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lunedì 30 giugno 2014

Toccavo il cielo e poi il fondo


MALATTIA!!!

E' rarissimo che mi ammali (possono testimoniarlo i miei compagni di liceo: in cinque anni tre giorni di assenza!), e ho sempre ritenuto impossibile beccarsi un malanno in estate: è troppo da sfigati! L'universo deve veramente odiarti!
Ed infatti, eccoci qui.
Febbre.
Non alta, per carità, viaggiamo sui 38.1/38.2, niente tosse o raffreddore, solo il gelo perenne (che per certi versi è quasi comodo) e una propensione alla stanchezza che neanche le ottuagenarie malmesse...
Ovviamente, non rientrando nella categoria dei dipendenti, la morale è che si lavora lo stesso, solo più lentamente e con fatica.
Anche se, a voler essere onesta, lì per lì ero divertita, almeno a casa: un modo come un altro per schiavizzare meglio il Mio Perfido Marito, che si trasforma in infermiera, mi coccola e accudisce più del solito! E infatti la prima sera me la sono proprio goduta (pensavo anzi di dotarmi di campanellino per convocarlo, rendendo il tutto più delizioso)... La mattina seguente, peraltro, stavo bene, ma poi, tracchete, nel pomeriggio ricaduta.
Estate o non estate, mi sono dovuta infilare felpa, calzini e seppellire sotto un piumone, riesumato per l'occasione dall'armadio.
Sono seguiti alti e bassi, in cui prima toccavo il cielo e poi il fondo.
La cosa più triste è stata la sera di sabato: praticamente morta, con la testa spaccata in due dall'emicrania. E questa volta la febbre era pure semi-inesistente (37.4), per cui il MPM era tenero, ma con diffidenza.
Ma, dunque, che diavolo ho?
Le mie allegre colleghe (donnacce sadiche e bramose di sangue, con un discutibile senso dell'umorismo) si sono divertite ad ipotizzare malattie lunghissime e ricche di complicazioni (dalla toxoplasmosi alla mononucleosi), ma per fortuna io sono una seguace di Guglielmo di Occam e del suo celebre Rasoio, per cui, dato che in giro c'è l'influenza, deduco di essere affetta da quella.
Bella sfortuna, però, in estate. Come i brufoli a cinquant'anni!

domenica 29 giugno 2014

Uno sproposito di gente orribile


HOUSE OF CARDS – GLI INTRIGHI DEL POTERE
 
 
Il thriller politico non è il mio genere (troppo lontano da me e dalla mia visione del mondo), e quando il MPM mi ha proposto questa serie Tv ero piuttosto scettica. Invece mi ha presa subito, sin dalla prima puntata! Intanto perché è realizzata da dio: trama, dialoghi, personaggi... E poi perché è così cerebrale, arguta, intelligente... e piena di sorprese! Con interpreti notevoli e punti di vista impeccabilmente espressi!

Di fatto, una serie sul potere, come ci illustra il sottotitolo, e sui modi in cui lo si può vivere e consumare (o in cui è lui che consuma te), dove, per sopravvivere (ossia vincere) devi dire il contrario di quello che pensi, esercitando la subdola arte della manipolazione. Su chiunque.

Ci sono momenti molto forti, soprattutto a livello etico, e uno sproposito di gente orribile. Senza vergogna e con un allucinante vello sullo stomaco, che ogni battito di ciglia non si perita di ribaltare la massima kantiana, per cui l'uomo diviene un mezzo e non un fine. Qualunque sia il rapporto.

Il problema è che tutto ciò non sembra esagerato, ma tremendamente realistico e plausibile. E nauseante. Ma i personaggi non si pongono il problema, perché qui le regole sono diverse, e l'unico vero crimine è la sconfitta.

Il personaggio che preferisco è Claire (un'eccellente Robin Wright), che è disposta a tutto, ma più che altro per non annoiarsi. E dunque, questo tutto, presuppone classe, eleganza e una notevole raffinatezza. Talvolta, addirittura di soavità. Ma ugualmente forza e determinazione. Magnifica.

Suo marito, Francis/Frank Underwood (Kevin Spacey, suadente ed efficacissimo...) è in apparenza simile, ma invero diametralmente diverso: è vorace, avido, divorato dall'ambizione. E spesso ci sembra un mocciosetto alle prese con il giocattolo rotto, che frigna e batte il piedino per terra. Con la differenza che lui, come bambino, è pericoloso, privo di remore e maledettamente lungimirante, capace di calcolare sui lunghi periodi esattamente a quali conseguenze andrà incontro spostando ciascuna pedina, sia pur di poco, secondo il suo ponderato capriccio.

Il gioco, naturalmente, consiste nella scalata al potere, perché lo scopo di Frank, a quel che ci dice (perché sì, con noi si confida, ammiccando, guardandoci in faccia, omaggiandoci con perle di saggezza e facendoci apprezzare le sfumature), è la vice presidenza degli Stati Uniti.

E, bisogna riconoscerlo, Frank sa giocare.

E' magnetico, affascinante. Letale. E mentre suscita il mio disgusto riesce persino a piacermi (ma Claire resta sempre superiore, e leggiadramente elevata, laddove Frank, spesso sguazza nel viscido).

In ultimo segnalo che trovo estremamente affascinante il rapporto tra loro due, Frank e Claire. Non so se si possa davvero parlare d'amore, ma l'intesa è perfetta. Anche mentre si sgretola.

P.S.

Prima o poi mi toccherà leggere l'opera che ha ispirato questa serie, il romanzo omonimo di Michael Dobbs.

sabato 28 giugno 2014

Inappellabilmente mostri


DOLCI TENEBRE
di Kerascoët e Fabien Velhman
(e Marie Pommepuy)
 
 
Ecco che cosa succede al cadavere di una bambina abbandonato nel bosco.

