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mercoledì 31 luglio 2013

Una voragine nera che annulla lo spazio...


DISEGNO SUL FIUME, INTITOLATO “IL FIUME”

 
Ispirato all’opera di un pittore romantico americano – di cui mi sfugge il nome – che rappresenta il Mississippi. Sostanzialmente, io ne do una sorta di versione alternativa e malaticcia e, intanto, vi/mi concedo una pausa dalle fatiche Bonelliane (si vedano i tre post precedenti e i due di domani e dopo).

Uno dei tizi in barca sembra Bart Simpson: la cosa non è voluta, ma è capitato così. Piuttosto, state attenti al riflesso: raffigura la verità.

A proposito, il fiume porta ad una voragine nera che annulla lo spazio e in cui tutto vaga senza meta, fuori dal tempo. I personaggini raffigurati lo sanno benissimo, ma non se ne preoccupano: sono ansiosi, anzi, di scoprire che cosa ci sia oltre il foglio.

In realtà, non ci arriveranno mai: sono cristallizzati in un eterno presente, quello del disegno. Ma loro non ne se ne possono accorgere, quindi sono abbastanza felici.

Bau!

martedì 30 luglio 2013

Bonellando 3quater


BONELLANDO

Excursus tra i fumetti Bonelli

Zagor, Caravan

PARTE III (di V)

 
(ZAGOR), lo Spirito con la Scure, giustiziere di Darkwood, di Guido Nolitta (Sergio Bonelli) e Galieno Ferri, (1961), in corso

Lo conosco poco, ma non mi dispiace. Una sorta di fanta-western dalle intuizioni suggestive e dalle molteplici sotto trame, con un protagonista tutto sommato piuttosto simpatico.




CARAVAN in fuga dagli alieni, dalla città di Nest Point (USA), di Michele Medda (2009)

Mini serie atipica e corale in 12 numeri. Si legge volentieri e contiene svariate riflessioni. Sinceramente quando ho sentito che erano coinvolti gli alieni temevo una boiatina come Brad Barron, invece la qualità (e il target) sono superiori. Una storia “domestica”, con il sapore della quotidianità, e per questo dotata di maggior incisività. A metà tra la fantascienza e il romanzo di formazione.

Bonellando 3tris


BONELLANDO

Excursus tra i fumetti Bonelli

Volto Nascosto, Shangai Devil

PARTE III (di V)

 
VOLTO NASCOSTO, giustiziere mascherato, un protagonista che al contempo non lo è, di Gianfranco Manfredi (2007)

Avventura, feuilleton e storia fuse insieme in un racconto sul colonialismo europeo in 14 albi che si svolge tra Roma, l'Eritrea e l'Etiopia. A volte un po' logorroico, ma gradevole e lineare, dotato di ritmo e di un buon montaggio. Il punto di vista è principalmente quello di Ugo Pastore, un ragazzo dal carattere riflessivo, colmo di sfumature e contraddizioni, che cambia con il susseguirsi degli eventi, crescendo sia a livello personale che in quanto a “consapevolezza politica”. Mirabile l’evoluzione dei rapporti fra i personaggi. In definitiva, un fumetto pregevole, coerente nei suoi sviluppi e dai toni ben calibrati.




SHANGAI DEVIL, giustiziere mascherato, di Gianfranco Manfredi (2011)

18 volumetti, seguito di Volto Nascosto, ma ambientato in Cina durante la guerra dei Boxer. Interessante, sia per il protagonista (sempre Ugo Pastore), sia per gli aspetti storici. Ben costruito e dalla fine insolita. Ho preferito il “prequel”, ma non sono rimasta delusa.

Bonellando 3bis


BONELLANDO

Excursus tra i fumetti Bonelli

Demian, I Grandi Comici

PARTE III (di V)

 
DEMIAN, giustiziere dal misterioso passato, di Pasquale Ruju (2006) 

Come personaggio è un po’ stereotipato e si calca un po’ troppo la mano su quanto è figo e perfetto e su quanto dolorosi siano i suoi trascorsi, ma le trame sono discrete, sorrette da una forte moralità, a tratti quasi poetica, e alcuni comprimari risultano piacevoli. Bella la rappresentazione di Marsiglia, viva e brulicante di tutto. Ci sono molti luoghi comuni, ma amalgamati ad arte. Sufficienza piena. Miniserie in 18 numeri, più gli Speciali.




I GRANDI COMICI (1997-2000)

Sono quattro volumetti a colori, allegri, fantasiosi e indipendenti, dall'umorismo garbato e un po' surreale: “Cocco Bill – Diquaedilà” di Jacovitti, “La Città” e “Maledetta Galassia” entrambi di Bonvi e Cavazzano, e “Pedrito el Drito” di Castelli e Terenghi. Piccoli capolavori.

Nathan Never, Brendon, Zagor & co.


BONELLANDO

Excursus tra i fumetti Bonelli

Nathan Never, Brendon, Demian, I Grandi Comici, Volto Nascosto, Shangai Devil, Zagor, Caravan

PARTE III (di V)



NATHAN NEVER, agente Alfa (nel futuro), di Bepi, Serra, e Vigna (1991), in corso

Una storia fantascientifica dai toni variegati e dai molteplici filoni narrativi, numerosissimi comprimari, che spesso si rinnovano o cambiano, un protagonista malinconico e tormentato cui si ricerca di conferire una statura psicologica condendo la sua vita di drammi e i suoi ragionamenti di dubbi. La storia, in perenne evoluzione, presenta colpi di scena notevoli, che producono veri e propri ribaltoni (talvolta un po’ forzati) per tenere i lettori caldi. Si attinge a Star Trek, a Manga, e ad Anime, alla grande, ma non solo. Nel complesso siamo su un livello di dignitosa decenza, senza eccessivo entusiasmo, ma talvolta capita qualche gioiellino. Ad esempio, l'Albo Gigante sulla Rivolta dei Mutati. Una meraviglia.



