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martedì 30 settembre 2014

Svariati motivi di interesse


STRANIERO IN TERRA STRANIERA
di Robert Heinlein
 
 
Romanzo eccezionale, di matrice fantascientifica, ma che va molto, molto oltre, e che arriva a ridiscutere lo stesso concetto di umanità, ma anche di religione, diritto, sessualità (propugnando poligamia e omosessualità), individualità e proprietà privata, e lo fa in modo rivoluzionario, originalissimo e assai evoluto, specie se si considera che l'opera risale al 1961, all'insegna della libertà, della tolleranza, del più assoluto rispetto del prossimo, analizzando ogni scelta (grazie al personaggio di Jubal) con dovizia di dettagli, anche a livello etico e filosofico, senza pregiudizi, denotando un'apertura mentale (per quanto riguarda la mia esperienza di lettrice) senza precedenti.

La trama è incentrata su questo giovane terrestre, Michael Valentine Smith, nato e cresciuto su Marte, pianeta più progredito del nostro, in cui non ci sono donne, e governato da leggi e mentalità assai complesse e quasi antipodiche rispetto a quelle nostrane, che viene in visita da noi, più ricco di Creso, geniale, con poteri immensi, ma timido e indifeso, in quanto non è abituato alla nostra gravità.

Siamo nel futuro, e anche la Terra si presenta diversa (e ancora più esasperata e consumistica) di come la conosciamo oggi, Michael viene praticamente tenuto prigioniero dal governo terrestre, ma, per fortuna, troverà degli amici disposti ad aiutarlo, e che gli permetteranno di sbocciare in tutto il suo sconcertante splendore.

La mia edizione consta di più di settecento pagine, ma, a parte forse l'inizio che impiega un attimo a decollare, quando ti conquista lo fa per sempre.

Notevoli i personaggi (quello che prediligo è Jubal, avvocato, scrittore, e milionario eccentrico, ovviamente, libero e intelligente, e perfettamente consapevole di sé, le cui elucubrazioni sono tra le parti migliori del romanzo), la storia (incluso il suo tremendo e shockante finale), e lo stile asciutto e analitico di Heinlein, ma ci sono svariati motivi di interesse, e in particolare quelli legati alle concezioni marziane: al grokkare (parola che entrerà nel vostro vocabolario in via definitiva, già a metà romanzo), ai fratelli d'Acqua, allo scorporarsi, ma anche alla realtà terrestre del futuro, con i Testimoni Leali e i nuovi culti religiosi. E poi c'è la particolare concezione teologica di Michael, panteistica, sincretica e piena di fiducia in se stessi e negli altri (io sono Dio, laddove “io” è chiunque venga accolto nel Nido, ossia nella comunità), che sa di setta e di utopia, ma senza truffe, ed è anche qualcosa di nuovo e di riuscito.

Un romanzo bellissimo e lacerante, ricco come non mai di spunti di riflessione, ma anche divertente ed appassionante, capace di momenti toccanti e di commozione.

lunedì 29 settembre 2014

Una nuova linea delirante


I DELIRI RELIGIOSI DI BARBIE
 
 
Della serie: mi tocco per vedere se ci sono!

Personalmente ho sempre detestato la smorfiosa bionda la cui massima preoccupazione è intonare i vestiti alla borsa, e infatti le mie Barbie sono sempre finite nella casetta degli orrori, opportunamente tagliuzzate e decorate con la tempera rossa, per rappresentare le vittime di un misterioso serial killer di passaggio... Ciò non di meno, ammetto che alcune sono davvero stupende, ed in particolare quelle da collezione (ad esempio, girellando su Amazon, sono incappata in “Barbie Haunted Beauty Ghost, € 199,00: superba), ma questa volta si è arrivati alla frutta!

Il Mio Perfido Marito, infatti, ha portato alla mia attenzione questa nuova linea delirante, in 33 soggetti (per ora), incentrata sulla religione.

 
Ci sono:

  • Ken Jesus Christ, smagrito, mezzo ignudo e crocifisso;
  • Barbie Vergine Maria, con tanto di serpentello verde sotto il piedino;
  • Ken San Sebastiano, abboccolato, con aureola, e tre frecce sanguinanti piantate nel corpo;
  • Kelly (io ero rimasta a Skipper... Questo deve essere il modello “sorella ancora più piccola) Vergine Bambina;
  • Barbie Maria Maddalena, con le poppe di fuori, per una volta munite di dettagli, e la scritta sulla confezione: “Santa, Sposa o Prostituta?”
  • Barbie Divina Provvidenza, con il Bambino in braccio e un bel sorriso a trentadue denti stampato in faccia;
  • Ken Sacro Cuore di Gesù;
  • Ed in aggiunta, numerose e variegate reinterpretazioni della Vergine (di Guadalupe, che allatta, 7 dolori di Maria – con lacrime nera –, version noir...) e dei Santi (Santa Lucia, Giovanna d'Arco)...
 
Ma non si tema, Barbie è una ragazza onesta: se deve offendere, offende tutti, per cui non mancano nemmeno:

  • Ken Budda, nella posizione del loto;
  • Barbie Kalì, con la collana di teste mozze al collo, una testa tenuta per i capelli in una delle sue sei mani, e il teschietto sotto un piede...
 