Un bosco abitato da piccole, graziose, creature, a metà tra i folletti del Piccolo Popolo, bamboline e pupazzetti, di dimensioni variabili, fatui e amorali, talvolta benintenzionati, ma soprattutto egoisti e irresponsabili. Insensibili. Crudeli.

Già, per quanto i disegni siano morbidi e favolistici, delicatissimi e impreziositi dagli acquarelli e dalle tinte pastello, per quanto le creaturine siano dotate di enormi occhioni dolci e capelli fluenti, di fatto fanno presto a guardarsi reciprocamente morire, possibilmente tra una sghignazzata ed uno sberleffo, facendosi a pezzi l'un l'altro, derubandosi, e imbrogliandosi. Per tacere di come si relazionano con la natura o con gli animali (nessun problema a staccare le zampe ad una coccinella o a tagliare le ali ad un pettirosso per schiavizzarlo).

Per certi versi, all'inizio, ci possono ancora sembrare innocenti bimbi che giocano senza criterio, ma per altri sono mostri, inappellabilmente mostri. E tra una vignetta e l'altra, se dapprima ho pensato a “Dieci Piccoli Indiani”, poi mi è venuto in mente “Il Signore delle Mosche”.

E dunque che succede al cadavere della bambina?

Che viene usato come casa, e quando l'abitazione comincia a crollare, per via della decomposizione, viene saccheggiato.

Non si può più far merenda nella sua bocca, ma ci si spartiscono i suoi biscotti (a terra, accanto a lei), le si strappano i capelli per farne delle corde, le si stacca il cerotto dalla pelle, perché può fungere da cintura... Il tutto con suprema serenità (o quasi). E quando il corpo viene infestato dalle larve... Be', queste possono costituire un pasto nutriente.

Se no si possono mangiare le creaturine più piccole, nostre “amiche”...

E un po' ci affascina quest'idea del cadavere, e un po' ci turba... Ma in fondo non è niente. Piuttosto è la spietatezza dei protagonisti a sconcertarci. Perché man mano la ragazzina si decompone, e gli esserini, perdendo ogni giorno di più il loro rifugio, sono costretti a confrontarsi con la fame e i pericoli che li circondano, i rapporti tra loro si ridefiniscono e non in meglio. E così nelle prime pagine ci fanno ancora tenerezza, nonostante destino frequentemente la nostra perplessità: ci sembrano soltanto un po' sciocchi, vanesi e sognatori, ma in sostanza benintenzionati e dunque siamo disposti a scusarli, a perdonarli... Perché sono dolci e carini e indifesi. E paiono destinati a morire uno per uno, preda degli animali selvatici, vittima di piante velenose (o della loro stupidità) o trascinati via dalle formiche. Poverini, ci diciamo, sono già così sventurati... inoltre non sanno quello che fanno.

Finché non ci rendiamo conto. Che lo sanno benissimo. Lo sanno eccome. E non gli importa. Perché sono prepotenti, prevaricatori, capricciosi, anaffettivi, opportunisti, sadici e maligni. Oltre che consumati da invidie e gelosie. Insomma: un bel gruppo di sociopatici!

E tutto ciò è folle, malato, fastidioso... quanto geniale.

E alla fine il cadavere della bambina non è importante, resta in secondo piano. E anche se un paio di domande le suscita, a nessuna verrà data risposta. E per nessuna ci angustieremo davvero. D'altro canto, quello che conta sono solo i piccoli esseri e il loro fato. Terrificante e realistico nella sua conclusione.

Per tutti.

Incluso chi sopravvive.

Uno dei fumetti più belli, crudi e impietosi letti ultimamente.

L'unico che ho immediatamente riletto.

venerdì 27 giugno 2014

Antonia è antipatica


LA CHIMERA
di Sebastiano Vassalli
 
 
Pensavo che il titolo alludesse al mostro mitologico, invece è una regione del novarese. E forse anche la rappresentazione di un'illusione, quella della Chiesa, che lungi dal funzionare come istituzione, rifugio, riferimento e centro di aggregazione, diviene strumento per la diffusione di pregiudizio e maldicenze.

Siamo nel 1660, in una società rurale e superstiziosa, dove Antonia, rea di essere bella, giovane ed innamorata, oltre che oggetto di troppi pettegolezzi, deve affrontare un processo-farsa per stregoneria. Ma c'è poco da scherzare, perché l'esito potrebbe essere il rogo.

In realtà del processo si comincia a parlare solo a metà libro (o forse persino un po' più in là), perché prima impariamo a conoscere lei e, soprattutto, a comprendere il mondo in cui vive.

La ricostruzione storica è ottima e minuziosa (benché a tratti un poco invadente), lo stile abbastanza scorrevole, nonostante fiocchino le descrizioni e ci siano momenti di eccessiva prolissità, Antonia è antipatica (poveretta, non è colpa sua), ma ci coinvolge tantissimo la sua vicenda umana (tanto che tifiamo per lei), dominata, ahimè, dall'ignoranza dei compaesani e della Chiesa (che qui viene sferzata e criticata in lungo e in largo).

Nell'insieme il libro mi è piaciuto: si legge volentieri, e dove non riesce ad essere avvincente, risulta comunque interessante, satirico e accurato. Personalmente, però, credo che l'autore divaghi un po' troppo, specialmente perché, di fatto, la vicenda davvero saliente inizia davvero tardi e il ritmo ne risente (è anche vero, peraltro, che così abbiamo gli strumenti per familiarizzare di più con il contesto storico, la mentalità – malata – dell'epoca, e di apprezzare maggiormente quanto succede poi).

Arrivati alla parte finale, tuttavia, si vorrà seguitare a leggere a tutti i costi, perché allora sì che Vassalli ha la nostra completa attenzione. E riesce a non deluderla e a gestirla bene.

Ci sono molti libri più belli, significativi e intensi di questo, ma non ce n'è nessuno che sia uguale (che io sappia).

