DAGO
di Robin Wood
Se
se ne legge una ventina di numeri risulterà un buon fumetto. Magari
i primi (pubblicati per la prima volta negli anni '80) sono un po'
troppo verbosi, un po' troppo descrittivi, ma pazienza: proseguendo
lo stile narrativo si modernizza, si snellisce, e ci regala
prospettive insolite e affascinanti, cambiando spesso location e
giocando con la storia e personaggi veramente vissuti (siamo
all'incirca nel 1530, decennio più, decennio meno), attraverso lo
sguardo disincantato ed al contempo romantico del nostro
protagonista: un tipo sveglio, orgoglioso, che evolve in fretta: da
nobile veneziano, tradito e spogliato di tutto, ad avventuriero dalle
mille risorse, dalle mille facce, e con un forte senso di giustizia,
sovente animato da un selvaggio spirito di contraddizione, e che
spesso si sforza di apparire peggiore di quello che è. Magari
strizzandoci l'occhio, magari no.
Personalità
interessante, in effetti, quella di Dago, pronto a sorridere di
tutto, compreso se stesso, a riconoscere i suoi errori e superare i
pregiudizi, ad adattarsi alle situazioni e alle beffe del fato. Anche
le vicissitudini in cui viene coinvolto presentano spunti di
originalità, lasciando talvolta l'amaro in bocca per rinunciare a
conclusioni troppo scontate e poco realistiche... Ma senza nemmeno
dimenticarle del tutto, concedendo momenti di pathos, di commozione,
a vicende incentrate su singoli, ma anche su gruppi di amici, su
innamorati, o intere comunità...
Ci
sono dunque attese disattese, mille varianti, drammi, ghigni, e
piacevoli colpi di scena... Si assapora qualcosa di particolare, di
fresco, di appassionante, violento, ma anche tenero, a tratti... Il
problema, tuttavia, si profila se la lettura va ancora avanti: chi
prima chi dopo, infatti, non potrà non notare che, per quanto gli
scenari cambino, passando dall'Europa all'Africa e poi all'America,
con vari ritorni e digressioni, coinvolgendo grandi eventi, grandi
città, grandi personaggi, con qualche concessione, oltre che alla
storia, all'avventura, all'horror, al fantasy, che le variabili alla
fin fine sono illusione e che nelle sue dinamiche le situazioni non
fanno che replicarsi in una giostra grande, ma tristemente
circolare... Peccato.
Perché
ad un certo punto, purtroppo, sbotti che non ne puoi proprio più...
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