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sabato 30 novembre 2013

Tim Burton al cubo!


BEETLEJUICE, SPIRITELLO PORCELLO

(1988)


 
Che succede dopo la morte? Dipende da tanti fattori, ma il consiglio, tra gli altri, è di non suicidarsi perché le conseguenze non sono il massimo... Ad ogni modo, c'è un manuale che può aiutare in questi casi (“Il manuale del novello deceduto”)... Lo scopre l'adorabile coppia di sposini (Geena Davis e Alec Baldwin – non ancora cicciobomba sexy), dopo aver avuto un tragico incidente... I primi giorni sono i più difficili: siamo spaesati, la burocrazia imperversa, l'assistente tombale assegnatoci ha troppi impegni per starci dietro, e bisogna avere pazienza, specie se casa nostra viene invasa da un'altra famiglia con cui proprio non andiamo d'accordo e che ha un pessimo gusto in fatto di arredamento... Dunque? Che fare? Una possibilità è quella di chiamare Beetlejuice (Michael Keaton), il bio-esorcista, che è un gran simpaticone, ma anche una canaglia, un imbroglione, un parassita... E il consiglio migliore che si può ricevere, alla fin fine, se si è defunti, è di evitarlo, perché è tra l'altro è pure piuttosto cattivello...

Tim Burton al cubo! Una commedia deliziosa, bizzarra, immaginifica, divertente (la parte in cui si balla sulla musica del “Banana Boat Song” è da sbellicarsi), ricca di trovate e situazioni surreali (e vicine al delirio), dove anche i comprimari sono gustosissimi e persino i personaggi apparentemente stereotipati e noiosi si scoprono invece interessanti...

Si ride, ma si rimane pure a bocca aperta, beandosi della trama, delle gag, degli elementi horror, dei Vermi delle Sabbie... E alla fine si trova una soluzione per tutto: per la depressione, per la matrigna, per il problema della convivenza, per la solitudine... E sì, addirittura per Beetlejuice! Perché le cose non sono sempre nere come sembrano, e a volte è solo questione di capirsi e di instaurare un dialogo...

Strepitoso!

venerdì 29 novembre 2013

Profondamente onirico


LO SPECCHIO NELLO SPECCHIO
di Michael Ende
Michael Ende è l'autore di quel romanzo stupendo in cui c'è il Nulla che avanza e i sogni rischiano di trasformarsi in bugie, e di quella bellissima avventura con i Signori Grigi che vogliono impossessarsi del Tempo... Ma seppure “La Storia Infinita” e “Momo” siano i suoi successi più famosi, nessuno dei due è il libro migliore che Ende abbia scritto... No, il migliore è senz'altro “Lo specchio nello specchio”, un'antologia di racconti paradossali dalle assonanze alla Borges (che poi è uno dei miei autori preferiti), ma più dolci, meno cerebrali, più tristi, traboccanti di immaginazione, malinconia, e talvolta sconcertanti!
Rispetto a “la Storia Infinita” (e a maggior ragione rispetto a “Momo”), “Lo specchio nello specchio” è più adulto, più surreale, meno consolatorio e (assurdamente) più organico, ma sempre profondamente onirico.
L'impressione è quella di trovarsi al cospetto di una moltitudine di quadri di Magritte, di dimensione diversa e sovrapposti spazialmente, ma laddove l'artista di Golconda è freddo e distante, Ende ti riscalda, creando atmosfere avvolgenti. Non liete, eppure rincuoranti.
I racconti sono trenta. Lenti, pastosi, da sussurrare. Privi di titolo, di varia lunghezza, slegati l'uno dall'altro, ma con fili invisibili a congiungerli. Spesso dolenti, eternamente suggestivi, tremendamente poetici. Labirintici, raffinati, sovente percorsi dall'angoscia, con un senso di incompiutezza profonda a permearli e, in qualche modo, impreziosirli.
Spirali di buio che ti avvolgono, alternate a squarci di luce.
Li avevo letti tanto tempo fa, e il racconto che avevo preferito era stato quello di Hor, che vive in un edificio gigantesco con echi errabondi “di un qualche grido che lui stesso ha un tempo sbadatamente lanciato”.
Mi chiedo, qualora lo riaffrontassi ora, se i miei gusti risulterebbero immutati, o se troverei più affascinante qualche altra storia.
Non è detto che uno di questo giorni non decida di togliermi la curiosità.
Ma dovrà essere un giorno in cui non avrò fretta, e avrò del tempo da assaporare.

giovedì 28 novembre 2013

Tristi compromessi


NOVITA' BLOGGHIFERE

Sempre in movimento è il futuro”, direbbe Yoda. E siccome mentre scrivo, a prescindere dalla data qua sopra (quella della pubblicazione), è sabato 23 novembre, non so se sto annunciando qualcosa che già è o che sarà...

Comunque...

Sono due settimane che lavoro duramente (peggio che nelle miniere di sale di Golconda) per apportare un po' di migliorie al mio Blog, in particolare riguardo alle Etichette (quelle robe in fondo ad ogni Post che dovrebbero aiutare i visitatori nella ricerca)! Le vecchie erano/sono davvero poverelle e miserabili, basta confrontarle con quelle di Delittando, il Blog del mio diletto consorte, per acclararlo...

Del resto anche i miei vecchi tag sono frutto del sudore della sua fronte (io manco sapevo fossero necessari), solo che il Mio Perfido Marito, dovendo occuparsi di Post non suoi e non sapendo dove io sarei andata a parare di volta in volta, era ovviamente in difficoltà e si è arrangiato come ha potuto... Ma ora mi sono redenta e ho rifatto tutto da capo, cercando di comprendere ogni sfumatura, di colmare ogni lacuna, di placare l'ira degli dei(???)! Non ci sono riuscita, ma, dopo giorni e giorni di fatiche e impazzimenti, ho almeno realizzato l'impresa di fare un po' d'ordine. E dato che chi si accontenta gode, io ora godo!

