I
RAGAZZI DELLA 56ma STRADA
di S.E. Hinton
Non
ho visto il film, ma il romanzo da cui è stato tratto è davvero
intenso.
Parla
di amicizia e di coraggio, e tocca temi quali il disagio e le bande
giovanili, la lotta di classe e la solidarietà, in un mondo che
sembra fatto di violenza, ma che non lo è: perché nasconde tanta
ricchezza dietro, e motivazioni profonde, da entrambe le parti. Senza
manicheismo. Piuttosto solitudine e insicurezza.
Siamo
in America, negli anni sessanta... La realtà di Ponyboy, il nostro
protagonista, un adolescente con la passione per i cinema e per la
lettura, è diviso in due categorie, rappresentative di tutto quanto
e in perenne lotta fra loro: Socials – bianchi, ricchi e
privilegiati – e Greaser – poveri e senza prospettive, cui lui,
naturalmente appartiene.
Bande
in cui ragazzi abbandonati a sé stessi e ed etichettati come
perdenti da una società che li rifiuta e disprezza possono ritrovare
la loro identità e con cui sostituire quella famiglia che hanno
perso o che è stata loro negata.
O
in cui, nel caso dei Socs, è possibile dimenticare l'indifferenza
dei genitori, che pensano di comprare loro cose belle come surrogato
dell'amore.
Bande
fatte di violenza, certo, di regole dure. Perché questo sembra
l'unico linguaggio con cui poter riuscire a comunicare, con cui
affermare sé stessi.
Ma
solo in rapporto con l'esterno.
Perché
all'interno, nel gruppo, ci sono affetto e solidarietà. Ci si
sostiene a vicenda. Ci si aiuta, difende, protegge.
E
ci si aggrappa con tutte le forze l'uno all'altro perché al di là
di questo non si ha nulla, e nulla è importante.
E
così ci si incontra e ci si scontra in un eterno balletto, che qui
resta sullo sfondo, suggerito, fino a che tutto culmina in un
episodio drammatico, coinvolgendo i due ragazzini più indifesi dei
Greaser, i più innocenti, incontaminati. E tra una pausa, una fuga e
una riflessione, l'episodio si ingigantirà e avrà risonanze
peggiori, senza soluzione. Ma che offriranno un riscatto sociale, in
qualche modo. Una speranza.
Per
permetterci di capire che, alla fin fine, tra le due bande non c'è
tutta questa differenza.
Può
apparire un messaggio scontato, ma non lo è, e non sembra neppure
“buonista” nel contesto: perché i personaggi sono autentici e il
percorso che hanno intrapreso è stato difficile, doloroso, con
troppe rinunce. Ma coerente, e in qualche modo consapevole, e la
conclusione cui approdano, affrontata con semplicità e stupore,
risulta quindi essere naturale e non banalmente preconfezionata.
Anzi,
sotto certi aspetti rende gli accadimenti che si sono susseguiti
ancora più tragici.
Personaggi
bellissimi, ricchi di pathos e umanità. Ben definiti, ma complessi,
vivi, non macchiettistici.
Uno
stile asciutto, senza fronzoli, che ti prende da subito, che ti
cattura perché ti spinge nella mente del protagonista e ti fa
percepire il mondo con i suoi occhi, con la sua testa. Scanzonato,
fanciullesco, eppure conscio, saggio, lucido.
Efficacissimo.
Nessun commento:
Posta un commento