IL
SOSPETTO
di Thomas Vinterberg
(2012)
Preparatevi
a soffrire.
Questo
è uno di quei film che straziano le viscere, per il dolore e per la
rabbia, che tendono le corde dell'animo umano fin quasi a spezzarlo,
poco importa che si sia semplici spettatori: l'immedesimazione è
totale e si vorrebbe una mitraglietta per andare a falcidiare tutti.
L'argomento
è la pedofilia, solo che, a differenza dei personaggi di contorno,
noi non abbiamo alcun sospetto nei confronti del protagonista ed
infatti conosciamo la verità (e il modo subdolo in cui a poco a poco
viene distorta): Lucas, un maestro d'asilo buono e triste, è
innocente, vittima di una bambinetta innamorata di lui, ma
soprattutto della stupidità e della piccineria dei suoi compaesani,
che quasi desiderano che l'accusa sia fondata e contribuiscono ad
alimentarla.
Intendiamoci,
però, Lucas non è la classica vittima predestinata: è un uomo
bello e virile (l'interprete, Mads Mikkelsen, è il conturbante Le
Chiffre di “Casino Royale”, solo più figo), con tanti amici e
molti interessi... Il problema è che, quando il sospetto si abbatte
su di lui, cambia tutto, anche se giuridicamente viene scagionato in
fretta...
Il
paesino in cui abita, però, non perdona e il clima, scosso da un
continuo, inesorabile crescendo, è quello della caccia alle
streghe... Anzi, alla strega, e alla sua sistematica persecuzione. Ma
Lucas non è il tipo d'uomo che può accettare passivamente...
Un
film perfetto, con un finale stratosferico (a cui però io avrei dato
una sfumatura più sottile), e tanti momenti topici (il supermercato,
la Chiesa...), che ti restano impressi per sempre, fatti non solo di
odio, violenza, scetticismo e tradimento, ma anche d'amore, di
amicizia, di grande tenerezza (magnifico il figlio di Lucas, per
quanto sia solo un ragazzino)... Sorretti non tanto dalle parole,
quanto dagli sguardi e dalle vibrazioni del silenzio.
Bella
la trama e la sua costruzione, grandi gli interpreti (e i personaggi,
ricchi di ombre e sfaccettature, caratterizzati ad arte, nessuno
escluso, compresa l'orribile moglie che sentiamo soltanto al
telefono), ma soprattutto totali il coinvolgimento e l'empatia che
pervadono lo spettatore, fino a devastarlo. Io ad un certo punto non
ho più retto e ho dovuto cercare la fine... Non faccio spoiler. Dico
solo che... l'ho adorata e se non mi ha dato la pace, comunque mi ha
ristorata e mi è andata bene così, laddove ero convinta che nulla
mi sarebbe parso adeguato.
E'
vero, non è quello che pensavo di desiderare (Liam Neeson che salta
fuori con un bazooka e ammazza tutti, inclusa la mocciosetta
bugiarda... Non mi importa se fondamentalmente è innocente pure lei,
in quanto strumentalizzata dalla squallida, miopia degli adulti, e
straordinariamente fragile e graziosa: nessuna pietà, deve crepare,
la maledetta. E' una questione di contrappasso)... No, il delirio di
rivalsa non c'entra proprio nulla, in effetti... Trattasi di una
sorta di fine tripartita, scandita in tre momenti altissimi, che
paiono crescere, ma fanno crescere te, lo spettatore... Come persona,
come essere senziente detentore di valori, principi e sentimenti,
facendoti percepire la profondità della sacralità umana, e
restituendoti un po' di quello che ti è stato portato via durante la
visione. E ciò attraverso un mezzo più forte della vendetta, più
grande, più buono, più imperativo.
Ma
al contempo la chiusura, fulminea e incisiva, non ti consente di
trascurare le bassezze proprie dell'uomo, o il fardello che certuni,
incolpevoli, sono costretti a sopportare, e ti rammenta, impietosa,
che ci saranno sempre un prima e un dopo, in seguito a certi fatti, e
che le favole non sono di questo mondo.
Eccezionale
(e disponibile su Netflix).
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