Now ho girato l'ambaradam a mon amour che dovrà svolgere l'ingrato compito di trasferire le modifiche on line. Non credo si divertirà, e non so quanti secoli impiegherà, poveretto! Ma ha promesso, indi provvederà. Yeeehhh!

In più, dato che così rischiava di non esaurirsi abbastanza, ha pure deciso di lavorare sul banner... E poi... E poi Sgrunt! Sgruntissimo! E come non detto!

17:23, Il Mio Perfido Marito mi ha appena telefonato per dirmi che massimo posso impiegare 200 stupidi caratteri a Post per le Etichette. Mediamente ne ho usati 600, in qualche caso 1200 o 1300. Devo ricominciare da capo. Di nuovo. Mitico!!! Vorrei tanto uccidere qualcuno...



26 novembre, 02:39, dopo molto sangue, sudore e lacrime.

Alleluja!!! Sono riuscita ad adattare i tag attenendomi alle regole!

Alcune rinunce sono state dolorose (titoli di libri, in particolare riguardo a Neil Gaiman e Jonathan Carroll, Attori, riferimenti, o bellissime e sane categorie come “Vomitate”), in più sono dovuta scendere a tristi compromessi: “Recensioni Film” è divenuto “Film”, “Proposte Letterarie” si è ridotto al tristissimo “Libri”, e poi ci sono alcune ridicole abbreviazioni (ad esempio “Fumetto Italiano” è diventato “Fumetto Italy”) mentre i Post di Bonellando sono stati vilmente ritagliati e scomposti (a saperlo li avrei abbinati diversamente, procedendo per genere o per autori)... Ma ho finito! Finito! Finito!!! Urrà!!!!!



Mi chiedo se almeno a qualcuno apprezzerà tutto 'sto lavoro o se è stato solo un inno alla mia frustrazione... Va mu.

mercoledì 27 novembre 2013

Leggetelo adesso!


I PROMESSI SPOSI
di Alessandro Manzoni

 
Mi direte che l'avete letto a scuola e che l'avete odiato, che alla fine non è altro che una specie di feuilleton con troppi personaggi e troppe descrizioni... Mi direte uffa!

Beh, io replico: leggetelo adesso! Senza i ritmi imposti dall'insegnante, senza esercizi noiosi da farci sopra... E' magnifico! E lo amerete...

Lasciamo stare i motivi di interesse storico, lasciamo stare i riferimenti alla letteratura, esaminiamolo come fosse un qualsiasi best seller...

Intanto è scritto da dio, e non è poco! Manzoni ha la capacità incredibile di catturare atteggiamenti e pensieri, di rendere movimenti ed espressioni, e di mostrarci quello che c'è sotto, e poi più sotto ancora... Eppure non si limita a questo, a descrizioni magistrali (che in uno sguardo contengono l'universo e da sole sarebbero sufficienti a consacrarlo per sempre all'Olimpo della Letteratura Mondiale), no, è persino spiritoso, arguto, ironico... E si diverte un mucchio mentre scrive, e fa divertire anche chi legge, che ha perpetuamente un sorriso sulle labbra...

Ci sono parecchi personaggi, è vero, ma sono tutti delineati ad arte, per cui non è difficile seguirne le peripezie, senza contare che il frequente cambio di scena ci permette di variare la vicenda, di creare suspence, di appassionarci ancora di più...

E pazienza se Renzo è un tontolone e Lucia una gatta morta: Fra' Cristoforo è meraviglioso, Don Abbondio un mare di risate (un po' macchiettistico, va bene, e spesso irritante, ma perfetto proprio per questo!), Gertrude affascinante... E poi, suvvia, anche i protagonisti alla fine qualche colpo in canna ce l'hanno, senza contare che bisogna tener conto del contesto storico e della visione religiosa del popolino... Mica sono granché istruiti, i nostri eroi!

D'accordo, la storia è fondamentalmente un romanzo d'appendice, ma che c'è di male? Non è un'opera manichea (elemento, questo, che, sì, sarebbe limitante), al contrario Manzoni è impareggiabile nel mostrarci tutte le sfacettature dell'animo umano: c'è chi fa il male senza essere cattivo, chi si converte, chi è solo vittima della sua vigliaccheria... C'è chi cambia, chi cresce durante la narrazione, chi migliora e acquisisce perrsonalità.

Non solo!, Manzoni riesce persino a cogliere gli aspetti sociali del 1600 (che fanno da specchio al 1800, ossia alla sua contmporaneità) e a riportarli sulla carta come se fossero vivi, brulicanti, in atto, mostrandoci lo spaccato di un'epoca con una freschezza intramontabile.

Insomma, c'è tutto: l'umorismo, i cattivi, la denuncia sociale, il dramma, l'avventura, la religione, l'amore! E pure la peste! Fa riflettere e fa sognare, coinvolge e incurisisce! Che volete di più?

Se non vi piace, forse è perché l'approccio è stato sbagliato!

Davvero, rileggetelo! E' sublime!

martedì 26 novembre 2013

Il Diavolo è davvero il nemico?

IL CLUB DUMAS
di Arturo Pérez-Reverte

 
Il film “La Nona Porta”, di Roman Polanski, mi era piaciuto molto incuriosendomi e fornendomi una buona dose di brividi, ma aveva un retrogusto di incompiuto che mi ha subito indotta ad approfondire la vicenda accostandomi al libro che l'ha ispirata. E se il film è bello, il libro si è rivelato meraviglioso!

Un testo erudito, a tratti quasi documentaristico, ma ricco di movimento, i cui punti di forza sono soprattutto lo stile magistrale dell'autore, la trama complessa e pregna di colpi di scena, e l'atmosfera di mistero e tensione. Meno horror, rispetto al film, però maggior spessore e più concetti.

