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martedì 19 giugno 2018

Una realtà ostentata e una nascosta

PYONGYANG
di Guy Delisle


Nel post del 30 marzo 2018 ho messo a confronto due graphic novel di rimarchevole spessore: “Palestina” di Joe Sacco (più un reportage, in effetti, che un romanzo grafico) e “Capire Israele in 60 giorni” di Sarah Glidden, sottolineando gli approcci, quasi opposti e complementari, dei due autori. 
Ebbene, “Cronache di Gerusalemme” di Delisle è il perfetto bilanciamento fra loro.
Ma ho preferito “Pyongyang”, anche a “Cronache Birmane”, sempre suo.
La verità è che, per contenuti, il volume su Gerusalemme è forse il più valido e complesso, benché la qualità sia la stessa per tutti i fumetti citati, sempre caratterizzata da un ottimo montaggio. La linea narrativa è cronologica, ma è la scomposizione del racconto nelle sue sequenze ad essere ben cesellata, opportunamente sintetica, ma esauriente. L'argomento della Corea del Nord vista dall'interno, però, mi ha solleticata di più.
L'opera, infatti, descrive la permanenza di Delisle a Pyongyang per motivi di lavoro (cartoonist) e ci informa di come si vive nel quotidiano, con ironia e grazia. Esaminiamo storia, costumi, storture, scomodità e ipocrisie (che talvolta si tingono di assurdo per l'esasperazione), ansie sepolte e paranoie, tanto che, reiterato, è il paragone con “1984” di George Orwell. C'è una realtà ostentata e una nascosta, che si intravede, non troppo velatamente. E poi c'è una realtà per i nordcoreani, differente da quella per gli ospiti occidentali.
Un'opera intelligente, dal bel tratto stilizzato, che risulta interessante su molti piani: come documento e testimonianza, come esempio di buon fumetto (notevole la sinergia tra immagini e parole) e come intrattenimento. Perchè sì, si apprende, ma ci si diverte anche, con sequenze quasi comiche. Si esplora, si sorride, si osserva e registra. 
Più che un resoconto è un racconto esperienziale punteggiato di riflessioni, di pause, fondamentalmente critico, ma al contempo intimo, personale, garbato. E dunque risulta non solo curioso, ma appassionante, con divertenti parentesi relative all'animazione, stimolante persino nei suoi tecnicismi. 
Un unico interrogativo mi resta: come sarebbe se fosse a colori?

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