BRENDON, cavaliere di ventura in un futuro postapocalittico e fantasticheggiante, di Claudio Chiaverotti (1998), in corso

Splendida atmosfera dark e incipit suggestivi, per un personaggio romantico e crepuscolare. Disegni (sovente) bellissimi (quando non sono legnosi). Purtroppo gli spunti iniziali esauriscono il loro interesse nel giro di poche pagine e le storie sono sempre le stesse... sfumate tra sogni, ricordi, universi paralleli, con sviluppi e conclusioni che talvolta potrebbero apparire persino sleali se non fosse che ormai il lettore ci è talmente abituato da doverselo addirittura aspettare. Gli Speciali sono ancora più inconsistenti e diluiti della serie regolare.

lunedì 29 luglio 2013

Bonellando 2tris


BONELLANDO

Excursus tra i fumetti Bonelli

Zona X, Greystorm

PARTE II (di V)


ZONA X, contenitore di storie immaginifiche e fantasiose, tra fantasy, mistero e fantascienza, di Alfredo Castelli, (1992)

I primi nove numeri sono legati a Martin Mystère, con storie mysteriose e autoconclusive, di matrice fantastica, ma poi il detective dell'impossibile cede il passo a trame in cui l'idea prende il sopravvento sul personaggio, e quindi a varie miniserie (La stirpe di Elän, Robinson Hart, Legione Stellare, e Magic Patrol) non troppo originali e dal valore altalenante, ma nel complesso godibili e diversificate. Man mano ci si addentra nelle trame ci si affeziona ai protagonisti, per cui la lettura diviene più coinvolgente. Purtroppo la pubblicazione è stata chiusa al numero 45. Ma in “Jonathan Steele” ogni tanto affiora una citazione.




GREYSTORM, genio/scienziato/psicolabile, di Antonio Serra e Gianmauro Cozzi (2009)

L’idea di un protagonista malvagio è lodevole, ma non sufficiente. Atmosfere alla Verne, scene modellate con l'accetta, banalità fastidiose, ingenuità e noia. Fortuna che sono solo 12 numeri! In realtà qualche avvio non censurabile ci sarebbe pure, ma la serie appare complessivamente disarmonica e pedante. Per ragazzi.

Bonellando 2bis


BONELLANDO

Excursus tra i fumetti Bonelli

Tex, Il Comandante Mark

PARTE II (di V)

 
(TEX), Ranger Texano (Aquila della Notte), di Gian Luigi Bonelli e Galep (Aurelio Galeppini), (1948), in corso

Western, che, in questo caso, non mi piace. Tutto troppo scontato, commerciale, tagliato con il coltello, o bianco o nero (benché ne abbia letto davvero pochi volumi e piuttosto risalenti, quindi il mio è un giudizio parziale e probabilmente miope). I tentativi di introspezione a volte ci sono, ma non convincono. Eccessivamente retorico (come quasi tutti i Bonelli), Tex mi sembra terribilmente piatto come protagonista: troppo vicino alla perfezione (buono, giusto, coraggioso, forte...), troppo eroe, e proprio non mi dice nulla. Sbadiglione. Anche se, sì, fumettisticamente è una leggenda e riconosco che Mefisto come cattivo ha il suo fascino.




(IL COMANDANTE MARK), Comandante dei Lupi dell'Ontario (gruppo paramilitare), durante la Guerra di Indipendenza, di EsseGesse, (1966)

Lo conosco appena, giusto un paio di volumetti, ma non mi ha entusiasmato… Troppo “classico-artigianale”, troppo prolisso, troppo “vecchio”. Non so proprio riconoscerne il valore. Preferisco persino Tex. Sorry! 

Julia, Tex e Mister No...


BONELLANDO

Excursus tra i fumetti Bonelli

Julia, Cassidy, Mister No

PARTE II (di V)

 
JULIA, criminologa, di Giancarlo Berardi (1998), in corso

E’ una testata partita benissimo, feroce, ma non gratuita, purtroppo rovinatasi in pochissimi numeri per esigenze di mercato. Infatti, respinto il noir efferato, ha assunto stantie sfumature rosa, dagli stancanti toni melensi, mentre Julia è diventata un'eroina troppo perfettina e sapientina e insipida per non risultare irritante. Berardi, però, è un bravo sceneggiatore e di norma costruisce bei dialoghi e trame che potenzialmente potrebbero essere interessanti. Solo che finiscono per risultare tutte uguali, nell’eterna e ormai sciapa ripetizione delle idiosincrasie della sua protagonista e dei suoi comprimari, ormai fossilizzati, che non crescono e sono incapaci di evolversi.

Una vera tristezza se si pensa ai vertici che questo autore aveva raggiunto con quel capolavoro immane che è Ken Parker.



CASSIDY, criminale dotato di codice d'onore, di Pasquale Ruju (2010)

Mini serie in 18 numeri. Non male. Dignitosa, gradevole, hard boiled, violenta q.b. e senza troppe pretese. La fine è già nell’inizio, in un espediente narrativo già sfruttato, ma efficace, capace di conferire una marcia in più alla vicenda. Per il resto non mancano i classici elementi del genere: supercriminali malvagi e bellezze da capogiro. Alcuni lati di Cassidy, i dettagli sulla sua vita familiare, e il finale particolarmente validi.



(MISTER NO) al secolo Jerry Drake, pilota turistico in Amazzonia, di Guido Nolitta (Sergio Bonelli), (1975) in corso

Un fumetto all’insegna dell’avventura, con un protagonista simpatico e scanzonato.