Si comincia con un venditore di libri rari alle prese con un enigma, si continua con una bella incursione nell'esoterismo, e, mentre i filoni di indagine si moltiplicano, spunta pure un Diavolo... I nostri concetti di Bene e Male, tuttavia, vengono mescolati, sovvertiti, spostati, e l'autore non fa che instillarci dubbi: il Diavolo è davvero il nemico? Qualunque opinione si ribalta, per poi ribaltarsi ancora, il thriller sfuma nell'horror e viceversa, ma il colore di fondo è giallo, “giallo girasoli di Van Gogh”, a base di forza e di incertezza, di malattia... La protagonista femminile qui è più interessante, meglio delineata, e la fine, che nel film mi aveva lasciata perplessa, qui è quella che deve essere e mi ha soddisfatta in pieno, stimolando ipotesi e riflessioni.

Romanzo e pellicola sono parzialmente diversi (“La nona Porta” è decisamente più d'effetto) e infondono suggestioni e stati d'animo differenti... Credo siano entrambi irrinunciabili.

E... No, il romanzo non ricorda l'insulso “Codice da Vinci” di Dan Brown, se mai “Il nome della Rosa” di Umberto Eco, ma con più avvenimenti e meno digressioni, più ansie ed eventi più grandi di noi, laddove invece frate Guglielmo riesce a ricondurre ogni mistero a misura d'uomo.

Eppure “Il nome della rosa” è un capolavoro, “Il club Dumas” no... Quindi? Quindi non importa, è godibilissimo!

lunedì 25 novembre 2013

Un resoconto autobiografico


GEN DI HIROSHIMA
di Keiji Nakazawa

 
Potrebbe essere il contraltare nipponico di Maus per impegno storico e sociale, anche se non racconta del Nazismo, ma della bomba di Hiroshima e soprattutto delle sue conseguenze. Per Gen, un bambino, per la sua famiglia (quel che ne resta), e per il Giappone in generale.

I presupposti narrativi, però, sono totalmente diversi: se Spiegelman vuole analizzare e sviscerare il rapporto con suo padre, indulgendo in momenti lirici e riflessioni intime, Nakazawa ha invece fini meramente didattici e ci propone un resoconto autobiografico dettagliatissimo senza risparmiarci nulla, per diffidarci dal ripetere un orrore di tale portata, criticando i responsabili del massacro, le istituzioni e la popolazione.

Se in Spiegelman molte cose non sono mostrate, ma raccontate dai personaggi o oggetto di allusione, Nakazawa ci mostra tutto, e lo indaga fino a scomporlo in ognuno dei suoi elementi.

A livello meramente letterario “Gen” non è eccezionale: ci sono cadute di tono, eccessi, inciampi, sequenze infantili, disegni d'impatto, molto espressivi, ma datati, lo scopo educativo a volte compromette la fluidità della narrazione... Ma i contenuti, quelli sono sufficienti a fare dell'opera un testo fondamentale, una testimonianza viva e tragica, per non dimenticare.

Un racconto (lunghissimo) straziante, crudo, doloroso, in cui particolari quali la perdita dei capelli in un ragazzino a causa delle radiazioni sono vissuti quasi con allegria perché rispetto al resto possono davvero riservare un lato comico.

Fortuna che Gen ha una personalità forte ed è determinato a vivere...

Purtoppo, per ora, in Italia sono stati pubblicati solo i primi quattro libri (di dieci), quelli dedicati all'infanzia del protagonista.

Ma si vocifera che nel 2014, forse, si provvederà ai volumi successivi...

domenica 24 novembre 2013

Misteri della traduzione!

LE BELVE
(2012)

 
Non so quale sia il senso del titolo italiano, visto che in inglese non si fa che parlare di selvaggi e che in effetti in originale il film è “Savages” (riferito sia ai nostri eroi che ai loro nemici)... Misteri della traduzione! Comunque, gli ingredienti sono: droga (consumata, coltivata e spacciata in due modi diversi e contrapposti, di cui uno quasi poetico, benché su larga scala, e l'altro all'insegna della più feroce delinquenza, e che ovviamente finiranno per entrare in conflitto), una storia d'amore a tre (non il solito triangolo, ma proprio due ragazzi e una ragazza che stanno felicemente e armoniosamente insieme), una narrazione in prima persona piacevolmente anticonvenzionale e con sorpresa (“il fatto che io vi racconti questa storia non significa che sia viva”), ferocia, adrenalina, ricatti, crudeltà, rapimenti, violenza al cubo, sparatorie e un doppio finale che ha irritato il Mio Perfido Marito, ma deliziato me (non è sleale!).

Nel complesso, oltre al The End, io ho apprezzato particolarmente il ménage à trois, indice di totale libertà fisica e mentale, anche se, in effetti, ha ragione il personaggio di Salma Hayek quando afferma, rivolta ad O, la beata fanciulla, che per riuscire a condividerla i due giovanotti devono amarsi molto più fra loro di quanto amino lei... Vero. Ma ci si accontenta.

C'è qualche caduta di tono qua e là, una spruzzata di manicheismo, una di inverosimiglianza, alcune inquadrature sono un po' di maniera (altre però mi sono piaciute, e anche l'affiorare di tanto in tanto del bianco e nero) e si accarezza l'apologia di reato, ma l'ottimo cast e il modo di narrare rendono ugualmente il prodotto al di sopra della media creando una miscela insolita. Magnifico il personaggio di John Travolta, Dennis, per quanto la morale che reca seco sia davvero desolante (ma realistica), interessante Elena (Salma Hayek), lì per lì semplicemente odiosa, ma che man mano acquisisce fragilità suscita simpatia e ammirazione, mentre Benicio del Toro, l'autentico, malefico, sadico, cattivo (o no? O non è lui e neppure Elena?), è disturbante e orrido q.b., e persino di più.

