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mercoledì 27 giugno 2018

COME SUPERARE L' INFELICITÀ COSMICA E DEVASTANTE

Sono una nichilista, questo si sa. Nichilista a livello universale. A livello personale ho un'innata propensione all'ottimismo e, in generale, sono una persona felice. In fondo, come sempre mi ricorda MPM, a me bastano i miei libracci: se posso scrivere e leggere, la vita mi appare comunque soddisfacente. Il resto è un intervallo tra due pagine.
Ciò non di meno i periodi di cacca nera li ho anche io, e questo è uno. Bello grumoso, per giunta. In cui l'intervallo fra le due pagine sembra infinito. Vincere al giochino di chi ha l'esistenza che fa più schifo non mi interessa e nemmeno sapere che ci sono altri che stanno peggio di me. Sul serio, che me ne cale degli altri? Specie di quegli altri ipotetici che manco conosco? Niente, perché dovrebbe? Non sono una da mal comune mezzo gaudio. E mica posso risolverli io i problemi degli altri. Ma i miei sì. I miei problemi dipendono da me, anche quando sono del tutto impotente e non posso farci una cippa. È una verità. Quindi mi sono spremuta sul come affrontarli in modo costruttivo per evitare che mi riducano ai minimi termini. E ho trovato una soluzione. Una semplice e banale, ma efficace, tanto in pratica, quanto, secondo me, sul piano filosofico. La soluzione, l'unica che c'è, è l'accettazione. Finché hai delle speranze ti illudi e soffri. Quando non ne hai più smetti. E a quel punto trovi qualcos'altro. Oh, lo so: non è facile. È il tuo cervello ad ingannarti, la tua natura stessa di essere umano a cercare scappatoie, e, come si suol dire, la speranza è l'ultima a morire. Il tuo compito è lasciare che crepi. Ammazzala. Torci il collo alla sgualdrina. Fa male, fa un male d'inferno. Ma tu fallo. Secca quella speranza del kaiser. E il gioco è fatto. Sei nel nulla. E il nulla è un foglio da riempire. La figata è che ci puoi mettere quello che vuoi. Puoi colorarlo. Puoi dargli una forma diversa. Anche una buffa o assurda. Puoi riempirlo di omini col turbante o peperoncini. E a quel punto sei tu che decidi se essere triste o felice. E, al diavolo, io decido di essere felice. Perché comunque tutto è relativo e il nostro presente è insignificante rispetto all'espansione dell'universo. Fanculallero fanculallà.

lunedì 25 giugno 2018

MPM DIMESSO!!!

Questa mattina, tutto intero, senza tagliuzzamenti.
Per fortuna perché stava diventando talmente insopportabile con le sue paturnie ospedaliere che stavo pensando di venderlo alla Fiera dell'Est, ma dubito che sarei riuscita ricavarne due soldi o un topolino.
La colpa non è solo sua, oggettivamente me lo hanno ridotto a un colabrodo: morale a pezzi, braccia bucate peggio che un tossico all'ultimo stadio, ematomi ovunque, debolezza cronica.
Certo, lui ci ha messo del suo: non ha voluto libri né computer, e ha deciso di votarsi alla pura noia totale.
Per rincuorarlo, stasera che finalmente è a casa, gli ho concesso di farmi un lungo massaggio ai piedi, l'ho tiranneggiato per farlo sentire a suo agio e non dargli l'idea di venir trattato in modo diverso, e l'ho costretto ad accudirmi amorevolmente, perché questo è il mio destino.
Inoltre, siccome sono pure generosa, gli ho concesso un po' di vacanza dai post, almeno fino a che deve ingurgitare antibiotici. Fino a sabato, dunque.
Nel mentre proverò - se non demordo - l'ebrezza della diretta. Non mi dispiace, in realtà: in questo periodo ho bisogno di una valvola di sfogo. Da che cosa? Oh, suppongo di essere in fase inversa. Semplicemente vengo percorsa da feroci lampi di odio che mi diverto a riversare - con squisito e algido sadismo - su chiunque osi stuzzicarmi.
Ieri io e MPM abbiamo persino litigato.
Ecco qualche scampolo. Lo riporto perché, devo ammetterlo, il mio tesoro è così surreale che ha la capacità di farmi ridere anche mentre vorrei ucciderlo:
- Quando non sei dalla mia parte sei brutta. E non copiare i miei maiuscoli. (...) Ora vado a dar da mangiare alle zanzare che avranno fame.
- Augura alle zanzare buon appetito. Puzzone.
- Brutta. Mi hanno detto che oggi mi dimettono.
- Sono contenta per te e per il fatto che forse non dovremo divorziare. P.S. ho bisogno che mi recuperi i numeri sul Cloud.
- Mi sono fatto dimettere per questo! Per tornare a servirti!
- Bravo!!!
La verità è che sono davvero contenta di riaverlo a casa.
Non per i servigi.
Perché senza di lui c'è il Nulla che avanza.


domenica 24 giugno 2018

MPM: piani di fuga

Sodoma Ligure. Ospedale Senza Nome.

Giorno 4 della mia prigionia.

La notte è davvero lunga a volte. Il sonno qui è un insieme di pisolini interrotti da suoni e lamenti. Il modo migliore per arrivare alla mattina seguente è quello di progettare piani di fuga. Arte, questa, in cui mi sto specializzando.

