Se ti è piaciuto il mio blog


web

mercoledì 31 gennaio 2018

Una trama ricchissima

LA LEGGE DELLA NOTTE
di Dennis Lehane


La legge di chi non ha regole. 
O la storia di un fuorilegge che diventa gangster, ma resta un uomo con dei principi saldi e un animo buono, e di un amore romantico e devastante, che in realtà non era quello, ma altro; una storia di padri e di figli, di amici e tradimenti, di violenza e disperazione, romantica, a suo modo, e spietata, anche quando trasuda compassione.
Una trama ricchissima, in effetti, con tante sotto trame e innumerevoli tematiche, inclusi razzismo e Ku Klux Klan, vendetta e religione, e personaggi forti, imprevedibili, e colpi di scena, il tutto avvolto in una prosa incalzante, a tratti persino cinematografica, ma descrittiva, inframmezzata da dialoghi a volte spiazzanti, a volte intessuti di verità, capace di prendersi le sue pause, quando ne ha bisogno, ma senza languire.. 
Si comincia nel 1926 e si procede seguendo le vicende di Joe Coughlin, in un’avventura fatta di alti e bassi, di prigione e successo, di caduta e riscatto (anche se il personaggio che preferisco è la sua spalla, Dion).
L’ho detto, ci sono un mucchio di cose qua dentro. Cose brutte, cose belle, cose incendiarie e che non ti aspetteresti (la faccenda di Loretta, in tutte le sue balzane evoluzioni, e la descrizione, sublime, del suo tipo di bellezza, da venerare e non da possedere).
Insieme finiscono per dare vita ad un mix originale, imprevedibile, intenso, e caldo, tra una sparatoria ed un omicidio a sangue freddo. 
E mi piace com’è scritto il romanzo, nonostante di Lehane avessi trovato più ipnotico e originale Shutter Island.
Ho visto anche il film, con, e forse di, Ben Affleck e ho apprezzato anch’esso.
Ma il libro ti permette di gustare di più ogni passaggio, e, in generale, una maggior ponderazione. Per assimilare. Emozioni, Sentimenti. Pensieri.
Non il mio genere, ma comunque un’esperienza polisemica e avvincente.

martedì 30 gennaio 2018

Epilogo e nuovo inizio

OTTA AWARDS 2017 – CONSIDERAZIONI FINALI


E così siamo giunti alla fine di questa lunghissima e sudata edizione degli Otta Awards, che rappresenta molte prime volte...
- Per un'improvvida interruzione del servizio (causa MPM moribondeggiante);
- Per la partecipazione effettiva e non troppo coatta di MPM (che, va bene, si è preso delle atroci libertà – si veda il post su Don Matteo, per il quale mi scuso sommessamente – ma che in linea di massima mi è piaciuto molto);
- Per la presenza costante delle classifiche...
E dunque?
Beh, niente. E' che mi sembrava d'uopo un epilogo.
Perciò, tié! Eccolo: “un epilogo”.
Lo so, come battuta è penosa, ma fa molto me ai tempi delle Medie. E io giovine mi manco molto... 
Al di là di ciò, ringrazio tutti quelli che si sono presi la briga di arrivare fin qui e – rullo di tamburi – faccio un annuncio. Una “sorpresa” che io e MPM, che ha avuto l'idea e che la realizzerà sotto il profilo tecnico, abbiamo in mente da quest'estate. Tanto che, a fine vacanze, vi avevo già fatto cenno, senza, però, meglio specificare.
Ora posso perché i lavori stanno finalmente procedendo. 
La sorpresa è il Print on Demand.
Vale a dire che, pian pianino e uno per volta, cercheremo di applicare quest'opzione ad ognuno dei miei eBook che, quindi, potranno vedere la luce in un mondo non solo virtuale. In altre parole, se tutto va bene, potranno essere stampati a richiesta. Per l'occasione intendo rileggerli per bene, onde trovare, a distanza di tempo, refusi ed errori e, se il caso, cambiare qualche copertina. 
Il primo sarà “Il Sogno di Ecate”, giacché è il più breve e quindi il più semplice. Ad ogni modo sarà mia cura comunicare ogni novità. Per ora abbiamo già ottenuto la bozza e stiamo apportando le migliorie finali.
Baci a tutti!

lunedì 29 gennaio 2018

OTTA AWARDS 2017 - PARTE XV

OTTA AWARDS 2017 – SERIE TV MPM


Twin Peaks - Il Ritorno, Star Trek: Discovery e Lethal Weapon, direi che il podio spetti a loro, ma non siamo qui per parlare di questo, siamo qui per parlare di Don Teodoro, cioè... Don Matteo.

