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mercoledì 31 dicembre 2014

L'elemento di genialità


IL RE GIALLO
di Robert W. Chambers
 
 
Premessa: che io sappia ne esistono due edizioni quella della Vallardi (€ 12,90) e quella della Hypnos (€ 24,90). Io ho scelto la Vallardi, non per una questione di prezzo (per quanto la differenza non sia poi così trascurabile), quanto piuttosto per via del titolo: “Il Re Giallo” mi piace infinitamente di più de “Il Re in giallo”: racchiude più magia, più incertezza, e – per quanto il giallo sia il mio colore preferito – fa da subito pensare a qualcosa di potentemente sballato, di storto, che ti disturba e ti sconvolge la mente in modo inderogabile e totale... E questo, ovviamente, è un dato più che positivo, visto che si tratta di racconti del brivido vecchio stile (risalgono al 1895), che giocano più sulla suggestione che sul gore e per cui l'aspetto linguistico non è per nulla trascurabile.

L'elemento di genialità (che poi fa altresì da traît-d'union fra i vari racconti) è il riferimento a questo pseudo-biblia “Il Re Giallo”, che induce alla pazzia chi ha la sventura di leggerlo...

Indimenticabile La canzone di Cassilda” riportata in apertura, di una suggestione infinita, a cui continuiamo a tendere e a cui danziamo attorno, bramandone gli echi, in ciascuno dei dieci racconti... La canzone ci conduce nella perduta Carcosa dove lune mai viste solcano i cieli, le Iadi canteranno canzoni e i soli gemelli affondano nel lago...

Banalmente, il motivo principe che mi ha determinato all'acquisto sono i riferimenti alla Serie Tv “True Detective”, in cui “Il Re Giallo” vien più volte citato, ma la verità è che l'antologia si regge sulle sue gambe, spicca per fascino e per suspense, e, a mio avviso, è da leggere a prescindere.

Certo, dal punto di vista dell'horror le emozioni sono limitate: più un senso di inquietudine e di disagio, che paura vera; più macabro e soprannaturale, che orrore puro, alcune situazioni sono persino un poco stucchevoli... Ma il fatto è che i pregi sono soprattutto a livello stilistico. Tuttavia, ciò non significa che siano da sottovalutare.

Tra i racconti che ho prediletto “Il riparatore di reputazioni”, “Il segno giallo” e “Demoiselle d'Ys”.

Gli ultimi sono più romantici e delicati, benché non privi di tensione.

martedì 30 dicembre 2014

Le tragedie sopite


SAVING MR. BANKS
di John Lee Hancock

(2013)
 
 
Non me l'aspettavo. Mentre il Blu-ray girava per casa lo guardavo con diffidenza; apprendere, poi, che era la storia sulla genesi del film “Mary Poppins” (che peraltro ho sempre amato, pur non come le pellicole alla Star Wars/Indiana Jones) non aveva migliorato le cose... Insomma, ero prevenuta... e invece!

D'accordo, non è un capolavoro imperituro e in alcuni passaggi è decisamente lento, ma mi è piaciuto, mi ha commossa, e mi ha fatto davvero ridere.

All'inizio ti conquista il personaggio di Emma Thompson, che interpreta la scrittrice P.L. Travers, autrice dei romanzi della governante “praticamente perfetta sotto ogni aspetto”, una di quelle donnacce acide che io adoro senza confini e che ti fanno sorridere – ghiacciandoti – appena aprono bocca (dialogo tipo: - Oh, guardi, c'è il sole! Ha fatto capolino per salutarla! P.L. Travers: - Per favore, non sia ridicolo!). Impagabile!

I flashback padre/figlia sull'infanzia della scrittrice tutto zucchero e miele, invece, mi davano il voltastomaco... fino a che non è divenuto evidente che non fossero proprio zucchero e miele, e le corrispondenze con il passato e il presente sono divenute interessanti...

Altri motivi di curiosità e di fascino: i retroscena sulla nascita del film – eterno, a differenza dei libri – e il confronto P.L. Travers/Walt Disney (Tom Hanks), qui rappresentato come un geniale sognatore pieno di buoni sentimenti e attenzioni per il prossimo. E, volendo, c'è pure il simpatico contrasto americani/inglesi (anche se...).

Ciò che però eleva la trama oltre il mero intrattenimento è il significato che racchiude: le tragedie sopite nel cuore della piccola Ginty, che l'hanno portata, nel bene e nel male, ad essere la donna e la scrittrice che è oggi, e l'operazione salvifica (il cui segreto è nel titolo) che compie Mr. Disney attraverso la realizzazione di Mary Poppins, salvando, appunto, Mr. Banks, ovvero, nella finzione, il padre dei piccoli protagonisti, Jane e Michael, nella realtà il padre dell'autrice... Perché nella fantasia è possibile dare alle storie un epilogo diverso e mettere a posto le cose, seppur in ritardo..

Assurdamente e dulcis in fundo, Saving Mr. Banks ti invoglia persino a rivedere per l'ennesima volta un lungometraggio che già conosci a memoria, per il solo piacere di ripercorrerlo con una consapevolezza diversa...

lunedì 29 dicembre 2014

Flaaaat!


Le Frasi Più Memorabili del 2014 (pronunciate in mia presenza)
 
 
Miglior spiegazione a una mia domanda stupida (nella fattispecie: «Chissà dove sarà quella farfalla...», in riferimento a quella della Serie Tv “Les Revenants”, teoricamente morta e “spillata”, che evade dalla teca entomologica in cui era rinchiusa).

