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lunedì 6 maggio 2019

Distopia postapocalittica

METRO 2033
di Dmitry Glukhovsky


Ci sono molti motivi di interesse, ma nel complesso il romanzo non mi ha convinta: personaggi nemmeno sbozzati, incedere schematico e quasi videoludico, uno stile funzionale, ma non entusiasmante, e tanti passaggi eccessivamente derivativi, se non addirittura scolastici e manieristici.
Metro 2033 ha almeno due seguiti, benché la storia non sia priva di una conclusione, ma io mi fermerò qui. Mi dispiace, odio non completare le serie, ma l'idea di dovermi sorbire altre 500 e più pagine analoghe non mi alletta per niente. E sto usando un eufemismo.
Tuttavia, lo ribadisco, di motivi di interesse ce ne sono. 
Intanto l'ambientazione: la Metropolitana russa, che viene una gran voglia di andare ad esplorare. 
E poi il sottotesto fantastico, legato ad una assai poco rassicurante distopia postapocalittica, ricco di invenzioni evocative, di allusioni venefiche, che, effettivamente, invogliano il lettore a scoprire sempre di più: la prossima galleria, come la superficie esterna, e il passato ancora più del futuro.
In questo, l'opera è davvero riuscita.  
Peccato che il protagonista, Artyom, non sia né simpatico né carismatico, e che incontriamo tanta gente, ma non ci importi di nessuno.
Neppure di quelli che vediamo morire.
E che, voltata l'ultima pagina, ci accorgiamo che non ci è rimasto nulla, se non la fatica di arrivare fin lì.

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