Il 2017 è stato davvero il suo anno. E si, perché la nuova legge sulla salvaguardia dei prodotti italiani ha imposto anche alle reti in streaming l'utilizzo di un certo numero di ore filmate nel Bel Paese.

La lungimirante direzione di Netflix Italia ha così fatto shopping negli archivi RAI. Ben sei stagioni di Don Matteo sono quindi finite sulla piattaforma americana, per la gioia di quei quattro o cinque over 40 che hanno l'abbonamento. Ci avrebbe comunque pensato poi la stessa RAI a rendere disponibili le restanti stagioni e tutti gli spin-off su Raiplay. Che il binge watching abbia inizio...

Si chiamava Teodoro, doveva interpretarlo Lino Banfi ma poi Terence Hill si liberò da un precedente accordo e venne subito scelto per la parte del protagonista.

"All'inizio avrebbe dovuto chiamarsi Don Teodoro ed era un prete un po' tradizionale. Io l'ho voluto trasformare, l'ho detto: "Non mi sento Teodoro, che facciamo?". I Bernabei mi hanno chiesto di trovare un nome. Mi piaceva Matteo, un nome forte. È atletico come mi sento io, perché limitarlo fisicamente?" (Terence Hill)

In ogni caso, l'idea nasceva da quel padre Brown creato da Gilbert Chesterton. Giusto quindi che il raffronto sia con la più recente trasposizione del prete investigatore inglese, la versione targata BBC del 2013.

Don Matteo, produzione Lux Vide del 2000, a mio giudizio non può contare sulla varietà di atmosfere garantite dalla campagna inglese, ma dove stacca il corrispettivo estero è nella solidità del cast di supporto.

Alla fine non è tanto l'intreccio giallo a tenere desto lo spettatore quanto la spruzzata di soap opera che permea le vicende amorose della caserma dei Carabinieri di Gubbio.

In 18 anni sono state girate 11 stagioni di Don Matteo e i produttori han pensato bene di rendere "reale" lo scorrere del tempo, evitando in questo modo il consueto problema della crescita dei bambini impegnati sul set. Così si sono evitati escamotage tipici americani che risolvevano la cosa con una scritta in sovrimpressione all'inizio della puntata.

E per evitare l'effetto Jessica Fletcher (una cittadina di pescatori decimata dalle morti violente per permettere alla scrittrice di indagare), dopo 11 anni, da Gubbio inizia un esodo di massa verso Spoleto (pare che alla notizia, nella cittadina umbra girassero tutti con un cornetto).

stagioni 1-8 (Gubbio)
stagione 9 (Spoleto)
spin-off "Che Dio Ci Aiuti" con le suore di Modena
stagione 10 (Spoleto)
spin-off "Complimenti per la Connessione" con i Carabinieri di Spoleto
stagione 11 (Spoleto)

La formula è semplicissima (e ripetitiva): all'inizio avviene un delitto (o tentato omicidio). I Carabinieri arrestano immediatamente una persona che si rivelerà più avanti estranea ai fatti. Don Matteo giocando a scacchi (o mangiando una mela, o pulendo i raggi della bici, etc.) ha un'intuizione che lo porta faccia a faccia con il colpevole che preso dai sensi di colpa confessa. Solo una o due volte a stagione, Don Matteo "sbarella" e prende a cazzotti il colpevole che non si pente.

Sempre dalla prima stagione, Don Matteo recupera qualche bambino orfano o con i genitori in carcere e se li porta in canonica. La pensione gratuita di solito dura un anno. L'anno dopo infatti dei mocciosi non vi è più traccia.

Questo capita anche agli attori che non vanno più a genio alla produzione: vengono semplicemente "tagliati", senza "se" e senza "ma" e se sono fortunati la loro dipartita viene spiegata con poche parole nel primo episodio della nuova stagione, altrimenti ciccia.