In effetti, alla fin fine, i più piatti sono davvero i protagonisti, che si salvano giusto per l'inconsueto rapporto che li lega e per i caratteri antitetici dei due maschietti (il geniale e dolce botanico esperto di marketing e il soldataccio senza paura), che, insieme, sono complementari e tenerelli.

La pellicola è firmata Oliver Stone ed in qualche punto mi ha ricordato “Natural Born Killers – Assassini Nati”, il quale però avevo decisamente preferito.

sabato 23 novembre 2013

Una vita piena, fatta di dubbi

UN PONTE SULL'ETERNITA'
di Richard Bach

 
Oh, lo so, tutti di quest'autore hanno letto e amato “Il gabbiano Jonathan Livingston” considerandolo, alla stregua di “Siddharta” o de “Il Piccolo Principe”, uno dei romanzi formativi del Liceo tra i più significativi... Beh, io di Bach ho preferito di gran lunga “Un ponte sull'eternità”!

Alcuni elementi ritornano (l'amore per la libertà, per il volo, l'aspirazione a qualcosa di più), ma qui la narrazione è più articolata, più complessa, più ricca... Di respiro più ampio (e non in riferimento al solo numero di pagine) e totalmente autobiografico.

Qui non c'è solo l'ambizione personale, la sfida verso se stessi: c'è di tutto (compreso qualche accenno a “Star Wars”, anche se ho l'impressione che gli Wookies e gli Ewoks siano stati confusi tra loro), tanto che il romanzo, inevitabilmente, ha il sapore della vita.

Una vita piena, fatta di dubbi, di errori, di incertezze, ma in cui alla fine, mettendosi in discussione, si trova la forza di far accadere qualsiasi cosa, che magari non è eclatante, di per sé, ma solo a seconda di come si guarda.

Questa volta c'è persino la storia d'amore, e benché io non sia una di quelle sfegatate che spasima per ogni batticuore (a differenza del Mio Perfido Marito), e anzi la mia regola sia di scansare le melensaggini come se fossero peste, questa mi è piaciuta. Perché non è incline al sentimentalismo facile e scontato, ma ha il gusto autentico della scoperta del proprio io e degli altri. Dell'amore vero, che non è necessariamente passione dirompente e dramma, ma piuttosto qualcosa che nasce a poco a poco, e di cui magari, in principio, neppure ci si rende conto. Genuino, semplice, dolcissimo.

Il romanzo, dunque, pur abbondando di riflessioni (mai invasive o troppo pedanti), suggestioni, ricordi, desideri, pur personalissimo e introspettivo, ha un inizio ed una fine, e si può leggere indipendentemente dalla conoscenza delle opere di questo scrittore.

Certo, però, che se già Bach si ama, “Un ponte sull'eternità” offrirà qualche spunto in più, rivelando curiosità e retroscena interessanti.

Un libro sulla ricerca dell'equilibrio, sul conflitto (apparente) tra il bisogno di indipendenza e di un legame stabile, sulla crescita personale e sulla vita in generale, traboccante di ottimismo e speranza.

venerdì 22 novembre 2013

I Goblin non hanno buone intenzioni!


LA PRINCIPESSA E I GOBLIN
di George MacDonald


E' un romanzo che avevo riletto e stra-letto durante l'infanzia e che mi era piaciuto da morire: privo del paternalismo, della verbosità, e del gusto malato di indulgere sulla sventura e sulla miseria tipico della letteratura classica per bambini (ricordo che ero rimasta particolarmente allucinata da “Oliver Twist” e da “Cosetta”, ma che anche libri apparentemente innocui come “Pattini d'Argento”, “Le Scarpe Rosse” e “La piccola principessa” avevano qualche momento di sadismo puro, fisico o psicologico che fosse... Tanto che quando a dieci anni mi ero imbattuta ne “I Racconti dell'orrore” di Edgar Allan Poe li avevo trovati quasi rilassanti: se non altro i protagonisti non erano bambini maltrattati!) e di odiosi fini educativi (si veda “Cuore”, che leggevo con mia sorella quando avevo bisogno di ridere un po', tanto traboccava di umorismo involontario), benché scritto a fine 1800, questo romanzo è invece fresco e allegro, garbato, ricco di magia e suggestioni (quanto adoravo la trisavola della principessa che filava fili di ragno nella torre, o la scala che spariva)...

Di ambientazione fantasy, ma con connotazioni avventurose, c'erano dei bei personaggi (apprezzavo persino la cattivissima regina dei Goblin con quel suo osceno alluce!), in particolare Irene, la principessa (otto anni), e Curdie (dodici), il coraggioso figlio di un minatore con cui lei stringerà amicizia e che contribuirà a determinare la salvezza sua e del Regno... Perché, è ovvio, i Goblin non hanno buone intenzioni!

E' un romanzo in cui le cose vanno come è giusto che vadano, che ha il sapore della fiaba ed è romantico q.b., ma senza sentimentalismi gratuiti e il gusto eccessivo per il dramma. I bambini sono intelligenti, intraprendenti e curiosi (non poveri orfani vittime della più nera povertà). Ci si diverte, ci si emoziona, ci si intrattiene. E magari ogni tanto si ha anche un filo di paura, ma niente che poi costringa ad una seduta con lo psicologo o ad una serie di incubi.

Credo che gli unici volumi che abbia amato così tanto da piccola siano “Il giardino segreto” (che però avevo letto alle Medie e non alle Elementari) e “E un giorno dal cielo arrivò Clorofilla...”, ma quest'ultimo, essendo di Bianca Pitzorno, si inserisce nell'alveo della letteratura moderna, che ha persino una vena ecologica, oltre che fantascientifica.