Gli stereotipi del genere non mancano e la serie è dichiaratamente commerciale: diverte e intrattiene, senza pretese, ma anche senza irritare. Piacevole.

domenica 28 luglio 2013

Bonellando 1bis


BONELLANDO

Excursus tra i fumetti Bonelli

Brad Barron, Nick Raider

PARTE I (di V)

 
BRAD BARRON, docente di biologia in lotta con gli alieni Morb, di Tito Faraci (2005) 

18 numeri più gli albi Speciali. Con ogni probabilità la colpa è mia perché ero fuori età per leggerlo: l’ho trovato trito, superfluo, noiosissimo e abusato. A tratti sgradevolmente paternalistico. Bah! L’idea sarà pure quella di omaggiare i vecchi film di fantascienza, ma a me sembra proprio un ricalco non riuscito de “La Guerra dei Mondi” frammezzata a “furti” vari. Protagonista irritante, odioso e stucchevole. Ad ogni pagina mia auguravo che morisse impalato.




(NICK RAIDER), investigatore della Omicidi di New York, di Claudio Nizzi (1988)

Ne ho letto pochi numeri e senza continuità. Non era brutto, ma il giallo/poliziesco non è il mio genere, e all’epoca della sua pubblicazione ero giovine e più selettiva. Ben caratterizzato secondo la formula Bonelli, ricordo un volume sui vampiri (scritto da T. Sclavi nel periodo del suo splendore) piuttosto carino. Nel complesso, però, Nick risultava poco carismatico e le trame un po’ ripetitive.

Dylan, Martin e gli altri...


BONELLANDO

Excursus tra i fumetti Bonelli

introduzione – Dylan Dog, Martin Mystère

PARTE I (di V)

 
La Sergio Bonelli Editore è quella di Tex e Dylan Dog, per intendersi, e sforna fumetti di vario tipo e genere fin dagli anni quaranta, quasi tutti seriali e commerciali.

E’ la più amata – di norma – dai lettori da edicola non mangofili, mentre nelle fumetterie, al contrario, i suoi fan vengono tradizionalmente compatiti…

In parte perché molti dei suoi prodotti (non tutti) sono un collage di scopiazzamenti privi di originalità, in parte perché sono politically correct, ripetitivi, verbosi, e banolotti (con qualche eccezione), in parte perché le serie “infinite” finiscono con lo stancare (ma negli ultimi anni l’hanno capito anche i “Bonellidi” - alleluja! - e le testate recenti sovente prevedono un numero determinato di episodi ed una storia – più o meno – precisa con un inizio ed una fine)…

In effetti, si potrebbe dire, per esempio, che la Bonelli sta al Fumetto d’Autore come gli Harmony stanno a Dante… E non si sbaglierebbe più di tanto (ma un poquito sì), tuttavia, benché io non sia una lettrice di Harmony e ami follemente Dante, un po’ di Bonelli li leggo (un bel, bel po’, ammetto) e a volte ne traggo anche qualche soddisfazione…

Ecco qua di seguito un breve commento per ciascuna serie (trascurando “Romanzi a Fumetti” e “Le Storie” perché tutte diverse fra loro), in ordine di come mi viene sul momento… Dato che si tratta di un lavoro titanico, l’ho diviso in cinque parti (ma magari dopo il terzo post, concederò breve un intervallo).

Tra parentesi i titoli di cui non ho letto l’intera serie.



DYLAN DOG, l’indagatore dell’incubo, di Tiziano Sclavi (1986), in corso

Quanto prima gli dedicherò un post specifico, quindi non mi dilungo. Semplicemente: è nato come il primo fumetto d’autore che fosse anche seriale: anticonvenzionale, intelligente, ironico, colto. A tratti geniale. E horror, ma con un protagonista da amare come nessuno mai, per le sue debolezze e contraddizioni, oltre che per i suoi pregi. Questo, per i primi 70 numeri circa (più Speciali, etc.). Poi, a poco a poco, salvo piccole perle disseminate qua e là e fattesi sempre più rare, è diventata una solfa noiosa, buonista, ripetitiva, standardizzata e senz’anima. Dylan è diventato l'ombra di se stesso, senza verve e senza spessore. Peccato.



(MARTIN MYSTERE), il detective dell’impossibile, di Alfredo Castelli (1982), in corso

Storie all’insegna del mistero e di livello altalenante, a seconda degli autori, degli spunti e dell’ispirazione. Alcuni numeri sono davvero carini, altri del tutto inutili. Il personaggio in sé non è fascinoso e sfaccettato come Dylan Dog, ed anzi in principio era piuttosto antipatico, ma vanta comunque numerosi motivi di interesse. Inoltre, a livello personale, migliora con l’andare del tempo e acquista un po’ di profondità. Una delizia le enciclopediette del mistero e i due team-up con DD.

sabato 27 luglio 2013

Norman è il fratellino che tutti vorrebbero avere...


PARANORMAN

 
Il Mio Perfido Marito ha preferito “Hotel Transylvania”, ma io no! Il lungometraggio animato su Dracula & friends è molto carino (specie la famiglia dei licantropi e la carrellata di mostri nell'atrio), tuttavia “Paranorman” è più... speciale, spaventoso, divertente, tenero, profondo!

L'equilibrio fra i generi è perfetto e Norman è il fratellino che tutti vorrebbero avere una volta che il Ragno è diventato vecchio. Dovrebbe essere il mio, insomma!

Ha undici anni, è introverso, fan dell'horror (che spettacolo le sue pantofole!) e parla con i morti. In lui c'è qualcosa di dolcissimo e rassegnato, quasi stanco, che ti fa venire una voglia pazzesca di abbracciarlo e riempirlo di baci.

Il film fa morire dal ridere, eppure spaventa, in particolare verso la fine, che però riesce anche ad essere commovente...

