PAULA
di Isabel Allende
Non
ero convinte di leggere questo libro. La Allende mi è sempre
piaciuta, con il suo stile descrittivo, caldo e passionale, ma la
prospettiva di introiettare una storia fatta di sofferenza, di coma,
di strazio e di morte non mi allettava proprio, soprattutto sapendo
che è vera. Reale.
Qui,
infatti, l'autrice parla della sua esperienza personale, come donna e
come madre, e in particolare della tragica perdita della sua unica
figlia, Paula, appunto, morta a ventotto anni dopo un lungo periodo
di coma irreversibile, a causa di una malattia chiamata porfiria.
Davvero,
non mi andava.
Ma
poi, ho pensato: perché? Se Isabel Allende ha sentito di dover
scrivere un libro come questo, non è certo per autocommiserarsi o
per farsi compatire. E allora le ho dato fiducia. Per fortuna, perché
questa è un'opera meravigliosa e ricca, colma di gioia di vivere, di
sensualità e di esuberanza.
Già,
perché l'autrice non si limita ad illustrarci il suo dolore (che
comunque non possiamo fare a meno di sentire e condividere), ma ci
racconta di com'era sua figlia in vita, ci permette di conoscerla e
di amarla, ci spiega com'era il loro rapporto e ancora ci parla di
sé, dei suoi romanzi, della sua gioventù, dei suoi amori e delle
sue avventure.
E
impariamo a capire tante cose di lei, della sua umanità, del suo
modo di amare, ci strega e ci affascina, e ci svela un po' di
segreti.
C'è
anche la faccenda del colpo di stato in Cile, naturalmente. Di
Pinochet. Ma ci sono pure un po' di follie giovanili e tanti
retroscena che ci vengono illustrati. A tratti una lettura davvero
briosa e leggera.
Tuttavia,
la Allende non si rivolge a noi, noi ci limitiamo a capitare nei
paraggi e ad ascoltare. Isabel Allende si rivolge a Paula: si siede
accanto a lei e la accompagna mentre si prepara ad andarsene, per
quasi un anno.
Ed
è una scrittura così sincera, la sua, così piena e tonda,
coinvolgente e profonda!
E
Paula ci fa piangere alla fine, ci commuove. Ma non nel modo orribile
che temevo. Perché sotto molti profili questa è un'opera
consolatoria, frizzante e piena di magia.
Non
una storia sulla morte, soprattutto, ma sulla vita. In
ciascuna delle sue molteplici accezioni.
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