Per me, questo, è un motivo sufficiente per volerlo leggere.

giovedì 26 giugno 2014

Non brilla per colpi di scena


ANNA DAI CAPELLI ROSSI
di Lucy Maud Montgomery
 
 
Sì, proprio lei: la romantica e fantasiosa orfanella che abbiamo imparato ad amare durante l'infanzia, nell'omonimo cartone animato trasmesso sulla Rai (a dire il vero io l'ho scoperto all'università, ma meglio tardi che mai!)!

Non si trattava di un soggetto originale, ma di un adattamento ispirato a questo romanzo (noto anche come “Anna dai tetti verdi”), che mantiene intatta la straordinaria personalità di Anna (non priva di esagerazioni, intemperanze e magnifiche vocazioni al dramma), permettendoci di ripercorrerne la storia con un mezzo diverso, senza ripetizioni, con pochissime omissioni, ma con nostalgico piacere e tanta, tanta freschezza, benché l'opera risalga alla prima decade del 1900.

E i punti di forza sono proprio gli stessi: la poesia di base (filtrata anche attraverso le accurate, ma non eccessive, descrizioni della natura), la dolcezza dell'infanzia, la visione ottimistica e improntata alla positività della nostra eroina, i personaggi, e quindi lei, l'irresistibile protagonista, ma anche i bei comprimari, Matthew e Marilla, in particolare, con la loro profonda umanità e, nel caso di Marilla, di un notevole pragmatismo, che sovente fa da contraltare alle stravaganze di Anna.

La trama non brilla per colpi di scena, semplicemente narra le gesta di questa mirabile ragazzina, tanto comune, quanto eccezionale, assegnata ad una famiglia composta da fratello e sorella (Matthew e Marilla, appunto), i quali, però, avevano chiesto fosse affidato loro un maschio. Ma che, comunque, affezionatisi alla piccola, decidono ugualmente di tenerla con sé.

In apparenza, dunque, nulla di illuminante, ma se si considerano tante letture per l'infanzia fondate su privazioni, strazi e infelicità varie, specie se i protagonisti sono senza genitori (si vedano “Oliver Twist”, “Senza famiglia” & Friends), quest'opera, in cui finalmente si dà spazio ad un percorso di crescita personale, ai rapporti umani, e alla realtà quotidiana (che comunque pullula di piccoli, ma importanti avvenimenti, nel nostro caso rivisti con gli occhi dell'irrequieta ragazzina dai capelli rossi, che non riesce a non sognare ad occhi aperti e ad immaginarsi diversa, e magari pure con un altro nome), costituisce un'autentica ventata di gioia, tenerezza e divertimento!

E poi, in fin dei conti, letteratura per l'infanzia è solo un'etichetta: io ho letto il romanzo qualche anno fa, e l'ho trovato stupendo. E per nulla infantile.

Ma le sorprese non sono finite (lo dico per chi accusa la mancanza dell'anime): anche se il libro ha una fine, la storia di Anna non termina qui, ma procede attraverso numerosi romanzi (7 + un prequel apocrifo) che la seguono durante la vita, il matrimonio, etc. molto oltre il “the end” imposto al cartone animato.

Per completezza, segnalo anche il manga in tre volumi di Yumiko Igarashi (coautrice di Candy Candy e autrice di Georgie), che suppergiù ripropone i contenuti del primo volume della Montgomery, con in più disegni tipici del genere shojo, con gli occhioni stellati e i fiori che spuntano ogni due per tre.

mercoledì 25 giugno 2014

Una miscela esplosiva


KISS KISS BANG BANG
di Shane Black

(2005)
 
 
Ecco un esempio di che combinava Robert Downey Jr prima dei fasti di Iron Man e Sherlock Holmes!

Una miscela esplosiva e divertente, briosa, spumeggiante, con parecchie complicazioni noir e deliziosi toni da commedia, con un tocco rosa, una spruzzata di assurdo, monologhi e dialoghi che fanno scintille (sparati a raffica), intrighi e tenerezza. E personaggi deliziosi! E sfaccettati.

Invero, il mio preferito è Perry, noto come Gay Perry, alias un meraviglioso Val Kilmer, nella parte del detective omosessuale dalle mille risorse e dall'irresistibile (per me) fascino... Ma quello in cui è più facile immedesimarsi è proprio lui, Robert Downey Jr, il ladruncolo dal cuore buono Harry Lockhart, protagonista imbranatello, infantile e simpatico, che, un po' per caso, un po' per romanticismo, si infila in una storia più grande di lui (e c'è da piegarsi dal ridere già per l'equivoco per cui, nella realtà filmica, viene scritturato come attore) a base di ragazza morta finta suicida ritrovata (già cadavere) nel bagno della sua camera d'albergo (e sulla quale, prontamente, per sbaglio e in preda allo sbigottimento, fa pipì!). Fortuna che Harry conosce Perry, e che insieme fanno miracoli...

E poi c'è lei, Michelle Monaghan, incantevole come non mai! Non solo perché è in splendida forma, ma anche per la sua spontaneità genuina, solare e coinvolgente, da ragazza della porta accanto problematica e birichina...

Il ritmo è perfetto, la trama rocambolesca, ricca di trovate gustose e dolci, o inaspettate (a partire dalle dita mozzate) e resa ancor più frizzante dal modo in cui viene narrata, direttamente da Harry, che si dimentica i pezzi, torna indietro e ricomincia, si perde in divagazioni... Ma ci regala un montaggio brillante, tra adrenalina e risate.

E quindi?

E quindi, anche se di per sé la pellicola non è un capolavoro assoluto, è un capolavoro lo stesso perché non c'è nulla che non sia al posto giusto, rinverdisce i generi (commedia, giallo, noir) con un abile mix, e, anche se la si rivede un mucchio di volte, continua ad essere uno spasso!

martedì 24 giugno 2014

Un mondo stupefacente e meraviglioso


DIZIONARIO DI MITOLOGIA GRECA E LATINA
di Anna Ferrari
 
 
Sono da sempre un'appassionata di storie, e quindi, oltre che di film, racconti, fiabe, fumetti e romanzi, anche di mitologia universale.