Ma è davvero colpa di Barbie? A quanto pare no: non è un'iniziativa della Mattel, ma di due artisti argentini che hanno scatenato una discreta polemica (per fortuna, perchè l'idea che delle bambine ci giocassero è abbastanza inquietante)... Io sono agnostica, condivido il brocardo per cui la religione è l'oppio dei popoli, ma mi pare che qui si siano scavalcate le porte del kitch e del rispetto più elementare. D'altro canto, sono in arrivo nuovi modelli, e quelli già presentati sono davvero, davvero curati...

Vi lascio quindi con tre domande, che mi zuzzurrellano nel capino: L'Arte è soggetta ad essere immorale? Questa è Arte? Che cos'è l'Arte?

Quali che siano le risposte (io al momento non le conosco), sicuramente la consacrazione di Barbie come icona pop è indiscutibile!

domenica 28 settembre 2014

Un'opera meravigliosa


PAULA
di Isabel Allende
 
 
Non ero convinte di leggere questo libro. La Allende mi è sempre piaciuta, con il suo stile descrittivo, caldo e passionale, ma la prospettiva di introiettare una storia fatta di sofferenza, di coma, di strazio e di morte non mi allettava proprio, soprattutto sapendo che è vera. Reale.

Qui, infatti, l'autrice parla della sua esperienza personale, come donna e come madre, e in particolare della tragica perdita della sua unica figlia, Paula, appunto, morta a ventotto anni dopo un lungo periodo di coma irreversibile, a causa di una malattia chiamata porfiria.

Davvero, non mi andava.

Ma poi, ho pensato: perché? Se Isabel Allende ha sentito di dover scrivere un libro come questo, non è certo per autocommiserarsi o per farsi compatire. E allora le ho dato fiducia. Per fortuna, perché questa è un'opera meravigliosa e ricca, colma di gioia di vivere, di sensualità e di esuberanza.

Già, perché l'autrice non si limita ad illustrarci il suo dolore (che comunque non possiamo fare a meno di sentire e condividere), ma ci racconta di com'era sua figlia in vita, ci permette di conoscerla e di amarla, ci spiega com'era il loro rapporto e ancora ci parla di sé, dei suoi romanzi, della sua gioventù, dei suoi amori e delle sue avventure.

E impariamo a capire tante cose di lei, della sua umanità, del suo modo di amare, ci strega e ci affascina, e ci svela un po' di segreti.

C'è anche la faccenda del colpo di stato in Cile, naturalmente. Di Pinochet. Ma ci sono pure un po' di follie giovanili e tanti retroscena che ci vengono illustrati. A tratti una lettura davvero briosa e leggera.

Tuttavia, la Allende non si rivolge a noi, noi ci limitiamo a capitare nei paraggi e ad ascoltare. Isabel Allende si rivolge a Paula: si siede accanto a lei e la accompagna mentre si prepara ad andarsene, per quasi un anno.

Ed è una scrittura così sincera, la sua, così piena e tonda, coinvolgente e profonda!

E Paula ci fa piangere alla fine, ci commuove. Ma non nel modo orribile che temevo. Perché sotto molti profili questa è un'opera consolatoria, frizzante e piena di magia.

Non una storia sulla morte, soprattutto, ma sulla vita. In ciascuna delle sue molteplici accezioni.

sabato 27 settembre 2014

C'è davvero da sbizzarrirsi


GUIDA AGLI INSETTI D'EUROPA
di Michael Chinery
 
 
Di solito cerco di risparmiarvi i manuali di entomologia, ma dato che sono una delle mie passioni, oggi mi concedo di recensirne uno... Uno vecchiotto, in verità, ma che mi era piaciuto moltissimo (con tutto che io ho studiato Giurisprudenza, e non Biologia, e quindi non sono un'esperta) e che ogni tanto mi diverto a rimaneggiare... E ciò nonostante gli insetti più belli, i più appariscenti e curiosi, ahimè (o per fortuna) non siano europei...

Ad ogni modo questa guida, che mi sembra completa e curata, è corredata da dettagliatissime illustrazioni a colori (tavole le tavole sono stupende), da disegni in bianco e nero, e da una impostazione scientifica (per i miei parametri) e non troppo dilettantesca, che pure ha fini divulgativi, e tiene conto del fatto che uno, di bestiole, possa non sapere niente...

Abbiamo la prima parte dedicata alla biologia (abbastanza tecnica, ma semplice da seguire anche per dei neofiti improvvisati); quindi la descrizione dei metodi per la raccolta e la conservazione degli insetti (per me devono restare dove sono, poveretti, e considero certe pratiche davvero sadiche, ma in generale è anche possibile catturarli, limitarsi ad osservarli e rimetterli in libertà, senza danneggiarli o nuocergli); la classificazione (io la adoro, mette in luce similitudini e differenze); e l'utilissima chiave per determinare gli ordini (lo ammetto, io non sempre arrivo a risultati convincenti, ma è probabile dipenda da me).

A questo punto inizia la parte più stimolante, e anche la più divertente e “colorata” del libro: quella in cui esaminiamo gli insetti singolarmente, indagandone le caratteristiche generali, le abitudini, le differenze, procedendo per sottoclassi, e prendendo in considerazione i vari ordini.

Si parte con gli insetti più primitivi, gli apterygota, i senza ali, per poi proseguire con i pterygota, esaminando man mano i più evoluti e affascinanti (io adoro i coleotteri, ma ce ne sono un sacco di altri che desteranno il nostro interesse: gli insetti sociali, naturalmente, come le api o le formiche, ma anche i disgustosi scarafaggi – che mi inducono orrore, ma esercitano pure una morbosa attrazione su di me – o le mosche-scorpione, o gli insetti acquatici...)