Dalla stagione 8 viene pure introdotta la pubblicità (pubblicità indiretta, introdotta dal Testo Unico della radiotelevisione nel 2010). Capita quindi di vedere spesso gli operai dell'Enel in canonica, che i Carabinieri diventino assidui giocatori del Lotto, oppure che ognuno dei protagonisti decida di farsi la Postepay.


Eppure è anche il bello di una serie che ci tiene compagnia da così tanti anni e che ha sfornato anche due remake, uno polacco e uno russo.

Ma soprattutto, perché sto scrivendo questo? Per saperlo, ci vorrebbe Don Matteo...

venerdì 26 gennaio 2018

OTTA AWARDS 2017 - PARTE XIV

OTTA AWARDS 2017 – SERIE TV CLASSIFICA


Nonostante le molte indecisioni... Voilà:

1 – Stranger Things;

2 – Il Trono di Spade;

3 – The Handmaid's Tale;

4 – 30 Rock;

5 – Twin Peaks 3;

6 – Westworld;

7 – Dirk Gently – Agenzia di Investigazione Olistica;

8 – Orphan Black 5;

9 – Glow;

10 – Orange is the New Black 5;

11 – Sherlock 4;

12 – Modern Family 8;

13 – Son of Zorn;

14 – The Good Place;

15 – Dark;

16 – Big Little Lies; 

17 – Santa Clarita Diet;

18 – Powerless;

19 – The Crown;

20 – Atypical;

21 – The Five.

giovedì 25 gennaio 2018

OTTA AWARDS 2017 - PARTE XIII

OTTA AWARDS 2017 – SERIE TV


Credevo di no, ma, anche in questo caso, rispetto al 2016 (ove di 53 che ne avevamo iniziate, ne avevamo concluse 33), abbiamo (io e MPM) incrementato: 67 Serie Tv iniziate, di cui 49 finite (ma alcune sono ancora in corso, ad esempio “The Punisher” e “Letal Weapon”, ispirata ad “Arma Letale”, che, nonostante si senta la mancanza di Mel Gibson e Danny Glover, è davvero carina)... Insomma: Wow! Sono compiaciuta! Così compiaciuta che mi viene voglia di fare un grafico. Ma non abbastanza da farlo veramente.
Sia come sia...  
Restano costanti le mie Serie predilette in assoluto: “Stranger Things” (sebbene la seconda stagione non sia allo stesso livello della prima) e “Il Trono di Spade”, l'unica che mi porti ad inveire contro il televisore come una forsennata.
Tra le altre, alla rinfusa, non posso non citare...
I sempreverdi “Modern Family” e “30 Rock” (di cui io e MPM stiamo riguardando tutte le stagioni da capo – al momento siamo alla 4°), che vincono l'Otta Award per la miglior Sitcom. C'è però anche la categoria “migliori Sitcom più originali che rasentano la genialità” tra cui premiamo, nell'ordine: “Son of Zorn” (bella tamarra); “The Good Place” e “Powerless” (che recensirò a breve);
In ambito fantascientifico, invece, la fanno da padrone: “The Handmaid's Tale” (che vince pure il premio colica renale, perché davvero ti squarta dalla sofferenza, specie nelle prime puntate), “Westworld” e “Dirk Gently – Agenzia di Investigazione Olistica”. Lo so, sono diversissime fra loro, ma ognuna cattura una sfaccettatura del genere fondamentale.
Il premio per il ritorno più folle, più atteso e più amato, va senza dubbio a “Twin Peaks 3” (applauso!!!), mentre si aggiudicano quello per la miglior trama poliziesca il solito “Sherlock” e, al secondo posto, il succoso “The Five”;
Per l'idea più assurda e grandiosa vincono, a pari merito, “Glow” e “Santa Clarita Diet” (quest'ultimo con una Drew Barrymore da urlo), mentre l'Otta Award per la miglior Mini  (nonostante la fine sleale) va a “Big Little Lies”.
Infine, menzione speciale ad: “Atypical”, “The Crown” e “L'altra Grace”.
Se ve lo steste chiedendo, sì, è perché non so come classificarle.
Ah, dimenticavo: altra menzione speciale a “Dark”. E' stato etichettato come lo “Stranger Things” europeo, ma... a mio avviso non c'entra nulla, se non per il riferimento agli anni 80. L'atmosfera, però, è lontana anni luce, decisamente più cupa e angosciata. Ciò non toglie, tuttavia, che vanti buone potenzialità.