Inevitabilmente, però, quella più corteggiata è la mitologia greca (e latina, già che c'è), caratterizzata, osservo incidentalmente, da stupri vissuti con estrema naturalezza, tradimenti, incesti, atti di violenza e sopraffazioni (eh, sì!). E un sacco di horror (dai parenti serviti a pranzo come portata principale ad una ridda di magnifici Mostri sanguinari, quali la Chimera, la Sfinge, le Arpie e gli Stinfalidi, tanto per menzionare alcuni fra i più noti...) Ma anche da viaggi, scoperte e sogni. E immaginazione. In cui non c'è morale, o meglio, in cui la morale principale è: uomini guardatevi dallo sfidare gli dei, guardatevi dal peccato di Hybris, la tracotanza!

Se si riescono ad accettare questi punti cardine, la Mitologia greca si rivelerà un mondo stupefacente e meraviglioso, che costituisce la radice di tanta parte della nostra cultura e che è un piacere scoprire. Solo che dà dipendenza, e dopo che vi siete letti Omero, Esiodo, Ovidio, i tragici greci e compagnia bella non sarete ancora paghi, e bramerete altro, ripiegando necessariamente, infine, sui dizionari.

Non storcete il naso, quindi: il dizionario può essere una lettura interessante e gustosa, e, se realizzato bene, quando tratta di un tema come questo, risultare persino coinvolgente ed emozionante. Perché di fatto è una raccolta di trame e di personaggi, una specie di multi-romanzo, se vogliamo, sulle origini del Mondo e sulla sua fine, ma con in mezzo un mucchio di avventure che si intrecciano, si sfiorano e si sovrappongono.

Tra quelli (numerosi) che ho letto, questo di Anna Ferrari (oltre 800 pagine) è senz'altro il più esauriente e rigoroso: non si limita a descrivere le gesta e gli attributi degli dei e degli eroi principali, troviamo anche i personaggi minori, le comparse, le Graie, il nome del Minotauro, le località più remote...

In più, abbiamo un po' di collegamenti con i Miti in chiave “moderna”, ad esempio grazie agli attenti riferimenti alla reinterpretazione dantesca.

E poi, in ulteriore aggiunta, una serie di argomenti chiave, quali, ad esempio, animali e piante, per altri approfondimenti.

Insomma, si tratta di un'opera maestosa, completa, vasta, in cui è un piacere sguazzare e trastullarsi, ma, in effetti, consigliabile a chi di Miti mastichi già qualcosetta, onde evitare il rischio di smarrirsi.

Ma, in fondo, anche se ci si dovesse perdere, sarebbe poi così spiacevole?

lunedì 23 giugno 2014

Pieno di rabbia e di rancore


UTO
di Andrea De Carlo
 
 
Tra i romanzi di De Carlo “Due di due” è il mio preferito, ma “Uto” gli va subito dietro.

Perché mi piace lui, Uto, pieno di rabbia e di rancore (il suo patrigno si è suicidato e lui, suo malgrado, finisce ospite in questa comunità spirituale di benintenzionati), corrosivo, sprezzante, enigmatico, bramoso di distruggere, ma con una certa raffinatezza, un po' di intelligenza, contro le illusioni e le fandonie. Che sembra indifferente ma non lo è.

Perché ci vedo un po' di me dentro, e molto di quello che vorrei.

Perché per una volta mi piace il nome del protagonista (una cosa che mi sorprende di De Carlo è che riesce sempre a dare ai suoi personaggi nomi che io trovo osceni...) che fin da subito mi ha affascinata, sedotta e conquistata (all'epoca della lettura ero più o meno sua coetanea).

Mi piace la storia, in cui abbiamo una comunità spirituale piena di buoni sentimenti e voglia di amarsi e di assistersi reciprocamente, come nella vuota pubblicità di un panettone... E mi piace vedere questo mondo che si infrange e si frantuma, perché è finto e artefatto, per l'effetto Uto.

E che poi, in linea di massima, è uno dei motivi cardine dei romanzi di De Carlo: l'equilibrio che si spezza.

Di solito la rivelazione, l'epifania, viene da un incontro amoroso inaspettato, che ci fa capire come il nostro modo di vivere sia semplicemente dovuto alle circostanze cui ci siamo adagiati, per pigrizia e per convenienza, che all'inizio, magari ci assomigliava, ma che adesso non funziona più e non è più davvero nostro. Anzi, non è nemmeno vero (comunità spirituale a parte, che già un po' ci fa sorridere e ci pare improbabile).

Qui non abbiamo l'incontro amoroso, ma un ragazzino difficile e problematico, che ci pare indifferente e sgradevole, ma che non lo è. O meglio, sì. Ma che è anche dell'altro.

Il romanzo ha i suoi tempi, a volte può apparire un po' lento. Questo se ciò che conta per voi è l'azione. Se invece vi interessa il modo di sentire dei personaggi, la repentinità con cui cambiano i loro pensieri, le loro impressioni, e vi piace il modo particolarissimo in cui scrive De Carlo, lineare, ma chirurgico... be', la cosa non vi tocca. Vi bevete ogni riga, e sorridete parecchio. Sì, perché ci sono alcune parti, piuttosto ironiche, che mi avevano fatto sghignazzare non poco.

E siete curiosi di andare avanti, perché volete proprio sapere come si sbroglierà la matassa, che si fa sempre più intricata, rigirandosi su se stessa.

E non è tanto importante, di per sé (il riassunto non è avvincente, è noioso), ma per come la percepisce Uto, e il suo contraltare/rivale/antagonista, Vittorio, il padre della famiglia Foletti, quella che lo ospita.

La conclusione, poi, è una delizia. Tanti la criticano, la trovano stupida, frettolosa, posticcia. Io non sono d'accordo. La fine doveva essere questa. Ed è logica, coerente, e rende la trama ancora più ironica e gustosa.

