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sabato 29 giugno 2013

Il marcio si annida ovunque...


IL SEGGIO VACANTE
di J. K. Rowling

 
Lo stile è quello dell’autrice di Harry Potter, riconoscibilissimo, ma la trama non ha nulla da spartire con la saga del maghetto più famoso del mondo.

Non tanto e non solo perché questo è volutamente un libro per adulti, quanto piuttosto perché non è dominato da magia, immaginazione e amicizia, bensì da una visione pessimistica – e realista e consapevole, per quanto estrema – della provincia inglese e dell’umanità in generale, che nel complesso risulta davvero desolante.

Il marcio si annida ovunque, nel privato e nel sociale, e persino nel mondo degli adolescenti, fatto di rancori, sofferenza, e senso di vuoto; persino nelle famiglie: disfatte e fragili, fondate sulle convenzioni, più che sull’amore. I rapporti sono spesso esacerbati, all’insegna della grettezza, dell’avidità, dell’egoismo e del senso di sopraffazione. L’unico personaggio che sembra essere davvero positivo muore nelle prime pagine del libro (lasciando appunto vacante il seggio attorno a cui ruota l’intera vicenda).

Un’opera cupa, in cui tutti i nodi, in modo più o meno spiacevole, finiscono prima o poi per venire al pettine, creando risonanze ed ulteriori negatività, destinate ad intrecciarsi e ad influenzarsi reciprocamente.

Nemmeno il finale è davvero consolatorio, perché il prezzo che si paga affinché i pezzi tornino a posto è davvero caro...

L’unico motivo per cui “Il seggio vacante” non risulta opprimente è la scrittura limpida della sua autrice: scorrevole, semplice, ma ricca di particolari.

La Rowling si concentra su più personaggi e costruisce la trama tassello per tassello, in soggettiva, illuminandoci di volta in volta sul pensiero di ognuno dei suoi protagonisti, che in un primo momento sembrano un poco stereotipati, ma che risultano sempre più veri e sfumati, indagati a fondo nelle loro motivazioni.

Nel complesso devo dire che questo libro mi è piaciuto: all’inizio si legge volentieri, man mano però ci si appassiona, ci si incuriosisce, la tensione aumenta e sfocia in una serie di mirabili cliffhanger destinati a convergere nel finale che, inutile dirlo, doveva proprio essere quello… Però…

Però.

Dopo l’ultima pagina, che in sé per sé mi ha soddisfatta, ho avvertito che qualcosa non andava, una sorta di retrogusto artificiale…

Non sono ancora riuscita a dare un nome a questo qualcosa, o a chiarirmelo completamente, liberandolo da ogni dubbio… A furia di rifletterci, tuttavia, oso azzardare che forse il problema è dato dall’eccessiva perfezione con cui è stata strutturata la storia, in cui ogni casella si incastra così esattamente da non poter essere davvero sincera, davvero sentita, ed infatti il punto è che forse mi appare forzata, soprattutto per quanto riguarda la psicologia dei personaggi. Presi singolarmente mi sembrano convincenti, ben costruiti, ma esaminandoli tutti insieme, nel complesso, avverto una nota stonata.

Piccola piccola, ma insistente.

Oppure il problema, in linee ancora più generiche e nebulose, è che l’autrice ci abbia messo troppa testa e poco cuore, senza arrivare davvero all’anima dei lettori, come invece era riuscita a fare con l’eptalogia che l’ha resa un’icona…

Pazienza.

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