All'inizio avevo pensato di fuggire per i tetti con la mia inseparabile asta per la flebo, quella che chiamo "bastone di Gandalf". Già ci vedevo su una spiaggia a bere the freddo, io, e un po' di olio, lei, ma è sorto il più classico dei problemi: non ho idea di come si acceda al tetto. L'unica piantina appesa nella cella è quella che ci dice cosa mangeremo (e non mangeremo) l'indomani. Ecco perchè era tornato in auge il piano di riserva: scavare un tunnel nel bagno, usando la macchina per misurare la pressione come esplosivo. Mi basterebbe appoggiarla al pavimento e restare rilassato, molto rilassato. Agli ultimi giochi tra reparti, avevo ricevuto un punteggio decisamente di prim'ordine. Funzionerà! Ne sono certo.

Ora chiudo perchè hanno portato un nuovo prigioniero. Ha la barba! Potremmo coalizzarci! Eccellente...

Sono il numero 4. E sogno la libertà.

sabato 23 giugno 2018

VOGLIO DORMIRE

Dannazione, ho sonno. Un sonno del diavolo. Ma di dormire non c'è verso. A parte il fatto che ho appena beccato uno stupido moscerino a saltarmi sulla faccia, mentre Paco, imperterrito, dà testatine cocciute contro la porta perché vuole entrare in camera, be', accipigna, non ci riesco. Eppure sto crepando di sonno. E ne ho ben donde, devo dormire. E a tratti mi sembra pure di sognare. Ma sono sveglia. E sto scrivendo sul cellulare (oppure sono in un sogno del Re Rosso. Quello di Alice, non quello di Roland) mentre mi si sta scollando la faccia per la stanchezza. Intendiamoci, a prescindere dalla mancanza di MPM io e l'insonnia siamo vecchie amiche e un po' ci sono abituata. Ma di solito ho MPM che mi racconta una favola, appunto. O gli tocco un piede. Oppure leggo. Il problema è che ora sono troppo devastata per farlo (sic!) e mi si incrociano gli occhi. Che, a proposito, sembrano due fosse di buio. A questo punto, d'abitudine, mi cerco una fantasia in cui immergermi, ma non ci riesco, se non sono felice. Musica? No, grazie. Ho un rapporto conflittuale con la musica. Mi fa da sensibilizzatore e devo essere serena per ascoltarla, se no sbarello. Allora provo a immaginare MPM. Dato che mi sforzo di delineare un quadro realistico, mi sento sgridare perché faccio rumore coi tasti del telefonino, perché non ho acceso la luce rovinandomi la vista e poi perché sto scompaginando il letto a furia di girarmici. Caro, ti amo, ma ti vengo a trovare domani. Che ormai si chiama oggi. E ora, magari, mi faccio pure una dormitina. Buonanotte.

venerdì 22 giugno 2018

SOLA!!!

Stasera provo a scrivere dal pc, che, maledizione, con il cellulare divento pazza. Dato che non sono certa che riuscirò ad inserire il titolo da qualche parte, ecco, intanto lo sbatto qui: SOLA!!!
Sola, infatti. E abbandonata. E triste. E blé.
E non so neanche corredare il testo con le immagini.
Questa è la prima volta che dormo senza MPM in casa di Paco. Ieri sono andata dai miei, a Pietra, giacché non sono troppo distanti dall'ospedale, nel mio prezioso Reame libresco, nonché luogo di potere, ma oggi sono dovuta rimanere ad Alassio perché... Beh ero distrutta. Altra mattinata campale conclusasi alle 13.30 circa a Savona. Viaggio con Claudia Big. Poi (14.30), pranzo con Ila che - benedetta ragazza - mi ha aspettata autodigerendosi (senza manco farmelo pesare) perché sa che da sola non mangio. Indi sortita rapida chez Paco, che, poveretto, in questi giorni è stato fin troppo solo e infatti mi ha riservato svariate danze della morte e cacche di avvertimento. Giungo in studio per le 16.00 circa per preparare il necessario per lunedì. Non è che connetta molto. In teoria dovrei partire alla volta di Pietra per le 17.50, onde poter rispettare gli orari di visita ospedalieri, ma sono in alto mare, bollita, e, soprattutto, non riesco nemmeno ad alzarmi dalla sedia per andare a far pipì. Silvia mi ha fatto da badante, povera cucciola (nel senso che mi ha dato una mano con le incombenze, non che mi ha procacciato una padella). Quando finalmente ho finito tutto, 19.30 circa, volevo solo tornare a casa e morire. Tuttavia, appena varcata la soglia e realizzata l'assenza di MPM, una voragine cosmica si è impossessata di me. Sola!!! Anzi sola con Paco, che è peggio, perché il piccolo mostro, arrabbiato, ha pensato bene di far la pipì sul tappeto. Più altre cacche di avvertimento. Maledetto. Sicuramente si è vendicato per le tante ore di abbandono di ieri... Per consolarmi ho telefonato a MPM, ma mi sembrava stanco e moribondeggiante, così l'ho risparmiato. E dato che, come ho detto, da sola non mangio - e in più il Nulla stava avanzando ed era in procinto di fagocitarmi di nuovo - dopo aver sbattuto pomodori e insalata in una ciotola con del condimento casuale, ho chiamato Vi, che si è sorbita un'ora e quarantuno minuti di telefonata-confessione su vari tragici argomenti e dieci minuti di masticazione selvaggia. Mi ha rallegrata e sollevata, ma adesso il mio fardello sta per ripresentarsi, lo sento incombere e gigioneggiare. Allora faccio l'unica cosa sensata in questi casi (come in qualunque altro caso): scrivo. La circostanza che scriva deliri è secondaria. Anzi, vi avviso già che, se le cose per la mia psiche dovessero mettersi male (e potrebbero, giacché avrò dormito dodici ore in tre giorni e nessuno mi sta accudendo - a parte Paco e Silvia, che, cara com'è, mi intrattiene via messaggio -) passerò la notte così. A delirare. Tra l'altro da mezzanotte sono di turno, indi ci sta proprio. Snif. Sob. Sola!!! E pensare che ogni volta che mon amour faceva capolino dalla porta mentre io ero qui sul divano a pigiare i tasti del computer o a leggere, mi dileggiava sostenendo che io fossi contrariata dal suo arrivo, perché mi toccava interrompermi. Uffa. Come vorrei che fosse qui a darmi fastidio. In una botta mi ritrovo: senza marito, senza maggiordomo, senza confidente, senza migliore amico, senza bussola. Sopravviverà la nostra eroina a questi drammatici giorni? Speriamo di sì, anche perché MPM ne ha almeno fino a domenica... Comunque, intanto, vediamo se riesco a mettere su il presente vaniloquio.
P.S.
Si avvisano i gentili utenti che questo non è un post ufficiale. I post ufficiali sono rinviati a data da destinarsi.