Quello dei cuccioli a sei zampe è davvero un modo ricco di varietà e di bellezza (non nego, però, che alcuni siano ripugnanti... Sarà inconsueto, ma a me fanno impressione le farfalle, con la loro mostruosa spiritromba!), ma anche di regole crudeli e spietate (tutti sanno, ad esempio, dell'abitudine delle mantidi religiose di papparsi il consorte, ma ci sono anche altre amenità succose: insettini che spruzzano acido, che ordiscono trappole, che si danno all'architettura, che diffondono malattie...)

In altre parole, qui c'è davvero da sbizzarrirsi e divertirsi, a tutti i livelli, e e il manuale è bello anche solo da tenere lì e consultare!

venerdì 26 settembre 2014

Una Londra allo sfascio


28 GIORNI DOPO
di Danny Boyle

(2002)
 
 
Senza dubbio, uno dei miei horror preferiti, uno dei pochi che amo vedere e rivedere, e che sempre riescono a terrorizzarmi, ma anche (inconsueto per un horror) emozionarmi e farmi riflettere!

Ci sono gli zombie, ma non i placidi morti viventi romeriani, questi sono rapidi, fortissimi e pieni di rabbia (letteralmente, nel senso della malattia: sono stati, infatti, creati in laboratorio, frutto di un esperimento finito male, elaborando un virus che, se non ricordo male, ha a che fare proprio con la rabbia), e poi c'è un ragazzo, Jim (il bel Cillian Murphy), che finisce in coma andando in bicicletta e si risveglia in una Londra allo sfascio (un po' come capita a Milla Jovovich/Alice in Resident Evil 2; Rick di “The Walking Dead”, invece, è venuto dopo – beh, anche Resident Evil 2, ma la Milla si ritrovava in ospedale già alla fine del primo film), in apparenza vuota (e forse fa più paura così che infestata), ma in realtà, fin troppo brulicante... solo, non di vita.

Di questo film ho amato quasi tutto: i personaggi, l'azione, l'adrenalina, lo splatter, la paura (tanta), le peripezie dei protagonisti, la reinterpretazione zombesca, ma anche il ritmo, la colonna sonora, la (angosciante) rappresentazione dei militari, ma soprattutto il senso di speranza che ci pervade alla fine...

Certo, se poi si guardano i seguiti, pure questa è destinata ad abbandonarci, ma, anche se il secondo film, in particolare, non è malaccio, il primo resta il più bello. E l'unico che io voglia davvero ricordare.

E' raro che in un horror non bramiamo la morte dei protagonisti, qui, invece, ci affezioniamo e non solo a loro, ma anche a ciò che rappresentano, a quel senso di gruppo, di famiglia, che riescono a comunicarci anche in mezzo alla morte, al sangue, alla perdita del nostro passato e dei nostri legami (è triste e terribile scoprire che i nostri genitori, i nostri amici non ci sono più... che non c'è più nessuno di quelli che conoscevamo).

Personalmente ho adorato Jim/Cillian Murphy, così dolce e sensibile, ma anche pieno di insospettate risorse, ma mi sono piaciuti anche tutti gli altri, e sono rimasta incantata dalla perfezione dei lineamenti di Naomie Harris (una delle attrici più belle che abbia mai visto).

A parte ciò, e a parte l'intrattenimento, vengono toccati anche importanti problemi di natura sociale, ad esempio ci poniamo interrogativi sulla natura umana, sulla sua propensione (naturale o indotta?) alla violenza... e sul perché spesso e gratuitamente la corteggiamo (perché diavolo nell'incipit vengono mostrate scene di violenza alle scimmie-cavie?), per tacere, appunto, di come si siano ridotti i militari, che noi ci illudevamo essere la nostra ancora di salvezza, e che invece sono peggio degli zombi, perché, in teoria, non sono malati...

Insomma, un horror terrorizzante, un buon film d'azione, ma anche una pellicola che ha qualcosa da dire....

giovedì 25 settembre 2014

Così devastante, così spaventoso


IL PROCESSO
di Franz Kafka
 
 
Romanzo claustrofobico per eccellenza, teoricamente incompiuto, eppur dotato di inizio e fine, breve, incisivo, alienante e angoscioso, ben costruito, privo di punti di riferimento, di riscatto, di spiragli di luce... Ma incredibilmente bello!

Si narra la surreale vicenda di Josef K., arrestato e appunto processato per ragioni che ci restano ignote, e che soprattutto sono ignote a lui, il protagonista, ledendo i più elementari diritti di difesa, per tacere del principio del contraddittorio... E' impossibile, assurdo, illogico... Eppure, nell'inquietante ricostruzione di Kafka, tutto ciò è pressoché normale ed accettabile...

Dunque? Come si fa a giudicare bello qualcosa di così devastante, di così spaventoso, specie a livello psichico?

Perché lo è! Per come è scritto, impostato, raccontato! Per le tematiche sottese, per il suo significare...

Perché non è facile creare certe sensazioni di disagio e spersonalizzazione, coinvolgere e invischiare il lettore in vicende così irreali, allo stesso tempo facendogli sentire “il sapore dell'incubo” (come direbbe Borges) al contempo rendendolo plausibile... per cui, pur sapendo che è sogno (o finzione narrativa), non riusciamo proprio a svegliarci!

