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mercoledì 20 novembre 2013

Un significato profondo


L’AMICO RITROVATO
di Fred Uhlman

 
Ossia la dimostrazione che gli antichi greci hanno ragione quando affermano che (parafraso) l’amicizia non si può rompere: o è per sempre oppure non è mai stata.

In particolare, qui si mettono in mezzo avvenimenti storici più grandi dei protagonisti (o forse no...) come il Nazismo e l'Olocausto, laddove Hans è un ragazzo ebreo di famiglia borghese, e Konradin, l'amico, suo compagno di classe, un tedesco puro, di nobile stirpe.

Con l’ascesa di Hitler, pertanto, emergono prospettive diverse, ma poi…

Nella frase finale, a distanza di anni, il mondo si ribalterà di nuovo donando alla vicenda un significato profondo e inaspettato, commovente e colmo di luce, qualcosa di prezioso da custodire per sempre nel ricordo.

Un romanzo breve quanto incisivo, dallo stile sobrio quanto efficace, che in poche pagine, senza arrivare al vero orrore, ci mostra i suoi albori, che tuttavia sono abbastanza. Una cosa che mi ha colpito, ad esempio, è il fatto è che Hans, da sempre amante di Hölderlin, dopo l'esodo non leggerà mai più il poeta tedesco, arrivando ad un rifiuto della Germania anche sul piano culturale. Un concetto profondo, questo, con molti echi, che naturalmente non possono che riflettersi sulle sue motivazioni in ordine all'amicizia con Konradin, colpevole di trovare Hitler carismatico e di aderire al suo pensiero politico.

Ma soprattutto è bellissima la descrizione del rapporto fra i due ragazzi: come nasce, come si sviluppa, indugiando sulle dinamiche, sugli equilibri e le sfumature che a poco a poco ne divengono parte. Poche pennellate, ma sufficienti a racchiudere tutto (si veda l'incontro fra Konradin e il padre di Hans).

Un'opera notevole che si legge in un paio d'ore e di cui esiste un seguito: “Un'anima non vile”, il quale ripercorre la medesima vicenda dal punto di vista dell'amico tedesco, donando nuove emozioni e colmando qualche vuoto.

Invero, ai due libri se ne deve aggiungere un terzo, “Niente resurrezioni, per favore”. Più amaro, più disincantato, che, benché non abbia connessioni dirette con i due precedenti, in un certo senso ne costituisce l'epilogo, essendovi spiritualmente legato.

4 commenti:

  1. Allora alla fine il post lo hai scritto davvero! Appeno ho un attimo ti dico la mia

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  2. Attendo con trepidazione...

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  3. Eccomi qui, finalmente ce l'ho fatta! Premesso che non condivido la visione greca dell’amicizia da te accennata, visto che a mio avviso possono ben esistere amicizie vere che poi, per i casi più disparati, si possono anche incrinare senza per questo nulla togliere all’autenticità del sentimento che c’è stata in precedenza, “l’amico ritrovato” ci descrivere un’amicizia solo apparentemente tradita ma che, in realtà, è sempre stata.
    Secondo me questo è un libro che può essere interpretato in due sensi. Da un lato si può ritenere, e forse questa è la visione più comune, che l’autore parta dal racconto dell’amicizia dei protagonisti per farci in realtà arrivare a volgere lo sguardo sulle atrocità del Nazismo. Credo però che sia possibile anche il percorso inverso, anche se meno immediato. E secondo me è proprio così o per lo meno questa è la lettura del libro che io preferisco: l’Amicizia, quella con la A maiuscola, è il vero caposaldo del libro, e non il Nazismo e le sue atrocità che invece fungono solo da corollario. E credo che sia per questo che l’ultima frase del libro ci sembra così infinitamente potente, perché infinitamente potente era l’amicizia che legava e che ha sempre legato, anche a loro insaputa e a distanza di anni, Hans e Konradin.

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  4. In quanto all'amicizia, non discuto l'autenticità del legame che possa esserci stato in un certo periodo fra due persone, dico solo che, se poi, anche dopo anni, l'amicizia si è "rotta", probabilmente il sentimento era mal riposto, seppur in buona fede da parte di entrambi e seppur vissuto con intensità. Non è una mera presa di posizione "filosofica" la mia, ma frutto della mia personale esperienza. Come sai ho perso un amico che credevo caro e con cui vivevo sostanzialmente in simbiosi da circa 20 anni. Il tutto senza un motivo apparente. Per rendermi conto, ex post, che invece le cose non potevano che andare così e senza, per giunta, alcun rimpianto. Per contro, in un altro caso, ho creduto (per circa cinque anni) di aver perso una carissima amica, ma poi (siccome invece di vera amicizia si trattava) ci siamo ritrovate e il nostro rapporto è persino cresciuto. La differenza è che, mentre nel primo caso non ho patito granché, nel secondo sì, fino all'inevitabile riconciliazione. Infine, ci sono persone cui sono affezionatissima e con cui anni fa mi vedevo quotidianamente, ma che ora, per vari motivi, incontro una volta all'anno, se va bene, e magari per caso. Ma quando stiamo insieme mi accorgo che tra noi non è cambiato nulla. Il rapporto si è affievolito, ma non si è mai rotto.
    Secondo me è proprio questa la differenza tra amicizia e amore: l'amicizia è per sempre o non è amicizia, per sua stessa natura, l'amore è vero solo nell'istante in cui viene vissuto: deve rinnovarsi ogni giorno, e può spegnersi all'improvviso senza tuttavia inficiare il passato, perché dipende da troppe variabili fuori controllo, quali chimica e passione, e perché il mondo tende a concepirlo come esclusivo. E' proprio per questo che il libro è paradigmatico: Hans, fino all'ultimo è stato convinto di aver perso Konradin e se non l'avesse ritrovato avrebbe rinnegato il loro rapporto, proprio come ha fatto con Holderlin. Certamente i ricordi belli sarebbero rimasti. ma avvelenati per sempre e mai più davvero lieti. In questo senso l'amicizia spezzata non sarebbe mai più stata riconosciuta come amicizia. E non sarebbe più stata vissuta come tale nemmeno nel ricordo. Anche se entrambi i ragazzi erano stati sinceri. Ma dato che i protagonisti "si sono ritrovati", l'amicizia, in realtà, non ha subito davvero rotture. Era così bella e intensa, che alla fine non ha potuto che rivelare di essere stata per sempre, al di là dell'apparenza. In quanto alle tue interpretazioni del libro, trovo la prima un po' semplicistica e sviante (anche perché le atrocità del Nazismo non le vediamo davvero, l'autore le lascia sullo sfondo). La seconda è più calzante, ma non ancora centrata. Il Nazismo non è un mero corollario, non può esserlo, e i due aspetti sono intimamente legati. La trama non avrebbe potuto svilupparsi o risolversi allo stesso modo se, ad esempio, Hans e Konradin fossero stati semplicemente un esponente di destra e uno di sinistra. Indubbiamente la parte dedicata all'amicizia è preponderante, ma è importante considerare che in un contesto diverso la storia non sarebbe stata verosimile. E poi dimentichi l'elemento autobiografico e il contesto letterario. No, il Nazismo non può davvero essere ridotto a corollario: ha scavato troppo nell'animo dell'autore e non ha mai smesso di farlo, neanche quando è divenuto un ricordo.
    Però, anche se dissento, ti ringrazio molto per la tua opinione: mi ha aiutato a riflettere e a chiarirmi il mio stesso pensiero. Grazie!

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