giovedì 21 giugno 2018

MPM ALL'OSPEDALE

Questa la novità di oggi. Esco per andare in Tribunale e mi ritrovo il coniuge ospedalizzato. Per dindirindina. E mentre ero in udienza le ipotesi fioccavano: calcoli al fegato? Al rene? Un'ernia? E vai con gli esami: eco, TAC e chi più ne ha più ne metta. Ad un certo punto il medico, seccatissimo, se n'è dovuto andare. Doveva recarsi in Tribunale a Savona perché un cavolo di avvocato voleva che testimoniasse in un procedimento penale. Indovinate chi era il cavolo di avvocato? Ops. Ho rapito il medico a mio marito. Ad ogni modo alla fine MPM è sopravvissuto e, pare, ha solo un'appendicite. Quindi non preoccupatevi, ce la farà. Il problema è che, per quanto sarei anche tentata, non posso costringerlo a mettere su i post dal letto di Santa Corona, a digiuno con gli occhioni lucidi e la flebo al braccio. Perciò, ecco, mi dispiace, ma i post sono sospesi fino a che mon amour non si riprende. Salvo che non riesca a pubblicare io qualche sproloquio tipo questo. Vedremo. Intanto: forza MPM!!! E speriamo che non mi si cancelli tutto. PS non so se riuscirò a metterci la foto. Ma se ci riuscirò sarà una foto casuale. Tipo la foto di un piede. O di Eugeene, la megasoma mars amica di Vi.

mercoledì 20 giugno 2018

Una carrellata di bizzarrie

ATLAS OBSCURA
- GUIDA ALLE MERAVIGLIE NASCOSTE NEL MONDO -
di Joshua Foer, Dylan Thuras, Ella Morton


Meraviglie? C'è di tutto! Cose belle e brutte, allegre o spaventose, derivanti da fatti storici, cataclismi o semplici bellezze geografiche, panorami mozzafiato come pure bizzarri costrutti umani, o facezie di vario tipo, con una varietà totale, enciclopedica, e pagine corredate da foto a colori, mappe, box esplicativi sugli argomenti più curiosi (ad es. sulle creature mortali australiane) e indicazioni su orari di visita e tempi di percorrenza. La condizione, infatti, per essere inclusi in questo principesco volume è essere “veri”, “tangibili”, ossia non frutto di immaginazione o credenze popolari. 

Facendo un confronto con le varie opere di questo genere, ad esempio agli Atlanti  editi da Bompiani e Rizzoli, posso osservare tre cose:

- la prima è che qui ci sono assai più voci, e che l'opera, di quasi 500 pagine, comprende pressoché tutto quello che può venire in mente, ovvero assai più di quanto venga menzionato altrove;
- la seconda è che, per quanto non ci si limiti ad una mera descrizione, ma si stia attenti a fornire altresì dettagli, contesto storico-politico, e riferimenti di vario tipo, con qualche concessione alle leggende locali e agli aneddoti, si privilegia, sopra tutti, l'intento informativo.
- La terza è che, inevitabilmente, questo tipo di taglio sacrifica l'evocatività e la suggestione, riducendo i luoghi – pur notevolissimi – ad una carrellata (stimolante) di bizzarrie attraverso i continenti (se le descrizioni Bompiani, per dire, si premuravano di farci assaporare profumi e brezze marine, qui gli afflati poetici sono sostituiti con notizie e dati oggettivi). 

L'ideale, pertanto, è non leggere di seguito, ma centellinare, concedendosi, perché no, di aprire il volume a caso, e vedere, di volta in volta, ove ci conduca la sorte.