Eppure “Il Processo” non è solo questo: è una metafora, della Giustizia divina, secondo alcuni, imperscrutabile e ineffabile, un'esperienza dello spirito sull'ambiguità della natura umana, secondo altri...

Ma io non sono una critica (e le mie reminiscenze scolastiche vanno sbiadendo), sono solo una lettrice, e da lettrice affermo che lo stile è semplice, scabro, ma capace di una profonda bellezza, che ti tocca il cuore e il cervello, e ancor più lo spirito, e anche se non si coglie tutto alla prima lettura, si comprende comunque di essere al cospetto di qualcosa di più di un semplice romanzo, e si avverte la necessità di indagare, di approfondire... per poi ripercorrere la trama con maggior consapevolezza.

Eccezionale.

mercoledì 24 settembre 2014

Le robe più disgustose


CHEW
di John Layman e Rob Guillory
 
 
In un mondo in cui, a seguito di un'influenza aviaria, mangiare pollo è diventato un reato gravissimo, Tony Chu, agente governativo, si occupa di investigare sui crimini alimentari, aiutato da un potere particolarissimo: la cibopatia! Basta che assaggi qualsiasi cosa (non necessariamente un alimento) per scoprire la sua storia...

Naturalmente il nostro protagonista sarà costretto ad ingurgitare le robe più disgustose, cadaveri inclusi, e altrettanto naturalmente incontreremo i personaggi più stravaganti ed esagerati dotati dei poteri più strampalati, ma sempre connessi con il cibo...

L'idea è molto originale: poliziesco, fantastico e demenziale sono ben mescolati e amalgamati, ci sono un sacco di colpi di scena e personaggi in continuo mutamento, satira sociale, cinismo, comicità, stranezze a gogò, e scene molto veloci, dinamiche, arricchite da dialoghi brillanti e simpatici, più continue strizzate d'occhi.

Insomma davvero molto carino, sottilmente ironico, sadico-grottesco, amabilmente violento, esasperato ed impreziosito da un disegno buffo e stilizzato, modello cartoon, che rende il tutto ancora più... Più!!!

All'inizio ero davvero entusiasta, e devo dire che nel prosieguo le trame si sono arricchite e complicate: aumentano i drammi, gli intrecci, la tensione, aggiungendo sempre nuovi personaggi (finiamo per conoscere l'intera famiglia di Chu) e “gustose” sotto-trame cospirazioniste, che esplorano e coinvolgono ambiti sempre più ampli in modi anticonvenzionali e divertenti, ma anche feroci, sarcastici e spietati.

Lo consiglierei?

Eccome!

L'unica cosa che, adesso che siamo al volume 7, comincio ad avvertire un poco di stanchezza. Non da parte degli autori, che anzi riescono a rinnovarsi di continuo, stuzzicando ed intrattenendo il lettore, ma proprio da parte mia, perché le storie troppo lunghe mi scocciano un po', anche quando sono effervescenti e ben riuscite come questa come questa.

martedì 23 settembre 2014

Tremendamente casto


LOLITA
di Vladimir Nabokov
 
 
Humbert, Humbert... Questo mi sovviene con un sorriso se penso a Lolita... E sorrido anche se penso ai presunti contenuti scabrosi, e allo scandalo che all'epoca della sua pubblicazione (1954) ha suscitato il romanzo, determinato dalla circostanza che il quarantenne Humbert Humbert, il protagonista appunto, si invaghisce di Lolita (al secolo Dolores), un'ardita e precoce dodicenne, malefica ninfetta, di cui diviene fortuitamente il patrigno...

La situazione, in effetti, è piuttosto stuzzicante, ma chi si aspetta chissà quale contenuto erotico rimarrà inevitabilmente deluso, perché, al di là delle suggestioni e dell'atmosfera piccante, il romanzo è tremendamente casto, almeno per i tempi attuali e, di fatto, a livello sessuale, non succede pressoché nulla (per i tempi attuali).
 
(caricatura di Vladimir Vladimirovič Nabokov)

Ciò non significa che l'opera sia una delusione a livello letterario, anzi: è scritta divinamente, dal punto di vista del protagonista, la cui psicologia è approfondita ad arte, ci affascina e seduce, in modo fine, elegante, colto e splendidamente amorale, e ci cala con maestria nell'ossessione del povero Humbert.

Perché, pedofilia o no, malato e pericoloso o no, orribile e riprovevole o no, ci sembra lui la vittima, alla fin fine: Lolita sarà pure una bambina “innocente”, ma io di bambine così non ne ho mai conosciute (questo non significa che non ce ne siano)!

Oppure è Humbert a vederla così? Mentre le ruba l'infanzia? E le nostre percezioni, filtrate attraverso le sue, sono svianti?

Il dubbio mi resta, anche perché quando avevo letto questo romanzo avevo sedici anni, quattro in più della protagonista, e lei mi sembrava assai più smaliziata di me... Insomma, potrei non aver colto tutto, ma di certo la mia sensazione principale era stata di profonda pena nei confronti di Humbert...

Ad ogni modo, credo sia stata proprio la capacità di soffiare continuamente sul fuoco senza mai scatenare l'incendio a rendere Lolita un capolavoro: niente sconcezze, niente volgarità, solo una spruzzata di perversione soft e uno stile fatto di palpitazioni e sussulti, dalla bellezza retrò, lirica e sofisticata, vibrante ed estatica.

