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venerdì 12 luglio 2013

Una ribellione che trapela all'esterno...


RAGAZZO NEGRO
di Richard Wright

 
Romanzo autobiografico ambientato nell'America del Sud, smaccatamente razzista, degli anni 1912-1930, che inizia descrivendo un'infanzia traumatica dominata dalla paura – non solo dei bianchi, ma specialmente di questi, visti come un pericolo incombente e non ben definito –, dalla povertà, dalla violenza e dal bigottismo. Ma che poi riesce a riscattarsi attraverso una ribellione che trapela all'esterno ma che è soprattutto interiore.

Non per questo meno difficile, meno intensa, meno sofferta.

Quello che cerca Richard, il nostro protagonista, il nostro ribelle, è in primis la propria identità. Non gli sta bene quella grigia e limitata che gli attribuiscono i bianchi – ma anche gli altri neri, rassegnati alla loro presunta inferiorità –, non può accettarla: è soffocante e non gli corrisponde. Spesso neanche capisce perché non lega con nessuno, perché non comprende gli altrui meccanismi mentali – che sente come estranei –, o quello che il prossimo sottintende, accusandolo di aver compiuto peccati di cui neppure conosce il nome.

Richard è solo, ed è appena un ragazzino. Consumato da quella solitudine devastante che ti viene da dentro, che ti isola dal mondo, che ti schiaccia. Alieno per i bianchi, ma anche per i neri, che non possono accettarlo per quello che è, perché è troppo diverso da loro, perché non si incasella in nessuno schema precostituito. Perché non si conforma, non si adegua, non si adatta. Addirittura, alieno per la sua stessa famiglia.

Ma Richard è forte e determinato. Intelligente.

E a poco a poco riesce ad affermare se stesso. Ad acquisire consapevolezza, a scegliere chi vuole essere. Grazie allo studio, ai libri, alla cultura. Perché le parole sono come armi e lui ne scopre il potere. Perché leggere equivale a vivere la vita che vorrebbe, a trovare uno spazio per sé, alla felicità. Perché scrivere significa farsi sentire ed è l'unico mezzo che ha per entrare in contatto con il prossimo, per comunicare, per dire chi è. Per rifiutare il silenzio che tutti (bianchi e neri) sembrano volergli imporre.

L'autore analizza in modo esaustivo e affascinante il suo pensiero, infantile prima e giovanile poi, ne coglie le cause, le sfumature, le implicazioni, illustrandoci dettagliatamente i passaggi mentali, permettendoci di entrare nella testa di Richard e di fare il suo sentire il nostro.

Nella prima parte, invece, quando ci narra i ricordi di quando aveva quattro-cinque anni, ricorre alle anafore, ai polisindeti, per racchiudere ciò che non può spiegare, per evocare ciò che non può cogliere nella sua contezza. Eppure riuscendoci comunque.

Una scrittura poetica, di sfavillante bellezza; un personaggio stupendo, profondamente morale, scosso dalla rabbia e dalla brama di conoscenza, che sopravvive, cresce, matura, e ci abbaglia con la sua forza e con la sua giovinezza.

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