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venerdì 8 novembre 2013

Una struttura a matrioska

L'ATLANTE DELLE NUVOLE
di David Mitchell

(CLOUD ATLAS)


Ho iniziato il romanzo, visto il film, finito il romanzo. Parzialmente differenti per trama, e ancora di più per architettura, sono notevoli entrambi, per motivi diversi, e tra i due quasi non saprei che cosa scegliere (bugia, sceglierei il romanzo, ma fa lo stesso): forse l'ideale è davvero mescolarli!

Il libro ha una struttura a matrioska e procede in ordine cronologico, lineare, raccontando (con stili diversi e attraverso più generi letterari) di sei personaggi, distanti per epoca, personalità, ambientazione ed estrazione sociale, cominciando con la vicenda di Adam Ewing (Oceano Pacifico, 1849), passando per Frobisher (Bruges, 1936), Luisa Rey (San Francisco, anni '70), Tim Cavendish (Gran Bretagna, 2012) e Sonmi (Neo Seul, 2144), fino alla storia di Zachry e Meronima (nel futuro, 106 anni dopo la caduta). Ma mentre quest'ultima inizia e finisce, delle altre ci viene presentata solo la prima metà: arrivati al clou, ci si interrompe e si passa al personaggio successivo. Dopo Zachry, però, si continua al contrario, concludendo le singole storie, a ritroso nel tempo, quindi da Sonmi a Ewing.

Il denominatore comune delle trame è dato dal libero arbitrio e dal perseguimento della libertà, affrontata sotto numerosi profili, che, accostati l'uno all'altro, forniscono un affresco ricco e pulsante. Inoltre tra i personaggi ci sono dei legami, per quanto sottili: Frobisher legge il diario di Adam, Luisa incontra il corrispondente di Frobisher e ne esamina le lettere, e così via. Infine, i protagonisti hanno sempre un neo a forma di stella cometa (reincarnazione?).

Non sono connessioni forti, come invece lascia intendere la pubblicità del film, e non c'è nessuna mega rivelazione finale. Ma mentre nel romanzo questo aspetto si coglie subito e aldilà delle singole vicende si apprezzano le assonanze e pertanto il gioco dei rimandi si accetta senza riserve, e anzi con una buona misura di fascinazione, la pellicola sembra suggerire qualcosa di diverso, che tuttavia non c'è, creando quindi un'aspettativa che viene inevitabilmente frustrata e dando l'impressione di essere stati in qualche modo turlupinati, forse a causa di piccole sbavature, di attese disattese, di mancanza di omogeneità.

Perchè tutto avviene contemporaneamente, a volte intere pagine si condensano (efficacemente) in un fotogramma, e ogni azione appare sovrapporsi, intrecciarsi, in un'alternanza irregolare e magica in cui le cose sfumano l'una nell'altra, tanto che, se non si conosce il libro, nei primi dieci minuti di proiezione si ha la sensazione di non capire nulla. Ulteriormente complicata dal fatto che gli stessi attori (a volte irriconoscibili per via del trucco), indossano i panni di più personaggi, con ruoli diversi a seconda della traccia: giovani e vecchi, donne e uomini, buoni e cattivi.

A livello narrativo, ma anche “filosofico”, quindi, è preferibile il romanzo, benché nella pellicola alcuni aspetti siano più consolatori. Però, nel film ci sono degli elementi così meravigliosi da giustificarne ugualmente la visione: non è, infatti, una mera e pedissequa trasposizione, che nulla aggiunge e nulla toglie, e al più perde qualcosa: piuttosto una reinterpretazione che offre un retrogusto differente, e differenti spunti e suggestioni. Più infantili, magari, più scontati, più manieristici, ma non per questo da buttare. Il montaggio è interessante, innovativo, dal sapore sperimentale e psichedelico. A tratti scenografia, coreografia e fotografia lasciano a bocca aperta. Cariche, shockanti, o altamente poetiche.

Sono poi state attuate delle modifiche (anche sostanziali) alle trame e per quanto spesso ciò crei rimpianto o impoverimento o semplicizzazione, ciò nondimeno il confronto è interessante e permette di cogliere aspetti che altrimenti, forse, sarebbero stati dati per scontati.

Riguardo, in particolare, ai singoli episodi nel libro, a parte per Sonmi, si comincia con lentezza (l'autore è verboso, specie nel diario di Adam, che nelle prime pagine ho un po' patito) e non si viene coinvolti subito, anche se nel prosieguo non si può non farlo... Nel film, invece, si viene travolti immediatamente e immediatamente si viene sedotti (pur non capendo un accidente). Però, mentre nel romanzo il desiderio aumenta man mano, divenendo passione, nella pellicola il climax è meno intenso e inciampa in qualche esitazione. Il fatto, comunque, che sia lunga (173 minuti) non deve disincentivare, perché quasi non ci se ne accorge.

Unico elemento che mi ha davvero deluso (costante sia nel libro che nel film) è il riferimento al Soylent verde di Tim Cavendish, che, se per certi versi denota molta onestà, rende però ancora più prevedibile – per chi sa coglierne il riferimento – uno dei presunti e più sconvolgenti colpi di scena...

2 commenti:

  1. Ciao! Vista la tua preparazione in fatto di libri immagino che avrai già letto "L'amico ritrovato" di Uhlamn?
    Io lo sto leggendo ora e mi piace parecchio. Sono curioso di sapere cosa ne pensi; se ti va potresti recensirlo così potremo confrontare i nostri punti di vista

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  2. Volentieri! Per ora ho programmato i post fino al 17 novembre, cercherò quindi di inserire "L'amico ritrovato" nella settimana ancora successiva... A presto!

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