OTTA AWARDS 2017 – FUMETTI DA EDICOLA
ovvero MANGA E FORMATO BONELLI
In altre parole, quanto resta escluso dai due precedenti sottogruppi. In realtà non è molto corretta come suddivisione visto che non tutti i manga sono meri prodotti da edicola: “Aula alla Deriva” di Kazuo Umezu (001/Hikari) e “Tomie” di Junji Ito (BD/J-POP), ad esempio, sono costituiti da volumoni di pregio, che probabilmente si trovano solo nelle librerie specializzate.
Ad ogni modo, entrambi si beccano l'Otta Award come manga migliori dell'anno, in particolare il primo, giunto al secondo tankobook, che spesso presenta scene davvero forti, migliore persino del, pur notevolissimo, “Cat Eyed Boy”, sempre di Umezz (Ed. In Your Face Comix).
In pole position anche “I Am a Hero” di Kengo Hanazawa (J-POP) e il fido “Berserk” di Kentaro Miura (Panini Comics), uno dei pochi casi di trama tirata per le lunghe che vorrei durasse per sempre (lo so sono tutti horror, che ci devo fare?).
Ad essere onesti penso che il manga più interessante in assoluto sia l'originale e sui generis “Mob Psycho 100” di One (Ed. Star Comics), ma mi sento troppo vecchia per andare oltre il primo numero.
Tra i formato Bonelli, invece, campeggiano i soliti “Outcast” di Robert Kirkman e Paul Azaceta (Saldapress), nonostante rimpianga di non aver scelto l'edizione più lussuosa e con più pagine, e “Rat-Man” di Leo Ortolani (Panini Comics), oltre, naturalmente, ai deliri di John Carpenter legati ai suoi due film più mitici: “Grosso Guaio a Chinatown” e “1997: Fuga da New York” (Editoriale Cosmo), in primis per il fattore nostalgia, ma comunque superiori ai Bonelli veri e propri, almeno sotto il profilo dei testi e dell'originalità (in quanto ai disegni niente da fare), sebbene, alla lunga, stanchino un po' pure quelli.
Tra le pubblicazioni Bonelli attuali, invece, l'unica che davvero apprezzo (ma senza entusiasmi) è “Dragonero” di Luca Enoch e Stefano Vietti (ma le “Adventures” sono troppo per bambini e non andrò oltre il numero dieci, mentre la collana dei cartonati per adulti, per ora, non mi dice granché).
A questo punto ho deciso, pur con fatica (sono una feticista), che taglierò al più presto (vale a dire entro qualche anno) le altre robacce che compro. Non ne posso più, infatti, della lagne di “Julia”, degli stereotipi di “Dylan Dog” – ormai ridotto alla vuota e triste pantomima di se stesso –, delle inconsistenze di “Morgan Lost” (il tentato rinnovamento intervenuto con “Dark Novels” non ha prodotto alcun progresso concreto), o dei ricicli privi di originalità di “Orfani”. Paiono il frutto di reiterati copia e incolla e non arrivano da nessuna parte. Pure “Dampyr” mi ha stufata, sempre la stessa solfa verbosa: cambia poco che si attinga al folklore, alla demonologia o alla mitologia vampirica... E sempre lì a rifilare spiegoni. Con “Nathan Never” e le sue numerose costole (“Agenzia Alfa”, “Asteroide Argo”, etc.), nonostante qualche barlume, è persino peggio perché le testate si moltiplicano. Il ciclo “Rinascita” mi ha uccisa peggio che il già brutto “Anno Zero”. I Magazine, poi, in generale, sono diventati un monumento alla pigrizia visto che ormai contengono soprattutto ristampe di storie vecchie. Basta!!! Appena arrivo ai numeri tondi la pianto lì. Ah, è vero, c'era “Lilith” di Enoch. Non brutta, certo. Ma nemmeno bella. E sono contenta sia finita.
La verità è che, con tanto ben di dio in circolazione in quanto ai fumetti d'autore, che senso ha, ormai, intrattenersi con fumettacci popolari fatti senza amore?
Domani la classificona onnicomprensiva!
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