MPM: «Eh, sarà di là in cucina che si fa un panino...»



La miglior espressione di rabbia, pronunciata con ira funesta e occhi di brace: «Non sono contenta!» di Patapiccula, 3 anni e mezzo, dopo che zio Androide le ha fatto ripetutamente i dispetti (per giocare).



La miglior Frase razzista, rivolta ad una donna che attraversava la strada pericolosamente, e pregna di autentico, disperato disprezzo: «Orrenda Grassona col sedere blu come un Puffo!». By Scimmia.



Miglior riassunto critico di una saga letteraria immaginifica e complessa in sei volumi più uno (“Dune” di Frank Herbert), che brilla per concisione – ATTENZIONE SPOILER – «Alla fine divenda un verme...» di Big Cla.



Miglior contributo ricorrente a qualsiasi tipo di conversazione/osservazione/commento: «Baaaahhhh!», tipo verso di zombi.

Del MPM, che se trova in giro uno scritto altrui – dalla lista della spesa agli appunti per un racconto – in alternativa può aggiungerci: “Flaaaat!”.



Il complimento più divertente e lusinghiero che ho ricevuto quest'anno:

G.: «Otta, sai così tante cose! …Mi sento sempre una stupida quando parlo con te...»

O.: «Davvero? Grazie! Di solito la gente pensa che sia psicopatica...»

G.: «Beh, sei anche psicopatica...»



Baci e buone stupide feste!

sabato 27 dicembre 2014

Tocchi sparsi di genialità


RAT-MAN
di Leo Ortolani
 
 
Fletto i muscoli e sono nel vuoto...”, spesso il nostro supereroe, volenteroso, ma senza superpoteri, inizia così le sue avventure... solo che poi può capitare che si spiaccichi, e nemmeno troppo raramente!!!

Si tratta, dunque, di un fumetto demenziale, spiazzante, scorretto, seppur senza esagerazioni, nato come parodia dei Supereroi – Batman in particolare –, ma senza esservi vincolato, e a tratti genuinamente esilarante, che spara a zero su tutto, inclusi i suoi lettori...

Invero, Ratman (il cui vero nome è Deboroh!) è sgradevole e sfigatello, inetto e incapace, e come lui, anche i personaggi di contorno sono messi abbastanza male: dall'Ispettore Brakko, scemarello e cornuto all'inverosimile, a Cinzia Outsider, un travestito-vamp innamorato del nostro antieroe, ma non ricambiato... L'unico a salvarsi, forse, è Piccettino: l'orso di peluche, che non parla e non si muove!

Questa allegra brigata, però, ci fa davvero sbellicare, nonostante la ripetitività della serie, giocando sul non-sense, sulle freddure, i giochi di parole e pure sull'umorismo surreale e sulla meta-narrativa (e talvolta, ahimè, sull'umorismo fecale, seppur di non bassa lega)... In genere la testata esaspera i supereroi, e ci si burla della Marvel quanto della DC, ma si spazia anche fra i generi, senza risparmiare, ad esempio, pellicole quali “Matrix”, “Star Wars” o “I Mercenari”...

Gli ammicamenti sono continui e freschi, anche quando si tratta di battute già sentite, con tocchi sparsi di genialità, e spettacolari “frullati” di idee e citazioni, mentre il tratto di Ortolani, stilizzato e minimale, pur non bellissimo in sé, è perfettamente intonato alle storie.

Assolutamente da leggere, dunque, almeno occasionalmente (tanto ogni avventura è fruibile a presindere dalle altre, nonostante ci siano diversi cicli narrativi), e magari insieme agli altri fumettini di Ortolani: tra tutti, il mio preferito è “Venerdì 12”, se possibile ancora più divertente, con uno sventurato protagonista, reso mostruoso da un incantesimo, che aiutato dal suo fedele servitore (chiamato Giuda!!!), insegue l'amore per tornare alle sue antiche sembianze... invano.

Per concludere: tra i fumetti italiani attualmente in corso di pubblicazione, Rat-Man è forse il migliore!

venerdì 26 dicembre 2014

Piccoli misteri e piccole suggestioni


QUANDO C'ERA MARNIE
di Joan G. Robinson
 
 
L'atmosfera è miyazakiana ai massimi gradi, quindi non mi stupisce che il regista giapponese abbia deciso di ispirarsi a questo romanzo per la sua ultima opera. La protagonista è una ragazzina di nome Anna, orfana e terribilmente sola: perennemente “fuori” dalle cose, dalle situazioni, con una propensione ad isolarsi e con addosso quella che lei chiama la sua espressione “ordinaria”, che all'esterno risulta semmai impassibile, distratta.

Ma quando si trasferisce dai signori Pegg, vicino alla spiaggia, a poco a poco le cose iniziano a cambiare, perché Anna fa amicizia con una bambina della sua età, Marnie, bella e privilegiata, che però, sotto certi profili, appare molto strana... La verità è che noi intuiamo pressoché subito che si tratta di uno spirito: troppi segnali lo rivelano, ma quando pensiamo di capire quale strada ha intrapreso il libro, Marnie scompare, e una famiglia vivace e numerosa, i Linsday, che socializza subito con Anna, va ad abitare in quella che noi conoscevamo come la villa di Marnie...