...Che finirà col portare all'omicidio.

lunedì 22 settembre 2014

Un simile destino


VANTAGGI DI ESSERE (TRASFORMATO IN) ROBOCOP
 
 
Ogni tanto un post supercazzola ci vuole, e direi che questo lo è a tutti gli effetti. L'idea che lo scrivessi è venuta al Mio Perfido Marito, dopo che abbiamo visto insieme il recente remake dell'omonimo film di Paul Verhoeven (“RoboCop”, appunto, 1987).

Mon amour era sconcertato per il fatto che la moglie del poliziotto semi-defunto desse il consenso per la trasformazione in quasi macchina di suo marito e mi ha chiesto che cosa avrei fatto io al suo posto.

Avrei fatto lo stesso, ho ammesso candida.

MPM, oltraggiato, mi ha chiesto allora se io avrei voluto per me un simile destino, e di nuovo ho detto di sì. Il mio tesoro era sconvolto, mi chiedeva che senso avesse vivere se non sei più umano, allora gli ho spiegato:



  1. a me interessa principalmente scrivere e leggere: da RoboCop posso farlo, anche se ho la rottura delle missioni;
  2. tutto sommato andare in giro a sparare ai cattivi mi sembra divertente e piacevolmente catartico;
  3. non devo stare a preoccuparmi di menate tipo: vestiti, stupide borse, stupide scarpe, noiosa umanità;
  4. probabilmente posso spararmi “Star Wars” direttamente nel cervello;
  5. se un treno ritarda (e ritarderà) posso andare a prendere Mister Ferrovie dello Stato per le orecchie e costringerlo a viaggiare sui regionali per tutta la vita, con un cartello appeso al collo affinché i pendolari siano sicuri di chi è e, se lo desiderano, rappresentargli il loro punto di vista su Trenitalia;
  6. risolvo un volta per tutte il problema della cellulite;
  7. posso fare un bel po' di scherzetti divertenti.



Ovvio che quando ho visto il resto del film ho riveduto in parte la mia posizione...

Bau!!!

domenica 21 settembre 2014

La classica commedia spumeggiante


RAT RACE
di Jerry Zucker
(2001)

Mi vien da ridere al solo pensiero, tra le vendette per gli scoiattoli non comprati, le Lucy (inclusa quella...uomo), l'auto nazista rubata, la bimba con lo “smarmottamento”, la narcolessia che colpisce a tradimento, il cuore perduto e rincorso, la mucca volante e le questioni di cuore da sistemare dall'elicottero!!!
Un cast stellare (tra gli altri: Whoopi Goldberg, John Cleese, Rowan Atkinson, Kathy Bates, Amy Smart, Cuba Gooding Jr...) al servizio di una comicità sfrenata, rutilante e avventurosa, che balza di sorpresa in sorpresa, senza regole, passando per mille colpi di scena (piercing compresi) e che si cristallizza in una serie di gag una più spassosa dell'altra!
La classica commedia spumeggiante che fa contenta tutta la famiglia, ma che è divertente anche con gli amici. Alla prima, alla terza, alla decima visione... e che alla fin fine, ti lascia qualcosa di più.
E va be', c'è pure il finalino moraleggiante e buonista, ma con una bella cantata mandiamo giù pure quello e ci viene persino voglia di alzarci in piedi e ballare... amen se non siamo capaci, basta che siamo noi stessi.
Il tema è quello della caccia al tesoro, senza troppi indizi, ma con una corsa a perdifiato, con qualunque mezzo (e più strambo è più ci aggrada) e mille peripezie a complicarla. Tutto perché un circolo di miliardari annoiati (e vagamente sadichelli) si diletta a fare scommesse alle spalle di poveri sconosciuti, trattati come piccole cavie da laboratorio, topolini che si azzuffano per il formaggio...
Le commedie eccessive non mi garbano, ma qui il mix è perfetto: il livello di demenzialità ben calibrato e adorabile, i personaggi assurdi, ma non votati a stupire a tutti i costi, caratterizzati ad arte e tremendamente simpatici, persino i più sgradevoli, gli interpreti magnifici, la storia avvincente e spumeggiante, e alla base: tanto, tantissimo ritmo e un mucchio di gioiosità.
Il tutto frammisto ad una sana presa in giro della avidità... la nostra! Perché non vorremmo forse partecipare anche noi alla corsa?
Certo che sì!!!

sabato 20 settembre 2014

Mille anni fa


I CENTO SENSI SEGRETI
di Amy Tan
 

Sinceramente, questo è un romanzo che ho letto mille anni fa, e che a livello di trama non mi è rimasto molto impresso, eppure, non so perché, quando ci penso mi sento travolgere da un mucchio di sensazioni positive, come se mi avesse rilassato profondamente, lasciandomi una sensazione di quiete e di tranquillità, per cui mi è venuta voglia di recensirlo.

All'inizio l'avevo trovato un po' prolisso, seppur non noioso, poco avvincente, ma poi avevo iniziato ad apprezzare le descrizioni, lo stile placido e le incursioni storiche (i missionari europei in Cina...), e soprattutto il confronto con le vite vissute in precedenza dalla protagonista (o erano due?), e con i ruoli che hanno assunto i personaggi nelle reciproche esistenze, a distanza di generazioni.

Sì, insomma, si parla di reincarnazione, e c'era stato un bel colpo di scena, ricordo, a questo proposito. E poi ci sono gli spiriti dei morti...