Tornando a “La Principessa e i Goblin”, so che ne esiste un seguito, “La Principessa e Curdie”, ma non sono mai riuscita a trovarlo... Peccato.

giovedì 21 novembre 2013

Sfornellando...


L'ABOMINIO DI SPAGNA ALLA FRUTTA

 
Che poi, a parte i biscotti, è l'unico dolce che so fare (da sempre con l'ausilio del Ragno)... Consiste in un Pan di Spagna (preparato con le nostre sante manine) che dividiamo in più strati possibile (da tre a quattro, secondo la nostra perizia “tagliereccia”) e farciamo di crema pasticcera (anch'essa preparata con le nostre sante manine) e frutta a volontà, avendo cura di ricoprirlo in ogni centimetro e in ogni pertugio!

Come torta, a dispetto delle apparenze, è abbastanza leggera, l'inconveniente è che va consumata in fretta poiché deperisce velocemente.

Non so perché oggi mi è venuta voglia di parlarne... Probabilmente perché mi è sovvenuta una cena di qualche anno fa, cui io contribuivo con il mio delizioso Abominio. Solo che non avevo una tortiera della misura giusta, neanche tentando la fortuna nel vicino negozio di articoli per la casa...

Alla fine avevo ripiegato su una extra large, col risultato che appena prima di arrivare a destinazione, la mia povera torta aveva subito uno slittamento dei vari strati in avanti, così da apparire riversa in una contorta agonia alla crema pasticcera... Allora avevo provato a comprare in extremis un bel po' di mini meringhe colorate e quando è arrivato il momento di servire il dessert avevo espresso il desiderio di poter rimanere sola con il mio Abominio per qualche minuto (essendo la tortiera avvolta in una busta di plastica, il suo contenuto non era visibile all'umanità). L'ho decorato alla bell'e meglio, sforzandomi di essere creativa, ma il risultato finale era qualcosa a metà tra il bizzarro e il grottesco. E la faccenda era resa ancora più imbarazzante dai compagni di tavola della mia opera: una gloriosa e trionfante torta cioccolato e pere, ed una educatissima e succulenta torta di carote... Il sapore dell'Abominio era squisito, ma le prese in giro erano fioccate più generose dei complimenti...

Quindi, in effetti, tra gli inconvenienti di cotale prelibatezza, vanno aggiunti gli imprevisti legati al trasporto.

Ma per una degustazione nel luogo in cui viene cucinata è perfetta!

Parola di ghiottona!

mercoledì 20 novembre 2013

Un significato profondo


L’AMICO RITROVATO
di Fred Uhlman

 
Ossia la dimostrazione che gli antichi greci hanno ragione quando affermano che (parafraso) l’amicizia non si può rompere: o è per sempre oppure non è mai stata.

In particolare, qui si mettono in mezzo avvenimenti storici più grandi dei protagonisti (o forse no...) come il Nazismo e l'Olocausto, laddove Hans è un ragazzo ebreo di famiglia borghese, e Konradin, l'amico, suo compagno di classe, un tedesco puro, di nobile stirpe.

Con l’ascesa di Hitler, pertanto, emergono prospettive diverse, ma poi…

Nella frase finale, a distanza di anni, il mondo si ribalterà di nuovo donando alla vicenda un significato profondo e inaspettato, commovente e colmo di luce, qualcosa di prezioso da custodire per sempre nel ricordo.

Un romanzo breve quanto incisivo, dallo stile sobrio quanto efficace, che in poche pagine, senza arrivare al vero orrore, ci mostra i suoi albori, che tuttavia sono abbastanza. Una cosa che mi ha colpito, ad esempio, è il fatto è che Hans, da sempre amante di Hölderlin, dopo l'esodo non leggerà mai più il poeta tedesco, arrivando ad un rifiuto della Germania anche sul piano culturale. Un concetto profondo, questo, con molti echi, che naturalmente non possono che riflettersi sulle sue motivazioni in ordine all'amicizia con Konradin, colpevole di trovare Hitler carismatico e di aderire al suo pensiero politico.

Ma soprattutto è bellissima la descrizione del rapporto fra i due ragazzi: come nasce, come si sviluppa, indugiando sulle dinamiche, sugli equilibri e le sfumature che a poco a poco ne divengono parte. Poche pennellate, ma sufficienti a racchiudere tutto (si veda l'incontro fra Konradin e il padre di Hans).

Un'opera notevole che si legge in un paio d'ore e di cui esiste un seguito: “Un'anima non vile”, il quale ripercorre la medesima vicenda dal punto di vista dell'amico tedesco, donando nuove emozioni e colmando qualche vuoto.

Invero, ai due libri se ne deve aggiungere un terzo, “Niente resurrezioni, per favore”. Più amaro, più disincantato, che, benché non abbia connessioni dirette con i due precedenti, in un certo senso ne costituisce l'epilogo, essendovi spiritualmente legato.

martedì 19 novembre 2013

Però...


STORIA DELLE TERRE E DEI LUOGHI LEGGENDARI
di Umberto Eco

 
Per molti versi è stata una delusione.

Lo ammetto la colpa è mia: il titolo è chiaro, ma io, chissà perché (ho il sospetto di essere stata sviata da qualche recensione letta ignoro dove), ero convinta che si riferisse a siti romanzeschi, quali, ad esempio, la Terra di Mezzo, L'isola che non c'è, Oz e l'Inferno Dantesco... Invece no, questi spazi vengono a mala pena citati en passant nel capitolo conclusivo: il volume è incentrato sulle terre leggendarie, ossia quelle faccende trite e ritrite di Avalon, il regno del Prete Gianni, Agarthi... Uffa!!!

Capisco che magari non sia troppo comune masticare detti argomenti, ma per chi, come me, è appassionato di Dizionari Fantastici ed Enciclopedie del Mistero, o anche solo abbia confidenza con i romanzi di Eco (ad esempio “Baudolino”) sono questioni già note e stra-approfondite. La summa dei luoghi romanzeschi, invece, no, sarebbe stata una novità, soprattutto in una veste così completa, erudita e raffinata... Sob!

