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lunedì 27 gennaio 2020

Autentico lenimento per l’anima

AMY E ISABELLE
di Elizabeth Strout


Romanzo splendido. 
Per la prosa impeccabile della Strout, per la delicatezza dei personaggi, specie quelli femminili, e per la trama. Che, in particolare, è una sorpresa per quanto risulta salvifica, anche per il lettore, che ne ricava autentico lenimento per l’anima.
Iniziamo con lo stile: la Strout sa scrivere, ed è noto, ma qui è al suo apice. La capacità di analisi e di penetrazione psicologica, come pure l’abilità e la grazia delle singole pennellate, sono inarrivabili. E poi colpiscono la coralità di certe rappresentazioni, l’amarezza intima di altre, la resa eccelsa delle sensazioni più varie, che vanno dal tremebondo all’ansioso, esplodendo nel sensuale. Il tutto immerso in un frasario ricercato, ma ingentilito da un costrutto scorrevole, di una fluidità contagiosa, perché ti inonda i pensieri, come una musica sommessa, e ti rende difficile interromperti. Semplice, ma preciso come non mai.
E poi i personaggi, si diceva. Magnifici ritratti di donna, che si completano l’una con l’altra, complementari ed antipodiche ad un tempo. Non solo Amy e Isabelle, figlia e madre, che procedono ad indovinarsi per contrasto, ma anche il variegato mondo che le circonda: le beghine del paese, le donne in fabbrica, ciascuna con il suo fardello, la scriteriata Stacey, che aggiungono dettagli, sfumature… Ma persino gli uomini (pochi, e quasi sempre pessimi, se visti da una certa angolazione) sono interessanti: il compassato Avery, come il passionale Professor Robertson. 
Ma credo che la cifra del romanzo stia nella sua trama. Nell’inaridimento che generano certe situazioni, che finiscono per autoalimentarsi e in cui ci si fossilizza fino a che diventano grigia quotidianità, invischiandoci in modo che paiono destinate, ormai, a definirci e a determinare la qualità della nostra vita. Anche se, in realtà, non è così. E basta poco – che pure è tanto – per sottrarvisi e per portare ad una ridistribuzione delle carte del destino e ad un’inaspettata, piena, felicità.
Un romanzo fatto di “cose normali”, di vita vissuta, di piccoli sogni e di ordinari dolori. Che però, pur senza accadimenti clamorosi (be’, forse uno, ma neanche così tanto, in fondo), ci illumina la strada e ci conduce a casa.   
Permettendoci di goderne il calore e il profumo.
Bellissimo.

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