IL DECLINO DELLA VIOLENZA
di Steven Pinker
Saggio di psicologia, la cui tesi – dimostrata, se seguiamo i ragionamenti dell'autore – è che viviamo nel periodo più pacifico della Storia.
Quello che descrive è un percorso affascinante, ricco di anse e digressioni, sia sotto l'aspetto propriamente storico, appunto, che sotto l'aspetto umano, tanto collettivo che individuale. Unico neo, ma sentito come indispensabile: le statistiche e i grafici, che rallentano un po' il ritmo.
Per il resto, questo libro è molte cose: un generale ripasso di storia e di cronaca, una carrellata di atrocità e di sadismo che può urtare, specie nella prima parte del volume, quella più propriamente dedicata alla violenza (io, in particolare, senza nemmeno rendermene contro, tendevo a diventare estremamente nervosa durante la lettura), uno splendido insieme di riflessioni e confutazioni, nonché uno strumento per conoscere più a fondo se stessi e chi ci circonda, oltre che le nostre radici.
Per quanto sia un testo appartenente ad una precisa disciplina, è fruibile anche dai profani (come me), anche perché si serve non solo di mezzi scientifici, ma altresì di filosofia e letteratura per avvalorare e spiegare le proprie motivazioni.
L'andamento è analitico, ma mai noioso, anche perché chi legge non può non sentirsi coinvolto in prima persona. E poi in quanto i toni non sono accademici, ma colloquiali, discorsivi, talvolta punteggiati di ironia.
Indubbiamente il tomo è massiccio – contando le note (scomodamente poste in fondo al volume) si superano le 800 pagine, per giunta scritte fitte – ma risulta appassionante e non pesa, anzi si procede con interesse e curiosità, sebbene nella parte dedicata “alla pace” gli stimoli si facciano un poco meno vividi.
Soddisfacente.
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