STEPHEN
KING
Gli
hanno appiccicato l'etichetta di autore horror, ma sovente gli sta
stretta, e comunque quando – dopo aver sapientemente preparato
l'atmosfera per il gran finale e aumentato la tensione al massimo –
King all'orrore ci arriva davvero, spesso perde mordente, talvolta
scadendo nel banale o nel già sentito... Pur senza lasciarti mai
davvero l'amaro in bocca.
No,
la verità è che King è uno scrittore e punto.
Poliedrico,
eccentrico, con una predilezione per il fantastico, ma che si diverte
a mettersi alla prova cimentandosi un po' in tutto (saggi e teatro
compresi) per il gusto, io credo, di sfidarsi da solo. E di
superarsi.
Un
grande scrittore, quindi, capace di toccare i temi più vari e di
avvincerti in qualunque trama. Non per la vicenda in sé, per quanto
possa essere stimolante – e di solito la sia –, ma per come te la
racconta, per come ti ipnotizza, ti coinvolge, seduce...
Spesso
vanta degli ottimi spunti iniziali, idee argute ed originali, che
riesce a sviluppare con maestria, spingendoti all'interno della
storia e lasciandoti con essa, sinché questa, che ti entra dentro e
ti percorre tutto il corpo, non diventa parte di te, accompagnandoti
sino alla sua conclusione, rimanendo però nel tuo cuore anche dopo
l'ultima pagina, in un piccolo spazio speciale tutto per lei.
I
suoi maggiori pregi, però, sono la capacità di costruire bellissimi
personaggi, sempre diversi e straordinariamente umani (che a volte
quasi ci presenta come vecchi amici, o come parti di noi stessi), di
cui esplora l'interiorità “mostrandocela in diretta”, nello
svolgersi di pensieri e ragionamenti, anziché limitandosi a
descriverla tradizionalmente... Di creare mitologie – personali o
cosmologiche – affascinanti e variegate, credibilissime, dense di
particolari, e persino veri e propri linguaggi, suggestivi, esatti,
colmi di echi... E la scrittura, naturalmente: perfetta! Non si
limita a toccare il contorno delle cose (o delle persone, o dei
rapporti fra essi), ma le penetra e ne individua l'essenza, spesso
permettendoci di intuirne la magia che sapevamo esserci, ma che non
riuscivamo a vedere (magnifici i momenti che dedica all'infanzia e
all'adolescenza)... E l'ironia, poi, che fa capolino ad ogni battito
di ciglia e sogghigna tra sé, tra una riga e l'altra, ma senza
essere troppo invadente, ed anzi accompagnandoci, regalando nuove
risonanze, stemperando (o accrescendo) la tensione! Uno stile
accurato, attento, ma rapido e incalzante, spesso dal taglio quasi
cinematografico, nonostante il vasto numero di particolari che
dispensa. E che rendono la trama più plausibile, più vera, anche se
magari si basa su presupposti fantastici...
Difetti?
Nelle
opere degli ultimi anni a tratti si scorge un certo autocompiacimento
nella sua scrittura, un certo virtuosismo un po' forzato. Ma
perdonabile, certo.
E
poi, l'ho già evidenziato, King non è un visionario, ma ormai se
n'è accorto e si sta regolando di conseguenza: se i suoi romanzi si
leggono in ordine cronologico è possibile vedere un'evoluzione, una
crescita in lui. Non punta più al “colpo di scena finale”, ma ad
una costruzione della trama più metodica, più misurata, che finisce
col dipanarsi in modo più naturale, senza voler a tutti costi
stupire, e talvolta – paradossalmente – creando cliffhanger più
decisi, più ansiogeni. Più belli.
King
non è Clive Barker: non ha quel tipo di immaginazione che può
travolgerti spalancando una porta sulla tua mente mostrandoti che
cosa sogni mentre stai dormendo, quelle notti nere in cui al mattino
non ricordi nulla...
No.
In
compenso ha quel tipo di immaginazione che permette di edificare
universi interi, micro e macrocosmi, che però richiedono, per farlo,
che si proceda a piccoli passi, tassello a tassello, come nella
realizzazione di un mosaico.
Tra
le sue opere più incredibili (a molte delle quali sicuramente in
futuro dedicherò un post specifico e su cui, pertanto, ora non mi
soffermo) segnalo, ad esempio: “L'ombra dello Scorpione”, “It”
(nonostante il finale), l'insuperabile eptalogia de “La Torre Nera”
(cui ogni suo romanzo, o quasi, è collegato), “La lunga marcia”,
“Il Talismano” e “Cuori in Atlantide”.
Tra
le più deludenti (in qualche caso addirittura brutte): “Le
creature del buio”, “Buick 8”, “L'acchiappasogni”e “La
tempesta del secolo”.
Personalmente,
ho letto tutto ciò che ha pubblicato in Italia (iniziando con
“Carrie”, in terza Media), per cui sottolineo a ragion veduta
che, nonostante la notoria prolificità di questo autore, King non è
uno di quelli che ripropone sempre la stessa ricetta... Fra le sue
opere ci sono molti collegamenti, ma anche una notevole varietà di
tematiche e di accenti.
Sia
lode al Re!
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