ALASSIO, SABATO 29 OTTOBRE
BIBLIOTECA CIVICA "RENZO DEAGLIO":
PRESENTAZIONE
DELL’ULTIMO ROMANZO
DI ANDREA DE CARLO
Leggo
De Carlo dai tempi del Ginnasio e mi sembrava criminale non cogliere
l’occasione di incontrarlo avendolo tanto vicino a casa… Non che
le mie aspettative fossero alte: spesso i propri autori di
riferimento di persona sono deludenti. Ma De Carlo, che pure mi
piace, non è tra i miei preferiti in assoluto, quindi potevo
permettermi di rischiare. In più l’intervista era condotta dal mio
buon Prof. Di Latino e Greco del Liceo, Franco Gallea, per cui c’era
anche il piacere aggiunto di rivederlo (e salutarlo, e maltrattarlo
un po’, magari, come ai bei tempi, quando entrambi ci vantavamo del
nostro bel rapporto dialettico, basato sulla reciproca
contraddizione).
Ebbene,
è stato incredibile!
Intanto
De Carlo, lungi dal deludermi, si è rivelato davvero spettacolare,
tanto che l’hanno apprezzato persino i miei accompagnatori non fan
(Gian e Scimmia): ha una voce bellissima e profonda, è alla mano,
simpatico e disinvolto, ma soprattutto quando parla dei suoi lavori,
si infervora, si emoziona e gli passano mille stati d’animo negli
occhi dardeggianti. Che sono penetranti, acuti, ma pronti al sorriso.
Quando legge le sue pagine, poi, le interpreta, non solo conferendo
loro le giuste intonazioni e velocità, ma trasmettendoci vibrazioni,
regalandoci nuove sfumature dal sapore autentico che inducono a
pensare. Che quando De Carlo descrive i suoi personaggi così attenti
e senza filtri, tesi verso il carpe diem e privi di atteggiamenti e/o
ruoli ben definiti – quelli carismatici che sovvertono l’ordine
delle cose – non ritragga, come ho sempre pensato io, chi vorrebbe
incontrare, ma una declinazione di se stesso.
Anche
il Prof. è stato bravo (sebbene mai lo ammetterei dinanzi a lui),
dimostrando di aver letto “L’imperfetta meraviglia” a fondo e
con attenzione. E’ stato brillante, ironico, ma altresì incisivo e
profondo, e ne ha messo in luce vari aspetti su cui è stato bello
soffermarsi insieme (la storicizzazione della trama, l’uso del
tempo verbale al presente, il personaggio di Jeanne, il finale
aperto), ma ha pure spiegato dati oggettivi – come il passaggio
dalla Bompiani alla Giunti – senza perdersi nell’asetticità,
dando quindi spazio a questioni più intime e personali, comunque
imperniate sul romanzo, come il processo creativo o la differenza
filosofica tra cono e coppetta (che condivido solo parzialmente)...
Il
fatto più strabiliante, però, è costituito dall’intesa,
dall’alchimia che si è creata tra intervistato ed intervistatore,
spontanea e genuina, che dava l’impressione che i due si
conoscessero da anni ed anzi fossero vecchi amici, scambiandosi
battute, pacche sulle spalle, divertite schermaglie generazionali.
De
Carlo ha raccontato episodi della sua vita, alcuni piuttosto
divertenti, legati ad incontri con i lettori, o a Calvino e a
Fellini, ai suoi spunti creativi e alla realizzazione della copertina
del volume, e si è prestato a firmare dediche e a rilasciare
autografi.
Mi
sono messa in coda pure io, più per avere un ricordo tangibile della
giornata, che per effettivo interesse. Anzi sono stata tentata di
dirgli: solo l’autografo, grazie, niente dedica… Perché mi
sembrava falsa giacché proveniente, di fatto, da una persona per la
quale io sono un puntino nella folla. Ma non me la sono sentita:
temevo potesse fraintendere e rimanerci male e questo non sarebbe
stato giusto.
Mi
sarebbe piaciuto porgli domande, invece, interrogativi, di cui già
mi sono data una risposta, ma che, naturalmente, potrebbe essere
diversa (ad esempio: perché nei suoi libri i personaggi vengono
sempre indicati, dal principio alla fine, con nome e cognome, come
Charlie Brown?). Ma ho soprasseduto, per non risultare invadente e
non fargli perdere tempo…
Così
mi sono divertita a molestare il Prof, poverino (tra parentesi, la
mia amica appassionata di De Carlo e non ex alunna di Gallea, è
diventata fan sua, del Prof).
E
quindi? Perché, a parte l’ovvio giochino con il titolo del
romanzo, l’intervista è imperfetta? Per lo stesso motivo per cui
si chiama così la gelateria della protagonista: perché la
perfezione non dura… E dunque nemmeno l’intervista.
Che,
tuttavia, mi ha lasciato qualcosa: se, infatti, ho comprato
“L’imperfetta meraviglia” il 3 ottobre arrivando fin ora solo
sino a pagina 124 e pure distrattamente, chiedendomi di continuo ma
perché diavolo continuo a leggere De Carlo, giacché da un po’ di
anni a questa parte i suoi libri mi sembrano fatti con lo stampino…
Dopo l’intervista ho trovato – anzi, ho ricordato – la
risposta: Proprio per questo.
Perché
so quello che trovo.
E
che mi piace.
E
che voglio indagarlo ancora, sotto ogni profilo possibile.
A
questo punto finirò “L’imperfetta meraviglia” oggi stesso,
dedicandomici con attenzione. Perché è un buon libro e se lo
merita.
Perciò
a presto con la recensione!
P.S.
Ecco
una cosa su cui non sono d’accordo: De Carlo ha definito i classici
gusti di gelato rassicuranti… E’ interessante come prospettiva,
ma io sono una cultrice del gelato e, per quel che mi riguarda, un
gelato buono non è mai rassicurante. Mai. Mai. Mai. Nemmeno se è
banale.
E' vero ... a "scimmia" è piaciuto l'incontro ... l'ha trovato interessante ... ed è rimasta piacevolmente colpita sia da De Carlo che dal Prof. Gallea
RispondiEliminaBrava Scimmia!!! Otta contenta!
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