Si badi, l'opera di per sé è pregevole e mantiene intatte le caratteristiche di “Storia della bellezza”, “Storia della bruttezza” e de “La vertigine della lista”, i tre saggi similari (dal punto di vista editoriale), sempre di Eco, pubblicati negli anni passati. Una confezione elegante, supportata da immagini ricercate e suggestive, testi lineari, ma pregni di contenuto, arricchiti dalla riproduzione per esteso dei brani più salienti fra quelli citati. Stupenda. Inoltre delinea un percorso esplorativo/conoscitivo da cui è possibile trarre qualcosa in più della mera elencazione nozionistica e conduce ad una serie di riflessioni sulla natura dell'uomo, sui suoi desideri e sul succedersi delle epoche. Sono quindi contenta di averla comprata. Però...

Però è così incantevole la copertina che alla fine, anche a livello di immagini, ho storto un po' il naso... Lo so, come critica è sterile: non credo si sarebbe potuto inserire nulla di troppo diverso, attesi gli argomenti. Tuttavia, ecco... Eco si legge sempre volentieri, ma spero dedichi il prossimo saggio a qualcosa di più innovativo e meno inflazionato...

Tristezza.

lunedì 18 novembre 2013

Allucinato, nevrotico, alienante


REQUIEM FOR A DREAM

(2000)

 
Il titolo dice tutto: un sogno muore.

Anzi ne muoiono quattro, e noi cominciamo a piangerli sin dalle prime scene, ancora permeate di speranza, ma già pregne della fine, perché il loro destino è già segnato – per colpa o per ingenuità. Lo testimonia la stessa suddivisione del film in stagioni (Estate, in cui conosciamo i protagonisti che iniziano a piantare i germogli del loro futuro, Autunno, in cui il dramma inizia davvero, Inverno, in cui si arriva alla tragedia), manchevole della primavera, che, com’è noto, rappresenta la rinascita e quindi una seconda possibilità. Che qui non c’è, è negata.

Perché si scende in basso, e poi ancora più giù.

La più dolorosa è la vicenda della casalinga (la superlativa Ellen Burstyn): vedova, sola, non vede l’ora di partecipare al programma televisivo che rappresenta una delle poche gioie che ha nella vita. Per farlo in accordo con i suoi sogni, tuttavia, dovrà dimagrire un po’: peccato le venga prescritta una dieta a base di anfetamine…

Poi c’è il figlio di lei (Jared Leto), tossicodipendente, fidanzato con un’altra tossica (Jennifer Connelly)… Tutto sommato due bei giovani, innamorati, colmi di aspettative e di vitalità, che però, per campare, decidono di darsi al traffico di stupefacenti insieme ad un amico…

Quattro storie, dunque, tre punti di vista, che narrano gli esiti di una discesa all’inferno parallela al mondo artificiale in cui i protagonisti tentano invano di rifugiarsi.

Il film è allucinato, nevrotico, alienante, con incursioni nel delirio (caratteristica di quasi tutto il cinema di Darren Aronofsky) e un montaggio ottimo che sottolinea la graduale e inarrestabile perdita di contatto con la realtà.

Non ci sono consolazione o riscatto: il messaggio è crudo, ma potente, contrario a qualsivoglia forma di dipendenza.

Dilaniante.

domenica 17 novembre 2013

Originale urban fantasy


LA TETRALOGIA di Sergej Luk'janenko

(I Guardiani della Notte, I Guardiani del Giorno, I Guardiani del Crepuscolo, Gli Ultimi Guardiani)



Splendido e originale urban fantasy strutturato come lunghi racconti collegati fra loro, percorso da sfumature horror, profondamente introspettivo, che rinnova i miti di vampiri, streghe e affini creando una nuova mitologia, estremamente affascinante e ricca di sorprese.

In primo luogo, l'autore scrive benissimo, con uno stile fluido e scorrevole, ed è magistrale nel creare atmosfere a cavallo tra la magia di un “mondo altro” e la realtà cittadina (soprattutto di Mosca), in secondo luogo, la trama è stupenda! Incuriosisce e ammalia, creando suspence, ma lasciando spazio a congetture ed elucubrazioni, irta di colpi di scena e costellata di bei personaggi, spesso tormentati, sempre interessanti.

Si narra della lotta di due fazioni, il Bene e il Male se vogliamo, composte da creature soprannaturali dotate di vari poteri, le cui forze devono però restare in equilibrio per il benessere comune. Tuttavia l'opera è lungi dall'essere manichea (e su questo l'autore gioca molto, facendone il fulcro della saga): i confini fra luce e tenebre non sono ben definiti ed entrambe le parti possono far ricorso a sotterfugi e inganni. Non ci sono, infatti, tanti combattimenti a suon di magia, quanto piuttosto un confronto basato sul reciproco logoramento. Frequenti gli approfondimenti psicologici e le riflessioni dal sapore filosofico, che non solo non rallentano il ritmo, ma anzi contribuiscono ad accrescere suggestioni e stimoli.

A tratti la vicenda si complica e può creare smarrimento, tanto è complessa l'impalcatura su cui si regge o le motivazioni che muovono i personaggi, ma se si hanno fiducia e pazienza, prima o poi ogni elemento verrà spiegato e si incasellerà negli altri.

Ciò che sinceramente non capisco è come mai una saga come questa (che tra l'altro tocca alcuni temi non proprio adatti ai bambini) nelle librerie, venga sempre relegate nell'ambito della letteratura per l'infanzia, elemento che, come le copertine, trovo assai sviante...

sabato 16 novembre 2013

Bravo a spaventare il lettore


ROBERT BLOCH
(1917-1994)



 
A Bloch piacciono i serial killer che infatti nelle sue opere, da “La sciarpa” a “Gotico Americano”, da “Jack lo squartatore” a “Psycho”, tornano sempre e sempre conquistano. Io non amo questo genere di mostri, troppo “normali”, troppo inflazionati, però... adoro questo autore!

