ESPIAZIONE
di Ian
McEwan
Il
succo di questo romanzo è per metà nel titolo, ma è possibile
comprenderlo nella sua interezza solo grazie al colpo di scena
finale, che, come tutti quelli che si rispettano, permette di
rivivere ogni dettaglio sotto una luce nuova e più complessa.
Il
libro è diviso in tre parti, ognuna dal contesto spazio temporale
differente, che compongono un unico affresco dai risvolti dolenti.
La
prima è la più lunga e bella, sostenuta da uno stile accurato,
ridondante di analisi e descrizioni, in cui si coglie – indagato da
più angolazioni – il processo mentale dei protagonisti nella
molteplicità delle sue sfaccettature. La caratterizzazione dei
personaggi, quindi, è straordinaria, degna quasi di un Dostoevskij.
Il
passaggio dalla quotidianità al dramma si compie gradualmente,
attimo per attimo, con un'agglomerazione di coincidenze e percezioni
alterate.
Poi,
dopo un salto temporale, c'è la seconda, incentrata sulla guerra,
che sinceramente a tratti ho trovato pesante e faticosa da leggere, e
tuttavia comunque utile e riscattata dalle altre.
L'interesse
si risveglia con la terza, ambientata in ospedale, ma soprattutto con
la rivelazione finale che conferisce autentica bellezza, drammaticità
e spessore a quello che altrimenti sarebbe stato solo un buon romanzo
ben scritto.
La
storia di una colpa e di un'ingiustizia, della necessità imperativa
e categorica di rimediare al male fatto e dalla consapevolezza della
sua non fattibilità.
Un'analisi
profonda e spiazzante, che da un lato porta il lettore
all'indulgenza, e dall'altro gli impone la condanna definitiva.
L'eternizzazione
attraverso la parola, la capacità edificatrice e riequilibratrice di
essa.
E
la consapevolezza della sua sostanziale, desolante insufficienza.
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