E non è troppo lungo (come sostiene mon amour) per niente: si assapora ogni istante, si gustano gag e citazioni, si prendono in giro i bulli, le cheerleaders, e i giocatori di football, si tesse l'apologia del diverso e si invita il mondo al dialogo, sempre.

Perché per vincere la paura – che spesso è solo lo specchio del pregiudizio – basta capire.

Le scene d'azione e quelle umoristiche si susseguono incalzanti, frammiste a riflessioni e a trovate simpatiche. Si comincia pensando a Mario Bava e si finisce ricordando la Samara di “The Ring”.

La verità sulla strega è davvero sconcertante.

Insomma, davvero, come si può preferire il (pur apprezzabile) “Hotel Transylvania”?

venerdì 26 luglio 2013

Un unico affresco dai risvolti dolenti...


ESPIAZIONE
di Ian McEwan
 

Il succo di questo romanzo è per metà nel titolo, ma è possibile comprenderlo nella sua interezza solo grazie al colpo di scena finale, che, come tutti quelli che si rispettano, permette di rivivere ogni dettaglio sotto una luce nuova e più complessa.

Il libro è diviso in tre parti, ognuna dal contesto spazio temporale differente, che compongono un unico affresco dai risvolti dolenti.

La prima è la più lunga e bella, sostenuta da uno stile accurato, ridondante di analisi e descrizioni, in cui si coglie – indagato da più angolazioni – il processo mentale dei protagonisti nella molteplicità delle sue sfaccettature. La caratterizzazione dei personaggi, quindi, è straordinaria, degna quasi di un Dostoevskij.

Il passaggio dalla quotidianità al dramma si compie gradualmente, attimo per attimo, con un'agglomerazione di coincidenze e percezioni alterate.

Poi, dopo un salto temporale, c'è la seconda, incentrata sulla guerra, che sinceramente a tratti ho trovato pesante e faticosa da leggere, e tuttavia comunque utile e riscattata dalle altre.

L'interesse si risveglia con la terza, ambientata in ospedale, ma soprattutto con la rivelazione finale che conferisce autentica bellezza, drammaticità e spessore a quello che altrimenti sarebbe stato solo un buon romanzo ben scritto.

La storia di una colpa e di un'ingiustizia, della necessità imperativa e categorica di rimediare al male fatto e dalla consapevolezza della sua non fattibilità.

Un'analisi profonda e spiazzante, che da un lato porta il lettore all'indulgenza, e dall'altro gli impone la condanna definitiva.

L'eternizzazione attraverso la parola, la capacità edificatrice e riequilibratrice di essa.

E la consapevolezza della sua sostanziale, desolante insufficienza.

giovedì 25 luglio 2013

Un universo tattile e poliedrico...


IL DIO DELLE PICCOLE COSE
di Arundhati Roy


Una storia d’amore che, se fosse ambientata nell’Europa contemporanea, sarebbe al massimo un po’ travagliata, ma che invece, nella realtà dell’India anni ’60, è soprattutto pericolosa e irta di dolore.

Ricostruita attraverso gli occhi ingenui di due gemellini, Esta e Rahel, ci apre le porte di un mondo nuovo, purtroppo dominato da convenzioni, pregiudizi e perbenismo.

Poetico, sfuggente, profondo e stratificato, il romanzo risulta ancora più avvincente grazie alla trama non consequenziale e al generoso uso dei flashback.

La fine è già nell’inizio, ma ugualmente la vicenda si dipana sorprendendoci (specie nel finale) e incuriosendoci, aprendo digressioni, ampliando e riducendo la prospettiva, addizionando fatti, riflessioni, pensieri, intimi e ineffabili, in uno stile ammaliante e personalissimo, fatto di termini indiani e atmosfere rarefatte.

Non ci si limita a narrare degli sventurati amanti, che sono solo il nucleo centrale e più drammatico in cui vari intrecci (o parte di essi) convergono… La trama, quasi di dimensioni epiche, coinvolge, infatti, l’intera (e per lo più detestabile) famiglia di Amnu (madre dei due bambini e incauta innamorata protagonista del libro), e anche l’India in generale, con le sue ricchezze e le sue contraddizioni, il suo ieri e il suo oggi, in un universo tattile e poliedrico che è emozionante scoprire.

Suggestivo.

E triste.

mercoledì 24 luglio 2013

Un libro sui miti che è mito esso stesso.


LE NOZZE DI CADMO E ARMONIA
di Roberto Calasso


In teoria un flusso di racconti mitologici molto dettagliati, in pratica uno dei libri più sensuali, caldi, e sottilmente erotici che abbia mai letto.

Considerato che mi sono sempre nutrita (con un’avidità che fa rima con compulsione) di dizionari di mitologia universale, quando mi sono accostata a questo volume l’ho fatto con una certa diffidenza, perché pensavo di non trovarvi nulla di nuovo.

A livello di mero nozionismo era anche vero, ma il modo di narrare… quello è stato abbagliante.

Calasso stuzzica l’inconscio, ti inebria, ti stordisce… E sì, intanto ti illustra alcuni miti greci.

Ma non si limita ad informare: preferisce sedurti, emozionarti, raccontare attraverso storie di passione, amore e tradimento.

Raccontare davvero, però: portandoti all’immedesimazione, ottundendo i tuoi sensi, porgendoti risonanze, sogni, e intanto – di soppiatto – insegnandoti qualcosa. Non solo i miti in sé, ma come comprenderli fino in fondo. Ti apre la mente sui retroscena culturali, traccia percorsi, ti illumina.

Un libro sui miti che è mito esso stesso.

P.S.
Forse per un neofita che non ha il gusto per la suggestione può essere difficile da leggere… Ma basta affiancarlo ad un dizionarietto!

P.P.S.

