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mercoledì 7 dicembre 2016

Un profilo tormentato

NESSUNO SIAMO PERFETTI
di Giancarlo Soldi
(2014)


Trattasi del documentario su Tiziano Sclavi, che, per quanto mi riguarda, è un discreto e mirabile prodotto, ma lungi dall’essere esauriente.
Ammesso e non concesso che voglia esserlo.
Tralasciamo il titolo, giustificato, ma irritante, come quasi tutti i solecismi, su cui non comprendo perché si debba indulgere al solo scopo di attirare mediocremente – e tristemente – l’attenzione, e concentriamoci sul film: Soldi fonde due interviste a Sclavi, rilasciate a dieci anni l’una dall’altra, in cui lo scrittore racconta se stesso, in modo intimo, umano, ma anche riservato, ossia toccando questioni personali e delicate (l’alcolismo, il processo creativo, i traumi dell’infanzia, la depressione, il rapporto con i genitori), ma al contempo evitandone altre che restano sospese e non dette, come piccoli buchi neri che risucchiano il silenzio (ad esempio, nemmeno un cenno incidentale alla moglie).
Il quadro che ne esce, per quanto riveli assai poco che non si è già letto o che non è emerso in precedenti interviste (unica novità, per quanto ne so, è data dall’interessante sistema creativo descritto di Sclavi, che arrivava a stendere dieci e più storie di Dylan per volta, procedendo per “scene”, senza nemmeno sapere come si sarebbero concluse) delinea un profilo tormentato, ma affascinante, fragile e tenero, con risvolti potenti, che alternano luce e buio, e tante stupende contraddizioni, e che costituisce la vera forza dell’opera (benché avrei amato veder approfondito il tema delle musiche da abbinare alle varie poesie dylandoghiane e poi i gusti di Sclavi: letture, film, autori… Lo so, sono in buona parte deducibili dalle sue opere, e da Dylan in particolare, ma un aggiornamento organico/confronto sarebbe stato gradito).
A tali stralci, abilmente diversificati per inquadrature, si alternano voci illustri (Grazia Nidasio, Alfredo Castelli, Bianca Pitzorno, Dario Argento…) ad altre meno illustri (giovani attori sconosciuti, un pasticcere – sic! –) o che direttamente non si capisce che ci facciano lì (Sergio Castellitto, inserito giusto per inserirlo, giacché ha poco da dire) che ci raccontano Tiziano Sclavi autore e persona… Oppure amene banalità, in quanto non lo conoscono, e se lo hanno letto, lo hanno letto poco e in modo superficiale, ma fanno numero e ce li hanno buttati.
In mezzo immagini suggestive, assai d’effetto, anche quando si ripetono, e spezzoni del film “Nero.”, riconducibili al vissuto di Sclavi.
E qui c’è, secondo me, la magagna più grande, che forse, però, è dovuta ad un problema di diritti (???)… Che senso hanno, infatti (salvo che per fare pubblicità a Soldi o per la questione dei diritti, appunto) tutti sti riferimenti a “Nero.”, sempre di Soldi, che certo non è una delle opere migliori o più rappresentative di Sclavi, specie considerando che gli altri romanzi, ad esempio (“Tre”, “Dellamorte Dellamore”, “Le etichette delle camicie”…) vengono a mala pena menzionati? Gli stessi riferimenti a Dylan Dog sono di maniera, o relativi a Dylan come fenomeno di costume, ma non ne ricercano l’anima, non analizzano i sinallagmi tra Dylan e Sclavi. Non a fondo.
Che sia una scelta deliberata per non annoiare i non fan? Sicuri che invece non li avrebbe coinvolti e avvinti? MPM, pur bazzicando da sempre il mondo del fumetto, non è mai stato un estimatore di DD e per quanto, in generale, abbia comunque apprezzato il documentario (peraltro emozionandosi davvero solo allorché è comparso, con la sua simpatia e modestia, Alfredo Castelli), credo avrebbe preferito qualcosa di più tecnico, che magari avrebbe potuto indurlo a colmare le sue lacune…
Così non viene voglia di recuperare o rileggere le opere di Sclavi.
Viene solo una voglia pazzesca di conoscerlo, che tuttavia, ahimè, non possibile soddisfare.

Non per noi miseri mortali.

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