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venerdì 1 novembre 2013

Un'opera raffinata


L'ESORCISTA
di William Peter Blatty


Parlo del romanzo, quindi, non del film. E lo consiglio, cento volte di più, non solo perché è scritto benissimo, ma soprattutto per l'atmosfera suggestiva, che, per quanto intimista, risulta parecchio disturbante (molto più degli effetti speciali cinematografici), tanto che, per la prima volta nella mia vita, nonostante sia sempre stata una gran consumatrice di horror, mi è scocciato tenere il libro sul comodino (meglio che stesse lontano!). Colpa di retaggi cattolici, probabilmente, benché io sia agnostica...
Precisiamo, però, onde scongiurare delusioni: l'opera non fa paura nel senso che si interrompe la lettura urlando, questo no, ci mancherebbe. Al contrario non c'è nulla di immediato, piuttosto sensazioni che ti strisciano dentro e ti pervadono, sino a pulsarti nel cervello, a urticarti il sangue. Naturalmente, a patto di affidarsi all'autore e a metterci qualcosa di proprio.
Intendiamoci, il film mi è piaciuto, però, ecco... ci sono storie che sono più adatte alla dimensione cartacea che allo schermo perché hanno bisogno di maggior spazio per le riflessioni, per sviluppare le implicazioni, e perché devono soffermarsi quanto più possibile sulla stratificazione dei significati, che necessitano di introspezione e solitudine, per poter attecchire... Quindi, per quanto la pellicola sia pregevole e fedele al romanzo, comunque non basta.
L'esorcista” fa parte di questa categoria e benché il suo vero protagonista (che non è il demonio, come molti profani sono inclini a credere, ma proprio l'esorcista che dà il titolo all'opera, Padre Karras – se pure il primo ad adoperarsi per liberare la dodicenne Regan dalla possessione non sia lui) non entra in scena subito, è sul sacerdote, e non sulla mera possessione, che bisogna focalizzare la propria attenzione...
Invero, per quanto il nemico da affrontare sia niente meno che il diavolo in persona – assai più temibile e subdolo, quindi, dei soliti zombie e vampiri – la tensione è più psicologica che basata sulle semplici vomitate verdi e rotazioni della testa a 180 gradi e gioca molto sullo scetticismo (anche dello stesso Padre Karras) e sulla difficoltà di accettare il fenomeno demoniaco come vero e quindi combatterlo adeguatamente in una lotta che porterà il nostro eroe a confrontarsi soprattutto con i suoi sensi di colpa e le sue paure.
Insomma, non una mera accozzaglia di effettacci gore, come tanti sono portati a pensare, ma un'opera raffinata, che pur rimanendo un romanzo di genere riesce a toccare corde profonde e ad indagare i nostri timori ancestrali in modo onesto, intelligente e non superficiale, avvertendoci, se vogliamo, che la vera forza del Diavolo sta nel non essere preso sul serio e quindi nella sua conseguente capacità di insinuarsi nelle nostre vite senza che noi non solo ce ne accorgiamo, ma non siamo neppure in grado di prenderne atto.
Concetto, questo, suscettibile di più interpretazioni che vanno al di là di quella meramente letterale.

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