Di molto simile, ma sulla mitologia indiana, Calasso ha scritto anche “Ka”. Incantevole e coinvolgente, ma forse non proprio all’altezza del predecessore (ma li ho letti in momenti diversi, quindi il giudizio potrebbe essere ingiusto dipendere da me)…

A maggior ragione, atteso che i nomi indiani sono più lunghi e difficili di quelli greci, per i neofiti consiglio di munirsi di dizionario.

martedì 23 luglio 2013

Da rivedere alla nausea...


THE MAN WITH THE IRON FISTS



D’accordo, non è un capolavoro e nemmeno un film di Tarantino (che però lo presenta e ne viene omaggiato).

E, okay, all’inizio può risultare un po’ confuso.

Ma… chi se ne cale?!!!

Questo è uno di quei film ultra-potenti che danno una svolta alla tua serata e ti caricano di energia positiva! Prima suscita la tua indignazione per le ingiustizie e la prepotenza dei nemici, e poi, quando tutto sembra perduto… Wow!!! Ci si risolleva alla grande!

La pellicola diverte e ti fa sentire forte, pronto a spaccare il mondo, esaltandoti come ai bei tempi facevano i film di Stallone!

Ci sono anche un po’ di morti dolorose, romanticume sparso e una manciatina di spiritualità, ma sono funzionali all’atmosfera e alle motivazioni dei protagonisti, e, nel complesso, le cose finiscono come devono… Ancora una volta si strizza l'occhio ai B-movie, la Blaxploitation e i film di kung fu (come informa la locandina: “You can’t spell kung fu without F and U”), i personaggi sono pittoreschi (i Killer Gemini i migliori di tutti!!!), le armi stupende (bastoni, lame, spade… Mai vista un’inventiva del genere per questo tipo di dettagli), ma soprattutto i combattimenti sono una meraviglia (quell'occhio che schizza via dalla testa mi ha quasi commossa) e trasudano pathos… Va bene, ogni tanto si svolazza un po’, e ci sono alcune mosse improbabili, però il clima è epico, gli sguardi magnetici, e i movimenti densi di allusioni e significati…

Russell Crowe (Knife) per quanto bolso e stanco resta pur sempre carismatico (anche se avrei fatto a meno delle parentesi lussuriose al Pink Blossom, per me noiosille), Lucy Liu (Madame Blossom) è in formissima come sempre, RZA (l’uomo coi pugni di ferro del titolo) dolente e tenero (seppure un po’ piatto), ricorda il Django di Tarantino (e, oltre che firmare il film come regista e sceneggiatore, si occupa anche delle musiche, che non sono male e contribuiscono al bel clima truzzo), mentre il personaggio di X-Blade, seppur un pelino sottotono rispetto agli altri, è extra mitico! Per non menzionare le gnocche ninja che compaiono sul finale…

Insomma, non sarà da Oscar, non sarà impegnativo e geniale, il cattivo è fine a se stesso, la trama non brilla per originalità, ma è uno di quei film da rivedere alla nausea, finché non sai tutte le battute a memoria! Very yeah!

lunedì 22 luglio 2013

Le sfumature si moltiplicano...


SKY DOLL
di Alessandro Barbucci e Barbara Canepa

 
La prima cosa che incanta sono i disegni e i colori... Ricchi di rimandi – allo stile Disney, al fumetto francese, ai manga – ricordano tutto, ma non assomigliano a nessuno, riuscendo a dare luogo a qualcosa di nuovo e bellissimo, delicato, innocente, ma espressivo e sensuale.

Le scelte cromatiche vengono impreziosite dalla digitalizzazione: le tavole sono colme di luce, i toni si rarefanno e scompongono, le sfumature si moltiplicano.

Eppure la trama non è secondaria, al contrario in capo a poche pagine prende il sopravvento delineando una storia fantascientifico-avventurosa pregna di implicazioni religiose – talvolta pruriginose – che non può che essere per adulti.

Le sky doll, infatti, sono bambole del piacere, fanciulle meccaniche simil-umane, ideate in un mondo lontano, imprecisato e futuristico, per sfogare i propri istinti più bassi senza commettere peccato (!!!).

Noa è una di loro, ma è diversa da tutte e decide di ribellarsi al sistema vacuo e maschilista che pretende di governarla. Dunque fugge e noi la seguiamo nelle sue vicissitudini, scoprendo che ci sono molti misteri legati a lei, che detiene strani poteri, e che probabilmente è molto più di ciò che appare... Del resto, lei non ricorda nulla del suo passato.

Tra strumentalizzazione della Chiesa (cattolica), bigottismo, concezioni farisaiche e intolleranza religiosa, l'opera, percorsa da suggestioni erotiche, verte sulle lotte per il potere e i “miracoli” necessari per conquistarlo/mantenerlo, con riferimenti (e critiche) che coinvolgono “l'oppio dei popoli” anche nella forma delle controculture, e il sistema mediatico.

Davvero splendida e avvincente, purtroppo la saga – di fresco ristampata dalla Bao – è ancora incompiuta...

Confidiamo nel domani.

domenica 21 luglio 2013

Totalmente fuori controllo...


DRIVE-IN LA TRILOGIA
di Joe R. Lansdale

 
Avendo già letto qualche romanzo di Lansdale, mi aspettavo un thriller, magari con qualche allusione soprannaturale. Invece, qui di soprannaturale c'è tutto, ma totalmente fuori controllo, senza logica e senza freni inibitori... Un cocktail di droghe pesanti e alcol trasposto su carta con una manciata di peyote!!!

Verificare per credere.

Si inizia con una serata tra amici al drive-in che ben presto, al passaggio di una cometa che sorride (sic!), si trasforma in una carrellata di orrori e meraviglie: arriva il re del Pop-corn, ci si dà al nudismo e al cannibalismo (indulgendo il più possibile sulla miseria della natura umana), si omaggiano i b-movie horror, si perde la testa, si partoriscono mostri, ci si trasforma... Il tutto con drammatica e brillante ironia.

