IL
GUARDIANO DEGLI INNOCENTI
di Andrzej Sapkowski
Geralt
è uno Strigo, ha due spade, una d'argento e una di ferro (a seconda
di chi deve colpire), una notevole forza, misteriosi poteri, origini
da chiarire (a noi) e tanti segreti. Ha un codice d'onore e sa essere
letale, ma non uccide a cuor leggero ed è una figura tormentata,
costretta a molte rinunce, destinato ad essere respinto proprio da
coloro che aiuta. Non si tratta di una maledizione, ma della natura
umana, che è sostanzialmente ingrata e stupida.
L'opera
si presenta come un romanzo a racconti legati, oltre che dal
protagonista e dall'ambientazione fantastica e medievaleggiante, da
una cornice narrativa che crea l'occasione per ricordare le avventure
del nostro eroe, nell'ultima parte affiancato dal poeta (e amico)
Ranuncolo.
Nel
complesso è un fantasy abbastanza sui generis, sia per la struttura
che per l'accuratezza dello stile, talvolta un poco pedante, ma dal
frasario ricchissimo e un certo qual gusto per le descrizioni, che in
nessun modo pregiudicano l'azione (mmm... sono generosa) o il ritmo,
risultando, invero, piuttosto immediate (anche se, misericordia,
tutto sto sbrodolare di aggettivi inutili si poteva davvero
evitare... E poi, ammettiamolo, scrivere bene è un'altra cosa: lo
scrittore è un tizio che si dovrebbe dimenticare per il piacere di
seguire la storia, non uno che continua strillare per ricordarci che
è lì!).
C'è
poi una nutrita (e apprezzatissima) compagine di mostri, attinti dal
folklore popolare e dalle leggende, alcuni dei quali non troppo
inflazionati, come la Kikimora. Diversi racconti sembrano la versione
alternativa di celebri fiabe (persino più granguignolesche e crudeli
che nella versione originale) quali Biancaneve, La Bella e la Bestia
e La Bella Addormentata, magnificamente reinterpretati (dico sul
serio, qui Sapkowski è una delizia).
E'
un romanzo che si legge in fretta, senza troppe pretese (qualcuna
c'è), sollevando interessanti questioni di carattere ecologista
(peccato non vengano approfondite), ma che non arriva a conquistarsi
l'amore imperituro e fanatico del lettore. C'è infatti un non-so-ché
di troppo semplicistico, di artificioso e sopra le righe, che
colpisce con forza, ma in modo banale e senza lasciare il segno
abbastanza a lungo. I personaggi sono scarsamente credibili, troppo
simili l'uno all'altro, benché del potenziale ci sia, e non da
trascurare.
Del
resto, questo è solo il primo romanzo di una serie, per cui è
possibile che nel prosieguo il salto si compia e che ci si affezioni
davvero a Geralt, man mano che si impara a conoscerlo. Il suo
incontro con la maga Yennefer, l'amore della sua vita, ad esempio,
sarebbe godibile (nonostante le schermaglie verbali poco finte e
artificiose), se non sapesse terribilmente di già sentito...
Nessun commento:
Posta un commento