martedì 19 giugno 2018

Una realtà ostentata e una nascosta

PYONGYANG
di Guy Delisle


Nel post del 30 marzo 2018 ho messo a confronto due graphic novel di rimarchevole spessore: “Palestina” di Joe Sacco (più un reportage, in effetti, che un romanzo grafico) e “Capire Israele in 60 giorni” di Sarah Glidden, sottolineando gli approcci, quasi opposti e complementari, dei due autori. 
Ebbene, “Cronache di Gerusalemme” di Delisle è il perfetto bilanciamento fra loro.
Ma ho preferito “Pyongyang”, anche a “Cronache Birmane”, sempre suo.
La verità è che, per contenuti, il volume su Gerusalemme è forse il più valido e complesso, benché la qualità sia la stessa per tutti i fumetti citati, sempre caratterizzata da un ottimo montaggio. La linea narrativa è cronologica, ma è la scomposizione del racconto nelle sue sequenze ad essere ben cesellata, opportunamente sintetica, ma esauriente. L'argomento della Corea del Nord vista dall'interno, però, mi ha solleticata di più.
L'opera, infatti, descrive la permanenza di Delisle a Pyongyang per motivi di lavoro (cartoonist) e ci informa di come si vive nel quotidiano, con ironia e grazia. Esaminiamo storia, costumi, storture, scomodità e ipocrisie (che talvolta si tingono di assurdo per l'esasperazione), ansie sepolte e paranoie, tanto che, reiterato, è il paragone con “1984” di George Orwell. C'è una realtà ostentata e una nascosta, che si intravede, non troppo velatamente. E poi c'è una realtà per i nordcoreani, differente da quella per gli ospiti occidentali.
Un'opera intelligente, dal bel tratto stilizzato, che risulta interessante su molti piani: come documento e testimonianza, come esempio di buon fumetto (notevole la sinergia tra immagini e parole) e come intrattenimento. Perchè sì, si apprende, ma ci si diverte anche, con sequenze quasi comiche. Si esplora, si sorride, si osserva e registra. 
Più che un resoconto è un racconto esperienziale punteggiato di riflessioni, di pause, fondamentalmente critico, ma al contempo intimo, personale, garbato. E dunque risulta non solo curioso, ma appassionante, con divertenti parentesi relative all'animazione, stimolante persino nei suoi tecnicismi. 
Un unico interrogativo mi resta: come sarebbe se fosse a colori?

lunedì 18 giugno 2018

Quegli schifosi centesimini

LA VENDETTA DELLE MONETINE


Che io abbia un cattivo rapporto con Trenitalia è risaputo. 
Ma tanto, comunque la vogliamo girare, sono sempre la parte debole, perciò, a parte lamentarmi e sporgere reclami, è chiaro che non posso fare granché, se non subire, alla Fantozzi.
Con la differenza che io non sono il Rag. Ugo e non ho un carattere mite, ma beffardo.
Così, ecco che cosa è capitato:
Vado a fare il biglietto in Stazione: ho dieci minuti, poi arriva il treno.
Non c'è coda, ma non c'è nemmeno nessuno allo sportello.
Aspetto. Passa un minuto. Meno nove.
Aspetto. Passa un altro minuto. Meno otto.
Comincio ad innervosirmi. Ma poi mi dico: che senso ha? Impiego un secondo a fare il biglietto, indi, anche se l'omino dovesse ritardare ancora, ce la farò. Solo mi secca stare qui in piedi a non fare niente, mentre potrei essere comodamente seduta a leggere. Del resto, se stessi facendo qualcosa il tempo non passerebbe così lentamente. Ma che potrei fare qua in piedi, sola e derelitta? Uh, aspetta... ho tutti quegli schifosi centesimini che si accumulano nel portafogli... Potrei pagare il biglietto con quelli. Ma sì... e inizio a contare. Monete da un centesimo. Arrivo a sessanta. Ci aggiungo altre monetine da 2 e 5 centesimi. Arrivo ad un euro. Poi completo con dei decini, arrivando a € 2,80, l'importo giusto, proprio quando (meno cinque minuti al treno) sopraggiunge l'impiegato. Non posso dire sia un soggetto sgradevole, però è lo stesso tizio di cui al post del 2 luglio 2014 (non lo faccio apposta, ma non dimentico nulla) e quindi un po' lo odio. Insomma che, con un bel sorriso a trentadue denti, gli porgo tutte le monetine che ho contato nel frattempo.
Il poveretto geme, e mi dice: “Perchè???”
Al che replico: “Mi spiace, sa. Ma ho dovuto intrattenermi mentre aspettavo.”
L'omino, comunque gentile, sospira e mi stampa il titolo di viaggio.
Passa una settimana: devo acquistare un altro biglietto e nel portafogli ho ancora parecchi monetini... Trovo di nuovo lo stesso impiegato allo sportello e glieli do. Mi guarda malissimo, dice che si ricorda di me e mi domanda se lo faccio apposta. Gli elargisco un sorrisone e gli rispondo di sì. “Come?”, sbotta lui, incredulo. “Be', pesano tutte 'ste monete...” Ci rimane male, e mi avverte: “Ride bene chi ride ultimo! Vedrà la prima volta che le devo dare il resto! Tutte monetine le do!!!” “Va benissimo”, ghigno io, gioiosa.
Ho appena deciso che mi premunirò tutte le volte dei soldini giusti. 
Possibilmente monetine da un centesimo ;) ...

venerdì 15 giugno 2018

Tutto il fantasy in ordine cronologico

GUIDA AL CINEMA FANTASY 
di Walter Catalano, Andrea Lazzeretti, Gian Filippo Pizzo


