DOLCI
TENEBRE
di Kerascoët
e Fabien
Velhman
(e Marie Pommepuy)
Ecco
che cosa succede al cadavere di una bambina abbandonato nel bosco.
Un
bosco abitato da piccole, graziose, creature, a metà tra i folletti
del Piccolo Popolo, bamboline e pupazzetti, di dimensioni variabili,
fatui e amorali, talvolta benintenzionati, ma soprattutto egoisti e
irresponsabili. Insensibili. Crudeli.
Già,
per quanto i disegni siano morbidi e favolistici, delicatissimi e
impreziositi dagli acquarelli e dalle tinte pastello, per quanto le
creaturine siano dotate di enormi occhioni dolci e capelli fluenti,
di fatto fanno presto a guardarsi reciprocamente morire,
possibilmente tra una sghignazzata ed uno sberleffo, facendosi a
pezzi l'un l'altro, derubandosi, e imbrogliandosi. Per tacere di come
si relazionano con la natura o con gli animali (nessun problema a
staccare le zampe ad una coccinella o a tagliare le ali ad un
pettirosso per schiavizzarlo).
Per
certi versi, all'inizio, ci possono ancora sembrare innocenti bimbi
che giocano senza criterio, ma per altri sono mostri,
inappellabilmente mostri. E tra una vignetta e l'altra, se dapprima
ho pensato a “Dieci Piccoli Indiani”, poi mi è venuto in mente
“Il Signore delle Mosche”.
E
dunque che succede al cadavere della bambina?
Che
viene usato come casa, e quando l'abitazione comincia a crollare, per
via della decomposizione, viene saccheggiato.
Non
si può più far merenda nella sua bocca, ma ci si spartiscono i suoi
biscotti (a terra, accanto a lei), le si strappano i capelli per
farne delle corde, le si stacca il cerotto dalla pelle, perché può
fungere da cintura... Il tutto con suprema serenità (o quasi). E
quando il corpo viene infestato dalle larve... Be', queste possono
costituire un pasto nutriente.
Se
no si possono mangiare le creaturine più piccole, nostre “amiche”...
E
un po' ci affascina quest'idea del cadavere, e un po' ci turba... Ma
in fondo non è niente. Piuttosto è la spietatezza dei protagonisti
a sconcertarci. Perché man mano la ragazzina si decompone, e gli
esserini, perdendo ogni giorno di più il loro rifugio, sono
costretti a confrontarsi con la fame e i pericoli che li circondano,
i rapporti tra loro si ridefiniscono e non in meglio. E così nelle
prime pagine ci fanno ancora tenerezza, nonostante destino
frequentemente la nostra perplessità: ci sembrano soltanto un po'
sciocchi, vanesi e sognatori, ma in sostanza benintenzionati e dunque
siamo disposti a scusarli, a perdonarli... Perché sono dolci e
carini e indifesi. E paiono destinati a morire uno per uno, preda
degli animali selvatici, vittima di piante velenose (o della loro
stupidità) o trascinati via dalle formiche. Poverini, ci diciamo,
sono già così sventurati... inoltre non sanno quello che fanno.
Finché
non ci rendiamo conto. Che lo sanno benissimo. Lo sanno eccome. E non
gli importa. Perché sono prepotenti, prevaricatori, capricciosi,
anaffettivi, opportunisti, sadici e maligni. Oltre che consumati da
invidie e gelosie. Insomma: un bel gruppo di sociopatici!
E
tutto ciò è folle, malato, fastidioso... quanto geniale.
E
alla fine il cadavere della bambina non è importante, resta in
secondo piano. E anche se un paio di domande le suscita, a nessuna
verrà data risposta. E per nessuna ci angustieremo davvero. D'altro
canto, quello che conta sono solo i piccoli esseri e il loro fato.
Terrificante e realistico nella sua conclusione.
Per
tutti.
Incluso
chi sopravvive.
Uno
dei fumetti più belli, crudi e impietosi letti ultimamente.
L'unico
che ho immediatamente riletto.
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