P.S.
Sul serio? Niente categoria horror?
Ahimè, sì.

mercoledì 24 gennaio 2018

OTTA AWARDS 2017 - PARTE XII

OTTA AWARDS 2017 – FILM MPM


Chi siamo? Dove andiamo? Ma soprattutto cosa guardiamo?
Ancora una volta messo in mezzo a mia insaputa dalla Otta, eccomi qui a raccontarvi ciò che il 2017 ci ha lasciato, cinematograficamente parlando. Giocando sul fatto che non ricordo cosa ho mangiato ieri a cena, mi soffermerò solo sui titoli che mi hanno lasciato qualcosa su cui riflettere...

PERSONAL SHOPPER
di Olivier Assayas, con Kristen Stewart
Non c'è niente da fare, è l'unico film che mi ha "disturbato". Convinto che trattasse di sacchetti dei supermercati, mi sono invece trovato di fronte ad un thriller, pseudo horror, come se fosse antani (nel senso che gli spettatori sono vittime inconsapevoli delle mire di un regista malato ma di talento). Una pellicola fatta di sguardi in camera da parte della protagonista, di scena viste da prospettive diverse, di teste sorridenti che ti guardano ammiccando ma che di fatto sono come vasi sospesi in aria, senza corpo e senza solidità alcuna. Personal Shopper è stato il mio Twin Peaks cinematografico.
Pollice alto!

UN CHIEN ANDALOU
di Luis Bunuel
Immaginate una tortura cinese, una di quelle con la goccia d'acqua che ti picchia in testa. L'unico lungometraggio in cui la Otta non ne vuole sapere di dormire e ti tocca guardarlo tutto d'un fiato. Ad un tratto le torture subite da Robert De Niro ne "Il Cacciatore" passano in secondo piano. Un film, pare impossibile, in grado di competere con la corazzata Kotiomkin.
Dito medio! 

STAR WARS: GLI ULTIMI JEDI
di Rian Johnson
Chiudiamo con i film comici. Non riesco a pensare a "Gli Ultimi Jedi" senza che lo spot della robiola Osella venga a tormentarmi, sotto forma di mammella di alieno gigante. Sotto sotto, continuo ad essere convinto che almeno l'idea di creare una storia inedita ci fosse, peccato per la realizzazione sopra le righe. I momenti comici sono troppi e non sono tutti facilmente giustificabili. Si sogghigna ma non dovrebbe essere così. Potenza del team JJ Abrams.
Porg!

martedì 23 gennaio 2018

OTTA AWARDS 2017 - PARTE XI

OTTA AWARDS 2017 – FILM CLASSIFICA


Senza preamboli:

1 - 10 Cloverfield Lane;

2 – Un Chien Andalou;

3 – Lo Chiamavano Jeeg Robot;

4 – L'Ultima Parola – La Vera Storia di Dalton Trumbo;

5 – Noi e la Giulia;  

6 – Scappa - Get Out;

7 – Train to Busan;

8 – Jimmy Grimble;

9 – I Magnifici 7;

10 – Questione di Tempo;

11 – King Arthur – il Potere della Spada;

12 – Oceania; 

  13 – Sing;

  14 – Passengers;

  15 – Festen;