Altra guida Odoya, altra garanzia di completezza unita ad uno stile brioso, ironico e ammiccante che non disdegna osservazioni critiche o sagaci.
Si comincia con la definizione di “fantasy” tanto per circoscrivere l'argomento e capire di che cosa stiamo parlando, quindi si procede in ordine cronologico, descrivendone la storia, ed individuando tre grandi tranches.
La prima va dagli albori del cinema muto (abbastanza parco) a Excalibur: è interessante, e, personalmente, quella che mi rivela il maggior numero di cose nuove, ma anche quella di cui ho visto il minor numero di pellicole citate. Di buono, però, c'è che queste sono spesso connesse con i classici della letteratura (Le Mille e una Notte, l'Odissea, i Viaggi di Gulliver, la saga arturiana...), per cui orientarsi non è comunque difficile. La guida, inoltre, è più divulgativa che tecnica, indi non si arranca, ma si va avanti spediti, come vivendo un'avventura composta di amene digressioni. 
La seconda tranche, invece – la mia prediletta giacché ad essa appartiene la mia infanzia – è quella che va da Conan a Il Signore degli Anelli: proprio per questo l'ho trovata più dinamica, ma ho apprezzato altresì il “recupero” di film minori, nati sulla scia dei successi di Conan o altri epigoni, e pregni di umorismo involontario, che mi ha fatto riscoprire vecchi scult, ma anche infuso un po' di nostalgia.
Terza tranche, da il Signore degli Anelli ai giorni nostri... 
Ma non è finita qui, perché poi si succedono i capitoli dedicati rispettivamente: alle derivazioni del Cinema Fantasy (Serie Tv, Videogiochi); ai film al confine tra questo e altri generi (tra cui, ad esempio, si annoverano “Grosso Guaio a Chinatown” e “I Goonies”); al Wuxiapian (e finalmente imparo a distinguere con cognizione di causa il cinema coreano, in cui nessuno sorride, il cinema cinese, in cui tutti svolazzano, e il giapponese, che risulta il meno affascinante); al lato oscuro delle fiabe, e, infine, alla simbologia del fantasy.
Rimarchevole, inoltre, l'attenzione per la fonte da cui discendono i vari film nonché (anche se a me attira meno) al progresso tecnologico, che col fantasy va da sempre a braccetto.
Da leggere se si è patiti dell'argomento, se si vuole iniziare a bazzicarlo, ma anche solo se si è curiosi.

giovedì 14 giugno 2018

Complesso e spietato

ANIMALI NOTTURNI
di Tom Ford
(2016)


Amy Adams, pur brava e graziosa, non mi piace perché la trovo mortalmente moscia. Jake Gyllenhall mi fa pressoché lo stesso effetto, ed infatti sono portata a considerarlo la sua controparte maschile.
Eppure questo film è strepitoso e mi è piaciuto tantissimo.
Non mentre lo guardavo.
Mentre lo guardavo mi ha creato disagio, malessere, tanto che sovente mi è toccato intrattenermi col cellulare “per sopravvivenza”. Ho lottato contro il desiderio di andarmene o di scagliare qualcosa contro lo schermo. Mi è parso troppo lungo, troppo insistito, troppo esplicito. Sono rimasta solo perché mi piaceva a livello estetico, fin dalle lardone ballerine. 
No, dopo.
Mi è piaciuto tantissimo dopo che è finito, quando l'ho ripercorso a ritroso, mentre continuavo a riviverne le scene, accostandole secondo sequenze diverse nella mia mente, decifrandone la simbologia, accorgendomi che, nonostante la mia impressione iniziale, la pellicola è esattamente come deve essere. Ossia sublime. 
E' infatti il film è geniale, metaforico, complesso e spietato, imperniato su tre piani narrativi, essenziali gli uni agli altri. Se non si correlano, se non si mettono insieme, non si può comprendere il film, il suo paradigma, ma una volta che la chiave di lettura è chiara e lo scopo viene reso noto... be', si è innamorati.
Anzi, dopo la fine si è in smaccata adorazione: la vendetta più bella, sottile e ghiacciata di sempre.
Tratto dal romanzo “Tony e Susan” di Austin Wright che sono ansiosa di procurarmi (benché, per una volta, il titolo del film mi paia decisamente più suggestivo).

mercoledì 13 giugno 2018

Gli alieni e gli Orfani

LA QUINTA ONDA
di Rick Yancey


Primo volume di una trilogia fantascientifica Young Adults, a base aliena, con gli extraterrestri cattivi e pure astuti.
Per i canoni del genere ha di buono lo stile, molto ironico e ricco di prospettive diverse, grazie al frequente cambio della soggettiva, e i numerosi colpi di scena e ribaltamenti.
A parte ciò, ho apprezzato l'idea iniziale, con 'sta faccenda delle onde e della quinta in particolare. A questo proposito, però, non posso fare a meno di chiedermi se Recchioni l'abbia letto prima di creare i suoi Orfani, o viceversa, perché i punti in comune sono veramente tanti. Troppi. Tanto che a volte mi pare di leggere la stessa storia, solo, in questo caso, un po' meno ovvia, un po' meno scontata e un po' meno tagliata con il coltello (benché gli spunti filosofici, pur stimolanti, restino sempre bloccati alla superficie). 
Complessivamente, comunque, il volume è gradevole, scorrevole, con la giusta dose di humor e di avventura, di azione e di sentimento (sebbene io avrei evitato la storia d'amore, quella è davvero una palla).
Evidentemente, però, io sono un po' vecchietta perché lo trovo un piacevole passatempo, ma nulla più. Non mi cattura, non mi emoziona e, tutto considerato, sono pure abbastanza indifferente al destino dei personaggi, inclusa Cassie, la protagonista, che mi ha suscitato assai poca empatia.
Ci sono, in ultimo, alcuni passaggi che ho trovato stucchevoli, mentre altri mi sono sembrati noiosilli e superflui.
Andrò avanti con la trilogia. 
Ma senza fretta e senza eccessivo entusiasmo.