Il dettaglio curioso, però, è che la piccola Priscilla Linsday, ancora prima di conoscerla, è convinta che Anna si chiami Marnie...

Sinceramente all'inizio ero un po' delusa: il romanzo mi appariva troppo bambinesco, troppo ingenuo e scontato, in stile primo Zafòn, ma meno magico, con un numero davvero esiguo di accadimenti, nonostante la capacità dell'autrice di descrivere magnificamente e con profonda perspicacia e sensibilità l'animo della protagonista (e le difficoltà “sociali” insite nell'essere una bambina introversa), che comunque ti induce a tornare sempre e a non abbandonare la lettura...

Tuttavia, nel prosieguo, la trama si complica e diviene più interessante, più articolata, senza esaurirsi con le solite vicende trite sugli spettri...

Il tema principale è ovviamente la solitudine di Anna, e poi la sua crescita interiore, ma c'è anche un lirico incanto a fare da colonna sonora, che permea ogni brano, sin dal principio, e che finalmente, man mano ci avviciniamo alle ultime pagine, apprezziamo con più convinzione. Piccoli misteri e piccole suggestioni che ogni tanto fanno capolino, e una scrittura delicata, che ti riporta con una potenza straordinaria a quando anche tu eri una bambina (o un bambino): le dinamiche dell'amicizia, il modo di ragionare, le attese, i desideri...

Un romanzo fatto di grazia, di sussurri, con un finale che sorprende e riempie di dolcezza, ma non in modo sleale, né stucchevole.

giovedì 25 dicembre 2014

Brividi e sospiri romantici


IL MISTERO DI SLEEPY HOLLOW
di Tim Burton

(1999)
 
 
Si comincia con il Cavaliere Senza Testa, che, sul finire del 1700 nella cittadina di Sleepy Hollow, decapita il prossimo e si porta via i capini mozzati come ricordo... Si potrebbe pensare che agisca casualmente, come i classici serial killer da film, ma... non è così!

Ad indagare sul macabro mistero viene chiamato Ichabod Crane (Johnny Depp) dalla grande città, un razionalista che è stato educato in un rigido clima di oscurantismo (perfettamente in linea con il nostro paesino bagnato di sangue), ma dai metodi illuministi e innovativi. Ha l'aria fragile e tenerella, che Depp personalizza in modo adorabile, ma anche notevole perspicacia, intelligenza e risorse inaspettate...

Pellicola divertente, visionaria e mirabilmente fantasticheggiante, con brevi momenti di stanchezza, ma nel complesso riuscita, sia per il clima Burtoniano che si respira – sospeso tra la fiaba nera e l'horror, ma non senza simpatia – sia per gli incantevoli personaggi: non solo il protagonista, ma anche i comprimari, ed in particolare Katrina (Christina Ricci, splendidamente sbiondata), dolcissima e languida, ma con qualche segreto, e il giovane Masbath, che, perduto tragicamente il padre, affronta la circostanza con coraggio e dignità, diventando il braccio destro di Ichabod.

La trama (ispirata ad un racconto di Washington Irving e più complessa di quanto potrebbe apparire all'inizio) riserva molte sorprese e graditi colpi di scena, regalando brividi, sospiri romantici, ameni sorrisi, ma, soprattutto, conquistandoci con atmosfera, sguardi e intrighi...

Washington Irving in una macabra caricatura del nostro vignettista

E pure il Cavaliere ci piace, quando lo vediamo intero (uno strabiliante e mefitico Christopher Walken): i suoi denti limati e appuntiti, da squalo, atti ad incutere maggior terrore, sono di grande effetto... Nonostante non sia veramente lui il mostro... o non solo!

Sull'argomento (decisamente affascinante) segnalo anche un cortometraggio Disney e la Serie Tv, di cui, attualmente, su Sky va in onda la seconda stagione... Noiosilla, per quanto mi riguarda (e, sia chiaro, Tim Burton non c'entra nulla), benché nelle puntate recenti stia migliorando e comunque non sia priva di spunti creativi e commistioni stuzzicanti (MPM aveva recensito la prima stagione su Delittando, in termini eccessivamente positivi).

P.S.

Il Mio Perfido Marito, che è anche il mio “perfido editore”, non mi consente di ignorare il Natale – che io cordialmente detesto – come vorrei... E allora faccio di necessità virtù e auguro buone feste a tutti (e gli auguri sono sinceri, benché io abbia una pistola puntata alla tempia...). Baci e fiocchi di neve!

mercoledì 24 dicembre 2014

Feroce e lirico


MERIDIANO DI SANGUE
di Cormac McCarthy
 

Può un romanzo essere feroce e lirico ad un tempo?

Se è di McCarthy sì.

E l'efferatezza è tremenda quando ci viene mostrata, ma ancora più atroce quando ci viene suggerita (il velo da sposa insanguinato), e la poesia, nella sua delirante bellezza, quella dei paesaggi, quella delle parole, lucide e levigate, splendide ed esatte, non fa che amplificarla, fino a renderla struggente, oltre che brutale.

Siamo nell'West, nel 1850, al confine tra Stati Uniti e Messico. Seguiamo le gesta di un manipolo di cacciatori di scalpi, rapaci e senza morale, guidati dal terribile Glanton e dall'osceno e carismatico Giudice Holden (un personaggio davvero notevole)... La violenza regna sovrana e domina su tutto, prosciugando persino le lacrime, lasciandoti esanime e senza fiato, tra la polvere e l'urina, fino ad anestetizzarti, quasi.