lunedì 22 gennaio 2018

OTTA AWARDS 2017 - PARTE X

OTTA AWARDS 2017 - FILM


Nel 2017 ne ho visti 190 (più una decina di iniziati e non finiti) contro i 124 del 2016, e ciò attingendo soprattutto a: Netflix, Sky, Infinity e RaiPlay, e alla collezione di Blu-ray di MPM. Poco al Cinema e solo se necessario (prendendo di solito delle gran batoste). 
Ebbene, tra i semplicemente belli annovero: “Lo chiamavano Jeeg Robot” di Gabriele Mainetti (2015), “L'ultima parola – la vera storia di Dalton Trumbo” di Jay Roach (2015); e il poco conosciuto “Jimmy Grimble” di John Hay (2001), che non spicca per originalità né per mezzi, ma ti arriva dritto al cuore.
L'Otta Award per l'avventura, va a: “King Arthur – il Potere della Spada” di Guy Ritchie (2017); “The Great Wall” di Zhang Yimou (2016) – più che altro per i bellissimi combattimenti – e “Kong: Skull Island” di Jordan Vogt-Roberts (2017). 
Per l'Azione: a “The Accountant” di Gavin O' Connor (2016); “I Magnifici 7” di Antoine Fuqua (2016); “The Nice Guys” di Shane Black (2016), tutti e tre caratterizzati dal fatto che non si limitano solo a quella.
Tra i film di Animazione, spiccano, nell'ordine, “Oceania” - Disney 2016 (che non avrei mai detto, perché i disegni non mi piacciono) “Sing” di Garth Jennings – 2016  (spassosissimo) e “Sausage Party: Vita Segreta di una Salsiccia”, di Greg Tiernan (2016), che ho doviziosamente già recensito.
Nell’ambito horror, nell'ordine: “10 Cloverfield Lane” di Dan Trachtenberg – 2016  (che non so se considerare proprio horror, ma che è geniale) “Scappa – Get Out” di Jordan Peele (2016); “Train to Busan” di Sang-ho Yeun – 2016 (meno imperfetto del precedente, in realtà, ma anche meno sconvolgente); “La Cura dal Benessere” di Gore Verbinski (2017) e “It Follows” di David Robert Mitchell – 2014 (che sotto certi profili non è niente di che, ma che mi ha tenuta incollata allo schermo sino alla fine).
Nella categoria “Supereroi”: decisamente “Logan – The Wolverine” di James Mangold (2017) – niente “Spiderman Homecoming” di Jon Watts (2017), niente “Guardiani della Galassia 2” di James Gunn (2017), niente “Wonder Woman” di Patty Jenkins (2017), benché siano abbastanza carini.
Tra i Classici: “Il fascino discreto della borghesia” (1972) e “Un chien Andalou” (1929), entrambi di Luis Buňuel. Forse non esattamente belli, ma di sicuro restano impressi. 
Fantascienza: “Passengers” di Morten Tyldum (2016) e “Arrivals” di Denis Villeneuve – 2016 (che metto al secondo posto, nonostante la trama potente, perché mi ha in parte disturbata. Anche “Passengers”, in realtà, ma meno). 
Scioccanti, per ragioni diverse, “Festen – Festa in Famiglia” di Thomas Vinterberg (1998) e “Personal Shopper” di Olivier Assayas – 2016 (che è riuscito a far saltare sul divano MPM).
Tra i più divertenti: “Smetto quando voglio” di Sydney Sibilia – 2014 (di cui però non ho gradito più di tanto il secondo capitolo) e, mi vergogno ad ammetterlo, “Mike & Dave: un matrimonio da sballo” di Jake Szymanski (2016). Sarà stata la serata giusta, ma mi ha fatta sganasciare. 
Divertenti e toccanti (in misura completamente diversa fra loro): “Noi e la Giulia” di Edoardo Leo (2015), “Io prima di te” di Thea Sharrock (2016), e “Questione di Tempo” di Richard Curtis (2013).
Menzione speciale a: “Kiki e i Segreti del Sesso” di Paco Leòn (2016), “Catfight – Botte da Amiche” di Onur Tukel (2016), “Le Streghe Son Tornate” di Alex de la Iglesia (2013) e “Swiss Army Man: Un amico multiuso” (2016). Quest'ultimo, in particolare, è pazzesco. Anche un po' lentino e noioso, a tratti snervante, ma comunque da vedere. 
Il peggiore dell'anno, invece, è “La Torre Nera” di Nikolaj Arcel (2017), che, incredibilmente, batte persino “Star Wars VIII: Gli Ultimi Jedi” di Rian Johnson (2017)!

venerdì 19 gennaio 2018

OTTA AWARDS 2017 - PARTE IX

OTTA AWARDS 2017 – FUMETTI MPM

Succede sempre così: non faccio in tempo ad intrattenermi a fissare il lampadario che iniziano a piovermi addosso compiti. Eccoci quindi ad esplorare il lato oscuro dei fumetti (quelli che non piacciono alla Otta). Se volete un sano intrattenimento, MPM vi consiglia...