Ha uno stile asciutto, scorrevole, dal taglio cinematografico, con una vena ironica che ogni tanto fa capolino, il gusto e la capacità di sorprendere il lettore, anche quando la trama può apparire già sentita, ma soprattutto un qualcosa di antico, che non attiene alla costruzione della frasi o alla scelta dei vocaboli, quanto piuttosto ad una sorta di atmosfera vintage, che intuisco senza poter afferrare, ma che mi affascina.

Se escludo il buon vecchio Norman Bates e il simpatico (sul serio!) Jack lo squartatore, nessuno dei suoi personaggi mi è rimasto troppo impresso eppure i suoi romanzi mi piacciono, e ancora di più i suoi racconti (avevo apprezzato in particolare il raccoltone “Colui che apre la via”, ma dubito sia ancora a catalogo. Invece, dovrebbe essere facile reperire “Belle da morire”, sebbene mi avesse entusiasmata meno).

In linea di massima scrive thriller horror, intelligenti, un po' sornioni, a volte, ma, ad esempio, con “L'incubo di Lori” ci regala una discreta incursione nel soprannaturale (l'ho letto mille anni fa, in gioventù: ricordo che l'avevo gradito, ma non mi sento di sbilanciarmi di più), mentre nei racconti spazia un po' ovunque, toccando anche l'erotismo, il giallo, il fantasy... Però il suo capolavoro è “Psycho”, che ho preferito di gran lunga al pur pregevole film di Hitchcock. C'è qualche differenza a livello di trama, se la memoria non mi tradisce, ma ciò che mi porta a prediligere il libro non è la storia bensì proprio lo stile narrativo di Bloch: morbido e avvolgente, benché... beh certo non si parli di piacevolezze.

La verità è che R.B. è bravo a spaventare il lettore, ma lo fa per gradi, creando poi un senso di tensione continua e di brividi ascendenti, che spesso toccano il culmine nel finale. In generale l'ho sempre letto volentieri, anche nei casi in cui risulta meno ispirato, ma purtroppo tante sue opere non sono arrivate in Italia oppure adesso sono rare...

Confido nel futuro!

venerdì 15 novembre 2013

Superba graphic novel

300
di Frank Miller e Lynn Varley


Già a scuola, mentre si studia storia greca, non si può fare a meno di esaltarsi per gli eroici spartani di Leonida che hanno affrontato lo sterminato esercito di Serse, con appena trecento uomini... E certo, sono morti, ma in un certo senso hanno vinto loro: non solo per il coraggio dimostrato e per la loro indiscussa superiorità come guerrieri e come strateghi, ma anche, più concretamente, perché così hanno dato alla Grecia il tempo di organizzarsi e sconfiggere l'aspirante conquistatore straniero... Nella superba graphic novel di Miller, però, l'esaltazione assurge a tripudio dei sensi! Senz'altro ci sono i corpi statuari e ipertrofici dei combattenti, ma ancora di più è il loro spirito indomito a scuoterci e ad affascinarci: votato all'onore, al sacrificio, al dovere, eroico nel suo stesso esistere... Non importa se tutto sembra perduto: Sparta non sforna ceramisti o scultori, sforna guerrieri! E i guerrieri lottano sempre, fino allo stremo! E sempre, a prescindere dall'esito della battaglia, si coprono di gloria!

Lo dico sinceramente, si parlerà pure di guerra, ma questo è uno dei fumetti più intensi e commoventi che abbia mai letto. Bello, senza dubbio. Ma soprattutto coinvolgente, capace di toccare corde profonde della sensibilità umana, di emozionare, e di suscitare empatia.

Al contempo la graphic novel è totalmente catartica, nutrita di carne e di sangue, di passione e testosterone, in un climax di ardore assoluto, capace di infliggere dolore, ma anche, mentre leggi, di innalzarti sino al cielo e farti sentire un dio!

Inoltre ci permette di entrare nella mente di un popolo, di coglierne il pensiero, la cultura, il modo di ragionare, comprendendo appieno come è possibile quello che è storicamente avvenuto: perché Sparta non è solo una città, ma un modo di essere, di sentire.

La storia è un po' romanzata, va bene, e Serse orribile e impossibile da non odiare... Ma chi se ne cale!

Disegni perfetti, tavole ampie e dalla ripartizione libera, stupende “inquadrature”, dall'alto, dal basso, da ogni angolazione, che esprimono potenza ed epicità, che trasudano magnificenza e forza. Linguaggio essenziale, laconico, ma proprio per questo più ricco di pathos e di significato.

Una delle espressioni più alte del fumetto, in generale.

giovedì 14 novembre 2013

Struggentemente romantica

CIME TEMPESTOSE
di Emily Brontë

 
Un romanzo per signorine? Non proprio, anzi c'è chi si lamenta per la brutalità che denota, per il sadismo mentale e per la totale mancanza di redenzione del protagonista, e c'è addirittura chi se ne dichiara oltraggiata (sì, la cosa mi fa sorridere), trovandolo immorale...

La storia però, proprio per questo, è struggentemente romantica, alla faccia di chi si illude che il romanticismo siano le melensaggini alla Twilight, ignorandone il suo significato storico che, come direbbe E. M. Forster, è semmai un tendere le mani verso l'impossibile...

Così è “Cime Tempestose”. Cupo, fatto di lacrime e sangue, di dolore, e di rabbia, di odio, di malvagità... Ma tremendamente intenso e potente, come sottolineato dall'ambientazione, la brughiera inglese, spoglia e selvaggia, rappresentata nella sua anima più profonda, e dallo stile contratto, involuto, a tratti quasi aspro.

