NESSUNO
SIAMO PERFETTI
di Giancarlo Soldi
(2014)
Trattasi del
documentario su Tiziano Sclavi, che, per quanto mi riguarda, è un
discreto e mirabile prodotto, ma lungi dall’essere esauriente.
Ammesso e
non concesso che voglia esserlo.
Tralasciamo
il titolo, giustificato, ma irritante, come quasi tutti i solecismi,
su cui non comprendo perché si debba indulgere al solo scopo di
attirare mediocremente – e tristemente – l’attenzione, e
concentriamoci sul film: Soldi fonde due interviste a Sclavi,
rilasciate a dieci anni l’una dall’altra, in cui lo scrittore
racconta se stesso, in modo intimo, umano, ma anche riservato, ossia
toccando questioni personali e delicate (l’alcolismo, il processo
creativo, i traumi dell’infanzia, la depressione, il rapporto con i
genitori), ma al contempo evitandone altre che restano sospese e non
dette, come piccoli buchi neri che risucchiano il silenzio (ad
esempio, nemmeno un cenno incidentale alla moglie).
Il quadro
che ne esce, per quanto riveli assai poco che non si è già letto o
che non è emerso in precedenti interviste (unica novità, per quanto
ne so, è data dall’interessante sistema creativo descritto di
Sclavi, che arrivava a stendere dieci e più storie di Dylan per
volta, procedendo per “scene”, senza nemmeno sapere come si
sarebbero concluse) delinea un profilo tormentato, ma affascinante,
fragile e tenero, con risvolti potenti, che alternano luce e buio, e
tante stupende contraddizioni, e che costituisce la vera forza
dell’opera (benché avrei amato veder approfondito il tema delle
musiche da abbinare alle varie poesie dylandoghiane e poi i gusti di
Sclavi: letture, film, autori… Lo so, sono in buona parte
deducibili dalle sue opere, e da Dylan in particolare, ma un
aggiornamento organico/confronto sarebbe stato gradito).
A tali
stralci, abilmente diversificati per inquadrature, si alternano voci
illustri (Grazia Nidasio, Alfredo Castelli, Bianca Pitzorno, Dario
Argento…) ad altre meno illustri (giovani attori sconosciuti, un
pasticcere – sic! –) o che direttamente non si capisce che ci
facciano lì (Sergio Castellitto, inserito giusto per inserirlo,
giacché ha poco da dire) che ci raccontano Tiziano Sclavi autore e
persona… Oppure amene banalità, in quanto non lo conoscono, e se
lo hanno letto, lo hanno letto poco e in modo superficiale, ma fanno
numero e ce li hanno buttati.
In mezzo
immagini suggestive, assai d’effetto, anche quando si ripetono, e
spezzoni del film “Nero.”, riconducibili al vissuto di Sclavi.
E qui c’è,
secondo me, la magagna più grande, che forse, però, è dovuta ad
un problema di diritti (???)… Che senso hanno, infatti (salvo che
per fare pubblicità a Soldi o per la questione dei diritti, appunto)
tutti sti riferimenti a “Nero.”, sempre di Soldi, che certo non è
una delle opere migliori o più rappresentative di Sclavi, specie
considerando che gli altri romanzi, ad esempio (“Tre”,
“Dellamorte Dellamore”, “Le etichette delle camicie”…)
vengono a mala pena menzionati? Gli stessi riferimenti a Dylan Dog
sono di maniera, o relativi a Dylan come fenomeno di costume, ma non
ne ricercano l’anima, non analizzano i sinallagmi tra Dylan e
Sclavi. Non a fondo.
Che sia una
scelta deliberata per non annoiare i non fan? Sicuri che invece non
li avrebbe coinvolti e avvinti? MPM, pur bazzicando da sempre il
mondo del fumetto, non è mai stato un estimatore di DD e per quanto,
in generale, abbia comunque apprezzato il documentario (peraltro
emozionandosi davvero solo allorché è comparso, con la sua simpatia
e modestia, Alfredo Castelli), credo avrebbe preferito qualcosa di
più tecnico, che magari avrebbe potuto indurlo a colmare le sue
lacune…
Così non
viene voglia di recuperare o rileggere le opere di Sclavi.
Viene solo
una voglia pazzesca di conoscerlo, che tuttavia, ahimè, non
possibile soddisfare.
Non per noi
miseri mortali.
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