Io non sono troppo incline alle letture new age, in generale mi annoiano abbastanza, ma qui non vengono propinate teorie vaghe e bislacche, fatte di nulla e frasi trite, bensì raccontata una storia, che avrà pure risonanze spirituali, ma non è retorica o inconsistente, semmai è dolcemente esoterica. Almeno per quel che rammento.

In realtà, la prospettiva di fondo mi era parsa straordinariamente ottimista, ma non in senso stucchevole o deleterio. Al contrario, aveva un buon sapore genuino e in qualche modo mi sembrava risplendesse di verità, nonostante le infiorettature.

Una lettura piacevole, insomma, per quanto non eccezionale.

E impreziosita dal mondo cinese, del passato e del presente, dalla sua atmosfera, cultura, suggestione, che da sempre mi affascina e mi incuriosisce.

Non ricordo molto di più, e se vado a leggermi la sinossi su Ibs o su Amazon non mi sovviene nulla. Eppure in testa mi riecheggia il nome di Elza...

Non ho letto altri libri di Amy Tan, non so perché, ma la voglia un po' mi è rimasta...
 
 

venerdì 19 settembre 2014

Il femminismo imperante


TOP OF THE LAKE
di Jane Campion
 

Lo so, questa mini in sei episodi è finita ormai da qualche mese, ma se arrivo a recensirla solo ora è perché ho aspettato che mi si sedimentasse un po' nell'anima.

Mi è piaciuta, mi è piaciuta molto, nonostante i tempi dilatati (e okay, talvolta ho pure sonnecchiato): è affascinante, altamente introspettiva, e, a parte un po' di lentezza, è davvero notevole e autoriale, non solo per la regia, quanto piuttosto per la sensibilità della narrazione e per i temi toccati, per la squisita analisi psicologica dei personaggi e del mondo in generale (il confronto uomini e donne, soprattutto, tra innocenza e corruzione).

Mi è piaciuta da matti l'idea del lago le cui acque sono mortali (ma non si capisce perché visto che ci si pesca tranquillamente e i pesci sono commestibili) e di questa tredicenne bellissima e laconica, Tui Micham, che cerca di suicidarcisi dentro perché è rimasta incinta, ma non vuole dire di chi. E poi scompare... ma non è morta, come tutto lascia intendere...

Siamo in una cittadina piccola e semi rurale in Nuova Zelanda, Laketop, i paesaggi a volte sono brulli, a volte mozzano il fiato.

Del caso di Tui viene incaricata una detective, Robin, emotiva e riflessiva ad un tempo, che non riesce a decidersi a dire il fatidico sì al fidanzato, che insegue il primo amore con cui non ha mai consumato, ha la madre malata di cancro, ma investigando riscopre se stessa e il suo doloroso passato, denso di rivelazioni, vere e false, che ti strappano il cuore. Ed è così brava l'interprete, Elisabeth Moss, così intensa e sofferta, così acuta e meravigliosa!

Ho apprezzato l'intreccio e il femminismo imperante... E poi c'è Holly Hunter, il suo personaggio, GJ, carismatico, duro e tenerissimo, quello di una guru sopravvissuta ad un fulmine e per questo “illuminata” (invero, pare un procione, come nota poco gentilmente Matt Micham, padre di Tui, uno dei personaggi più orribili della serie, capo di fatto della piccola cittadina, la prima volta che la vede) e la bislacca comunità di donne che gravita attorno a lei, e che danno conforto a chiunque capiti nei paraggi, che spesso girano nude e hanno una tazza di tè per chiunque (a proposito, la scena della signora in tiro che entra nel bar e mette sul bancone una somma di denaro per farsi sollazzare da un uomo, a patto che questi poi sparisca entro sette minuti, è davvero deliziosa!)!!

E in mezzo omicidi, corruzione, violenza, segreti, e omertà, e le due facce di almeno una medaglia...

E poi c'è il finale: shockante, perfetto, e proprio quando non te lo aspettavi più e pensavi di aver risolto l'inghippo principale...

Sì, forse si sarebbe potuta tagliare almeno una puntata, se non due.

Ma pazienza, va bene così.

Strepitoso!

giovedì 18 settembre 2014

Un tipo dal cuore tenero


LA SIGNORA NEL FURGONE
di Alan Bennett
 

Alan Bennett, inglese scrittore di successo e “uno che lavora per la tv”, per quasi vent'anni permette ad una signora barbona (Miss Shepherd, ma il nome lo ha stabilito lei) di piazzarsi nel giardino di casa sua.

Questo libricino, sintetico (89 pagine) ed essenziale, da leggere in un soffio, è la cronologia di tale assurda convivenza, da cui emerge il ritratto di una donna peculiare, con una sua logica ferrea e stramba.

Miss Shepherd scrive periodicamente lettere alla Thatcher, al Papa e a Gesù, si veste bizzarramente, adattando scatole di corn flakes o tende da bagno alla sua figura imponente, e non è manco simpaticissima, dimostrandosi spesso testarda e prepotente, per tacere del fatto che sia lei che la sua atroce abitazione (male assortita e perennemente in espansione) emanano un fetore insopportabile. Del resto non si sa come faccia con la toilette: ha adottato un sistema complicato che coinvolge dei pannoloni.

Dunque che è? 'Sto Alan Bennett è un masochista?