Eppure, eppure...

Eppure non è l'orrore la dimensione primaria di questo romanzo, ma la letterarietà, la purezza dello stile dell'autore, che, benché le scene si susseguano lente, avvolte da una ricercata pesantezza, e da divagazioni filosofiche, ti catalizza stordendoti con lampi di luce e scariche elettriche, fino a dar luogo ad una sorta di nuova epica, malata e psicotica, in linea con i tempi, senza eroi e senza dei, che, come tutta l'epica, è anche un poco ripetitiva.

Non un romanzo di intrattenimento, dunque, ma rara letteratura, in cui le domande sono più delle risposte, e in cui, in sostanza, ci viene presentato un paradigma, o lo sviluppo di un teorema... le cui conclusioni, però, dobbiamo trarre noi.

Grandioso, indelebile, vivido e allucinante.

Nonostante ci siano molti elementi ricorrenti nella sua opera, una delle caratteristiche di McCarthy che preferisco è la sua capacità di rinnovarsi, di essere sempre lui e sempre diverso. Non sono tanti gli scrittori che ci riescono: la maggior parte si limita a replicare se stessa. McCarthy, invece, traspone su carta la realtà nella sua interpretazione, una realtà cruenta ed eccessiva, oppure metafisica o grottesca, o ogni cosa insieme, ma sempre da un'angolazione originale e differente.

martedì 23 dicembre 2014

Il mio nullo spirito natalizio


LA STREGA
 
 
I post di questi giorni sono quasi tutti improntati al mio pressoché nullo spirito natalizio, ecco perché oggi opto per un disegno che con il Natale... non c'entra un picchio!!!

L'ho intitolato “La Strega” perché la tizia in fucsia in basso ad una strega mi fa pensare, ma in teoria dovrebbe essere una specie di folletto... Poco male.

Il disegno (rigorosamente pennarelli ed evidenziatore) è come quasi sempre ispirato ad un dipinto del Romanticismo (mi pare, anche se non so rintracciarne né titolo né autore) e, tanto per gradire, l'ho gioiosamente realizzato in estate, la mia stagione preferita!

Com'è mio costume ho innanzitutto provveduto a “mostricizzarlo” e a caricare i colori al massimo, lasciando meno spazi possibile, secondo gli insegnamenti del Maestro Jacovitti.

Purtroppo, benché qui non sembri, il foglio è abbastanza grande, indi il Mio Perfido Marito ha avuto qualche difficoltà a scannerizzarlo: ecco spiegate le sbavature di colore nella parte superiore, che nell'originale non ci sono.

Bax!!!

lunedì 22 dicembre 2014

Un romanzo in cui fioccano i suicidi


NORWEGIAN WOOD
di Haruki Murakami
 
 
Il terzo libro di Murakami che leggo (ma ne ho già comprati altri due), con cui torniamo al filone “sentimentale”, e come con “A sud del confine, ad ovest del sole”, anche qui il titolo è ispirato ad una canzone: in questo caso all'omonima dei Beatles, che ha il potere di scatenare i ricordi del protagonista trentacinquenne, in riferimento ai suoi vent'anni...

Viviamo, allora, la storia dell'universitario Toru, conteso tra due fanciulle.... Ma non si ha nulla a che fare con il classico e deprimente triangolo alla “E' quasi magia Johnny”: si tratta semmai di confrontare il percorso interiore di tre persone molto diverse fra loro, ma nemmeno solo di quello. L'impressione è proprio quella di entrare, per un certo periodo, a far parte della vita del protagonista, che, come tutte le vite, si compone di molti elementi, di cui alcuni occasionali e secondari, ma non senza importanza.

Un bravo ragazzo, Toru, molto dolce, che cerca di fare la cosa giusta, e spesso ci riesce, ma non sempre... I cui sentimenti non facciamo nostri, perché non riusciamo ad immedesimarci in lui (io, almeno) ma che sentiamo comunque in tutta la loro forza, levità, e confusione...

E può sembrare incongruo, detto così, ma questo è un romanzo in cui fioccano i suicidi, il malessere interiore, il dolore e le esperienze difficili... Ma che non risulta emotivamente difficile da gestire, non è pesante o soffocante, ed anzi la lettura scorre tranquilla, quasi confortante, e ti colma di pace, di tenerezza... Tutto viene descritto, e in qualche modo accettato anche dal lettore, con disinvoltura, con naturalezza, ma non senza farsi domande, senza chiedersi, semplicemente, prima di inquisire e giudicare, ricercando la comprensione degli altri...

Tra i personaggi spiccano Midori per la sua vitalità e contraddittorietà, Naoko, che ci strazia il cuore con la sua tenerezza, e Reiko, con il suo fagotto di dolore, parzialmente sopito, la sua schiettezza e l'amore per la musica... ma anche gli altri personaggi, cui magari è stato assegnato un ruolo minore, sono comunque degni di interesse, benché a livelli diversi: Sturmtruppen, Hatsumi, Kizuki, Nagasawa, sempre, in qualche modo, portatori di un aspetto problematico, che non sempre siamo in grado di affrontare...