E ha il vantaggio di non essere univoca e defionitiva.

Perché non si sa mai, che cosa davvero pensi Uto...

domenica 22 giugno 2014

Momenti squisitamente truci


IL TRONO DI SPADE
 
 
E siamo alla fine della IV stagione televisiva... Devo riconoscere che mentre mi consumo nell'attesa del sesto romanzo di Martin (edizione americana) non mi dispiace potermi intrattenere con il telefilm, che, a parte la lentezza e alcune discutibili scelte circa gli interpreti (come si può assegnare la parte di Daenerys Targaryen, la donna più bella del mondo, ad una sopraccigliona – ma forse la causa è il trucco – affetta da callipigia?), non è niente male, benché, vuoi per esigenze di copione, vuoi per altri motivi (talvolta condivisibili, ad esempio riguardo all'innalzamento dell'età media dei personaggi), non è sempre fedele al centimetro alla saga letteraria ... Che qui ignoro, avendovi già dedicato un post, cui rimando per le caratteristiche generali dell'opera (il fantasy sui generis, il decesso inaspettato di tanti beniamini nel momento stesso in cui siete davvero convinti di amarli o di odiarli più che mai, l'intrigo politico, la coralità etc.), concentrandomi semmai, su quel che caratterizza in particolare la serie Tv, ovvero: momenti squisitamente truci e sanguinosi (come nei romanzi, okay... Ma, di norma, sugli schermi domestici si ha la tendenza a trattenersi, mentre nei libri, comunque, filtriamo le descrizioni con la nostra immaginazione... Qui no. Qui non ci facciamo mancare niente, evirazione compresa, per tacere del recente – e meraviglioso – spappolamento del cranio, non dico di chi, e delle ormai celebri Nozze Rosse, che ci hanno regalato, l'anno scorso, uno dei finali di stagione più splatter di sempre!) e un bel po' di sesso, di ogni genere e tipo, e non senza fantasia o depravazione (idem come sopra)...

Ci sono poi alcuni attori semplicemente perfetti, come Peter Dinklage nel ruolo di Tyrion, o Lena Headey, nelle vesti di Cercei (ma anche, considerando ancora la I Stagione, Eddard Stark-Sean Bean e Khal Drogo-Jason Momoa... In aggiunta a piccole perle di recente acquisto, come Iwan Rheon, alias Ramsey Bolton), e altri terribili e fuori parte (oltre alla già citata Daenerys-Emilia Clarke: Sophie Turner, l'attrice che interpreta Sansa: troppo brutta di viso, anche se la sua generica apatia è assolutamente intonata al personaggio).

Pregevoli anche scenari ed effetti speciali (i Draghi!!!), i dialoghi (alcuni differenti dai libri, ma perfetti), e... la sigla! Pura estasi e innalzamento spirituale, con una musica trascinante e immagini azzeccate, atte a darci una dimensione dei Sette Regni (etc.)... E che bello ascoltare finalmente, nella terza stagione, “l'orso e la fanciulla bionda”!!!

Anche se...

Ci sono alcuni passaggi in cui se non avessi letto i romanzi farei fatica a seguire, specie nella seconda stagione (mi pare, ma forse è la terza), in cui troppa roba accade insieme, e vengono inevitabilmente fatti troppi tagli (la prima, invece, era perfetta). Il Mio Perfido Marito (assai distratto e poco interessato – credo che il suo personaggio preferito sia Hodor) abbisogna di continue spiegazioni, e non distingue i comprimari, dimenticandosi alcuni pezzi salienti.

In generale, si incede con lentezza, e poi tutto precipita (anche nei romanzi avviene così, la differenza è che lì me lo godo, qui ogni tanto un colpo di sonno mi viene). All'inizio il ritmo del telefilm era più incalzante, specie nelle sequenze iniziali, molto più veloce che nei libri, mentre ora, a tratti, sembra che l'intento sia di diluire un po' o accorciare, magari per rispettare i minuti previsti.

Insomma, non è il massimo... Ma è perdonabile, perché i pregi sono molti più dei difetti!

sabato 21 giugno 2014

Distopico e oscurantista


FAHRENHEIT 451
di Ray Bradbury
 
 
Se ami i libri questo romanzo ti farà soffrire, perché ti smuoverà qualcosa dentro, qualcosa di profondo e delicato, che trascende il libro in sé, che va oltre, che raggiunge l'assoluto e il tuo essere umano. Ma non temere, e abbi fiducia: questo qualcosa, che non saprei meglio definire, ma che è importante e fa parte di te, alla fine ti sarà restituito, più brillante e luminoso, e ne sarei solo più consapevole. E grato.

Forse è l'opera più famosa di Ray Bradbury, quella più sconvolgente: qui i pompieri non spengono gli incendi, ma bruciano i libri (quella indicata nel titolo, è la temperatura necessaria per dar fuoco alla carta). Perché i libri sono fuorilegge e possederli è reato. Figurarsi leggerli. Per l'informazione e il relax ci si deve rivolgere in esclusiva alla televisione. Pesante, eh? E non c'è nemmeno Sky.

Siamo nel futuro, distopico e oscurantista, dove conosciamo Guy Montag, vigile del fuoco, dedito al lavoro, marito devoto, in qualche modo vittima della propaganda. Sino a che... il nostro infrange la normativa vigente e legge qualche paragrafo di uno dei testi che dovrebbe dare alle fiamme. La sua vita ne sarà sconvolta, e inizierà a salvare qualche volume. E poi altri. Fino a che le cose cominceranno ad andare più velocemente e lui comincerà a pensare.

Come in tutti i migliori romanzi di fantascienza le tematiche non sono meramente legate alla fantasia, ma sanno di critica, di denuncia sociale, di allarme preventivo, di paura e di riflessione, oltre che di tensione e intrattenimento. Sono profondamente radicate nell'uomo e nella sua sensibilità, rimestando nel suo possibile futuro, che però ha il suo fondamento nell'oggi, e, pur a distanza di sessant'anni, restano atrocemente attuali.

