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venerdì 26 luglio 2013

Un unico affresco dai risvolti dolenti...


ESPIAZIONE
di Ian McEwan
 

Il succo di questo romanzo è per metà nel titolo, ma è possibile comprenderlo nella sua interezza solo grazie al colpo di scena finale, che, come tutti quelli che si rispettano, permette di rivivere ogni dettaglio sotto una luce nuova e più complessa.

Il libro è diviso in tre parti, ognuna dal contesto spazio temporale differente, che compongono un unico affresco dai risvolti dolenti.

La prima è la più lunga e bella, sostenuta da uno stile accurato, ridondante di analisi e descrizioni, in cui si coglie – indagato da più angolazioni – il processo mentale dei protagonisti nella molteplicità delle sue sfaccettature. La caratterizzazione dei personaggi, quindi, è straordinaria, degna quasi di un Dostoevskij.

Il passaggio dalla quotidianità al dramma si compie gradualmente, attimo per attimo, con un'agglomerazione di coincidenze e percezioni alterate.

Poi, dopo un salto temporale, c'è la seconda, incentrata sulla guerra, che sinceramente a tratti ho trovato pesante e faticosa da leggere, e tuttavia comunque utile e riscattata dalle altre.

L'interesse si risveglia con la terza, ambientata in ospedale, ma soprattutto con la rivelazione finale che conferisce autentica bellezza, drammaticità e spessore a quello che altrimenti sarebbe stato solo un buon romanzo ben scritto.

La storia di una colpa e di un'ingiustizia, della necessità imperativa e categorica di rimediare al male fatto e dalla consapevolezza della sua non fattibilità.

Un'analisi profonda e spiazzante, che da un lato porta il lettore all'indulgenza, e dall'altro gli impone la condanna definitiva.

L'eternizzazione attraverso la parola, la capacità edificatrice e riequilibratrice di essa.

E la consapevolezza della sua sostanziale, desolante insufficienza.

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