Prosa piana e misurata, lacerata da dubbi, esitazioni e sospiri, fatta di suggestioni, riflessioni, introspezione e riferimenti alla cultura occidentale intesa nel suo spettro più ampio.

sabato 20 dicembre 2014

Un prezioso saggio


DANSE MACABRE
di Stephen King
 
 
La mia copia, credo, è quella brossurata con la copertina rossa dell'edizione Theoria del 1992, ma nel 2000 la Sperling & Kupfer ne ha ristampato la versione aggiornata (che, ahimè mi sono scioccamente fatta sfuggire, e che ora, da quel che ho compreso girellando in rete, non è più disponibile: sob!). La prima edizione americana, invece, è del 1981, riveduta dal Maestro già nel 1983.

E dopo i doverosi dati tecnici, siamo pronti per tuffarci in questa splendida opera, assolutamente una delle migliori del Re: non un romanzo, ma un prezioso saggio, dedicato, tra gli altri, al mio Borges! King, infatti, da vero intenditore, riepiloga per noi i punti salienti della cultura horror/fantastica/soprannaturale compresa tra il 1950 e il 1980 (con altre spruzzatelle fuori range), trentennio da lui vissuto intensamente, privilegiando cinema e narrativa... Diciamolo, c'è da leccarsi i baffi!

Intanto perché il saggio è esauriente, colto, ottimamente strutturato, ma anche scritto benissimo, ironico, divertente, sornione, con tanti aneddoti e parentesi autobiografiche, che, letteralmente, ci catapultano davvero in un triennio che, magari, noi non abbiamo avuto occasione di vivere... sino ad ora!

L'opera è dunque utile per documentarsi e per ricevere dritte su materiale da lettura o da visione (libri e film), specie se risalenti a prima che noi “cominciassimo” come sognatori... ma non è solo un excursus super divertente, piuttosto un percorso critico contestualizzato, che soffia in noi il fuoco sacro della passione nerd!
 
Stephen King nella caricatura del nostro autore

Il nostro King, infatti, è un vero cultore di horror e affini, ed ama le raffinatezze ma anche lo splatter, e – wow! – sa anche essere teneramente sentimentale senza sdolcinatezze, permettendoci di riscoprire le pietre miliari come le piccole prelibatezze di nicchia... E costringendoci a mangiarci le mani, maledizione, se tragicamente allude ad un qualche volume introvabile (io ne ho rincorsi alcuni per anni nella mia gioventù) o mai tradotto in Italia... Certo, ci sono anche recensioni e commenti che io non condivido, ma che comunque forniscono dei begli spunti per conversazioni immaginarie!

Circa a metà, poi, troviamo un simpatico quiz per verificare se siamo in grado di riconoscere i titoli dei film (riassunti in forma di fiaba) che hanno fatto la storia del cinema horror. Persino questo esercizio non si riduce ad un mero “chiedi e rispondi”, perché riesce ad incuriosire, a stimolare, ma anche a creare complicità e suspense... Ad esempio: “C'erano una volta dei coraggiosi esploratori che atterrarono su di un altro pianeta per portare aiuto. Nessuno ne aveva bisogno, ma quando ripartirono scoprirono che loro avevano portato con sé l'uomo nero”. Che film è?

In ultimo, consigli sulle pellicole fondamentali da vedere e sui romanzi/racconti da leggere, che tra l'altro non sono così scontati come si potrebbe pensare (ad esempio viene menzionata “La collina dei conigli” di Richard Adams), nonché l'indice dei titoli e dei nomi citati per facilitare la consultazione.

P.S.

Naturalmente, il film citato è Alien!

venerdì 19 dicembre 2014

Un'accuratezza bizzarra


GRAND BUDAPEST HOTEL
di Wes Anderson

(2014)
 
 
Un film fantasioso quanto realistico, con una storia, nella storia, nella Storia, un po' vera e un po' immaginaria, in luoghi di finzione plausibili che passano da luoghi esistenti e da epoche assurde ma tristemente documentate…

All'inizio (primo quarto d'ora massimo) la trama mi si confondeva un poco in testa, e la pellicola si limitava ad incatenarmi a sé con la fotografia, meravigliosa e ricca di dettagli sgargianti, di un'accuratezza bizzarra, complessa, che risulta surreale. Ma presto si entra nell'ottica, si fissano dei paletti, e la vicenda ci avvince assorbendoci completamente...

Conosciamo Zero (Tony Revolori), il garzoncello (che già abbiamo incontrato da adulto e di cui il film è un lungo ricordo, raccontatoci da uno scrittore) e il suo “datore di lavoro”, e presto amico/socio, Monsieur Gustave (Ralph Fiennes), teorico concierge, ma in pratica Direttore, del prestigioso Grand Budapest Hotel... Sul più bello accusato ingiustamente di omicidio e presto chiuso in carcere...

Siamo prossimi alla commedia, ma non proprio lì, quanto piuttosto in una sorta di limbo fra il fantastico, il grottesco e il poetico, ove, anche quando ci si indigna, si è portati a stemperare tutto con un sorriso.

La pellicola mi è piaciuta molto, persino più del precedente Moonrise Kingdome (che comunque avevo adorato), benché, di per sé, ci siano meno “trovate”... I personaggi, però, sono tantissimi, sorprendenti (anche quelli cui è concesso poco più di un cameo), il cast da leccarsi le dita, mentre lo spettatore viene continuamente sballottato da una “prospettiva narrativa” ad un'altra, i generi si miscelano (come piace a me), e c'è pure qualche tocco da commedia nera (la fine della sorella di Serge e varie altre morti)...