Il pregio maggiore, infatti, è lo stile dell'autore, che si esprime per iperboli (adatte, peraltro, al contesto), mescola horror e comicità, si cimenta in paragoni improbabili, ma divertenti ed efficaci, e non fa che strizzarci l'occhio, anche dinnanzi alla situazione più disperata... E ce ne sono parecchie!

L'opera si compone di tre romanzi sulle duecento pagine (circa) ciascuno, molto sopra le righe e tutti collegati fra loro, benché differenziati da un lieve cambio di prospettiva (sebbene il protagonista-narratore, Jack, sia sempre lo stesso) e di ambientazione e/o obiettivi.

Il primo è quello che ho preferito, in cui le cose procedono per gradi e i risvolti sono più dolorosi e inaspettati. Il secondo mi è piaciuto meno, forse perché si intuisce dove voglia andare a parare e tutte queste follie a tratti stanchino un po', benché la fine sia davvero geniale. Il terzo recupera terreno e alla fine fornisce anche qualche spiegazione... Forse non originalissima, però soddisfacente.

Nell'insieme, piuttosto carino, un po' sul genere di “Branchie” di Ammaniti, ma molto, molto, molto più pazzesco.

sabato 20 luglio 2013

L’uso del simbolismo...


DAVID LYNCH


 
I “film in cui non si capisce niente” sono una delle mie passioni, specialmente se di eccellente fattura, quindi il mio amore per Lynch è inevitabile…

Ed in effetti seguire il filo a volte è proprio difficile, con salti temporali, ritorni impossibili, personaggi misteriosi dai poteri inquietanti che non si sa da dove saltino fuori… Si avverte potente l’uso del simbolismo, ma senza riuscire a ricondurlo ad un perché o ad un come, o a collocarlo… E tuttavia nulla risulta noioso, sebbene l’azione proceda con lentezza. Al contrario: Lynch è ammaliante e fatale. Le atmosfere sono astratte, cupe, intricate, surreali, e spesso ruotano attorno ad un omicidio che appare irrisolvibile, contornato da episodi crudi e shockanti, visivamente molto forti…

Si è detto che forse il segreto è non soffermarsi su un’unica pellicola, ma considerare la sua opera in toto: gli elementi si ripetono e, gradualmente, divenendo familiari, riescono anche ad illuderci di aver saputo cogliere un’ermeneutica.

Personalmente, sospetto che parte della chiave interpretativa si nasconda in “I segreti di Twin Peaks”, l’ineguagliabile telefilm in due stagioni che ha spopolato in Italia all’inizio degli anni ’90…

Io l’ho visto solo un paio di anni fa – dopo che avevo già ammirato il regista in altri suoi capolavori – e quando sono entrata in contatto con la “Loggia Nera” e la “Loggia Bianca”, mi è parso di… aver unito i puntini. Certamente non tutti, ma abbastanza da intuire un disegno.

Che cosa ho amato di più? A parte “Twin Peaks” (i cui personaggi ti lasciano senza fiato), “Strade Perdute”, “Mulholland Drive” e “Fuoco cammina con me” (prequel cinematografico di “Twin Peaks”).

venerdì 19 luglio 2013

Giurin giuretta!


LA QUESTIONE DELLA COPERTINA 2




Sì, perché alla fine mon amour ha deciso di cambiarla (qui di fianco da qualche giorno)! Quella di “Tentativi Bizzarri di vita normale”, intendo… My new e-book…


La “seggiolina di Van Gogh modificata” a me piaceva, ma c’è stato chi l’ha criticata, convincendo il MPM a rinnovarsi… Ed in effetti il nuovo risultato è più accattivante… E forse più intonato al romanzillo. Thx!

 

Mu, già che ci sono ne approfitto per ringraziare tutti coloro che mi hanno sostenuta! Sono quasi sempre i soliti, ma va bene lo stesso… Baci e longevità!



A questo proposito, rispondo anche a qualche domanda/critica che mi è stata mossa in privato:
1) Non intendevo assolutamente offendere i sentimenti religiosi di nessuno! Se è capitato, dunque, chiedo venia.
2) Gli eventi narrati (a parte quelli in cui mi sono ispirata al mio perfido marito) sono tutti completamente inventati… Nessun riferimento alla realtà, né tanto meno agli avvocati. A riguardo, sono disposta a fare giurin giuretta!


3) Ribadisco (dopo averlo incidentalmente precisato sulla mia pagina mirror di facebook – si veda link a fianco, verso il basso – ) che chi volesse stamparsi il mio romanzillo, avendo in odio gli e-book e le letture virtuali, può contattarmi e provvederò ad inviarlo via mail, così che risulti più comodo e fattibile (mi pare di capire che dal kindle non si possa). [In realtà si può, convertendo il file di Amazon con Calibre, ma quando cerco di spiegarti queste cose dici che ti annoio... NdIlPerfidoMarito].

Infine, un grazie particolare a M.M. (che non è Martin Mystère) e a G.G. (che non è Marquez… – Non posso farci niente se hanno tutti l’allitterazione –).

…Loro sanno perché!!!

giovedì 18 luglio 2013

Si ride (a denti stretti)...


LA VERSIONE DI BARNEY
di Mordecai Richler

 
Mordace, cinica, pervicacemente ebrea (ma di un tipo dissoluto e non praticante).

L'autobiografia di Barney Panofsky, canadese scorretto, meschino, e odioso, ma troppo tapino per risultare davvero detestabile. E' partito come un disperato, ma ha avuto successo, una moglie psicopatica, una indisponente, una irresistibile, ed un migliore amico da cui sarebbe stato meglio tenersi alla larga. Per tacere del padre...