Probabilmente un po' sì, ma al contempo è un tipo dal cuore tenero, che si preoccupa della vicina, le regala il whisky “per le frizioni”, le fa la spesa, e si accerta, anche di notte, che nessuno le nuoccia o le faccia male. Perché la verità è che, anche quando si è accuditi e ospitati da uno scrittore di fama, la vita da clochard è dura e spesso ingrata. E alla fine, un po', la maledetta signora Shepherd ci risulta persino gradevole...

Il librino è divertente.

Non da uccidersi dalle risate, ma un po' di sorrisi ce li strappa, benché sottenda qualche vena tragica, di tanto in tanto, che un po' graffia.

In quanto al furgone, invece, beh... non c'è solo lui... altri mezzi si avvicendano e il giardino assume connotati sempre più mostruosi. Ad ogni modo, per dovere di cronaca, segnalo che sulla magione di Miss Shepherd vengono collocati pezzi di moquette e poi una coperta per attutire il rumore della pioggia (per lavarla ci si buttano sopra cristalli di detersivo e si aspetta che piova).

Per concludere, tra i libri di Bennett letti finora (solo tre, in effetti, incluso il presente), questo è quello che ho preferito. E anche lui sembra uno a posto, uno carino, perché naturalmente è il coprotagonista.

mercoledì 17 settembre 2014

Scientificità e acribia


MANUALE PER SOPRAVVIVERE AGLI ZOMBI
di Max Brooks
 

Sì, sul serio e assai seriamente! Per questo fa morire dal ridere! Il problema degli zombie è trattato con scientificità e acribia, attribuendone le cause ad un misterioso virus, il Solanum. Il libro è strutturato per essere facile da consultare, suddiviso in capitoli e quindi in paragrafi brevi (una paginetta, massimo due, a volte mezza o meno), ma molto dettagliati, che considerano pressoché ogni aspetto che potrebbe interessarci in qualsivoglia situazione, dagli attacchi circoscritti e isolati ad una vera e propria invasione di morti viventi. Wow!

Inizia col descriverci le caratteristiche del virus e gli studi fatti a riguardo (sic!), degli zombi e degli attacchi. Interessante notare, ad esempio, il modo in cui la malattia si propaga e gli esperimenti condotti sugli infetti, che ci insegnano, ad esempio, che gli zombie hanno un senso finissimo per rintracciare le prede, che potremmo scambiare per l'udito, ma che continua a funzionare anche quando hanno l'impianto auditivo decomposto e/o distrutto.

Nel secondo capitolo si esaminano armi e tecniche di combattimento, che vengono passate in rassegna una ad una (tra le altre si consiglia la katana!), evidenziandone pregi e difetti... Ad esempio, lasciate perdere la motosega: fa troppo rumore, è pesante da portarsi appresso, difficile da maneggiare, e c'è il problema di ricaricarla… Poco importa che Leatherface ci abbia insegnato quanto è divertente! In effetti, ci sono un sacco di cose che, a rifletterci alla luce del Manuale, sono diverse da come ci potremmo aspettare... Un consiglio che dà il nostro scrittore, ad esempio, in caso di assedio prolungato, è di procurarsi un bel po' di letture. La mente impegnata è attiva, diversamente gli effetti psicologici sono devastanti, si creano attriti, tensioni, ci si suicida, si compiono gesti sconsiderati. Bisognerebbe anche avere dei tappi per le orecchie perché i lamenti degli zombi (troppo esaltante questo particolare) sono terribili da sentire e alla lunga possono avere conseguenze tremende per l'animo umano.

Seguono i capitoli dedicati alla difesa (e a proposito, se dovete rifugiarvi in un luogo pubblico evitate le Chiese – non ci sono risorse, la gente prega e attira gli zombie - ed Ospedali – i primi a risvegliarsi sono sempre lì, e ci sono troppi accessi – , e optate per le scuole – di norma dotate di infermeria, servizio mensa, libri...), alla fuga (in cui veniamo aiutati a scegliere l'equipaggiamento base), all'attacco (illustrandoci strategie, armi e attrezzature ideali per far fuori i nostri amichetti in decomposizione, e, a proposito, attenzione a quelli che camminano sott'acqua: entro cinque anni dovrebbero putrefarsi e svanire, ma possono rispuntare prima, anche a molti chilometri di distanza rispetto a dove li avete visti!) e alla vita nel mondo dei non-morti (poveri noi!).

Prima di perfezionare l'acquisto avevo letto un po' di recensioni e tanti lamentavano che questa prima parte fosse un po' noiosa... Francamente non so che si aspettassero, io l'ho trovata una delizia assurda, ricca di spunti creativi, di esempi spassosi e di ironia. Secondo l'opinione generale, la vera bellezza del manuale invece sta nel successivo riepilogo degli attacchi documentati (si va dal 60.000 a.c. A Ketanga, in Africa centrale, al 2002 d.c., Saint Thomas, Isole Vergini (USA), fantasiosi e capaci di ricostruire certi eventi storici in modo un po' diverso (ho adorato le ipotesi sugli egizi)... ma io, pur apprezzandolo, ho preferito la prima parte! Di gran lunga!

Infine, c'è qualche pagina dedicata al diario degli attacchi. Come stilarlo e che cosa evidenziare...

Consigli utilissimi, insomma, che potranno determinare la nostra sopravvivenza (!!!), in più un libro simpaticissimo da leggere, fantastico per ogni nerd, o fanatico dei manuali di sopravvivenza!