martedì 12 giugno 2018

Bizzarre descrizioni di cose assurde

IL CIRCO DEL DOTTOR LAO
di Charles G. Finney


Che romanzo curioso, specie la fine, con suo favoloso catalogo, che “fornisce la spiegazione di cose ovvie”, ma che “bisogna però leggerlo per apprezzarlo”! Che diamine, include addirittura: “Interrogativi, Contraddizioni e Oscurità” attinenti al volume che si è appena letto, rimarcando alcune cose o mostrandocele sotto diversa prospettiva... 
Contraddistinto da ironia e autoironia, contiene, in apparenza, bizzarre descrizioni di cose assurde e strane; in realtà offre la buffa rappresentazione dell'umanità normale e provinciale, senza sogni e senza grandi passioni, animata giusto – e non sempre – da una distratta brama di indiscrezione. Della serie: noia eri e noia ritornerai, perché non sai vedere il prodigio nemmeno quando te lo ingabbiano davanti.
Questo, infatti, è il circo del Dottor Lao: uno zoo (con parte della crudeltà che gli zoo caratterizza) di fenomeni e divinità: la chimera, la sfinge, la sirena, la lupa mannara, il bracco “vegetale” o il mago Apollonio. Tutti straordinari, esaminati nel dettaglio, nell'aspetto come nell'interiorità, mentre vengono sottoposti agli spettatori.
A volte il linguaggio è aulico e un poco ampolloso, ma sempre ingentilito da una strizzata d'occhio o dal sense of wonder. Inoltre, anche se la maggior parte degli esemplari raccolti dal Dottor Lao ha una base classica, ognuno possiede il suo tocco di originalità, barocco, magari, ma tale da infondere personalità alla creatura e renderla così ancora più straordinaria, ma anche più vera.
Scritto nel 1935 e ambientato nell'America rurale della Grande Depressione (Arizona, Abalone), è un romanzo brevissimo, spiritoso, che, a quanto pare, ha ispirato persino Ray Bradbury.

lunedì 11 giugno 2018

L'essenza dei simboli

LEGGERE I SIMBOLI
di Clare Gibson


Non ne ero sicura, di primo acchito pare un volumetto semplice e sintetico, ma ora posso affermarlo senza remore: mi compiaccio dell'acquisto.
Il librino, infatti, fa centro pieno. 
E' vero, è sintetico, non approfondisce né i miti di riferimento né le origini storico culturali dei vari emblemi, ma è questo il primo vantaggio. Ho già un sacco di dizionari, enciclopedie e manuali di simbologia, ma nessuno, prima d'ora, che mi insegnasse in modo così immediato a decifrare i simboli e a coglierne l'essenza.
Non solo! Anche così, il volume riesce comunque a esaminare aspetti e segni che gli altri volumi che ho hanno sempre trascurato. Insomma, un compendio che mi serviva proprio! E che per giunta ha il vantaggio di essere pratico.
Il tomo, infatti, è maneggevole, relativamente leggero, poco ingombrante ed improntato alla schematicità. 
Suddivide i simboli per continenti di appartenenza, e poi ancora per argomenti. E' attento all'araldica come alle opere d'arte e alla religione, e privilegia un approccio fondato sulle immagini.
In sostanza, ogni doppia facciata comprende, oltre al titolo e ad una breve introduzione, il commento (succinto) relativo ad un affresco, ad un dipinto o ad una scultura in cui compare il simbolo trattato, mentre nella pagina di fronte ne troviamo quattro stilizzati, con rimarcate, per ciascuno, le caratteristiche salienti.
In questo modo, una volta letto tutto il volume, sarà facile tornare sui punti che ci interessano qualora ci occorra un ripasso veloce in extremis.
Anche il percorso generale proposto è abbastanza originale e cerca di creare comparazioni, sinergie e connessioni, evidenziando punti in comune, contrasti e differenze tra le culture.
Soddisfacente.

venerdì 8 giugno 2018

Si, ma...

BLACK PANTHER
di Ryan Coogler
(2018)


Finalmente la Disney/Marvel trova il giusto mezzo. O almeno ci si avvicina.
Rinuncia alle battute cretine a tutti i costi, al tono da commediola idiota (sebbene, lo ammetto, lo Zio del Tuono mi fa ridere ancora adesso), aumenta il dramma, ma senza esagerare, e non a discapito di azione ed epicità, senza, soprattutto, trasformare ogni cosa in un verboso polpettone.
Anche se...
Sotto il profilo del mero intrattenimento il film è troppo, troppo lungo, e andrebbe ben ben scorciato, mentre i personaggi potrebbero essere resi più interessanti e un po' meno compresi nel loro ruolo di buoni e cattivi, specie T'Challa, che, suvvia, non è che proprio spacchi, ed anzi è piatto e banalotto. Ci sono molti punti, poi, in cui la trama sembra un mix stinto in versione supereroistica tra “Star Wars” e “Il Re Leone” (stessi stilemi e momenti cruciali), mentre alcuni presunti colpi di scena sfiorano l'ovvio. 
Se cerchiamo di andare oltre, interpretando i significati e le tematiche sottese alla pellicola, le cose non vanno molto meglio: okay, finalmente abbiamo afroamericani nei ruoli principali, le guerriere pelate sono davvero gnocche e ci sono alcuni combattimenti carini, però... Quanta stucchevolezza! Retorica, spesso, e per giunta politically correct a tutti i costi. E non mi sembra manco che la cultura wakandiana risponda ai criteri della plausibilità, con questo stridente abbinamento di tecnologia superavanzata, moda zulu e politica miope. Il risultato sa di cliché innestati su altri cliché, che non si è nemmeno riusciti ad amalgamare decentemente. 
...Ma non si doveva trattare di una recensione positiva?   
Sì.
Perché comunque mi sono annoiata meno che con “Thor: Ragnarok” e innervosita meno che con “Captain America: Civil War”.
Certo, positiva per i parametri Disney/Marvel, che, a differenza della Fox/Marvel, di solito ci propina cavolate per bamboccini. Anche se, per dirla tutta, neppure “Wonder Woman” è stato esattamente un capolavoro, tantomeno “Justice League”, nonostante qualche momento riuscito e un alleggerimento generale rispetto ai canoni filmici DC.