Barney si trova in situazioni così sconclusionate ed incongrue che quasi riescono a giustificare la grettezza della sua persona: tragicità e comicità sono davvero le facce della stessa medaglia, e qui si vede benissimo. Si ride (a denti stretti) e intanto si concepisce l'idea di piantare un coltello nel collo di qualcuno. Magari in quello di Barney stesso (ma non necessariamente).

Il film non è malaccio, ma non ha la verve del romanzo, basato soprattutto sulla scrittura corrosiva ed effervescente dell'autore, che schifa tutti e non lesina su nessuno.

Nel libro ci sono più risvolti, più dettagli, più nuance. Il finale – notevole – è più chiaro e meglio costruito.

Però, la versione di Barney è… la versione di che?

Della sua vita. Ma anche di una morte, di cui è stato accusato e riguardo alla quale si è sempre dichiarato innocente...

Lo è?

Lo scopriremo procedendo a flashback, balzando qua e là fra i ricordi, e talvolta fra amarezza e rimpianto, affrontando le pieghe dell'Alzheimer.

mercoledì 17 luglio 2013

Trucida, demenziale e splatter...


DEATH VALLEY

 
Pare una maledizione, ma i telefilm che piacciono a me raramente hanno successo ed infatti questa esageratissima serie Tv è rimasta ferma alla prima stagione, di appena 12 episodi di 20 minuti circa... Qual somma tristizia! Sì, perché “Death Valley” è esilarante e farsesca, e dovervi rinunciare è quasi un crimine!

Ecco come inizia (più o meno): “Un anno fa Vampiri, lupi mannari, e zombie hanno invaso la San Fernando Valley in California. Questa è la storia dei poliziotti che prendono i mostri, e della troupe televisiva che riprende i poliziotti.”

Poliziotti che – aggiungo io – spesso rasentano l'idiozia! Ed è questo il bello, perché ti lasciano a bocca aperta! La troupe che li riprende sovente si dimostra più sensata di loro, elargendo timidamente buoni consigli che non vengono mai ascoltati...

Strutturata come una sit-com, “Death Valley” è trucida, demenziale e splatter al punto giusto, e così trash che quasi non ci si crede! Però fa ridere, magari non fino alle lacrime, ma abbastanza per rallegrarti la giornata...

Le re-interpretazioni dei mostri sono originali: i vampiri, i più potenti e pericolosi, gestiscono il crimine in bande organizzate di tipo mafioso, le vampire sono quasi sempre prostitute (sesso in cambio di sangue), i licantropi sono disadattati costretti agli arresti domiciliari nelle notti di plenilunio, gli zombie dei poveracci, usati come bombe, come giocattoli, o per le dimostrazioni...

Anche le caratterizzazioni dei personaggi sono buone, e distribuiti in coppie (i cui componenti hanno quasi sempre peculiarità opposte), regalano siparietti spumeggianti.

Gli episodi possono essere un po' inverosimili, ma una volta che ci si è tuffati nel clima non-sense della serie, quasi non si nota!

Quindi... quindi dategli un'occhiata, visto che MTV la replica spesso e volentieri! E magari, chissà, un giorno verremo graziati di una seconda stagione!

martedì 16 luglio 2013

Non è proprio per bambini...


LA COLLINA DEI CONIGLI
di Richard Adams

 
Nei primi anni delle elementari mi avevano costretto a vedere il cartone animato a catechismo, a scuola, in tutte le salse... E ogni volta io e i miei compagni lo percepivamo come una tortura, qualcosa che ci avrebbe fatti stare male. Ed infatti ci nascondevamo sotto le poltroncine del cinema per il terrore: coniglietti massacrati fin dalle prime scene... Sangue a fiotti, bello rosso, e quegli occhioni allucinati, e poi il generale Vulneraria, una sorta di Hitler Coniglio, ma più cattivo...

Al Liceo mi sono imbattuta in una copia del romanzo: l'ho comprato per masochismo, ma ho scoperto, con sorpresa, che era bellissimo. Il problema, con ogni probabilità, è che, al di là dei coniglietti, non è proprio per bambini... Il contesto è completamente diverso, ma tra tutto quel che ho letto, è “Il Signore degli Anelli” che ha più punti in comune con la saga lapina.

Il tema principale è un viaggio alla ricerca della libertà, naturalmente costellato di avventure, peripezie, e di imprevisti. E' meno cruento e più favolistico, rispetto al cartone, ma la mitologia, la gerarchia, i costumi, il linguaggio, e le tradizioni conigliesche sono di una ricchezza straordinaria, che nella pellicola vengono trascurati, così come i caratteri dei personaggi, i quali, invece, sono meravigliosi (soprattutto Parruccone e Moscardo), tanto che ti affezioni a tutti. Non mancano però le battaglie, i sacrifici, e i colpi di scena. E poi ci sono altri sotto temi: l'ecologia, la vita insieme, le responsabilità connesse al comando. E, in ultimo, la tirannia: arriva infatti il nemico con la maiuscola, il Generale Vulneraria, da combattere a tutti i costi.

I conigli sono conigli, e per quanto siano coraggiosi sono esposti ad un'infinità di pericoli, tuttavia il tono della narrazione è epico e i nostri sono eroi nonostante le loro debolezze.

Qualche anno dopo è uscito “Ritorno alla collina dei conigli”, sempre di Adams, ma si tratta di una raccolta di raccontini di mitologia lapina, destinata, questa volta, ad un pubblico di bimbi. Moscardo fa capolino ogni tanto, ma in modo insoddisfacente per chi sperava di ritrovare un vecchio amico da riabbracciare... Pazienza.

lunedì 15 luglio 2013

Questa saga dà dipendenza.