DETECTIVE CONAN
(Star Comics)
Immaginate che Don Matteo e Jessica Fletcher abbiano un figlio e lo chiamino Conan, ecco qui c'è tutto quello che serve per seguire una serie che va avanti da più di 90 numeri (ultimamente con uscita quadrimestrale). Eppure, il tempo medio impiegato per leggere un albo da parte del sottoscritto è salito paurosamente a sei mesi, lasso di tempo che normalmente impiego ad architettare piani per togliere di mezzo il detestabile protagonista. E' colpa della maledetta Tokyo, dove chiunque pare essere un detective, dalla maestrina della scuola elementare al ragazzo del bar sottocasa. Ciò rallenta oltre misura ogni possibile sviluppo della trama principale. Dal 2016 mi sono rassegnato all'idea che schiatterò prima io del bambino occhialuto.

RE/MEMBER
(J-Pop)
Una caccia al tesoro che mette in premio la vita e che consiste nel trovare pezzi di cadavere in una scuola al calar delle tenebre. Una bambina ricoperta di sangue che gioca ad acchiapparella nei corridoi dell'istituto. Troppo lungo, per essere bello come voglia farci credere la sinossi, ma ugualmente godibile.

MARTIN MYSTERE
(Sergio Bonelli Editore)
Instancabile, l'investigatore del mistero è a mio avviso una delle poche testate bonelli, se non l'unica, a mantenersi fresca ad ogni uscita.

ARCHIE
(Edizioni BD)
Il reboot del ragazzino di Riverdale ha fatto centro. Disegni realistici e tematiche mature non hanno però alterato il magnifico triangolo Archie-Betty-Veronica.

MERCURIO LOI
(Sergio Bonelli Editore)
La perfetta guida alla Roma papale. Ottimi disegni, linguaggio d'epoca, colore ma soprattutto una cura ai dettagli come non si vedeva da tempo sugli albi bonelli. E' anche l'albo a fumetti con il miglior odore che abbia annusato negli ultimi tempi (non che gli annusi tutti, chiaro...).

TOPOLINO E SER LOCK
(Giunti)
Parodia Disney di Sherlock Holmes datata 1975 che l'editore Giunti ha recentemente riportato alla luce. Presenta uno dei migliori cattivi di tutti i tempi... il buon vecchio Professor Nefarius.

X-O MANOWAR
(Edizioni Star Comics)
Trattasi di un visigoto che rapito dagli alieni riesce a liberarsi e a tornare sulla terra dove scopre che sono passati ormai secoli da quando i suoi consanguinei occupavano quelle radure.

NINJAK
(Edizioni Star Comics)
E' ricco, ha una caverna e un sacco di giocattoli, ma a differenza di Batman lavora per l'MI-6 e uccide un sacco di gente. Cool, come direbbero negli States.

MASCHERA GIALLA
(Shockdom)
Quasi una versione maschile di Ms. Marvel, per la questione dei poteri "ad minchiam", il fumetto scritto e disegnato (molto bene) da Dado è però ambientato nella capitale italiana.

MS. MARVEL
(Panini Comics)
Una delle più recenti eroine del Marvel Universe è musulmana e ha poteri che le arrivano in maniera totalmente random.

Mi pare che roba da leggere ne abbiate abbastanza, io vado che Paco mi reclama..

Ciao

MPM

giovedì 18 gennaio 2018

OTTA AWARDS 2017 - PARTE VIII

OTTA AWARDS 2017 – FUMETTI CLASSIFICA


Nuda e cruda, come quella dei libri, e comprendente tutti e tre i sottogruppi di cui ai giorni scorsi (graphic novel, volumi unici, serie, manga, da edicola... etc), senza distinzioni di sorta. Precisando che non sempre prediligo gli stessi elementi: c'è la volta che premio le emozioni, come la volta che do più importanza al montaggio, o alla visionarietà o ai testi. Ecco: 

1 –  The Private Eye;









2 – Dimentica il mio nome;













3 – Animosity;













4 – 676 Apparizioni di Killoffer;

5 – Wolverine Vecchio Logan;

6 – Luna del Mattino;

7 – Paper Girls;

8 – The Goddamned;

9 – The Walking Dead;

10 – Descender;

11 – Saga;

12 – Blast;

13 – Drinking at the movie – Un Anno a New York;

14 – La Giusta Mezura;

15 – Nottetempo;

16 – Lucy;

17 – Black Science;

18 – Birthrigth;

19 – The End of The Fucking World;

20 – Babilon;

21 – Paesaggio dopo la battaglia;  

