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mercoledì 15 maggio 2019

Molta angoscia

PER ULTIMO IL CUORE
di Margaret Atwood


Fantascienza distopica marchiata Atwood, e dunque un incipit desolante ai massimi gradi con graduali schiarite, buone intuizioni, molta angoscia – non tensione, angoscia: più sottile e più logorante –, mixate con una prosa lenta, ma efficace, e un pizzico di femminismo.
L'inizio non è originalissimo, ma poi, al di là della trama orizzontale, che non presenta grandi sorprese (per quanto non si possa nemmeno tacciare di prevedibilità) e insiste più sull'analisi psicologica che sugli avvenimenti, si susseguono colpi di genio mica male (la crudele faccenda degli orsacchiotti, ad esempio, e così il destino di Veronica), che, come già ne “Il Racconto dell'Ancella”, sollevano problematiche scottanti ed attuali e sanno di satira e di denuncia sociale.
Rispetto al romanzo più famoso, però, la vicenda – costruita con perizia e pazienza, e senz'altro stimolante – è meno incisiva, meno coesa, nonostante certe descrizioni restino inevitabilmente impresse in modo indelebile.
I protagonisti, infine, Charmaine e Stan, a tratti risultano abbastanza spiacevoli e persino irritanti (che diamine, arrivo a preferire quella mezza arpia di Jocelyn!). Se si solidarizza con le loro traversie è per quanto i due coniugi si trovano a subire, certo non per le loro qualità intrinseche, che, anzi, sono piuttosto carenti sin dal principio. 
Prossimo appuntamento con la Atwood: “L'assassino cieco”!

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