In più quasi tutto è simmetrico, e si fa attenzione persino alla postura dei personaggi!

E come resistere al fascino di Ralph Fiennes (non credo di averlo mai trovato così simpatico) e di Tony Revolori?

Una pellicola che è una bellezza per gli occhi, per il cuore, e che ti lascia qualcosa di impalpabile, dopo che è finito, che danza e fa l'occhiolino, ma che non riesci ad afferrare del tutto. Non io, almeno.

E forse il segreto sta nella fine... Ispirato alle opere di Stefan Zweig, viene annunciato in coda... Perché? In che modo?

Lo ignoro...

Specialmente perché Zweig è un autore che non ho mai letto e mi sono sempre limitata a sbirciare. Ma è chiaro che presto mi adopererò per colmare questa svergognata lacuna...

giovedì 18 dicembre 2014

Rassegnato, dolente, malinconico


LA REGOLA DELL'EQUILIBRIO
di Gianrico Carofiglio
 
 
Ossia il quinto romanzo dedicato all'avv. Guerrieri (e prima o poi recensirò anche gli altri), sempre più bravo, sempre più riflessivo e sempre più morale... Forse persino troppo, tanto che sono divisa tra l'ammirazione, la voglia di conoscerlo, e (quasi) l'antipatia...

Il titolo trae ispirazione da una frase de “I fratelli Karamazov”, ma allude all'equilibrio... di chi? Di Guerrieri o del suo cliente? Di entrambi, direi, perché tutto ha due facce...

La trama evita la pedissequa serialità e si conquista un ruolo indipendente, rispetto ai precedenti, rinnovandosi sia in ordine al filone “amoroso” che, soprattutto, in ordine a quello “giudiziale”. Invero, un po' di stanchezza si avverte, qualche caduta di tensione, un paio di elucubrazioni in eccedenza ogni tot, pesantezza sparsa, ma leggere Carofiglio resta sempre un piacere... Anche se... la problematica di fondo è molto interessante, lo sviluppo iniziale ne è all'altezza, ma il finale è scontato e deludente. Peccato!

Il tono, invece, è rassegnato, dolente, malinconico, e ci sta pure bene, in linea con la storia, condita, per giunta, da riflessioni personali di rara sensibilità (non tutte... come dicevo, ce ne sono anche di superflue...).

E poi Guerrieri, nel complesso, è un bel personaggio, ma sempre più distante dai bei chiaroscuri di “Testimone inconsapevole” e sempre più avviato sulla via della perfezione, non tanto per i riferimenti culturali, che alla fine non sono niente di che, quanto piuttosto per l'aria di condiscendenza mascherata da modestia con cui l'avvocato osserva tutto e tutti e che ha un nonsoché di artefatto, di fuorviante, che non mi convince del tutto e che, come già sottolineato, ormai tende a suscitarmi una vaga antipatia. Forse dipende solo dalla circostanza che i suoi giudizi sono troppo netti (e non mi riferisco al caso giudiziario) a dispetto del proliferare di precisazioni e incisi... Come se Guerrieri pensasse cose che non ha davvero la forza di affermare, o come se portasse una maschera, ecco... Come se si sforzasse di apparire modesto, benché sia certo di essere superiore a chiunque...

Il romanzo, ad ogni modo, mi è piaciuto, in particolare per i riferimenti giuridici, dai tecnicismi alle spiegazioni, dalla parte narrativa alle strategie difensive... Magistrale, tra l'altro, e appassionante l'istruttoria in apertura! Ma anche i commenti incidentali, ad esempio la definizione del linguaggio forense come “sacerdotale e straccione” (in quanto traboccante di latinismi ed espressioni desuete per fare “scena”, che segnalano l'appartenenza ad una “casta”, ma sostanzialmente che più sgrammaticato e aberrante non si può): arguta, calzantissima, condivisibile e persino divertente.

Tanti, in effetti, sono i sorrisi che strappano i commenti propriamente “da addetto ai lavori”...

Peraltro, è ugualmente evidente che l'autore del romanzo è un magistrato e non un avvocato, perché quest'ultimo avrebbe una prospettiva diversa rispetto a molte cose, e spesso più esacerbata, meno pacata...

E forse, il problema del Guerrieri de “La regola dell'equilibrio”, alla fine sta anche in questo.