P.S.
Non ho ancora visto “Avengers: Infinity War”.

giovedì 7 giugno 2018

Una lezione contro l'ipocrisia

LE RELAZIONI PERICOLOSE
di Pierre-Ambroise Choderlos de Laclos


Romanzo epistolare di fine millesettecento, vagamente erotico, benché di un erotismo più intellettuale che fisico, in cui due nobili libertini, il Visconte di Valmont e la Marchesa di Merteuil, ergendosi al di sopra delle convenzioni e della società che disprezzano, fanno una scommessa...
Che finirà malissimo, è il caso di dirlo, ma che, se vogliamo, sarà di lezione ai due seduttori e, sì, persino al lettore. 
Una lezione contro l'ipocrisia, ma anche contro l'arroganza e il cinismo, una lezione insegnata con le marionette, in cui i marionettisti, però, restano impastoiati fra i fili che dovrebbero muovere.
L'ho letto parecchi anni fa e mi era piaciuto. Lo stile è – per forza di cose – un po' antiquato e prolisso, ma complessivamente fluido, ricercato e accattivante, con qualche tendenza a filosofeggiare. Ma è la storia a catturarci, ricca di intrecci e personaggi, di evoluzioni e colpi di scena, assai introspettiva e con maggior sensibilità di quella che si potrebbe credere in principio. Spiacciono forse un po' gli intenti moraleggianti, gli eccessi di perfidia e di arroganza, ma non arrivano a vilipendere la fruibilità della narrazione, che risulta avvincente, o la capacità di intrattenere, pur descrivendo un quadro dell'epoca abbastanza squallido e desolante, ma non per questo meno godibile.
Il libro è un classico della letteratura francese, un ammiccamento alla perversione (anche e soprattutto concettuale), nonché un ammonimento per il pubblico: del resto lo dichiara il titolo stesso, le relazioni possono essere pericolose e queste che ci vengono illustrate lo sono tutte. Non tanto o non solo l'amore carnale, ma ancora di più l'amore con la A maiuscola, che può travolgere ogni cosa, senza risparmiare nessuno.

mercoledì 6 giugno 2018

L'immaginazione che divampa

JUGBAND BLUES
di Matteo Regattin con Simone Perazzone


Graphic Novel su Syd Barrett, ossia il fondatore dei Pink Floyd.
Per quanto non sia una fan sfegatata né tanto meno un'esperta, li ho sempre ascoltati con piacere e ho adorato “The Wall”, il film, di cui qui si può riconoscere qualche concomitanza, e... ho adorato anche questo libro, dal bellissimo formato orizzontale.
Le sequenze mute più di tutto, con quest'immaginazione che divampa, impazzisce, si arrampica ovunque e travalica il foglio, intridendosi di musica e di silenzi, mentre la trama viene scandita con il ritmo pulito e regolare dei capitoli, a volte in modo documentaristico, a volte cedendo alla nostalgia o all'introspezione.
I disegni e le partiture della pagina sono magnifici, cupi, in bianco e nero, ma perfettamente sfumati e chiaroscurati, sanno alternativamente di ordine, di pericolo, di sogno o di delirio, di inizio e di fine, claustrofobici e ariosi e pieni di poesia, contribuiscono a rendere l'opera scorrevole e sorprendente. 
E poi c'è lui, Syd Barrett, dannato e geniale, che non può non sedurci, anche mentre ci strazia l'anima. La sua solitudine ci attraversa, ci spezza, ci commuove, ci induce a tendergli una mano, ben sapendo che lui non l'afferrerebbe. 
Ed è affascinante cercare di capirlo, per quanto ineffabile, e di comprendere l'epoca, immergercisi, cogliere le persone dietro ai personaggi, e poi avvertire la vertigine dei paradisi artificiali, smarrircisi dentro, fino a gridare, quando ormai non si ha più la voce.
Insomma, bellissimo. 
Lisergico e Visionario. 
E diverso da tutti.

martedì 5 giugno 2018

Sempre rapinatori sono

LA CASA DI CARTA


Nuova serie tv Netflix in due parti, complessivamente di ventidue episodi (io al momento sono alla terza puntata della seconda parte).
Avvince da subito, con una trama immediata e corale, di sicura presa, un buon montaggio e una situazione carica di adrenalina, ossia una super rapina alla Zecca di Stato spagnola, in cui, regola numero uno, deve essere tassativo non uccidere nessuno. 
Soprattutto nella prima parte, a piacerci è, in particolare, il modo in cui il Professore (Alvaro Morte), leader del gruppo criminale, ha previsto in anticipo ogni mossa della Polizia ed è sempre un passo avanti ad essa. Per il resto, benché la varietà umana sia notevole e, alla fine, alcuni tra i delinquenti siano persone migliori di molti ostaggi, il problema, da parte mia, è che non riesco a parteggiare davvero per dei rapinatori, per quanto possano essere romantici, simpatici o caritatevoli.
Sempre rapinatori sono, non me la danno a bere cantando “Bella Ciao!” e con le manfrine sulle rivolte popolari. Ma per favore!
E, egualmente, gli ostaggi – inclusi alcuni di quelli che potremmo definire positivi, vedi l'insegnante sciattona – proprio non mi vanno giù. Così come trovo odiosa ed antipatica la protagonista/narratrice, Tokyo/Ursula Corbero (tutti i rapinatori, salvo il professore usano per identificarsi nomi di città). In effetti, le mie simpatie vanno a Nairobi/Alba Flores e Mosca/Paco Tous, sebbene Denver/Jaime Loerente, che all'inizio mi sembrava il più scemo di tutti, acquisisca punti ad ogni episodio. Oltre, naturalmente al Professore. Ma sono simpatie, appunto, e non arriviamo al coinvolgimento emotivo, perchè, mi spiace, ma io per certe cose sono normativa. Ho capito che non si ammazzano gli ostaggi, però intanto li si spaventa, li si sequestra e li si deruba del loro tempo... Per tacere del fatto che, comunque, qualcuno una pallottola se la becca pure. E anche la favoletta del “non si ruba a nessuno” non mi convince. Ho capito che si vuol colpire il capitalismo, ma, mi dispiace, non ci sto lo stesso. Per me sottrarre banconote, sia pure stampate di fresco, sempre furto è. Raccontarsi altro è da sofisti. 
Una Serie Tv carina, dunque, un po' in odor de “I Soliti Sospetti”, ma che, per quanto mi concerne, non potrà mai rimpiazzare Stranger Things o Il Trono di Spade, e che, per giunta, a tratti risulta poco plausibile e un po' forzata, comprendendo altresì troppe pallose parentesi sentimentali. Di cui non mi importa niente.

