volta che ci ripensi.

Una trama inquieta e poetica, avvincente e delicata, che non è solo suggestione, ma anche contenuto.

Talvolta il registro cambia, si insinuano dubbi, sprazzi di fiaba, toni dark e armonie segrete, ma il ritmo è incalzante e si resta sospesi su un filo di tensione e di polvere di fata sino alla fine.

Il pregio maggiore, forse, sono le atmosfere, che tutti gli elementi di cui sopra contribuiscono a creare, e che talvolta si fanno crude, e quasi paurose.

C'è il sofà e c'è il cadavere.

E i due protagonisti lo guardano decomporsi con fascinazione, ma senza cattiveria, seduti lì, sul divanetto, mentre la cittadina in cui vivono lo cerca e loro si cercano a vicenda, temendo, a volte, ciò che possono scoprire.

Anche il sofà cela dei misteri.

E non è l'unico.

Ma nulla è scontato, nulla è prevedibile.

Solo le ultimissime pagine, forse, deludono un po'.

O l'ultima soltanto.

Ma senza rovinare nulla di ciò che è stato raccontato prima, senza sgualcirlo.

giovedì 20 giugno 2013

Se poi voleste avere la bontà di recensirmi...


TENTATIVI BIZZARRI DI VITA NORMALE
di Otta Torielli

retroscena, buffosi e non

parte II (e ultima)





Continuo da ieri... Seguendo l'ordine dei capitoli.

Mumble, mumble...



Rapporti con la Famiglia: devo ammettere che la lettera sarebbe stata molto più efficace e allusiva se non avessi inserito gli intermezzi... Ma pazienza...



Il Lavoro (la soluzione): secondo mon amour si tratta di un capitoletto troppo tecnico e troppo lungo, ma Gian mi ha dato il suo benestare, indi ho insistito per tenerlo immutato, anche perché è uno di quelli cui tengo di più, benché sia stato molto faticoso da scrivere. Soprattutto perché avrebbe dovuto essere lungo il quintuplo, almeno.

Com'è ovvio è pura invenzione, per fatti e personaggi descritti.

Chiaro? Non c'è nulla di vero.

Assolutamente.



La Religione: all'inizio era completamente diverso, solo che a metà mi sono arenata e non sapevo più come continuare: avrei dovuto quantomeno intervistare un sacerdote per non rischiare degli strafalcioni e non ho troppa confidenza con il mondo della Chiesa...

Così ho ricominciato e ho dato tutt'altro taglio: tanto per cominciare narrando i fatti dalla prospettiva di vista di Zeta e non da quella del prete...

Mon amour diceva che ad Alassio i confessionali erano diversi da quello che ho descritto io, che non avevano la porta... Ma a Pietra Ligure sì, ce l'avevano eccome! Se non è cambiato qualcosa negli ultimi anni! Gné gné!

Ehm... Negli ultimi diciotto anni, più o meno...



Il Treno: la base di partenza, quella della litania, è reale. Lo dico sempre che a fare la pendolare succedono strane cose... Fortunatamente gli sviluppi per me sono stati diversi, ma ho cominciato a buttar giù la storia mentre il tizio “pregava” dietro la mia schiena... E un po' di ansia, tutto sommato, l'avevo...



Il Convegno: qui ho preso appunti mentre le cose accadevano... Non mi riferisco agli eventi immaginari, ma a quelli che li precedono, che delineano il contesto e i suoi frequentatori... Non sono una dirigente, e nemmeno sono impiegata nella pubblica amministrazione, quindi il convegno in questione era rivolto ad un'altra categoria di lavoratori... Ma, stringi stringi, la minestra non cambia tanto.

Ad ogni modo, ad essere onesti, è forse il capitolo che mi piace meno... Anzi, l'unico che fatico a rileggere...

Curiosità: I Monobop sono mostri che ho creato anni fa. Prima o poi posterò un disegno che li ritrae, solo che per ora ne ho solo una copia in bianco e nero e scannerizzare l'originale a colori è un caos, perché è incorniciato, e disfare il tutto richiede tempo.

Ma prima o poi...


I Colleghi: questo capitolo si è praticamente scritto da solo... Tratta di un tema che mi affascina molto e su cui mi sono documentata parecchio, in gioventù. Prima di affrontarlo, infatti, sono andata a rispolverare qualche vecchio libro sull'argomento.

Ringrazio anche la mia amica Vi, che mi ha fornito preziose informazioni circa l'ambiente lavorativo, l'organico, etc.. Baci!



Il Posto di Lavoro: e qui sfioriamo l'horror... Inutile, non ce la faccio proprio ad attenermi ad un genere solo... E neanche a due o tre, se è per questo...

Comunque è uno dei capitoli che prediligo. Ed è anche uno dei primi che ho definito nei particolari, sin da quando ho iniziato.

Avevo stabilito subito che sarebbe stato il punto di arrivo, mentre altri brani si sono inseriti dopo, man mano scrivevo: nella versione originaria, per dire, non dovevano esserci né i due dedicati alla ricerca del lavoro, né quello sulla religione.



Epilogo: Non dico nulla, salvo che è stato piuttosto faticoso da scrivere: c'erano diverse spiegazioni da dare, che erano necessarie, ma rischiavano di appesantire il tutto.

Il MPM mi ha bocciato la prima versione e ho dovuto aspettare un po' per ricimentarmi nell'impresa ed entrare bene nell'atmosfera. Aveva ragione lui, comunque.

Curiosità: c'è una sorpresa per chi ha letto “Il Demiurgo”, già preannunciata nell'intermezzo che precede...



Ringraziamenti: Anche qui, il MPM mi ha fatto togliere i cognomi... Pare che non abbia diritto di metterli fino a che non divento famosa (qualcuno potrebbe offendersi)! Pazienza... Nei “Raccontini” c'erano...



Bop.

Finito.

Dunque?

Dunque, se leggete il mio romanzillo sono contenta, se vi piace anche di più... E se poi voleste avere la bontà di recensirmi... Vi amerò per sempre!!!



Grazie infinite.



P.S.



Copertina: alla fine ho dato retta al MPM, a Gian e a F.B.! Thx!