RAGAZZO
NEGRO
di
Richard Wright
Romanzo
autobiografico ambientato nell'America del Sud, smaccatamente
razzista, degli anni 1912-1930, che inizia descrivendo un'infanzia
traumatica dominata dalla paura – non solo dei bianchi, ma
specialmente di questi, visti come un pericolo incombente e non ben
definito –, dalla povertà, dalla violenza e dal bigottismo. Ma che
poi riesce a riscattarsi attraverso una ribellione che trapela
all'esterno ma che è soprattutto interiore.
Non
per questo meno difficile, meno intensa, meno sofferta.
Quello
che cerca Richard, il nostro protagonista, il nostro ribelle, è in
primis la propria identità. Non gli sta bene quella grigia e
limitata che gli attribuiscono i bianchi – ma anche gli altri neri,
rassegnati alla loro presunta inferiorità –, non può accettarla:
è soffocante e non gli corrisponde. Spesso neanche capisce perché
non lega con nessuno, perché non comprende gli altrui meccanismi
mentali – che sente come estranei –, o quello che il prossimo
sottintende, accusandolo di aver compiuto peccati di cui neppure
conosce il nome.
Richard
è solo, ed è appena un ragazzino. Consumato da quella solitudine
devastante che ti viene da dentro, che ti isola dal mondo, che ti
schiaccia. Alieno per i bianchi, ma anche per i neri, che non possono
accettarlo per quello che è, perché è troppo diverso da loro,
perché non si incasella in nessuno schema precostituito. Perché non
si conforma, non si adegua, non si adatta. Addirittura, alieno per la
sua stessa famiglia.
Ma
Richard è forte e determinato. Intelligente.
E
a poco a poco riesce ad affermare se stesso. Ad acquisire
consapevolezza, a scegliere chi vuole essere. Grazie allo studio, ai
libri, alla cultura. Perché le parole sono come armi e lui ne scopre
il potere. Perché leggere equivale a vivere la vita che vorrebbe, a
trovare uno spazio per sé, alla felicità. Perché scrivere
significa farsi sentire ed è l'unico mezzo che ha per entrare in
contatto con il prossimo, per comunicare, per dire chi è. Per
rifiutare il silenzio che tutti (bianchi e neri) sembrano volergli
imporre.
L'autore
analizza in modo esaustivo e affascinante il suo pensiero, infantile
prima e giovanile poi, ne coglie le cause, le sfumature, le
implicazioni, illustrandoci dettagliatamente i passaggi mentali,
permettendoci di entrare nella testa di Richard e di fare il suo
sentire il nostro.
Nella
prima parte, invece, quando ci narra i ricordi di quando aveva
quattro-cinque anni, ricorre alle anafore, ai polisindeti, per
racchiudere ciò che non può spiegare, per evocare ciò che non può
cogliere nella sua contezza. Eppure riuscendoci comunque.
Una
scrittura poetica, di sfavillante bellezza; un personaggio stupendo,
profondamente morale, scosso dalla rabbia e dalla brama di
conoscenza, che sopravvive, cresce, matura, e ci abbaglia con la sua
forza e con la sua giovinezza.
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