mercoledì 17 dicembre 2014

Un nuovo Friends, ma più al vetriolo


I MIEI PEGGIORI AMICI

Una sitcom fresca, divertente, con qualche tocco piccante e trasgressivo (ma solo a parole), che talvolta ti spacca in due dalle risate!
I protagonisti sono sei: Will (James Van Der Beek), neo divorziato, perfidello quanto imbranato; Kate (Zoe Lister-Jones) assolutamente single, esigente, dispotica, bruttina e sofisticata; i neo fidanzati Lowell (Rick Donald) e Jules (Brooklyn Decker) pseudo bellocci: lui vegetariano naturista, puro di cuore, e adorabilmente sciroccato, ma non incapace di sorprenderci; lei aspirante attrice e complessivamente abbastanza inutile; e Bobby (Kevin Connolly) ed Andi (Majandra Delfino), sposati, con un bimbo, più uno in arrivo, affiatati in modo alternativo e decisamente adorabili – sempre in modo alternativo.
Le situazioni sono quelle quotidiane: uscite, lavoro, casa, amicizia, piccole malvagità tra amici (tipo vedere e rivedere il loro video porcello della prima notte di nozze), ma deliziosamente esasperate da... tutto quello che potrebbe accadere (e accade: robe tipo andare a letto con una vegliarda perché si è troppo ubriachi; fare sesso con un prostituto per sbaglio e poi chiedergli indietro i soldi; prendere il prostituto per un tuttofare creando un po' di equivoci omosessuali...)!
Il punto forte comunque è la simpatia (o deliziosa antipatia, ancora migliore) dei protagonisti: quelli che fanno più faville sono i due “scoppiati”, che si punzecchiano continuamente a vicenda (non mi stupirei se, qualora la serie continuasse i due si mettessero insieme), ma anche Lowell è piuttosto interessante, perché quando pensi di averlo inquadrato... ti spiazza completamente.
In generale, si potrebbe parlare di un nuovo Friends, ma più al vetriolo, con meno buoni sentimenti... Anzi, qui l'invidia regna padrona! I personaggi (che si muovono più o meno tra il locale di Lowell – Namasté – la casa dei due coniugi e quella dei fidanzati, con qualche incursione nell'ufficio di Kate) sono completamente indifferenti al loro prossimo e non tengono i sentimenti degli altri in alcuna considerazione. Sono fatui, superficiali, immaturi... ma in modo carino e divertente, e non troppo feroce, che ti conquista subito.
Per il resto: battute a raffica e tante amenità...
Purtroppo, pare che siano stati girati solo 13 episodi (l'ultimo, che devo ancora vedere, in onda in questi giorni) e che non sia stata rinnovata la seconda stagione...

martedì 16 dicembre 2014

Esplorando il Sol Levante (2)


DI RITORNO DAL GIAPPONE...

Parte II (segue da ieri)
 
 
E rieccoci con la seconda ed ultima parte del meraviglioso nippoviaggio dei miei fratocugini, fra incanto e caos, fra purezza e macello... Sì, perché, a parte i parchi e la natura perfetta e modellata con amore, la città assomiglia ad un formicaio (foto 14) e pullula di umanità (anche bizzarramente abbigliata, tipo da sandwich o da omino verde), di grattacieli, di insegne, di... tutto (foto 15 e 16)!!!

Ma non è per questo che i giovini si sono arrampicati – col pullman – sull'imponente monte Fuji (foto 17), con tanto di nuvoletta sul cucuzzolo, e visto templi a volontà (foto 18, 19, 20), nonché lo zoo di Ueno... Perché la verità è che... Tokyo è stupenda e piena di irresistibile paccottiglia (Ragno ce ne ha portata un bel po')!!!

Tornando allo zoo, tuttavia, per quanto entusiasti per la loro varietà, mi hanno descritto le bestiole come poco felici, eccetto gli animali piccoli, vivacissimi, e l'orso polare, particolarmente giocherellone (foto 21).

Scartabellando, invece, le foto che hanno scattato ne ho notata una in particolare con due bimbi giapponesi, molto piccoli, in Kimono: c'era una festa in corso e quei piccini erano così belli che li fotografavano tutti... sino a che non sono scoppiati a piangere, poveri cuccioli, rintronati dai flash e ignari circa la collocazione dei genitori!

Deludente, invece, la riproduzione di Gundam (foto 22): di per sé considerevole, piuttosto grande e realistica, se non fosse per il fatto che, dopo tre secoli d'attesa per vederla in movimento, ha giusto emesso qualche lucina e mosso un po' la testa... Peccato!

Altro piccolo neo: si fanno code, code, codissime, per qualunque cosa, ovunque e comunque! Ma i giapponesi sono flemmatici e non si scompongono... nemmeno se qualche svergognato passa loro davanti...

Assurdamente, poi, i miei fratelli sono rimasti affascinati dai gabinetti: alcuni sono automatici e la tavoletta si alza da sola! Il primo a farne le spese è stato mio cugino, che è rimasto tanto perplesso da chiamare poi gli altri a vedere (c'è chi gli ha fatto un video, che vi risparmio, benché, nel suo genere, sia carino e sappia di possessione demoniaca). Inoltre il bidet non esiste, ma vicino alla tazza c'è un pulsante che permette di azionare un getto d'acqua direttamente dalla tazza del water, per lavarsi in modo strategico e,a quanto pare, assai più pratico e funzionale.

I filgiuoli hanno, poi, raccontato di un locale in cui entri a piedi scalzi, l'acqua ti arriva sotto le caviglie e dei pesciolini ti fanno la pedicure (foto 23)! Ce ne sono anche in Italia, ma loro non ne avevano mai visti, e io neppure...

Incredibili, inoltre, i capsule-hotel (dove non sono andati), in cui la tua stanza, in effetti, si riduce ad una sorta di scomparto per cadaveri trasparente in cui puoi appoggiare le cose...

Come viaggio è stato uno di quelli in cui mi sono state riportate le testimonianze più emozionanti e caratteristiche, l'unico rimpianto è che i ragazzi non sono riusciti ad andare a sbirciare il Museo del Parassita, troppo lontano nella zona in cui si trovavo loro per giustificare il disturbo...

Sayonara (foto 24)!

