MARCOVALDO
di Italo Calvino
Ossia
un’antologia di racconti che hanno sempre lo stesso protagonista,
Marcovaldo, appunto, di cui viviamo le bizzarre disavventure e che, a
poco a poco, conosciamo in tutta la sua ingenua umanità.
La
prima volta l’ho letto alle Elementari: brani selezionati dal libro
di lettura, se possibile ancora più brevi di quelli “canonici”.
Mi
piaceva, lo trovavo simpatico, divertente, leggero. Specie la novella
della panchina o quella dei funghi.
Da
grande ho recuperato l’opera integrale e ho cambiato idea: non fa
ridere, per niente, piuttosto è il canto dell’amarezza, del
rimpianto della natura, della povertà e dell’ignoranza, e mi ha
riempita di tristezza!
Ho
rivisto tanti racconti con occhi diversi, e soprattutto quello del
supermercato mi ha lasciata afflitta, perché non senti solo il
dolore del protagonista, ma pure quello dei suoi pargoli e di sua
moglie Domitilla, e il sentimento rimbalza dall’uno agli altri,
ravvivandosi nella pena reciproca, quella del padre verso la prole,
della prole verso il padre (etc.), che va oltre il semplice scontento
materiale, ma tocca pure l’inadeguatezza di vivere...
Vero,
io sono una che se guarda Fantozzi (lasciamo perdere gli ultimi,
imbarazzanti film, alludo ai primi, quelli che erano ancora Cinema)
patisco anziché ghignare, però… Però Marcovaldo non è Fantozzi.
E' peggio.
E’
un povero e sfortunato uomo comune, un manovale, con una famiglia
numerosa sulla schiena (sei figli), meno grottesco e più sensibile,
più “normale”, più sognatore. Più tragico dunque. E più
terribile.
Perché
le sue storie sono plausibili e a loro modo attuali: il poverello
fatica ad arrivare a fine mese e spesso cerca assurdamente (e
fantasiosamente) di arrangiarsi... peggiorando la situazione.
Italo Calvino, rivisto dal nostro vignettista
Indubbiamente
dal punto di vista letterario questi racconti sono adorabili (che
diavolo, sono di Calvino!), e hanno pure il pregio di essere brevi e
apparentemente poco impegnativi. Strutturati attorno alle quattro
stagioni, prendono in considerazione il loro succedersi in città –
brutta e industriale –, con i tipici pro e contro (più contro che
pro) di estate, inverno etc... Ma sotto sotto sono un invito alla
riflessione su molte questioni, inclusa quella ecologica.
Contestualizzando,
l’intento di Calvino era criticare con ironia il boom economico
anni ’60 e il conseguente passaggio da una realtà agreste ad una
industriale, insistendo sul riflesso che questo ha avuto sull’uomo
medio, di estrazione popolare… Adesso, forse, questo tema è meno
sentito, ma... resta tutto il resto: l'umanità, il disagio, la
crisi, lo stile impeccabile.
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