Curiosità: Max Brooks è il figlio di Mel, l'attore e regista, ma soprattutto è l'autore del romanzo “World War Z”.

Curiosità 2: il mio fumettaro di fiducia mi informa che della parte sugli attacchi documentati esiste anche una versione a fumetti!

martedì 16 settembre 2014

Ho finito le ferie!


RITORNO ALLA NORMALITA'
 

Almeno spero.

Almeno in teoria.

La verità è che oggi ho finito le ferie. Beh, tecnicamente oggi è il 15, ma per ieri il post l'avevo già pronto, quindi diciamo che il 15 ho finito le ferie, e pure i post, ma non il libro nuovo... Sigh!

Col romanzillo new sono in alto mare (e a proposito, grazie a chi si dà la pena di partecipare al sondaggio del 13 settembre, e grazie due volte a chi non mi comunica il suo pensiero a voce, ma lo scrive tra i commenti: mi è molto più semplice, poi, tirare le somme)!

...No, davvero, ho voglia di spararmi.

Di norma non fatico a scrivere, anzi mi diverto e sono felice, ma quest'estate sono stata davvero in difficoltà. Non so perché (Bioritimi? Maledizioni celesti? Morte cerebrale?), ma mi sono dovuta fare letteralmente violenza per adeguarmi alla tabella di marcia stabilita (che non ho rispettato): non mi sentivo tranquilla, ero perennemente ko e non riuscivo a concentrarmi.

Era come se non riuscissi ad entrare in sintonia con il prospetto che avevo stilato, e sì che l'ho ritoccato per mesi e mi piaceva da matti.

Ad ogni modo sono a pagina 133, ma non è una questione di pagine, quanto di trama... Sono più o meno a metà. Ed è una tragedia, perché così il libro è troppo lungo e dovrò pure scorciarlo di brutto in sede di revisione (e di revisione ha davvero bisogno, soprattutto a livello stilistico: mi sembra di usare sempre le stesse quattro parole e ho un miliardo di incertezze, in più non riesco a costruire un'atmosfera soddisfacente e certi passaggi sono troppo rapidi. Baaahhhhhhhhh!)... Bando agli isterismi, il problema grosso, in realtà, è sempre il solito: che ho solo i week-end per buttare giù il seguito, che è tornato il fardello dei post (e il più ingombrante fardello del lavoro), e che, dulcis in fundo, sono più stanca di quando ho cominciato le vacanze. Per tacere del fatto che adesso sono le 3.45 del mattino e mi sento il cervello spolpettato.

Va mu, quindi? Quindi cercherò di impegnarmi più che posso ricordando a me stessa che non mi corre dietro nessuno.

Ma se dovessi sentirmi affogare... Chiedo scusa in anticipo, ma effettuerò un altro piano di dimezzamento. Per il momento, però, tengo fede alla parola data e mi impegno a delirare quotidianamente.

Baci.

E omaggi.

lunedì 15 settembre 2014

Non ci lascerà indifferenti


CEREBUS
di Dave Sim
 
 
Non è un fumetto semplicissimo, né per tematiche, né per scrittura, specie nel primo tomo assolutamente verboso (si tenga conto che è stato scritto negli anni 80, anzi la saga è iniziata nel 1977). Però è un gran fumetto, uno di quelli che appartengono al mondo della letteratura, che si mantengono sempreverdi, e che non si esauriscono su un solo livello.

Per il momento io ho letto solo i due sontuosi volumi “Alta Società” e “Chiesa e Stato vol. 1” (circa 500 pagine ciascuno) pubblicati da Black Velvet, che non sono l'inizio vero e proprio, ma quello che di fatto conta, quello in cui la graphic novel e il personaggio spiegano tutte le loro potenzialità.

Ogni tomo copre un proprio arco narrativo: il primo tratta degli intrighi della politica e di una guerra scatenata per i motivi sbagliati, il secondo, più snello e scorrevole, è incentrato sul potere e le storture della Chiesa (ci si riferisce ad un culto inventato, ma non troppo).

Ma chi è Cerebus? Un oritteropo parlante che si muove in un mondo di umani, fantastico e intricato, litigioso, con un brutto carattere, la propensione ad infilarsi in situazioni più grandi di lui, molti difetti, tra cui una crassa ignoranza, e l'abitudine di parlare di sé in terza persona.

O lo odiamo o lo amiamo, ma di sicuro non ci lascerà indifferenti.

Accanto a lui si muovono personaggi misteriosi, tra danzatrici, burocrati, sette, supereroi e donne manipolatrici, la realtà è surreale e carica di sottintesi, di allusioni, di ammiccamenti (inclusi quelli ai fumetti, specie quelli Marvel, con cui l'autore non si dimostra troppo generoso), e intanto, zitti zitti e semi inconsapevoli, affrontiamo argomenti spinosi, talvolta esasperandoli un po'.

Cerebus personaggio è disegnato in stile Disney, ha un'aria simpatica, prevalgono le linee curve, e sembra il protagonista di una serie comica. Solo che questa non la è.

Il fumetto è anzi complesso e sofisticato, animato da intenti satirici, sperimentale, anticonvenzionale, ricco di inventiva, sia per contenuti, che per stili e veste grafica (ci tocca spesso rigirare le pagine, leggere in orizzontale, con vignette pienissime e scritte microscopiche, dalla partitura varia e originale), e comunque gli altri personaggi vengono realizzati con un tratto realistico.