22 – Stupor Mundi;

23 – Green Valley;

24 – Harrow County;

25 – Bitch Planet 2.

mercoledì 17 gennaio 2018

OTTA AWARDS 2017 - PARTE VII

OTTA AWARDS 2017 – FUMETTI DA EDICOLA 
ovvero MANGA E FORMATO BONELLI 


In altre parole, quanto resta escluso dai due precedenti sottogruppi. In realtà non è molto corretta come suddivisione visto che non tutti i manga sono meri prodotti da edicola: “Aula alla Deriva” di Kazuo Umezu (001/Hikari) e “Tomie” di Junji Ito (BD/J-POP), ad esempio, sono costituiti da volumoni di pregio, che probabilmente si trovano solo nelle librerie specializzate. 
Ad ogni modo, entrambi si beccano l'Otta Award come manga migliori dell'anno, in particolare il primo, giunto al secondo tankobook, che spesso presenta scene davvero forti, migliore persino del, pur notevolissimo, “Cat Eyed Boy”, sempre di Umezz (Ed. In Your Face Comix).
In pole position anche “I Am a Hero” di Kengo Hanazawa (J-POP) e il fido “Berserk” di Kentaro Miura (Panini Comics), uno dei pochi casi di trama tirata per le lunghe che vorrei durasse per sempre (lo so sono tutti horror, che ci devo fare?). 
Ad essere onesti penso che il manga più interessante in assoluto sia l'originale e sui generis “Mob Psycho 100” di One (Ed. Star Comics), ma mi sento troppo vecchia per andare oltre il primo numero.
Tra i formato Bonelli, invece, campeggiano i soliti “Outcast” di Robert Kirkman e Paul Azaceta (Saldapress), nonostante rimpianga di non aver scelto l'edizione più lussuosa e con più pagine, e “Rat-Man” di Leo Ortolani (Panini Comics), oltre, naturalmente, ai deliri di John Carpenter legati ai suoi due film più mitici: “Grosso Guaio a Chinatown” e “1997: Fuga da New York” (Editoriale Cosmo), in primis per il fattore nostalgia, ma comunque superiori ai Bonelli veri e propri, almeno sotto il profilo dei testi e dell'originalità (in quanto ai disegni niente da fare), sebbene, alla lunga, stanchino un po' pure quelli.
Tra le pubblicazioni Bonelli attuali, invece, l'unica che davvero apprezzo (ma senza entusiasmi) è “Dragonero” di Luca Enoch e Stefano Vietti (ma le “Adventures” sono troppo per bambini e non andrò oltre il numero dieci, mentre la collana dei cartonati per adulti, per ora, non mi dice granché). 
A questo punto ho deciso, pur con fatica (sono una feticista), che taglierò al più presto (vale a dire entro qualche anno) le altre robacce che compro. Non ne posso più, infatti, della lagne di “Julia”, degli stereotipi di “Dylan Dog” – ormai ridotto alla vuota e triste pantomima di se stesso –, delle inconsistenze di “Morgan Lost” (il tentato rinnovamento intervenuto con “Dark Novels” non ha prodotto alcun progresso concreto), o dei ricicli privi di originalità di “Orfani”. Paiono il frutto di reiterati copia e incolla e non arrivano da nessuna parte. Pure “Dampyr” mi ha stufata, sempre la stessa solfa verbosa: cambia poco che si attinga al folklore, alla demonologia o alla mitologia vampirica... E sempre lì a rifilare spiegoni. Con “Nathan Never” e le sue numerose costole (“Agenzia Alfa”, “Asteroide Argo”, etc.), nonostante qualche barlume, è persino peggio perché le testate si moltiplicano. Il ciclo “Rinascita” mi ha uccisa peggio che il già brutto “Anno Zero”. I Magazine, poi, in generale, sono diventati un monumento alla pigrizia visto che ormai contengono soprattutto ristampe di storie vecchie. Basta!!! Appena arrivo ai numeri tondi la pianto lì. Ah, è vero, c'era “Lilith” di Enoch. Non brutta, certo. Ma nemmeno bella. E sono contenta sia finita.
La verità è che, con tanto ben di dio in circolazione in quanto ai fumetti d'autore, che senso ha, ormai, intrattenersi con fumettacci popolari fatti senza amore?   
Domani la classificona onnicomprensiva!