L’INVENTORE
DI SOGNI
di Ian McEwan
Raccontini
per bimbi, fantasiosi, soavi, immaginifici, che hanno in comune il
protagonista, l’inventore di sogni del titolo, un ragazzino di
dieci anni che ha l’abitudine di perdersi nei suoi stessi pensieri,
creando realtà alternative, avventure, e piccole meraviglie con
suggestioni fantasy o horror, nonché la sua famiglia, composta da
mamma, papà, sorellina e gatto.
Alcuni
brani sono davvero piacevoli, con intuizioni felici e una certa
delicatezza di fondo, che, nonostante tutto, non sa di buonismo, ma
solo di umana benevolenza (ad esempio il racconto relativo al
bulletto della scuola, per certi versi estremamente realistico, per
altri di una sensibilità fuori dal comune), altri, invece, (ad
esempio quello della bambola cattiva…), mi sanno di già sentito,
di un po’ pedante, sono poco incisivi, appesantiti da troppe
riflessioni, e ho faticato a concluderli, benché siano brevi, ben
scritti e scorrevoli.
Il
fatto è che ci sono punti in cui si gode della genuinità e del
candore del mondo visto con gli occhi di un ragazzino sognatore,
avvertendone la poesia e l’incanto, e tanto basta; ma ce ne sono
altri in cui si percepiscono il desiderio di stupire a tutti i costi,
l’artificiosità del contesto, la scarsa originalità della trama,
una non sufficiente caratterizzazione del protagonista, e … beh, si
rimpiange Neil Gaiman.
O
anche altre opere di McEwan (Espiazione, La ballata di Adam Henry…),
più adulte, complesse, ma anche più originali e autentiche.
In
generale, però, questo romanzo a racconti è gradevole, grazioso, la
lettura si affronta con piacere.
Il
segreto, credo, sta nell'accettare semplicemente quanto ci viene
offerto, senza soffermarcisi troppo, senza pretendere nulla.
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