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giovedì 18 luglio 2013

Si ride (a denti stretti)...


LA VERSIONE DI BARNEY
di Mordecai Richler

 
Mordace, cinica, pervicacemente ebrea (ma di un tipo dissoluto e non praticante).

L'autobiografia di Barney Panofsky, canadese scorretto, meschino, e odioso, ma troppo tapino per risultare davvero detestabile. E' partito come un disperato, ma ha avuto successo, una moglie psicopatica, una indisponente, una irresistibile, ed un migliore amico da cui sarebbe stato meglio tenersi alla larga. Per tacere del padre...

Barney si trova in situazioni così sconclusionate ed incongrue che quasi riescono a giustificare la grettezza della sua persona: tragicità e comicità sono davvero le facce della stessa medaglia, e qui si vede benissimo. Si ride (a denti stretti) e intanto si concepisce l'idea di piantare un coltello nel collo di qualcuno. Magari in quello di Barney stesso (ma non necessariamente).

Il film non è malaccio, ma non ha la verve del romanzo, basato soprattutto sulla scrittura corrosiva ed effervescente dell'autore, che schifa tutti e non lesina su nessuno.

Nel libro ci sono più risvolti, più dettagli, più nuance. Il finale – notevole – è più chiaro e meglio costruito.

Però, la versione di Barney è… la versione di che?

Della sua vita. Ma anche di una morte, di cui è stato accusato e riguardo alla quale si è sempre dichiarato innocente...

Lo è?

Lo scopriremo procedendo a flashback, balzando qua e là fra i ricordi, e talvolta fra amarezza e rimpianto, affrontando le pieghe dell'Alzheimer.

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