LE CRONACHE DEL GHIACCIO E DEL FUOCO

di George R.R. Martin



Colossale, e non ancora ultimata, opera fantasy in sette volumi, che in Italia saranno più del doppio a causa della politica editorial-criminale della Mondadori, cui, evidentemente, interessa solo il profitto, e pazienza se questo significa smembrare e snaturare un libro.

Al di là di questo, la prima regola, se ci si accinge ad entrare nel mondo dei Sette Regni, è di non affezionarsi a nessuno (per quanto difficile, atteso che ci sono dei personaggi bellissimi) perché le morti sono numerose, crudeli e totalmente inaspettate.
 
 
Una delle cose che amo di più di questa complessissima storia, infatti, è che è del tutto imprevedibile. Ogni volta che ti sembra di aver colto i meccanismi narrativi e di aver intuito dove l'autore voglia andare a parare, Martin ti sconvolge ribaltando completamente tutto, mescolando le carte, aggiungendo nuovi spunti, spostando i confini e inserendo variabili inattese. Quest'uomo è un genio e ha una capacità inventiva fuori dal comune: crea popoli, religioni, costumi, tradizioni, miti, credenze, e riesce a farli convivere ed interagire in modo coerente nello stesso universo narrativo, in perfetto equilibrio, tra presente e passato. Però non ha pietà per nessuno: i romanzi sono crudi, cruenti, con tocchi splatter, e quel che è peggio è che sono anche introspettivi, quindi la sofferenza raddoppia, perché tu ami molti di quelli che muoiono. E che magari muoiono male.

La trama è corale, complessa, il risultato di molti intrecci, sotto intrecci, e punti di vista che si alternano. Eppure non risulta complicata da seguire perché ogni elemento si amalgama agli altri alla perfezione ed è caratterizzato in modo così realistico che confondersi sarebbe difficile.

Del resto la storia non parte in pompa magna, gli ingredienti si aggiungono pian piano, preparando l'azione con pazienza e abilità straordinarie.

Le tematiche sono molteplici: la guerra, l'onore, la corruzione (che si annida un po' ovunque), l'ambizione, l'amore, la famiglia, i tradimenti (davvero numerosi), la dedizione, le vendette (atroci), la follia, le responsabilità... E soprattutto l'intrigo politico (inconsueto per un fantasy, ed infatti “Le Cronache”, in tal senso, sono considerate sui generis). E poi la magia, nera e bianca, però non invadente, in secondo piano, e che talvolta lascia margini di dubbio... C'è di tutto, in effetti.

Le vicende si delineano con lentezza, cadenzate, apponendo tasselli, frammenti, disponendo fili, come trappole, che all'improvviso scattano e allora tu, lettore, non puoi più liberarti, devi seguitare a leggere anche quando ti bruciano gli occhi o altri impegni ti reclamano... Perché se arrivi al punto giusto, questa saga dà dipendenza.

E' appassionante, ricca di tensione, di emozioni.

Non ci sono eroi, ma persone, con pregi e difetti, incredibilmente umane. Uno dei punti di forza, infatti, è dato dai personaggi: carismatici, sfaccettati, che, anche quando sembrano irrimediabilmente malvagi, hanno una giustificazione per il loro comportamento, o magari così malvagi non sono. Si rivelano a poco a poco, nei loro desideri, nelle loro cicatrici, negli obiettivi. Spesso possono sorprendere, e – quando riescono a restare vivi – cambiano, si rinnovano, scoprono nuove prospettive e nuovi fini.

Tra tutti, non posso che prediligere Tyrion Lannister, il Folletto, che lungi dall'essere un membro del piccolo popolo è invece un nano dalle gambe storte. Ma è il più fico di tutti: intelligente, arguto, colto, autoironico, lussurioso e... buono. Generoso. Dolce. Da sposare.

Anche Arya Stark, coraggiosa e indomita, e Daenerys Targaryen, caritatevole e fiera, sono interessanti e piene di fascino, in continua evoluzione... E Ned, Ned Stark, il cui senso dell'onore è ammirevole quanto pericoloso.

Ma devo bloccarmi perché i protagonisti sono davvero tanti, e man mano ci si addentra nella vicenda, se ne aggiungono di nuovi.

Una delle critiche che viene rivolta più frequentemente a Martin è proprio questa: che si costringa il lettore a seguire le vicissitudini di personaggi secondari di cui non importa nulla a nessuno. I libri, infatti, sono un susseguirsi di punti di vista (pur in terza persona) di soggetti che si alternano, illustrando prospettive differenti,

Personalmente, non condivido.

E' vero l'interesse può non essere immediato per tutti (alcuni protagonisti compaiono dal nulla e bisogna darsi il tempo di conoscerli...), però poi ci si affeziona, e anche laddove ciò non accade, è interessante approfondire la realtà di nuovi Regni, che sono stati a lungo decantati, ma che finora sono rimasti sullo sfondo. E che altrimenti è impossibile comprendere pienamente. Ciò vale per Dorne, ad esempio, o per le Isole di Ferro.

E considerato che tutti i tasselli sono poi destinati ad unirsi e a comporre un unico mosaico, io sono lieta di non perdere nulla, di avere l'occasione di cogliere più particolari.

Altra critica che sovente vien mossa a Martin è relativa allo stile: lo ammetto, all'inizio è lento. Poi i fatti precipitano e tutto accade in un attimo.

Ma a me piace che sia così. Mi piace che ci siano tanti dettagli e che si possa assaporare ogni istante... e mi piace, poi, essere travolta dagli eventi, senza quasi avere il tempo di metabolizzarli. E comunque, checché si dica, Martin scrive bene, e leggerlo è sempre un piacere.

E... e ci sarebbe da parlare anche della serie Tv, e delle altre opere di quest'autore, e dei fumetti, ma sono già oltre la lunghezza lecita, e quindi mi fermo.

Valar Morghulis.