P.S.

Contrariamente a quel che pensavo il cambio Euro-Yen è per noi favorevole e si possono fare un sacco di acquisti spendendo assai poco!
 
foto 14
 
foto 15
 
foto 16
 
foto 17
 
foto 18
 
foto 19
 
foto 20
 
foto 21
 
foto 22
 
foto 23
 
foto 24


lunedì 15 dicembre 2014

Esplorando il Sol Levante


DI RITORNO DAL GIAPPONE...

Parte I
 
 
Non ci sono andata io (io sono come gli Hobbit prima che Gandalf turbasse la quiete di Bilbo, benché questa sia forse l'unica meta al mondo per cui, per una frazione di secondo, sono stata concretamente tentata di recedere dai miei principi casalinghi), ma i miei fratellucci, mio cugino e la loro amica Marty, che hanno esplorato Tokyo (foto 1) e Kyoto, beccandosi pure un rapido terremoto, che ha fatto tremare di brutto il palazzo in cui si trovavano (essendo stati all'ottavo piano l'hanno sentito bene)... Invero, sono partiti a metà novembre e tornati circa quindici giorni fa, ma, gente, l'ho già detto che scrivo i post con lauto anticipo, mica riesco a destreggiarmi con la diretta (ecco perché il resoconto giunge su questi schermi solo oggi)!

Ad ogni modo, i nostri viaggiatori hanno raccontato un po' di cosette divertenti (a sprazzi: i miei fratelli non sono loquacissimi, e per integrare ho dovuto rivolgermi pure a mio cugino) e quindi le riporto qui di seguito:

intanto i giapponesi sono un popolo estremamente civile, garbato ed educatissimo (con estremo rammarico, Androide li ha definiti di gran lunga superiori a noi): parlano solo a voce bassa, si scusano se tu li urti, e sorridono, sorridono sempre! Ma guai a starnutire in pubblico! Quella è una mancanza grave. In compenso il rutto è considerato di buon auspicio...

Curiosamente i nipponici hanno molta stima degli italiani, e degli occidentali in generale: tanto che se sei europeo e girelli per Tokyo vieni fotografato ogni due per tre, neanche fossi un Vip! Stranezza: non ci sono cestini per la carta, indi ti tocca girare con i tuoi rifiuti. Di fatto, però, è tutto pulitissimo!

Mancano anche le panchine, indi i giapponesi, quando sono stanchi, si accucciano per strada, senza toccare terra, rimanendo sospesi sulle caviglie. Secondo i miei fratelli hanno tutti le gambe storte, specie le ragazze, per via della posizione – per noi scomodissima – che assumono per mangiare.

I negozi non sono granché (ma i miei congiunti non sono troppo nerd, benché non si siano fatti mancare una visita al Museo Ghibli, quello di Miyazaki (foto 2) incentrato soprattutto su Totoro e Kiki –, nonostante sia un po' fuori mano), specie quelli di abbigliamento... I prodotti, poi, sono tutti ammonticchiati (foto 3) e, ricevendo troppi stimoli, non si sa dove posare lo sguardo. In compenso, ci sono gadget mangofili ovunque e a volontà (ma loro non ne conoscevano molti, può darsi che alcuni in Italia non siano ancora arrivati. Hanno però riconosciuto Sailor Moon, One Piece e Naruto)!

Il cibo (foto 4) è terribile, stando ad Androide, ma il frater è di gusti difficili e tradizionali. In più i figliuoli hanno ordinato tutto a caso, quindi, magari, hanno avuto sfortuna. A casa hanno portato degli anpan (biscotti ripieni) di due tipi: con gli azuki (fagioli dolci) e con le castagne, piuttosto buoni. Anche il ramen (spaghetti in brodo) e gli udon (spaghetti stracotti) sono stati di loro gradimento, ma poco altro. Il Ragno, però, consiglia i carboidrati in generale, ad esempio: il kikouman (raviolone), gli okonomiyaki (le famose “polpette” di Marrabbio di Kiss me Licia, che non sono per niente polpette), e i sukiyaki (una sorta di variante della bourguignonne). Altri cibi, in base a quanto hanno dichiarato, sanno di alghe e sono 'chifo-bleh... persino il the verde (foto 5) ha un'aria sospetta e una consistenza stranamente spumosa. L'odore, hanno riferito, è addirittura peggio e sa di palude e di morte...

Tuttavia, la cosa più divertente sono forse i ristoranti italiani con le scritte nella nostra lingua perché, a parte i marchiani errori ortografici, ci sono parole buttate lì a casaccio (foto 6), del tutto insensate! La musica di sottofondo, invece, è spagnola...

I parchi, invece (i ragazzi se ne sono fatti una scorpacciata – foto 7-13), sono bellissimi, curatissimi e incantevoli, dai colori così pazzeschi che sembrano “fotoshoppati”, pieni di carpe e di uccelletti socievoli, che ti salgono persino in mano... Il resto... a domani!!!

P.S.

La suddivisione in due parti è dovuta al fatto che non voglio sacrificare troppo le foto: i figliuoli ne hanno scattate più di 700 e già selezionare solo queste è stato un delitto! Bau!
 
foto 1
 
foto 2
 
foto 3
 
foto 4

foto 5
 
foto 6

foto 7
 
foto 8

foto 9

foto 10
 
foto 11

foto 12
 
foto 13