Sotto certi aspetti non si può non accostare “Farhenheit”a “1984” di Orwell, sotto altri... be', Fahrenheit è più semplice, meno cupo, meno doloroso, nonostante tutto, più ottimistico, e magari più adatto ad essere letto in giovane età, e più immediato, sin dalle prime righe.

Se devo essere onesta, alla fine lascia qualcosina di meno, pur rappresentando comunque un arricchimento notevole, uno di quei romanzi che, semplicemente “vanno letti” e che restano sempreverdi e indimenticabili, indipendentemente dalla passione per la fantascienza (o per la lettura).

Montag come protagonista non spacca, non ci affezioniamo più di tanto a lui. Ma lui siamo noi, lo sentiamo comunque vicino al nostro modo di essere, perché tanti suoi ragionamenti sarebbero i nostri se fossimo nati al suo posto, e alla fine speriamo che gli vada tutto bene, che ce la faccia. E poi ci avviciniamo alla sua vicenda, a quello che deve affrontare, e a come lui matura e cresce in rapporto ad essa. Al potente messaggio che ci comunica.

E a questo proposito, la critica di Bradbury, tornando al confronto con Orwell, al di là del potere del libro in sé (che forse un autore più sofisticato avrebbe strumentalizzato, e non solo gettato al rogo, anche se indubbiamente in questo modo l'opera ha maggior impatto), è più contro i Media, che verso i Regimi Totalitari, più contro la “censura per addizione” che la censura e basta.

E guarda un po', è proprio quella che abbiamo in Italia, oggi. Quella per cui disquisiamo di gossip e di partite di calcio, ma ignoriamo le basi dell'economia, andando dietro a chi inveisce come un ossesso strepitando che... Okay, qui mi fermo. E' un blog di cultura, questo, non di politica.

Romanzo attuale, si diceva...

venerdì 20 giugno 2014

Un Romanzo di Formazione


DOLL BONES – LA BAMBOLA DI OSSA
di Holly Black
 
 
Non si giudica un libro dalla copertina, ma io da quella sono stata attirata (bellissima!), e dalla promessa che c'è stampata sopra: “a metà tra Stephen King e Neil Gaiman”, che mi ha reso l'incontro inevitabile...

Invero, nessuno dei due autori c'entra nulla, salvo per il fatto che siamo al cospetto di un romanzo per ragazzi a tinte macabre e fiabesche (più Gaiman che King, allora)...

Ciò non significa che l'opera sia brutta, e che non sia godibile anche se si è anzianelli, come me: si legge in fretta e volentieri, seppur ogni tanto si interrompe la lettura perché ci sono momenti di stasi, e qualche parentesi noiosetta... La parte propriamente dark è suggestiva e ottimamente realizzata, per quanto poco originale, con la solita bambola maledetta (però qualche innovazione c'è, e la tua attenzione viene catturata), e sebbene, di fatto, non succeda granché. Ci sono alcuni momenti indovinati ed efficaci, che portano graditi brividelli striscianti (i riferimenti alla bionda), ma altri (il campeggio devastato), sono superflui, banali e terribilmente infantili.

Dunque?

Dunque non importa quel che accade, quello è mero contorno, occasione, importa invece a chi e come, perché i punti di forza del libro sono da cercarsi altrove (e se ci si impalla sul binomio King-Gaiman si rischia di esserne sviati): nei tre protagonisti (dodicenni ricchi di immaginazione e di capacità inventiva), nel modo in cui viene reso il loro sentire (specie per quel che riguarda Zach, l'io narrante) – con grazia e levità, ma anche una certa profondità e un discreto vigore – la loro amicizia, che viene messa alla prova, seppur non platealmente, il rapporto con i genitori, anch'esso in discussione, nella loro capacità di sognare, giocare e crescere/non crescere, che poi è il paradigma dell'opera, il vero motore dell'avventura.

In effetti, questo è soprattutto un Romanzo di Formazione a sfondo gotico, con qualche spunto carino, e un buon sostrato psicologico.

Va bene, “Doll Bones” non è un capolavoro, e in certi punti risulta troppo artefatto, un po' fasullo, ma è dolce, nostalgico, e cosparso lungo i bordi di polvere di fata (sebbene le fate non ci siano).

E poi è bello il concetto che esprime riguardo all'avventura (e alla paura), che a volte c'è, e a volte si impara a costruire, per il piacere di viverla e condividerla con gli amici, come ultima ancora di salvezza, da se stessi e dal mondo... Per il puro gusto di immaginare. E di rendere vero ciò che si immagina. Che a volte, però, lo è a prescindere.

Non lo consiglierei ad un qualunque lettore accanito, rischierebbe di trovarlo di poca sostanza, ma per un bambino vecchio un po' nostalgico può essere una piacevole distrazione, non troppo impegnativa, ma neanche superficiale. Che inoltre ha il pregio, sul finale, di lasciarti dei dubbi stuzzicanti.

giovedì 19 giugno 2014

Misteri su misteri


DIECI PICCOLI INDIANI
di Agatha Christie
 
 
Il suo unico giallo che ho letto.

Non amo i gialli: il giallo è l'unico genere che non mi alletta, ma questo è davvero suggestivo, claustrofobico, stimolante, e così citato e stracitato (da Lamù a Dylan Dog) che non potevo proprio evitarmelo!

I dieci non dovevano essere indiani, ma negretti. Tuttavia, per motivi di censura, il titolo è stato adeguato. Il punto di partenza è, infatti, un'inquietante filastrocca, all'apparenza innocua (come il girotondo, a rifletterci, ove, peraltro, tutti finiscono “giù per terra”... ossia morti) in cui dieci piccoli negretti schiattano uno per uno, in modo talvolta un po' velato (“rimanendo indietro”, “facendo indigestione”, “addormentandosi”)... E' lo stesso destino inspiegabile cui vanno incontro gli ospiti di Nigger Island, salvo che alla fine il mistero viene spiegato e risolto. E che i decessi sono, naturalmente, non fatalità, ma omicidi premeditati.