P.S.    
Segnalazione: la maschera di Dalì, che i rapinatori indossano sulla tuta rossa, è spettacolare: non si capisce come, ma pare avere sempre l'espressione giusta!

lunedì 4 giugno 2018

La Saga delle Fanciulle del Mare continua

ANNUNCIO: IL TERZO TACCUINO


Vi ricordate tutti che, onde evitare i soliti rinvii, lo scorso anno il giorno della pubblicazione del mio romanzillo annuale è stata definitivamente spostata dal Bloomday al 13 luglio?
Se non ve lo ricordate, nessun problema. Gian non se lo ricordava. Perciò ecco che ve lo ricordo io: 13 luglio, salvo defezioni di MPM – che magari oggi si beccherà comunque 100 frustate per sicurezza e che sta ancora trafficando con il print on demand de “Il Sogno di Ecate”... –.
Ovviamente il romanzillo è già pronto da illo tempore, anche se un po' di settimanelle in più male non fanno: il Ragno lo ha letto in anteprima e mi ha fatto osservazioni così pertinenti e mirate che ne ho tratto buoni spunti per ulteriori limature. In altre  parole gli farò leggere anche gli altri, per vedere che ne esce. 
A proposito, questo è il quarto volume della Saga delle Fanciulle del Mare, ormai destinata a diventare un'esalogia. Lo so che all'inizio l'avevo presentata come una trilogia – e così doveva essere – ma, come ho già spiegato non ricordo dove (forse proprio sul Blog, anche se non riesco a trovare il post) da un lato sento di avere ancora tante questioni da approfondire e ci sono nuove domande a cui fornire una risposta e dall'altro lato mi pare sleale non descrivere la “battaglia finale”.
Che non verrà descritta in questo librino, ma comincerà col prossimo, che si intititolerà “Il Segreto del Sangue” per concludersi col sesto, “Catarsi”.
Ne “Il Terzo Taccuino”, infatti, si compie un passo indietro e si raccontano le vicende di René Guismond, il figlio del Sindaco di Dulac (esatto, quello più cattivo) e si scopre qualcosina in più sulla Setta di Adonai e sulle Guarnigioni Delinquenziali.
Non svelo di più, se non che, salvo disgusti e perfidi mariti, ci diamo appuntamento per il 13 luglio!!! Baci.

venerdì 1 giugno 2018

Ballando sulla lama di un rasoio

ANGEL HEART
di William Hjortsberg


Eccezionale.
Non ricordo nel dettaglio la pellicola di Alan Parker del 1987, “Angel Heart - Ascensore per l'Inferno”, ma il romanzo mi sembra di gran lunga migliore. Con più atmosfera, più mistero, più intrigo, più congestione. E più veloce, anche, più incalzante, laddove il film, al confronto, mi pare diluito. Sebbene, lo ammetto, quando immagino Harry Angel non posso svincolarmi dal volto stropicciato di Mickey Rourke ante silicone, cent'anni e mille chili fa. Così come indelebili restano le interpretazioni di Lisa Bonet/Epiphany e di quel burlone di Robert De Niro nei panni di Louis Cyphre. 
Peraltro, ancor più sulla carta, i personaggi sono notevoli, danno i brividi, fanno tremare, ballando sulla lama di rasoio dell'ambiguità. Vorremmo dar loro fiducia, mentre spasimiamo per un appiglio, eppure sappiamo di non potercelo permettere e che questa è una drammatica discesa verso la dannazione, in cui, ci sembra, persino il libero arbitrio ci viene negato.
L'elemento che prediligo, al di là dell'ottima prosa, è proprio la trama da cui, per quel che ricordo, il film non mi pare discostarsi troppo. E' costruita in modo sagace, sfruttando i toni del thriller e del noir, ma mescolandoli con suggestivi e raccapriccianti elementi vudù. Dapprima pare che solo il contesto sia esoterico, giusto per conferire un po' di colore alla storia, poi ci accorgiamo di sguazzarci dentro, al soprannaturale, e la nostra curiosità viene pungolata di pari passo con la nostra sete di sapere, col nostro desiderio sempre più smanioso di approfondire. Avvertiamo il turbamento, il disagio, ma anche l'impossibilità di fermarci. Plausibilmente pure nel caso in cui la pellaccia fosse la nostra (benché, ormai lo sappiamo, a questo gioco non si rischia solo quella). 
Le informazioni ci vengono date, ma sempre con il misurino. E intanto, tra una zampa di gallina e simboli tracciati col sangue, stelle a cinque punte e sorrisi burloni, provochiamo, ignari, un'atroce scia di sangue.
Fino a che il mistero si dipana e noi rimaniamo fulminati. Senza poter più dimenticare.