TUTTI
I FIGLI DI DIO DANZANO
di Haruki Murakami
La
fissa per la danza è ricorrente in Murakami, ma è prevalentemente
simbolica. Si riferisce all’amore per la vita, all’incessante
divenire, all’impossibilità di fermarsi, e quindi di arrendersi…
Qui dà il titolo ad uno dei sei racconti dell’antologia, ma anche
alla raccolta stessa, facendo, se vogliamo, un po’ da trait
d’union.
Il
secondo motivo comune tra i racconti – per il resto slegati e
indipendenti, anche se con Murakami non si sa mai ed è possibile
immaginare corrispondenze e legami inespressi – è dato dal
terremoto di Kobe, verificatosi nel 1995.
Viene
toccato in modo lontano, come pensiero sullo sfondo, o
consapevolezza, oppure filtrato a livello immaginifico, con una
ricostruzione che, pur non sdrammatizzandolo, ne muta le premesse o
le ridefinisce, conservando però intatta la sua portata tremenda,
che non viene esplicitata, ma sussurrata, insinuandosi nelle pieghe
del pensiero.
I
protagonisti sono tipi ordinari, afflitti da una perdita, prigionieri
delle loro stesse esistenze ed in cerca di un cambiamento, che di
solito trovano… Ci sono trame realistiche, impregnate di normalità,
ed altre che virano sull’urban fantasy proprio di Murakami, con i
suoi labirinti e giochi di specchi. La faccenda del ranocchio gigante
e del Gran Lombrico, soprattutto, mi è piaciuta da matti, piena
com’è di spunti e di suggestioni.
Per
il resto, nel complesso, si tratta di un volume gradevole e
coinvolgente, ma non trascinante, il cui pregio maggiore è lo stile
dell’autore, che invece è al suo solito livello e non presenta
sbavature, e poi l’atmosfera, nostalgica, pacata, ma in un qualche
modo improntata alla positività e persino consolatoria.
Sono
onesta, di Murakami prediligo i romanzi.
Ma,
non so perché, adesso ho comprato “Uomini senza donne”, che è
un’altra antologia…
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