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venerdì 16 dicembre 2016

Un film cult

1997: FUGA DA NEW YORK
di John Carpenter
(1981)


A metà tra fantascienza, denuncia sociale, thrilling, western e action-movie, col retrogusto dell’exploitation, un film cult cupo, violento, crudo e insieme beffardo e controcorrente – per quanto ormai classico nella sua impostazione – dove 1997 significa futuro prossimo e New York è un immenso carcere di massima sicurezza, di fatto senza regole (a parte che chi entra dentro, eccezioni a parte, ci rimane e cavoli suoi).
Nel suo apparente cinismo è una pellicola incisiva, con un finale inaspettato e “morale” ed un protagonista silenzioso e duro, che riesce a non essere tamarro (ammetto che questa sia un’affermazione opinabile), ma soltanto figo.
Ovviamente parlo del mitico Jena/Snake Plissken (un giovanissimo Kurt Russell), truce anti-eroe pluridecorato e senza paura, ma con la fedina penale sozza, che è sempre un passo avanti agli altri, volutamente ambiguo e perennemente in bilico tra bene e male, ma dotato di un suo codice comportamentale, e che da solo sarebbe sufficiente per consacrare il film all’eternità proprio in virtù della sua ambivalenza, e che pure è l’ultimo baluardo positivo e non del tutto corrotto in mezzo allo sconcertante crollo di ogni valore.
Con tutto che, sebbene lamenti la mancanza di battute ironiche (che in effetti qui stonerebbero, snaturando il senso della storia), il film spacca in tutti i sensi: dalla trama, lineare ma ben concepita e pregna di spunti e colpi di scena, alla colonna sonora affascinante e d’atmosfera (composta dallo stesso regista), dalla colorita caratterizzazione della fauna delinquenziale al viscidume del Presidente USA da salvare (Donald Pleasence), dal carisma del Nemico, alias il Duca, alias Isaac Hayes, alle implicazioni sociali, simboliche e antropologiche, nonché alla fantasiosa (ma chissà) rappresentazione del domani, delle sue sfumature, delle varie declinazioni – legalizzate o no – della criminalità, per tacere della partecipazione di nientemeno che Lee Van Cleef, nei panni dello Sceriffo e dell’immancabile seduzione vintage di una pellicola invecchiata con stile...
Chi sono i buoni, chi i cattivi?
E’ proprio questo il punto: in un mondo marcio non è così facile distinguerli (tra lo Stato dittatoriale e fascistoide e il sottobosco di perduta gente), e spesso ci sentiamo sopraffare da un senso di nera oppressione e mancanza di speranza.
Ma, stiamo sereni, alla fine saremo appagati e divertiti.

Piuttosto, del film abbiamo anche un sequel (che in effetti è più che altro un remake aggiornato) del 1996, sempre di John Carpenter e sempre con Kurt Russell, ossia Fuga da Los Angeles. Carino, ma senza la carica innovativa e la lugubre delizia retrò dell’originale.

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