In realtà il suo bello sta è proprio in questo, ma agli animi troppo delicati dà fastidio, ed ecco la ragione per cui al momento della sua pubblicazione (1847) la critica lo ha rifiutato, oltre che per sua la struttura innovativa e poco lineare.

Fortuna che il decennio successivo, invece, la ha rivalutato, consacrandolo come classico, ossia come libro immortale.

Sia come sia, io adoro Heathcliff! Certo, non lo sposerei... Ma come personaggio è superbo, così tenebroso e imperscrutabile e passionale...

In quanto all'immoralità, infine, che me ne importa?

L'arte è arte, non deve necessariamente essere morale! Solo bella! E “Cime Tempestose” lo è! In modo violento e inconsueto, ma lo è...

Ed è meraviglioso.

mercoledì 13 novembre 2013

Un delitto atroce... l'incuria!


DELITTO ALASSINO

IL PARCO DI VILLA FISKE





Benché viva qui da oltre sei anni, non ne avevo mai sentito parlare finché il Mio Perfido Marito ha deciso di condurmici di persona. Ha dovuto: quando ha asserito che anche Alassio aveva un parco, infatti, io, pietrese doc, orgogliosissima del nostro giardino botanico vicino alle scuole elementari tutto rigoglio, fiori, e incanto (il mio luogo preferito in assoluto), non riuscivo a crederci. E, tutto sommato, non era troppo sicuro nemmeno lui...



foto parco Pietra Ligure

 
Eppure c'è, è enorme, disposto a terrazze, angoli tranquilli, tavoli e panchine, spazi per leggere, per giocare a carte, divinamente strutturato, e, a quanto riferito dall'esimio botanico Mario Amicodianto (cognome fittizio), alcune piante – grasse per lo più – sono addirittura ultracentenarie... Insomma, stupendo! E' pubblico, apre dalle 7.30 alle 18.00 (orario invernale) ed è allocato in Regione Costa Lupara 1 (vicino al centro).

Però, di fatto, risulta essere la sede di un delitto atroce... l'incuria!

Nonostante le immense potenzialità, infatti, offre uno spettacolo davvero desolante: alberi morenti, secchi, grigi, scalinate sporche, erbe infestanti, piante spezzate, bucate (sic!) o persino oggetto di vandalismo...



foto parco Alassio


Leopardi si ammazzerebbe, altro che Natura Matrigna: qui sembra di essere al cospetto di una zitella acida con il cancro alle poppe!

Mi rendo conto che non sia facile gestire un ambiente tanto vasto, però, suvvia, ad Arenzano ci riescono benissimo (si veda il Parco vicino alla stazione)... Perchè qui nessuno se ne occupa? Forse che Alassio è solo “budello” e spiaggia (ormai ridotta ad un fazzolettino)?

La verità è che pare sul serio che a questa città non interessi altro... Eppure sarebbero così meravigliosi i percorsi in collina, ideali per lunghe passeggiate ecologiche, se in molti punti non apparissero vituperati dagli interventi edilizi e da colate di asfalto... E così la ormai non più bellissima strada romana che porta ad Albenga, attualmente è costellata da cartelli scoloriti, immondizia, e altro asfalto...

Ecco perché la realtà è bandita da questo blog.

Perché è triste.

E a volte fa pure arrabbiare.

martedì 12 novembre 2013

Dominato dal bianco della neve

LASCIAMI ENTRARE
(2008)
La storia bellissima, straziante e romantica di due bambini che vincono stratificazioni di solitudine consolandosi l'un l'altra grazie ad un'amicizia impossibile e senza confini.
Solo che uno dei due, la femminuccia, è una vampira.
E ha fame, e ha bisogno di nutrirsi e lo fa. C'è chi uccide per lei, senza permetterci di dimenticare che la bimba, fondamentalmente, è un mostro.
E non lo è: non è cattiva, è solo la sua natura ad essere così, condannandola a rimanere eternamente imprigionata nel corpo di una bimba, a fuggire per proteggere il suo segreto, ad isolarsi dal mondo. Sa essere spietata, però, quando è necessario...
E il maschietto? Il maschietto è un qualunque ragazzino timido e introverso, lasciato a se stesso, solo, anche quando è insieme agli altri: la sua famiglia, i compagni di classe, a scuola, dove è vittima dei bulli...
E poi c'è il signore che accompagna la bimba vampira e uccide per lei... Chi è? Sul momento non ne abbiamo una grandissima opinione, ma poi, quando ci accorgiamo della sua devozione e della sua sofferenza, ci prende il cuore. Perché non è colpa di nessuno se la situazione è questa, e ognuno, a modo suo, annega nella solitudine...
Il film è lentissimo, dominato dal bianco della neve, dal rumore dei nostri pensieri, dal silenzio, rotto di tanto in tanto dall'orrore del sangue (di cui non viene fatto un uso eccessivo, ma che quando compare è comunque di impatto), che mentre tinge il paesaggio di rosso, gocciandovi sopra, paradossalmente arriva quasi a confortarci, oltre che a sconvolgerci.
Eppure il film non è horror, ma poesia. Lirico, dolcissimo, nella stessa misura in cui è avvelenato.
Il culmine è alla fine: prima in un picco di violenza (peraltro ben piazzata e ben meritata) e poi nella sconcertante comprensione, finalmente, di chi sia l'accompagnatore anziano della baby vampira, quando avviene il passaggio del testimone...
Superbo. E tragico.
P.S.
Ovviamente, mi riferisco al film svedese. Del remake americano mi è bastato il trailer, che ho trovato fracassone e inutile, niente più che il solito horror commerciale. Se sbaglio, però, avvertitemi: nel caso farò ammenda.