HOUSE
OF CARDS – GLI INTRIGHI DEL POTERE
Il
thriller politico non è il mio genere (troppo lontano da me e dalla
mia visione del mondo), e quando il MPM mi ha proposto questa serie
Tv ero piuttosto scettica. Invece mi ha presa subito, sin dalla prima
puntata! Intanto perché è realizzata da dio: trama, dialoghi,
personaggi... E poi perché è così cerebrale, arguta,
intelligente... e piena di sorprese! Con interpreti notevoli e punti
di vista impeccabilmente espressi!
Di
fatto, una serie sul potere, come ci illustra il sottotitolo, e sui
modi in cui lo si può vivere e consumare (o in cui è lui che
consuma te), dove, per sopravvivere (ossia vincere) devi dire il
contrario di quello che pensi, esercitando la subdola arte della
manipolazione. Su chiunque.
Ci
sono momenti molto forti, soprattutto a livello etico, e uno
sproposito di gente orribile. Senza vergogna e con un allucinante
vello sullo stomaco, che ogni battito di ciglia non si perita di
ribaltare la massima kantiana, per cui l'uomo diviene un mezzo e non
un fine. Qualunque sia il rapporto.
Il
problema è che tutto ciò non sembra esagerato, ma tremendamente
realistico e plausibile. E nauseante. Ma i personaggi non si pongono
il problema, perché qui le regole sono diverse, e l'unico vero
crimine è la sconfitta.
Il
personaggio che preferisco è Claire (un'eccellente Robin Wright),
che è disposta a tutto, ma più che altro per non annoiarsi. E
dunque, questo tutto, presuppone classe, eleganza e una notevole
raffinatezza. Talvolta, addirittura di soavità. Ma ugualmente forza
e determinazione. Magnifica.
Suo
marito, Francis/Frank Underwood (Kevin Spacey, suadente ed
efficacissimo...) è in apparenza simile, ma invero diametralmente
diverso: è vorace, avido, divorato dall'ambizione. E spesso ci
sembra un mocciosetto alle prese con il giocattolo rotto, che frigna
e batte il piedino per terra. Con la differenza che lui, come
bambino, è pericoloso, privo di remore e maledettamente
lungimirante, capace di calcolare sui lunghi periodi esattamente a
quali conseguenze andrà incontro spostando ciascuna pedina, sia pur
di poco, secondo il suo ponderato capriccio.
Il
gioco, naturalmente, consiste nella scalata al potere, perché lo
scopo di Frank, a quel che ci dice (perché sì, con noi si confida,
ammiccando, guardandoci in faccia, omaggiandoci con perle di saggezza
e facendoci apprezzare le sfumature), è la vice presidenza degli
Stati Uniti.
E,
bisogna riconoscerlo, Frank sa giocare.
E'
magnetico, affascinante. Letale. E mentre suscita il mio disgusto
riesce persino a piacermi (ma Claire resta sempre superiore, e
leggiadramente elevata, laddove Frank, spesso sguazza nel viscido).
In
ultimo segnalo che trovo estremamente affascinante il rapporto tra
loro due, Frank e Claire. Non so se si possa davvero parlare d'amore,
ma l'intesa è perfetta. Anche mentre si sgretola.
P.S.
Prima
o poi mi toccherà leggere l'opera che ha ispirato questa serie, il
romanzo omonimo di Michael Dobbs.
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