DAVID
LYNCH
I
“film in cui non si capisce niente” sono una delle mie passioni,
specialmente se di eccellente fattura, quindi il mio amore per Lynch
è inevitabile…
Ed
in effetti seguire il filo a volte è proprio difficile, con salti
temporali, ritorni impossibili, personaggi misteriosi dai poteri
inquietanti che non si sa da dove saltino fuori… Si avverte
potente l’uso del simbolismo, ma senza riuscire a ricondurlo ad un
perché o ad un come, o a collocarlo… E tuttavia nulla risulta
noioso, sebbene l’azione proceda con lentezza. Al contrario: Lynch
è ammaliante e fatale. Le atmosfere sono astratte, cupe, intricate,
surreali, e spesso ruotano attorno ad un omicidio che appare
irrisolvibile, contornato da episodi crudi e shockanti, visivamente
molto forti…
Si
è detto che forse il segreto è non soffermarsi su un’unica
pellicola, ma considerare la sua opera in toto: gli elementi si
ripetono e, gradualmente, divenendo familiari, riescono anche ad
illuderci di aver saputo cogliere un’ermeneutica.
Personalmente,
sospetto che parte della chiave interpretativa si nasconda in “I
segreti di Twin Peaks”, l’ineguagliabile telefilm in due stagioni
che ha spopolato in Italia all’inizio degli anni ’90…
Io
l’ho visto solo un paio di anni fa – dopo che avevo già ammirato
il regista in altri suoi capolavori – e quando sono entrata in
contatto con la “Loggia Nera” e la “Loggia Bianca”, mi è
parso di… aver unito i puntini. Certamente non tutti, ma
abbastanza da intuire un disegno.
Che
cosa ho amato di più? A parte “Twin Peaks” (i cui personaggi ti
lasciano senza fiato), “Strade Perdute”, “Mulholland Drive” e
“Fuoco cammina con me” (prequel cinematografico di “Twin
Peaks”).
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