Dico la verità, dal punto di vista meramente giallo (però si tenga conto che io sono una profana) la soluzione finale mi è parsa sleale nei confronti del lettore, e un po' ha avuto il retrogusto del tradimento... Del resto, è l'unica possibile, più o meno, e fornisce i debiti chiarimenti (con qualche forzatura).

A parte questo, l'idea di base mi è piaciuta molto, e così la situazione in cui si trovano gli sventurati protagonisti (gli otto ospiti più i due domestici della villa di Nigger Island, ossia l'unica abitazione in loco): non si conoscono fra loro, crepano gioiosamente seguendo la filastrocca, sapendo che ognuno può rivelarsi il potenziale assassino, indi è lecito sospettare di chiunque.

Ancora di più ho apprezzato l'assenza di un detective o di una vecchietta impicciona. Non ho niente contro Poirot o Miss Marple, semplicemente preferisco non avere professionisti/personaggi fissi fra i piedi: evito di sentirmi in colpa per il fatto di conoscerli appena (e solo grazie al cinema) e quindi di rischiare di perdere qualche sfumatura, e in più, senza punto di riferimento, l'ansia aumenta perché nemmeno noi possiamo fidarci di nessuno! E qui, di ansia, ce n'è già parecchia: i possibili assassini muoiono uno per uno, confondendoci alla grande, non c'è possibilità che qualcuno intervenga dall'esterno, non si può lasciare l'isola, e c'è pure un discorso di vendetta-punizione (una voce registrata ci informa – e informa pure loro – che gli ospiti di Nigger Island sono colpevoli e vanno castigati)... Insomma, misteri su misteri, sospetti, intuizioni, e poi pouf, si deve rielaborare ogni ipotesi da capo, perché il nostro maggiore indiziato ci lascia le penne. E guarda caso, la prima volta che il romanzo è stato pubblicato in Italia si intitolava: “E poi non rimase nessuno”, l'ultimo verso della filastrocca...

mercoledì 18 giugno 2014

Ops


CORPI NUDI – SCUSE E ANTEPRIMA
 
 
Ringrazio il prode M.M., primo lettore ufficiale, che si è premurato di segnalare al Mio Perfido Marito un po' di errori dovuti alla conversione dal cartaceo all'eBook.

Mi scuso, quindi, con chi lo già avesse acquistato. Per chi ha richiesto privatamente la versione epub (quella che si legge sul Kobo e su tutti gli ebook readers, smartphone compresi) nessun problema, ma chi ha la versione mobi (quella scaricata da Amazon), i problemi ci sono, pertanto, appena possibile, verrà loro inviata la versione corretta (se ne occuperà mon amour in pausa pranzo). MPM non ha dormito questa notte per ovviare anche al problema su Amazon, pertanto ormai (dalle 7.30 a.m.) dovrebbe essere tutto a posto. Resta inteso che qualora non fosse così sono gradite segnalazioni e noi ci attiveremo immediatamente per rimediare.



In Anteprima, per farmi perdonare (o per tormentarvi meglio, poveri cuccioli) l'incipit di Corpi Nudi:



La prima volta che abbiamo rinvenuto i corpi sulla spiaggia il vento soffiava da nord e profumava di pioggia.
Si trattava di tre fanciulle: nude, bellissime, tra i quindici e i diciotto anni. Senza respiro, senza vita, con gli occhi sbarrati e le labbra semi aperte.
Parevano sorelle, tanto si somigliavano.
All'inizio ne siamo rimasti sconvolti, al villaggio. Poi, quando il fenomeno ha preso a ripetersi con regolarità, quando altre donne simili hanno iniziato a comparire sulla costa trasportate dalle onde, ebbene, allora abbiamo cominciato ad abituarci all'idea ed alla fine essa è divenuta parte della nostra consuetudine, come la celebrazione delle funzioni clericali, o i carrozzoni dei Gaumont-Mercier che si presentano ogni luna nuova, puntuali, per il commercio.
Il punto è che i corpi hanno assunto un peso rilevante nella mia vita.
In quella di tutti i miei compaesani, a dire il vero, pur secondo modalità assai diversificate...
È per questo che domani salperemo, io, mio padre, e Saül. Per scoprire da dove venivano.
E perché ultimamente hanno cessato di arrivare.

Ma forse è meglio che cominci dal principio.



Nell'eBook come carattere ho usato un orribile Arial... Non piace neanche a me (è agghiacciante), ma è uno tra i “più universali e comodi” dal punto di vista del tecnico (sempre MPM)...

Rinnovo le scuse e dispenso baci.

Bau!

martedì 17 giugno 2014

Invece si!


CORPI NUDI

Finalmente ci siamo, da oggi il mio nuovo eBook è disponibile su Amazon al prezzo di 99 centesimi (se mon amour è stato efficiente, basta cliccare qui a lato – ma, nel caso stiate armeggiando con smart-phone o consimili, dovete andare sino in fondo e visualizzare la versione web)!!!
Devo ammettere di essere molto orgogliosa, perché penso sia la cosa migliore che io abbia mai scritto! L'ho corredato da cartina (per farla ho imprecato parecchio e ho quasi perso la vista) e col prospetto dei personaggi (tanti me lo chiedono e li ho accontentati)...
Ma portiamo le mani avanti: non è un porno!
Perché lo preciso? Perché c'è chi se lo aspetta.
Un po' per il titolo, un po' perché dopo le prime pagine ho impedito al Ragno di continuarne la lettura, e poi perché i capitoli sono 69... Minuzie e coincidenze! E sebbene, lo ammetto, ci sia qualche brevissima parte erotic-ultra-soft che mi induce a tutelare alcuni familiari, lo ribadisco, non è un porno! E neanche un erotico.
Trattasi, invece, di un romanzillo (200 pagine circa significa romanzillo, nell'Ottamondo – anche se nell'edizione kindle sono quasi trecento) Fantasy di ambientazione post-apocalittica che ammicca al Romanzo di Formazione. E basta. Non ci sono nemmeno parolacce (negli scritti degli ultimi anni non le uso mai, salvo quelle per educande. Per celebrere degnamente il turpiloquio aspetto di riscrivere “Il Demiurgo”).
Il libro comincia con il ritrovamento di alcuni cadaveri di fanciulle sulla spiaggia... Fin qui niente di nuovo, se non fosse per la circostanza che le salme sono pressoché tutte identiche. E che nei giorni successivi ne arrivano altre...
Non svelo di più (e non ho ancora letto la sinossi del Mio Perfido Editore, alias il Mio Perfido Marito, quindi è possibile che su Amazon ci siano altre informazioni.
Perciò scaricatelo, e, mi raccomando, fatemi la recensione! Va bene anche negativa (ma spero di no), a patto che sia costruttiva!
Grazie e inchini alla giapponese (oggi mi sento un po' Kappa).
P.S.
Il Mio Perfido Editore è riuscito a rispettare i tempi di consegna in corner, quindi la data ufficiale dell'uscita di Corpi Nudi è il 16 giugno! La data è importante: Bloomday!!!

lunedì 16 giugno 2014

Non ce la si fa


CORPI NUDI – RINVIO

Niente.

Il Mio Perfido Marito non ce l'ha fatta.

Non per oggi. Non per il Bloomday.

Non è stata colpa sua.

Invero, la settimana scorsa siamo stati funestati da un evento doloroso che si è risolto bene (per ora, ma incrociamo le dita), e che, in particolare, ha prostrato mon amour succhiandogli via una parte di anima (la mia natura ottimista mi ha impedito di fare la stessa fine. Secondo il mio diletto consorte è solo perché io sono sostanzialmente cattiva).

Comunque in questi giorni gli sta venendo restituita la voglia di vivere, benché ci sia ancora un poquito da tribolare, ed in fondo è già stato bravo a continuare a mettere regolarmente i Post, nonostante tutto.

Ad ogni modo ora, in rapida ripresa psicofisica, il MPM si è messo sotto, con tutto che, in generale, era già abbastanza avanti con i lavori di conversione etc.. Insomma, è possibile che riesca pure a consegnare l'ambaradan entro oggi.

Il problema è che anche Amazon ha i suoi tempi, indi, dalla consegna, possono volerci uno o due giorni prima che l'e-book sia effettivamente approvato e disponibile.

Senza contare che, siamo nelle prime ore del mattino, e io sto facendo ammattire l'art director grafico (sempre il MPM) chiedendogli di modificare di continuo il layout della copertina...

E' dura lavorare con due testoline! (E' dura lavorare con me, direbbe mon amour!)

Ad ogni modo, appena ci saranno novità (se non verrò ripudiata prima), ne daremo comunicazione sul Blog! Baci!!!

domenica 15 giugno 2014

Un romanzo cerebrale


IL PENDOLO DI FOUCAULT
di Umberto Eco
 
 
Uno dei suoi meno riusciti, a detta di molti, da tirare fuori dalla finestra.

E anche uno dei miei preferiti, tra i suoi, che se la gioca con “Il nome della Rosa” (la scelta dipende molto dal mio umore quando mi si pone la domanda).

Non per la trama. La trama è carina, intelligente, congegnata ad arte, imperniata sul flashback, ma mi è rimasta impressa solo fino ad un certo punto (ho letto il volume oltre vent'anni fa, ed è bello complesso).

Quel che mi è rimasto impresso è che le mie sinapsi mentali ballavano dalla contentezza, mentre i miei neuroni si ubriacavano e si davano ai balletti sconci. Sì, perché questo (come pressoché tutti i libri di Eco), per quanto dia importanza ai personaggi e al loro sentire, per quanto sappia essere introspettivo ed emozionante, è soprattutto un romanzo cerebrale, ricco di riferimenti, citazioni, allusioni colte (e non) spesso reinterpretati, decostruiti o rimontati secondo esigenze.

Qui, però, abbiamo in primis una rivisitazione magica (sì, c'è anche tutta la questione del complotto, ma mi interessa meno, sebbene abbia un ruolo centrale): della Cabala, dei Templari (i protagonisti), dei Rosa Croce, dei Massoni e Gnostici (etc, etc) passando (di sfuggita) pure per il Candomblé... Insomma, per chi si diletta (nel mio caso, a livello meramente storico-teorico e comunque molto basic) di esoterismo, esaltazione allo stato puro, ma con ironia, scherzosamente e senza fanatismi.

In definitiva, mi sono divertita da pazzi (alla faccia di Dan Brown, che, per quanto mi riguarda, scrive male, inventa peggio, ed è lontano anni luce dalla raffinatezza, dall'eleganza e dalla cultura di Eco, avendo come unico talento quello di “banalizzare per il consumo del popolo” pasticciando la Storia in salsa gialla), tempestata di stimoli e di curiosità, trovando l'occasione di mettere alla prova le mie conoscenze e di appassionarmi a punti di vista nuovi!

Anche la trama, però, mi aveva preso: ritmata, incalzante, non priva di momenti di tensione e qualche colpo di maglio inferto con forza. O di momenti in cui realtà e finzione si sovrappongono, deliziandoci ancora di più. O di solletico intellettuale.

E' vero, ci sono momenti in cui la narrazione stagna un poquito... Ma poco, e ad ogni modo vale davvero la pena di andare avanti. Anzi, ad un certo punto, il difficile, sarà interrompere la lettura... Che va bene, non è di fruizione immediata, ma alla fine sono questi i libri migliori, no?